Corte di Cassazione, Sez. Unite Civili, sentenza 10 marzo 2022 n. 7877
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- ― Ha priorità logica l’esame del terzo motivo, che ha determinato la rimessione della causa alle Sezioni Unite.
13.1. ― L’articolo 16 -bis del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, sotto la rubrica: «Obbligatorietà del deposito telematico degli atti processuali», stabilisce al primo comma, per quanto qui interessa, che: «… nei procedimenti civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione, innanzi al tribunale, il deposito degli atti processuali e costituite ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici …». Il secondo comma della stessa disposizione aggiunge che: «Nei processi esecutivi di cui al libro III del codice di procedura civile la disposizione di cui al comma 1 si applica successivamente al deposito dell’atto con cui inizia l’esecuzione… ».
13.2. ― Il primo comma citato, nello stabilire che « il deposito degli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite ha luogo esclusivamente con modalità telematiche», fissa la regola dell’obbligatorietà del deposito telematico degli atti comunemente definiti come endoprocessuali, mentre per le parti non precedentemente costituite vale ― lasciando da parte le disposizioni sul deposito telematico dettate per far fronte alla pandemia, e fintanto che non entrerà in vigore la riforma in corso del codice di rito ― la regola dell’alternatività, a scelta dell’interessato, tra il deposito telematico e quello cartaceo, in forza del comma 1 bis dello stesso articolo 16 bis, secondo cui: «Nell’ambito dei procedimenti civili, contenziosi e di volontaria giurisdizione innanzi ai tribunali e … alle corti di appello è sempre ammesso il deposito telematico di ogni atto diverso da quelli previsti dal comma 1».
13.3. ― Al fine di individuare gli atti c.d. endoprocessuali, « nei procedimenti civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione, innanzi al tribunale», la norma, al primo comma, distingue a seconda che «le parti», munite del difensore, siano o meno «precedentemente costituite».
13.3.1. ― La costituzione in giudizio, non definita dal codice di rito, ma menzionata anzitutto agli articoli 165 e 166 c.p.c., è ― intesa nel significato suo proprio ― atto formale mediante il quale, per mezzo degli adempimenti di volta in volta richiesti, si concretizza il Numero di raccolta generale 7877/2022Data pubblicazione 10/03/2022 rapporto tra la parte che si costituisce ed il giudice, allo scopo di rendere possibile il dispiegamento del contraddittorio, di regola, per l’intero corso del grado. La parte che non si costituisce, e che cioè non pone in essere la formalità necessaria e sufficiente per determinare la propria presenza legale nel processo, secondo quanto stabilisce l’articolo 171, terzo comma, c.p.c., è dichiarata contumace. La costituzione in giudizio, così come espressamente disciplinata dal codice di rito, è dunque formalità collegata alla contumacia, e che non trova perciò applicazione laddove non sia prevista dalla legge e non sia correlativamente contemplato il procedimento in contumacia.
13.3.2. ― Tale osservazione induce a ritenere che l’espress ione «parti precedentemente costituite», contenuta nel primo comma dell’articolo 16 bis, non possa essere intesa come riferita soltanto alla nozione di costituzione in giudizio in senso tecnico cui si è appena accennato. Ciò è reso manifesto dalla considerazione che il primo comma della disposizione definisce il proprio ambito di applicazione circoscrivendolo ai «procedimenti civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione». Quest’ultima dicitura, peraltro imprecisa, giacché sembra supporre, con la disgiuntiva «o», che i procedimenti di volontaria giurisdizione abbiano perciò stesso natura non contenziosa, il che certo non è, testimonia che la costituzione cui la norma allude non può essere quella in mancanza della quale si determina la contumacia della parte non costituita, dal momento che una simile nozione di costituzione, prima indicata, non si attaglia, per certo, tra gli altri, ai procedimenti volontari, tanto più se non contenziosi.
13.3.3. ― A rincalzo, merita aggiungere che l’articolo 16 bis, nel suo complesso, reca, oltre alla previsione di portata generale del primo comma, ulteriori disposizioni concernenti i «Numero di raccolta generale 7877/2022Data pubblicazione 10/03/2022processi esecutivi», nei quali il deposito telematico «si applica successivamente al deposito dell’atto con cui inizia l’esecuzione» (secondo comma), le «procedure concorsuali», nelle quali il deposito telematico è obbligatorio esclusivamente per l’organo che gestisce la procedura (terzo comma), i «procedimenti giudiziali diretti all’apertura delle procedure concorsuali» (comma 4 bis). Ma, se si leggesse il primo comma nel senso che esso recepisce la nozione di costituzione in senso tecnico, e lo si coniugasse con le previsioni degli ulteriori commi ora richiamati, si finirebbe per ammettere che l’articolo 16 bis nulla dispone quanto al deposito telematico in una larga parte di procedimenti anche contenziosi disciplinati dal codice di procedura civile, che non prevedono specificamente l’adempimento della costituzione ― basti pensare, a mero titolo di esempio, che nessuna disciplina della costituzione il codice di rito detta per i procedimenti cautelari, e che non può discorrersi di una costituzione del ricorrente in monitorio, come pure nel giudizio di legittimità, attesa la sua connotazione officiosa che non contempla la contumacia dell’intimato ― e neppure sono riconducibili al ristretto ambito coperto da dette previsioni aggiuntive, concernenti le esecuzioni e le procedure concorsuali.
13.3.4. ― Con l’espressione « parti precedentemente costituite», il primo comma dell’articolo 16 bis si riferisce non soltanto all’atto di costituzione nel senso indicato, dalla cui omissione discende la contumacia, nelle ipotesi in cui la costituzione sia prevista, ma anche, più in generale, alla acquisizione della veste di parte in senso formale nel procedimento incardinato dinanzi al giudice adito, veste che, almeno in senso lato, compete a ciascuna parte in qualunque procedimento destinato a svolgersi dinanzi al tribunale.
Ai sensi della disposizione dettata dal primo comma dell’articolo 16 bis, una volta che le parti sono entrate in contatto con il giudice, a mezzo del loro primo atto, che può a discrezione delle medesime essere depositato telematicamente o in cartaceo, ogni deposito Numero di raccolta generale 7877/2022Data pubblicazione 10/03/2022 successivo deve essere ormai obbligatoriamente telematico, fintanto che il rapporto parti-giudice non debba essere nuovamente instaurato, o perché la parte non è più la stessa, o perché non è più lo stesso il giudice.
- ― Le considerazioni fino ad ora svolte rilevano ai fini della soluzione del quesito se il reclamo di cui al terzo comma dell’articolo 630 c.p.c. esiga o meno il deposito telematico.
14.1. ― L’articolo 630, terzo comma, c.p.c., stabilisce che: « Contro l’ordinanza che dichiara l’estinzione ovvero rigetta l’eccezione relativa è ammesso reclamo da parte del debitore o del creditore pignorante ovvero degli altri creditori intervenuti nel termine perentorio di venti giorni dall’udienza o dalla comunicazione dell’ordinanza e con l’osservanza delle forme di cui all’articolo 178 terzo, quarto e quinto comma. Il collegio provvede in camera di consiglio con sentenza». Il rinvio al terzo comma dell’articolo 178 c.p.c. è da ascriversi ad un difetto di coordinamento. L’inciso «da parte del debitore o del creditore pignorante ovvero degli altri creditori intervenuti nel termine perentorio di venti giorni dall’udienza o dalla comunicazione dell’ordinanza e» è stato inserito nella norma dall’articolo 2, terzo comma, lettera e), del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito con modificazioni in legge 14 maggio 2005, n. 80. Il che taglia fuori il terzo comma dell’articolo 178 c.p.c. secondo cui: «Il reclamo deve essere proposto nel termine perentorio di dieci giorni, decorrente dalla pronuncia della ordinanza se avvenuta in udienza, o altrimenti decorrente dalla comunicazione dell’ordinanza medesima».
Rimangono invece vivi i rinvii ai commi quarto, secondo cui: «Il reclamo è presentato con semplice dichiarazione nel verbale d’udienza, o con ricorso al giudice istruttore», e quinto, secondo cui: «Se il reclamo è presentato in udienza, il giudice assegna nella stessa udienza, ove le parti lo richiedano, il termine per la Numero di raccolta generale 7877/2022Data pubblicazione 10/03/2022 comunicazione di una memoria, e quello successivo per la comunicazione di una replica. Se il reclamo è proposto con ricorso, questo è comunicato a mezzo della cancelleria alle altre parti, insieme con decreto, in calce, del giudice istruttore, che assegna un termine per la comunicazione dell’eventuale memoria di risposta. Scaduti tali termini, il collegio provvede entro i quindici giorni successivi».
È appena il caso di osservare che il reclamo di cui all’articolo 630, terzo comma, c.p.c. è sopravvissuto alla novella introdotta dal decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, che attribuisce la competenza per le cause di esecuzione forzata al giudice dell’esecuzione in funzione di giudice unico, in combinazione con l’articolo 178, secondo comma, c.p.c. a norma del quale l’ordinanza del giudice istruttore che non operi in funzione di giudice unico quando dichiara l’estinzione del processo è impugnabile dalle parti con reclamo immediato al collegio (Cass. 1° luglio 2005, n. 14096).
14.2. ― Si tratta di un procedimento peculiare sia per le modalità di proposizione, sia per la previsione della decisione con sentenza, appellabile secondo le regole generali, siccome la legge non lo esclude (sull’appellabilità, oltre a Cass. 1° luglio 2005, n. 14096, v. Cass. 18 luglio 2018, n. 19102; Cass. 30 gennaio 2018, n. 2185; Cass. 18 luglio 2016, n. 14646).
Questa Corte ha già avuto modo di prendere posizione sulla natura di detto rimedio, osservando che, attraverso esso, «è assicurato un controllo sistemico del provvedimento di estinzione, al quale deve essere riconosciuta struttura cognitiva, che, per questa ragione, si conclude con una sentenza, contro la quale è consentito il normale regime delle impugnazioni costituito dall’appello. Quando la parte che vi ha interesse chiede una decisione sull’estinzione del processo esecutivo e propone reclamo contro l’ordinanza che dichiara l’estinzione o rigetta la relativa eccezione …, il reclamo apre un giudizio sul contrapposto interesse sostanziale dei creditori Numero di raccolta generale 7877/2022Data pubblicazione 10/03/2022 e del debitore a conseguire il risultato utile dell’espropriazione ovvero a riottenere la libera disponibilità dei beni pignorati o di quanto è stato ricavato dalla loro espropriazione, come si ricava dalle norme che regolano gli effetti dell’estinzione del processo esecutivo» (così la citata Cass. 1° luglio 2005, n. 14096).
14.3. ― Trattandosi di procedimento di natura cognitiva, e che dunque si colloca al di fuori dei «processi esecutivi di cui al libro III del codice di procedura civile», cui si riferisce il secondo comma dell’articolo 16 bis, il regime del deposito telematico va desunto dalla regola generale posta dal primo comma della disposizione. E, attesa la natura cognitiva del procedimento, che si dipana sullo sfondo dell’esecuzione forzata, ma del tutto al di fuori di essa, palesando una chiara natura impugnatoria ― ché, se esso non è proposto nei termini previsti, la decisione già adottata in punto di estinzione si stabilizza ― tale da determinare una netta cesura tra la fase esecutiva e quella cognitiva, deve aversi per certo che la proposizione del reclamo in discorso non sia riconducibile al novero degli atti endoprocessuali.
Ed invero, posto che la nozione di costituzione, cui si riferisce l’articolo 16 bis, è nella specie evidentemente fuori gioco, e considerato che non vi è una immutazione delle parti, occorre però constatare che, per effetto del reclamo, si instaura una nuova relazione parti-giudice, tale ricondurre il reclamo medesimo al novero degli atti introduttivi sottratti alla disciplina dell’obbligatorio deposito telematico. Val quanto dire che, al momento del reclamo, il rapporto tra le parti ed il giudice chiamato a decidere su di esso non si è ancora instaurato, atteso che lo stesso, pur rivolto al giudice dell’esecuzione, è tuttavia deciso dal collegio ai sensi dell’articolo 630, terzo comma (Cass. 19 febbraio 2003, n. 2500): è solo col reclamo, dunque, che il reclamante entra per la prima volta in Numero di raccolta generale 7877/2022Data pubblicazione 10/03/2022 contatto col collegio. In conclusione il reclamo di cui al terzo comma dell’articolo 630 c.p.c. non è atto c.d. endoprocessuale soggetto alla disciplina dell’obbligatorio deposito telematico.
14.4. ― Il che sta in definitiva a significare che il reclamo è stato correttamente depositato in cartaceo, sicché non occorre soffermarsi sull’ulteriore questione, indicata nell’ordinanza di rimessione, delle implicazioni del deposito cartaceo degli atti endoprocessuali.
- ― Il primo mezzo è infondato. La tesi dei ricorrenti si riassume ciò, che, essendo stata disposta la sospensione su istanza delle parti fino al 30 novembre del 2015, l’istanza di prosecuzione presentata ai sensi dell’articolo 624 bis, terzo comma, c.p.c., il precedente 27 novembre, dovesse reputarsi tamquam non esset, in applicazione dell’articolo 626 c.p.c., secondo cui quando il processo è sospeso, nessun atto esecutivo può essere compiuto. L’assunto non può essere condiviso, giacché non considera che l’articolo 624 bis citato stabilisce, nell’ultimo periodo del primo comma, che l’ordinanza con cui è disposta la sospensione sull’accordo delle parti «è revocabile in qualsiasi momento, anche su richiesta di un suo creditore e sentito comunque il debitore», il che, unitamente al rilievo che il successivo terzo comma della stessa disposizione fissa esclusivamente un termine ad quem per la proposizione dell’istanza volta la fissazione dell’udienza per la prosecuzione, ma non un termine a quo, rende manifesto che il creditore ben può proporre istanza per la prosecuzione anche prima della scadenza, risolvendosi essa in un minus rispetto all’istanza di revoca, diretta pertanto la riattivazione una volta che il termine della sospensione sia spirato.
- ― Il secondo mezzo è infondato. Come già osservato dalla Corte d’appello, nel proporre il reclamo, i Numero sezionale 49/2022Numero di raccolta generale 7877/2022 creditori avevano non soltanto dedotto la tesi secondo cui il Data pubblicazione 10/03/2022 termine previsto dal terzo comma dell’articolo 624 bis c.p.c. dovesse essere computato a ritroso, ma anche negato, più in generale, che, in presenza dell’istanza di prosecuzione proposta, potesse discorrersi di inattività delle parti, tale da giustificare il provvedimento dichiarativo dell’estinzione. Sicché è del tutto evidente che il reclamo aveva investito il collegio e poi la Corte d’appello anche della questione su cui l’uno e l’altra si sono pronunciati, reputando per l’appunto che l’istanza di prosecuzione depositata in prossimità della scadenza fosse idonea, per le ragioni già evidenziate, alla riattivazione del processo esecutivo.
- ― Le spese di questo giudizio di legittimità meritano di essere integralmente compensate, tenuto conto della centralità dell’esame della questione, nuova, della riconducibilità del reclamo proposto all’area degli atti endoprocessuali.
- ― Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto
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