MASSIMA
E’ illegittimo il provvedimento ministeriale di rigetto della richiesta di cittadinanza italiana che – per l’insufficienza dei dati istruttori su cui si fonda – non rechi un approfondito apprezzamento sul reale disvalore delle condotte rispetto ai principî fondamentali della convivenza sociale e alla tutela anticipata della incolumità pubblica. L’Amministrazione deve, in particolare, valutare se il comportamento del cittadino straniero, tenuto conto anche del contesto familiare, sia concretamente indice di un mancato inserimento sociale e, quindi, di una non compiuta integrazione nella comunità nazionale o se, al contrario, simile comportamento, tenuto conto, nel complesso, della sua condotta di vita, della sua permanenza sul territorio nazionale, dei suoi legami familiari, della sua attività lavorativa e di tutti gli elementi ritenuti rilevanti a tal fine, non debba reputarsi insufficiente a denotare quella mancata adesione ai valori fondamentali dell’ordinamento giuridico che preclude il rilascio della cittadinanza italiana.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
Va richiamata la pacifica giurisprudenza di questa Sezione secondo la quale la concessione della cittadinanza italiana è atto ampiamente discrezionale, che non solo deve tenere conto di fatti penalmente rilevanti esplicitamente indicati dal legislatore, ma deve valutare anche l’area della loro prevenzione di guisa che l’atto in questione implica accurati apprezzamenti da parte dell’amministrazione sulla personalità e sulla condotta di vita dell’interessato e si esplica in un potere valutativo circa l’avvenuta integrazione dello straniero nella comunità nazionale sotto i molteplici profili della sua condizione lavorativa, economica, familiare e di irreprensibilità della condotta (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. III, 6 settembre 2018 n. 5262 e 12 novembre 2014, n. 5571; Id., sez. VI, 9 novembre 2011, n. 5913, 10 gennaio 2011, n. 52 nonché 26 gennaio 2010, n. 282). È ormai orientamento consolidato che l’inserimento dello straniero nella comunità nazionale è legittimo allorquando quest’ultimo dimostri di possedere ogni requisito atto ad inserirsi in modo duraturo nella comunità e sia detentore di uno status illesae dignitatis morale e civile, nonché di un serio sentimento di italianità che escluda interessi personali e speculativi sottostanti alla richiesta di naturalizzazione. In ogni caso il provvedimento di diniego della concessione della cittadinanza italiana non è sindacabile per i profili di merito della valutazione dell’Amministrazione (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 6 settembre 2016, n. 3819; Sez. III, 25 agosto 2016, n. 3696; Sez. III, 11 marzo 2016, n. 1874), mentre lo è invece, e pienamente, per i suoi eventuali profili di eccesso di potere, tra i quali è tradizionalmente annoverata l’inadeguatezza della motivazione (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 9 giugno 2006, n. 3456; sez. III, 26 ottobre 2016, n. 4498).
Rilievo assorbente ai fini dell’annullamento dell’atto impugnato va assegnato alla circostanza che, nel corpo del provvedimento, i precedenti di polizia risultano acriticamente recepiti nella loro storicità senza alcun autonomo vaglio critico, come dati cioè di per stessi idonei ad accreditare un giudizio di disvalore. In tal modo risulta svilita quella discrezionalità di cui il provvedimento in questione dovrebbe essere espressione e il cui esercizio viene, nel caso di specie, di fatto rifiutato sulla scorta di un automatismo non solo non previsto dalla legislazione di settore, ma nemmeno consentito, dovendo l’Autorità competente farsi carico di un’approfondita analisi, a tutto tondo, del vissuto dell’istante e del contesto familiare, sociale ed economico che lo qualifica e, sulla scorta delle relative risultanze, trarre conclusioni coerenti di cui deve offrire una convincente motivazione.
La necessità di una motivazione proporzionata e coerente alle specifiche emergenze del caso risulta predicabile finanche in caso di condanna, essendo censurabile il provvedimento ministeriale che non faccia alcun cenno né al particolare disvalore della condotta sanzionata rispetto ai principî fondamentali della convivenza sociale e alla tutela anticipata della incolumità pubblica, né alla condizione sociale dello straniero, limitandosi a constatare in modo meccanicistico, a fronte del fatto storico di reato, la mancata coincidenza tra l’interesse pubblico e quello del richiedente alla concessione della cittadinanza italiana sul rilievo che “la condanna subita è comunque indice di inaffidabilità del richiedente e di una non compiuta integrazione nella comunità nazionale desumibile anche dal rispetto delle norme penali” (cfr. Cons. St., Sez. III, 14 maggio 2019 n. 3121; Cons. Stato. Sez. III, 20 marzo 2019, n. 1837).