Corte Costituzionale, sentenza 15 marzo 2022 n. 72
Vanno dichiarate inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 76 del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, recante «Codice del Terzo settore, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106», sollevate, in riferimento agli artt. 2, 4, 9, 18 e 118, quarto comma, della Costituzione, dal Consiglio di Stato, sezione terza.
Va dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 76 del d.lgs. n. 117 del 2017, sollevata, in riferimento all’art. 76 Cost., dal Consiglio di Stato, sezione terza.
Va dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 76 del d.lgs. n. 117 del 2017, sollevata, in riferimento all’art. 3 Cost., dal Consiglio di Stato, sezione terza.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
4.– Con ordinanza n. 14 del 2022, questa Corte ha dichiarato l’inammissibilità dell’intervento spiegato da dieci comitati dell’Associazione della Croce Rossa Italiana.
5.– Con decreto del Presidente del 17 gennaio 2022 è stata ammessa l’opinione scritta presentata dall’Associazione della Croce Rossa Italiana, ai sensi dell’art. 4-ter delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, ratione temporis applicabile.
L’amicus curiae ritiene che la questione sollevata in riferimento all’art. 3 Cost. sia «frutto di una concezione del tutto astratta degli Enti di Terzo Settore della cui comparazione si tratta», alla luce del «divario non colmabile» che intercorrerebbe tra le ODV e gli altri ETS, quanto ai modi concreti di operare. I secondi, infatti, quando non organizzati su base volontaristica, ben potrebbero remunerare secondo criteri imprenditoriali tanto il personale, quanto i mezzi materiali impiegati, laddove, invece, l’art. 33, comma 3, cod. terzo settore imporrebbe alle ODV di ricevere, per l’attività prestata, «soltanto il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate».
Tale «differenza di regime giuridico dal carattere decisivo» sarebbe stata trascurata dal rimettente, che avrebbe operato una equiparazione tra le ODV e gli altri ETS per la ragione «puramente formale» della possibilità, per le prime, di avvalersi anche di lavoratori dipendenti e, per i secondi, anche di volontari, così obliterando la «distanza concettuale» che intercorrerebbe tra la mera facoltà, per gli ETS, di avvalersi di volontari, e l’obbligo di operare prevalentemente con l’apporto di volontari, che graverebbe soltanto sulle ODV.
Inoltre, il carattere prevalentemente volontario del servizio reso dalle ODV starebbe «alla base [anche] della disciplina speciale – e derogatoria del principio di concorrenza – dettata» dal cod. terzo settore a favore delle ODV negli artt. 56 e 57, in ordine, rispettivamente, all’affidamento loro riservato di «attività o servizi sociali di interesse generale, se più favorevoli rispetto al ricorso al mercato» e, in via prioritaria, del «servizio di trasporto sanitario di emergenza e urgenza», per il quale risulterebbero necessari gli acquisti considerati dalla norma censurata.
Dalla regola prevista per tali convenzionamenti, in base alla quale le ODV potrebbero ricevere esclusivamente il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate per i servizi resi – che, invece, gli altri ETS renderebbero «in termini schiettamente professionali» – l’amicus ricava una ulteriore conferma della irriducibilità del rispettivo regime giuridico.
Infine, non fondata sarebbe anche la questione riferita all’art. 76 Cost. Al riguardo, l’opinione ritiene che il criterio direttivo di cui all’art. 4, comma 1, lettera b), della legge n. 106 del 2016 – nella parte in cui chiede di individuare le attività di interesse generale che caratterizzano gli ETS, il cui svolgimento «costituisce requisito per l’accesso alle agevolazioni previste dalla normativa» – non imporrebbe di individuare le attività che «caratterizzano tutti» gli ETS, «ben potendo alcune di tali attività per il modo dello svolgimento risultare pertinenti in modo specifico ad alcuni di essi».
6.– Con memoria tempestivamente depositata la Fondazione Catis rimarca che le peculiarità strutturali delle ODV non potrebbero giustificare il criterio che consente loro di usufruire in via esclusiva di un incentivo di carattere generale, «tanto più che esso [sarebbe] strettamente funzionale al raggiungimento di uno scopo che rientra tra quelli perseguibili da tutti gli ETS».
Considerato in diritto
1.– Con ordinanza del 9 novembre 2020 (reg. ord. n. 69 del 2021), il Consiglio di Stato, sezione terza, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 76 del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, recante «Codice del Terzo settore, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106», in riferimento complessivamente agli artt. 2, 3, 4, 9, 18, 76 e 118, quarto comma, della Costituzione, nella parte in cui riserva alle organizzazioni di volontariato (d’ora in avanti: ODV) i contributi per l’acquisto di autoambulanze, di autoveicoli per attività sanitarie e di beni strumentali, escludendo gli altri enti del Terzo settore (d’ora in avanti: ETS) svolgenti le medesime attività di interesse generale.
Il Consiglio di Stato è chiamato a decidere l’appello proposto dalla Fondazione Catis, attiva nel settore del soccorso con autoambulanze, nei confronti della sentenza che ha parzialmente rigettato il ricorso avverso sia il decreto ministeriale recante le modalità di attuazione delle disposizioni del censurato art. 76, sia le linee guida del procedimento per l’erogazione dei contributi da questo previsti con riferimento all’annualità 2017; gli atti impugnati l’avrebbero infatti esclusa, al pari degli altri ETS non aventi la struttura tipica delle ODV, dalle provvidenze economiche per l’acquisto di autoambulanze e di beni strumentali da adibire all’attività istituzionale.
Il rimettente ritiene le questioni rilevanti poiché, da un lato, l’appello della Fondazione ripropone le censure di illegittimità costituzionale dell’art. 76 cod. terzo settore, rigettate dal giudice di primo grado, e, dall’altro, tale disposizione rappresenterebbe l’unica base giuridica dei provvedimenti oggetto del giudizio.
1.1.– Ad avviso del giudice a quo, il citato art. 76, riservando il contributo per l’acquisto di autoambulanze solo alle ODV, avrebbe alterato in maniera sostanziale la precedente disciplina in materia, contestualmente sostituita, dal momento che un contributo simile era stato introdotto già dall’art. 96, comma 1, della legge 21 novembre 2000, n. 342 (Misure in materia fiscale), che lo riconosceva però tanto in favore delle ODV, quanto delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (onlus).
La norma censurata esprimerebbe dunque una scelta di favore per le ODV, che tuttavia il rimettente considera non rispettosa del canone di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., non rilevando in senso contrario che, come affermato dalla sentenza appellata, il numero dei volontari in tale categoria di ente deve essere superiore a quello dei lavoratori dipendenti, laddove le fondazioni e gli altri ETS potrebbero avvalersi di volontari, ma senza che questi superino il numero dei dipendenti.
Secondo il Consiglio di Stato, infatti, la presenza di lavoratori dipendenti non si porrebbe in termini di alternatività e di contrapposizione poiché, invece, la relativa disciplina contenuta nel cod. terzo settore evidenzierebbe il forte avvicinamento tra tali enti, tanto da darsi in concreto il caso «di ODV e ONLUS con l’identica struttura organizzativa costituita da metà lavoratori dipendenti e metà operatori volontari».
Inoltre, mentre la presenza di lavoratori dipendenti nell’organizzazione dell’ente potrebbe giustificare «discipline differenziate riferite a quello specifico aspetto (quali agevolazioni previdenziali, assicurative, retributive)», essa «appar[irebbe] del tutto neutrale rispetto all’acquisto di beni strumentali allo svolgimento dell’attività di utilità sociale dell’ente».
In ogni caso, il rimettente richiama l’orientamento di questa Corte, espresso in particolare nella sentenza n. 277 del 2019, che escluderebbe la possibilità di differenziare il trattamento degli ETS sulla base dello status giuridico di dette organizzazioni.
1.2.– L’ordinanza aggiunge che in considerazione della connessione tra la descritta censura di irragionevolezza e l’«ambito sanitario», nel quale si collocherebbe la norma che dispone il beneficio, il riferimento al parametro di cui all’art. 3 Cost. andrebbe integrato «con il sintetico richiamo agli articoli 2 (nella parte in cui tutela i diritti della persona nell’ambito delle formazioni sociali), 4 (nella parte in cui protegge il lavoro), 9 (per la promozione della ricerca tecnica), 18 (per la garanzia dell’associazionismo, in qualsiasi forma giuridica) e 118, comma quarto (per l’affermazione del principio di sussidiarietà orizzontale)» Cost.; l’art. 76 cod. terzo settore violerebbe dunque anche tali parametri costituzionali.
1.3.– Infine, con una ulteriore censura, il giudice a quo lamenta che il citato art. 76 non rispetterebbe i principi e i criteri direttivi contenuti nella legge 6 giugno 2016, n. 106 (Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale), in particolare negli artt. 1, comma 2, lettera b), e 4, comma 1, lettera b); per l’effetto, sarebbe violato l’art. 76 Cost.
Il criterio direttivo di cui alla seconda delle richiamate previsioni della legge delega – richiedendo di «individuare le attività di interesse generale che caratterizzano gli enti del Terzo settore, il cui svolgimento […] costituisce requisito per l’accesso alle agevolazioni previste dalla normativa […]» – non ammetterebbe «differenziazioni collegate alla diversa natura soggettiva dell’ente», invece introdotte dal censurato art. 76.
L’ordinanza afferma, da ultimo, che lo stesso criterio di delega «richiam[erebbe] puntualmente la legislazione previgente, fra cui il decreto n. 460/1997, che prevedeva le agevolazioni per l’acquisto di autoambulanze anche in favore delle ONLUS»; il riordino e la razionalizzazione dei benefici economici già esistenti, «pertanto, non avrebbe potuto prevedere la radicale e generalizzata esclusione dal contributo di intere categorie di enti quali le ONLUS».
2.– In via preliminare, è fondata l’eccezione di inammissibilità proposta dal Presidente del Consiglio dei ministri, per genericità delle censure in riferimento agli artt. 2, 4, 9, 18 e 118, quarto comma, Cost.
L’ordinanza di rimessione si limita infatti a richiamare in via cumulativa i parametri indicati, i quali integrerebbero il parametro di cui all’art. 3 Cost. per il solo fatto che gli incentivi previsti dalla norma censurata afferirebbero all’«ambito sanitario»; affermazione, quest’ultima, insieme generica e insufficiente a motivare le ragioni dell’asserito contrasto con ciascuna delle dette previsioni costituzionali (ex plurimis, sentenze n. 181 e n. 87 del 2021; ordinanza n. 159 del 2021).
Le questioni così sollevate sono dunque inammissibili.
3.– Nell’esame del merito va trattata per prima la questione che lamenta la violazione dell’art. 76 Cost., in relazione a due principi e criteri direttivi della legge n. 106 del 2016 che ha delegato al Governo l’adozione del cod. terzo settore. Si tratta, infatti, di una censura «logicamente prioritaria, poiché incidente sul piano delle fonti» (sentenza n. 142 del 2020).
Tale questione non è fondata.
Il rimettente richiama a sostegno della censura essenzialmente il criterio direttivo di cui all’art. 4, comma 1, lettera b), della legge citata, ma questo è rivolto in via principale a orientare il legislatore delegato nell’individuazione delle attività di interesse generale e solo in via mediata coinvolge le disposizioni agevolative.
Inoltre, lo stesso collegamento che pur indirettamente si stabilisce tra le prime e le seconde va in ogni caso letto nel contesto sistematico della stessa legge delega, dove altri principi e criteri direttivi ben ammettono margini di differenziazione tra i diversi tipi di ETS.
A questo riguardo, infatti, da un lato, l’art. 5, comma 1, lettera a), prevede che vengano riconosciute e favorite «all’interno del Terzo settore, le tutele dello status di volontario e la specificità delle organizzazioni di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, e di quelle operanti nella protezione civile»; dall’altro, l’art. 9, comma 1, lettera m), relativo alla revisione della disciplina riguardante le onlus, richiede che siano «fatte salve le condizioni di maggior favore relative alle organizzazioni di volontariato».
Entrambi i richiamati criteri direttivi, che concorrono a «individuare la ratio della delega» (sentenza n. 142 del 2020), consentono di concludere per la non fondatezza della censura del rimettente, poiché il legislatore delegato, limitando, nell’art. 76 cod. terzo settore, il “contributo ambulanze” alle sole ODV, ha inteso riferirsi alla specificità di questi enti e salvaguardare la previsione di maggior favore a loro comunque riconosciuta dalla omologa misura che era già prevista dall’art. 96, comma 1, della legge n. 342 del 2000.
4.– Neppure la questione di legittimità costituzionale dell’art. 76 cod. terzo settore, sollevata in riferimento all’art. 3 Cost., è fondata.
Occorre premettere che il cod. terzo settore ha introdotto una definizione unitaria di ETS: tale qualifica, infatti, è riservata ai soli enti iscritti nel registro unico nazionale del Terzo settore, destinatari di uno specifico sistema di favor e oneri, diverso da quello di tutti gli altri enti che pur svolgono attività di interesse generale (sentenza n. 131 del 2020).
Questo insieme è «definito dall’art. 4 CTS, in forza del quale costituiscono il Terzo settore gli enti che rientrano in specifiche forme organizzative tipizzate (le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le società di mutuo soccorso, le reti associative, le imprese sociali e le cooperative sociali) e gli altri enti “atipici” (le associazioni riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di diritto privato diversi dalle società) che perseguono, “senza scopo di lucro, […] finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento, in via esclusiva o principale, di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi”, e che risultano “iscritti nel registro unico nazionale del Terzo settore”» (sentenza n. 131 del 2020).
In questi termini, il cod. terzo settore ha svolto senz’altro una funzione unificante, diretta a ordinare e a riportare a coerenza la disciplina degli ETS, superando le precedenti frammentazioni e sovrapposizioni.
Tuttavia ciò non si è risolto in una indistinta omologazione di tutti gli ETS. All’interno del perimetro legale di questa definizione, infatti, sono rimaste in vita specifiche e diverse caratterizzazioni dei modelli organizzativi, al punto che sono gli enti nella loro autonomia a individuare, variandola se necessario, quella che meglio consente, secondo la storia e l’identità di ciascuno, il raggiungimento dei propri fini istituzionali.
Permangono, inoltre, anche differenziazioni nei regimi di sostegno pubblico che si giustificano in ragione di diversi fattori, tra cui anche quello della specifica dimensione che assume, strutturalmente, l’apporto della componente volontaria all’interno dei suddetti enti.
5.– In particolare, i tratti caratterizzanti del sistema degli ETS sono il perseguimento del bene comune (art. 1), lo svolgimento di attività di interesse generale (art. 5) senza perseguire finalità lucrative soggettive (art. 8), la soggezione a un sistema pubblicistico di registrazione (art. 11) e a rigorosi controlli (artt. da 90 a 97).
Ciò radica tale sistema in una dimensione che attiene ai principi fondamentali della nostra Costituzione, in quanto espressione di un pluralismo sociale rivolto a perseguire la solidarietà che l’art. 2 Cost. pone «tra i valori fondanti dell’ordinamento giuridico» (sentenza n. 75 del 1992) e a concorrere all’«eguaglianza sostanziale che consente lo sviluppo della personalità, cui si riferisce il secondo comma dell’art. 3 della Costituzione» (sentenza n. 500 del 1993).
Proprio in quanto tale, questo sistema è valorizzato ai sensi del principio di sussidiarietà orizzontale di cui all’art. 118, quarto comma, Cost., fino a dar vita, nell’art. 55 cod. terzo settore, a un modello di «amministrazione condivisa» tra gli ETS e le pubbliche amministrazioni (sentenza n. 131 del 2020).
In questi termini, poiché l’attività di interesse generale svolta senza fini di lucro da tali enti realizza anche una forma nuova e indiretta di concorso alla spesa pubblica (ciò che deriva dal necessario reinvestimento degli utili in attività orientate a una funzione sociale), il Titolo X (Regime fiscale degli enti del terzo settore) del cod. terzo settore prevede misure di agevolazione fiscale che, sebbene con rilevanti diversità quanto a intensità, forme e modi, interessano però, in ogni caso, tutti gli ETS, comprese le imprese sociali – anche se per queste ultime le misure più consistenti sono previste nel decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 112, recante «Revisione della disciplina in materia di impresa sociale, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera c) della legge 6 giugno 2016, n. 106», specificamente concernente il loro status –.
L’esigenza di una disciplina unitaria diviene invece recessiva nella disciplina del Capo IV (Delle risorse finanziarie) del Titolo VIII (Della promozione e del sostegno degli Enti del Terzo Settore), che, anche razionalizzando forme di finanziamento preesistenti, identifica un ambito dove è prevalente l’elemento attinente alla tipologia organizzativa, al punto che la normativa in oggetto non riferisce alle imprese sociali alcuna forma di contributo statale diretto, riservandola esclusivamente ad altri ETS.
6.– Così avviene nella disposizione censurata che, in particolare, destina una quota delle risorse finanziarie previste dall’art. 73 cod. terzo settore per l’acquisto di autoambulanze, autoveicoli per attività sanitarie e beni strumentali al sostegno delle attività di interesse generale svolte dalle sole ODV.
Proprio su questa differenziazione si attesta la censura del giudice a quo, diretta a vedere ristabilita la prevalenza della disciplina unitaria e a contestare la ragionevolezza della suddetta limitazione a discapito degli altri ETS.
Nell’esame a cui la sollecita il rimettente, questa Corte è quindi chiamata a verificare se nella ratio della norma censurata siano ravvisabili elementi in grado di giustificare tale filtro selettivo.
7.– In questa prospettiva occorre innanzitutto rilevare che, in forza dell’art. 32, comma 1, cod. terzo settore, «[l]e organizzazioni di volontariato sono enti del Terzo settore costituiti […], per lo svolgimento prevalentemente in favore di terzi di una o più attività di cui all’articolo 5, avvalendosi in modo prevalente dell’attività di volontariato dei propri associati o delle persone aderenti agli enti associati».
Tale prevalenza dell’attività di volontariato assume un rilievo centrale, perché incide anche sul sistema di finanziamento, come del resto conferma l’art. 33, comma 3, cod. terzo settore, che vincola espressamente le ODV a ricevere, per l’attività di interesse generale prestata, «soltanto il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate».
Si tratta, in realtà, di un vincolo in qualche modo collegato al principio generale secondo cui «[l]’attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario. Al volontario possono essere rimborsate dall’ente del Terzo settore tramite il quale svolge l’attività soltanto le spese effettivamente sostenute e documentate per l’attività prestata, entro limiti massimi e alle condizioni preventivamente stabilite dall’ente medesimo. Sono in ogni caso vietati rimborsi spese di tipo forfetario» (art. 17, comma 3, cod. terzo settore).
In altri termini, la necessaria prevalenza della componente volontaristica nella struttura costitutiva delle ODV si associa al fatto che la disciplina dell’attività di interesse generale di tali enti è permeata da un vincolo particolarmente stringente anche in relazione al modo di svolgimento della stessa, preordinato a esaltare quella caratteristica di gratuità che connota l’attività del volontario.
Ciò non è «neutrale» come, invece, sostenuto dal rimettente, perché preclude alle ODV la possibilità di ottenere dallo svolgimento dell’attività di interesse generale margini positivi da destinare all’incremento dell’attività stessa (salvo che per le attività diverse di cui all’art. 6 cod. terzo settore, che però possono essere solo «secondarie e strumentali rispetto alle attività di interesse generale»), a differenza, in particolare, delle imprese sociali (qualifica che può essere ottenuta anche dalle fondazioni), che possono percepire forme di corrispettivo dai destinatari delle prestazioni rese.
Sussiste quindi una definita linea di demarcazione all’interno della pur unitaria categoria degli ETS: è ben vero che quelli che scelgono di svolgere attività economica – accettando i correlati vincoli, primo dei quali la rinuncia alla massimizzazione del profitto – possono essere considerati operatori di un “mercato qualificato”, quello della welfare society, distinto da quello che invece risponde al fine di lucro. Tuttavia, rimane fermo che tali soggetti hanno la possibilità di ricevere un corrispettivo per il servizio reso e quindi, anche in tal modo, procurarsi le risorse, cui fa riferimento la norma censurata, necessarie all’acquisto degli automezzi e dei beni strumentali al sostegno delle attività di interesse generale. Possibilità che invece è preclusa, come si è visto, alle ODV.
8.– Tali aspetti non sono, in realtà, ignorati dal rimettente che, tuttavia, li considera insufficienti a giustificare l’esclusione degli altri ETS, sull’assunto che di fatto anche questi potrebbero avere una «identica struttura […] costituita da metà lavoratori dipendenti e metà operatori volontari».
L’obiezione, però, in questi termini non è corretta, perché alle ODV è normativamente imposta, come scelta non derogabile, una specifica proporzione interna: l’art. 33, comma 1, cod. terzo settore, prescrive chiaramente – peraltro dopo aver stabilito che possono sì assumere lavoratori dipendenti, ma solo entro precisi limiti di carattere “qualitativo”, cioè «occorrenti a qualificare o specializzare l’attività svolta» – che «[i]n ogni caso, il numero dei lavoratori impiegati nell’attività non può essere superiore al cinquanta per cento del numero dei volontari».
Se quindi la regola generale è che tutti gli ETS «possono» avvalersi di volontari (art. 17, comma 1, cod. terzo settore), una regola specifica impone alle ODV di avvalersene «in modo prevalente» (art. 32, comma 1, cod. terzo settore). Nel caso delle imprese sociali, in particolare, la regola è oltretutto ribaltata, in quanto queste possono avvalersi di volontari, ma il numero degli stessi non può superare quello dei lavoratori (art. 13, comma 2, del d.lgs. n. 112 del 2017).
8.1.– Una prima ratio della norma censurata si rivela, quindi, quella di sostenere enti che non dispongono della possibilità di pattuire, per il servizio reso tramite l’attività di interesse generale, una remunerazione in grado di permettere l’acquisto o il rinnovo di automezzi e beni materiali strumentali.
Un’ulteriore ragione attiene poi alla centralità che il cod. terzo settore assegna alla figura del volontario.
Questo infatti è oggetto di una definizione positiva nell’art. 17, comma 2, dove si evidenzia che il volontario è «una persona che, per sua libera scelta, svolge attività in favore della comunità e del bene comune»; si prevede poi non solo che tutti «gli enti del Terzo settore possono avvalersi di volontari nello svolgimento delle proprie attività» (art. 17, comma 1), ma si attivano, altresì, strumenti per «promuovere e rafforzare la presenza ed il ruolo dei volontari negli enti del Terzo settore» (art. 63, comma 1); infine, si fa carico a tutte le «amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165» del compito di diffondere la «cultura del volontariato» (art. 19, comma 1).
La descritta valorizzazione del volontariato ha solide ragioni: questa Corte proprio in riferimento a tale forma di impegno civico ha affermato che la persona è «chiamata ad agire non per calcolo utilitaristico o per imposizione di un’autorità, ma per libera e spontanea espressione della profonda socialità che caratterizza la persona stessa» (sentenza n. 75 del 1992).
Si tratta della sottolineatura di un «modello fondamentale dell’azione positiva e responsabile dell’individuo» (sentenza n. 75 del 1992), che ha assunto carattere sistematico nella giurisprudenza di questa Corte, portando a evidenziare come all’origine dell’azione volontaria vi sia l’emergere della natura relazionale della persona umana che, nella ricerca di senso alla propria esistenza, si compie nell’apertura al bisogno dell’altro (sentenze n. 131 del 2020 e n. 228 del 2004).
In tal modo il volontariato costituisce una modalità fondamentale di partecipazione civica e di formazione del capitale sociale delle istituzioni democratiche, al punto che risulterebbe paradossale penalizzare proprio gli enti che strutturalmente sono caratterizzati in misura prevalente da volontari, a causa del limite del mero rimborso delle spese.
Non appare quindi irragionevole, né discriminatorio, che il contributo oggetto della norma censurata sia accessibile solo a ETS caratterizzati dal vincolo normativo alla prevalenza dei volontari e dal connesso principio di gratuità, con esclusione degli altri enti per i quali tale previsione non sussiste e che quindi possono pattuire remunerazioni con cui autonomamente finanziare l’acquisto o il rinnovo dei beni considerati nella norma censurata.
Il filtro selettivo stabilito da quest’ultima appare pertanto coerente, per i motivi illustrati, con la ratio della stessa.
9.– In questi termini, la norma in questione si distingue da quelle oggetto di precedenti giudizi di questa Corte, relativi a disposizioni regionali che ricollegavano strettamente contribuzioni e convenzioni pubbliche al profilo oggettivo di una specifica attività incentivata, al punto da rendere irragionevole la discriminazione tra gli ETS fondata esclusivamente sul dato formale dello «status giuridico» di dette organizzazioni (sentenze n. 52 del 2021 e n. 277 del 2019).
Nella previsione qui in esame, infatti, è la connotazione sostanziale a rendere ragione del contributo in questione, rivolto a enti in cui strutturalmente è prevalente la componente dei volontari e che, in forza della limitazione al rimborso delle spese, non potrebbero altrimenti reperire le risorse finanziarie necessarie all’acquisto o alla sostituzione degli automezzi e degli altri mezzi strumentali.
Rileva quindi, a differenza di quei precedenti, una giustificata connessione tra la specifica condizione che caratterizza tali soggetti e la ratio della misura di sostegno.
10.– Nel giungere a tale conclusione di non fondatezza della questione sollevata nell’odierno giudizio, tuttavia, questa Corte non può non segnalare al legislatore che anche altri ETS si trovano o si possono trovare in una condizione ragionevolmente assimilabile a quella delle ODV.
In particolare, ciò vale per le associazioni di promozione sociale che, in forza dell’art. 35, comma 1, cod. terzo settore, condividono il medesimo requisito della necessaria prevalenza dell’operare volontario delle persone associate; difatti, nell’impianto sistematico del citato codice, proprio in virtù dell’esistenza del medesimo carattere strutturale, le ODV e le associazioni di promozione sociale vengono accomunate sul piano dell’accesso a specifici regimi, come, ad esempio, nell’art. 56, in relazione alle convenzioni; nell’art. 67, relativamente all’accesso al credito agevolato; nell’art. 68, in relazione ai crediti privilegiati; nell’art. 72, in riferimento al finanziamento di progetti.
Del resto, anche le recenti Linee guida sul rapporto tra pubbliche amministrazioni ed enti del Terzo settore negli artt. 55-57 del d.lgs. n. 117/2017 (codice del Terzo settore), approvate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 31 marzo 2021, n. 72, specificano che ODV e associazioni di promozione sociale, avvalendosi «prevalentemente dell’attività dei propri associati-volontari», esprimono «una connotazione di tipo solidaristico più marcata rispetto agli altri enti del Terzo settore».
Appare quindi auspicabile che il legislatore intervenga a rivedere in termini meno rigidi il filtro selettivo previsto dalla norma censurata in modo da permettere l’accesso alle relative risorse anche a tutti quegli ETS sulla cui azione – per disposizione normativa, come nel caso delle associazioni di promozione sociale, o per la concreta scelta organizzativa dell’ente di avvalersi di un significativo numero di volontari rispetto a quello dei dipendenti – maggiormente si riflette la portata generale dell’art. 17, comma 3, cod. terzo settore, per cui al volontario possono essere rimborsate «soltanto le spese effettivamente sostenute e documentate per l’attività prestata».