Cassazione Civile, Sez. II, Ord., del 26.08.2021, n. 23459
Principio di diritto
La sentenza in esame tratta delle c.d. servitù di passaggio coattivo, volte a risolvere il comune problema che si pone quando un fondo è intercluso, perché circondato da altri fondi e senza accesso alla pubblica via. L’impossibilità di realizzare un accesso alla pubblica via senza un eccessivo dispendio o disagio, è problema che il legislatore risolve imponendo ad altro fondo di concedere il passaggio al proprietario del fondo intercluso. L’autorità giudiziaria può discrezionalmente consentire la servitù solo quando la domanda risponda alle esigenze dell’agricoltura o dell’industria, allo scopo di promuovere l’interesse generale della produzione. Gli articoli 1051 – 1055 C.c. disciplinano le modalità del “passaggio”, determinano la misura dell’indennità dovuta e prevedono le cause e modalità di estinzione della servitù.
Il fondamento della decisione della corte parte da quella che è la ratio dell’istituto della servitù che si rifà all’articolo 1037 C.c.; la norma è, infatti, applicazione della regola generale che richiede l’utilità quale elemento necessario per la costituzione e permanenza del diritto di servitù.
In virtù di ciò, dunque, il passaggio dell’acqua non deve essere interrotto altrimenti verrebbe meno la sua utilità nonché la sua finalità e ciò può avvenire soltanto attraverso una servitù che non sia interrotta dall’esistenza di altri fondi sui quali non vi sia la servitù.
Si ribadisce, infatti, che se la finalità della servitù non può essere realizzata non ha ragion d’essere la sua sussistenza. Ma se la stessa si può realizzare attraverso la servitù su altri fondi come nel caso della servitù di passaggio coattivo allora l’instaurazione della servitù su altri fondi è prodromica alla sussistenza della servitù stessa ovvero alla realizzazione della sua finalità.
Per tali ragioni, dunque, da un punto di vista processuale la sentenza in esame statuisce che in materia di servitù coattiva d’acquedotto vale il principio, già enunciato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 9685 del 2013, secondo il quale l’azione di costituzione coattiva di servitù di passaggio deve essere contestualmente proposta nei confronti dei proprietari di tutti i fondi che si frappongono all’accesso alla pubblica via.
Testo rilevante della decisione
- La Corte locale, in particolare, facendo applicazione del principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite, con la sentenza n. 9685/2013, afferma che la domanda meritava rigetto perché formulata solo nei confronti di uno dei proprietari dei fondi interessati dal percorso, difettando, quindi, come chiarito dalle Sezioni Unite, la <<essenziale condizione dell’azione che consiste nella “possibilità giuridica” – ossia nella sia pure solo astratta corrispondenza della pretesa accampata in giudizio a una norma che le dia fondamento – poiché il bene della vita reclamato dall’attore non gli è accordato dall’ordinamento>>;
- Il discrimine disegnato dalla ricorrente tra la servitù prediale e quella di acquedotto, al fine che qui rileva, non persuade, infatti: così come per la servitù prediale, anche per quella di acquedotto, si tratta di assicurare per la sua interezza il percorso che, in questo caso, conduce dalla fonte alla centrale idroelettrica;
- Non assume significato dirimente la circostanza, enfatizzata con il ricorso, che il fondo di cui trattasi sia l’ultimo, poiché a immediata valle di esso è collocata la centrale elettrica dell’azienda elettrica e non il primo o uno di mezzo: quel che rileva è che l’acquedotto, senza soluzione di continuità, che lo renderebbe inutile, giunga dalla fonte a destinazione (nel caso alla centrale idroelettrica);
- In definitiva, trattasi di conclusione, “mutatis mutandis”, perfettamente identica a quella che si verifica per le servitù prediali, occorrendo che su tutto il fondo aspirante dominante abbia titolo per il transito;