Corte di Cassazione, VI-3 Sezione Civile, ordinanza 04 marzo 2022, n. 7173
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE (sintesi massimata)
- Con l’unico motivo, rubricato “Violazione e falsa applicazione della norma di diritto, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 2051 c.c. e all’art. 2697 c.c.”, la ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di appello ha rigettato l’impugnazione per insussistenza dei presupposti della responsabilità ex art. 2051 c.c..
1.1. Il motivo, osserva la Corte, è inammissibile, nella parte in cui, con lo stesso (v. ricorso p. 8), la ricorrente lamenta la mancata ammissione delle prove dedotte e ritenute non decisive dal Tribunale ricorrente, senza riportare i capitoli di prova ed indicare i testi e le ragioni per le quali essi siano qualificati a testimoniare – elementi necessari a valutare la decisività del mezzo istruttorio richiesto – e senza, altresì, allegare e indicare la prova della tempestività e ritualità della relativa istanza di ammissione e la fase di merito a cui si riferisce, al fine di consentire ex actis alla Corte di Cassazione di verificare la veridicità dell’asserzione (Cass. 23/04/2010, n. 9748, Cass., ord., sez. un., 22/12/2011, n. 28336; Cass., ord., 4/04/2018, n. 8204; Cass., ord., 13/09/2019, n. 22883).
1.2. Il medesimo motivo all’esame è poi in parte infondato, per quanto attiene alla dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 2051 e 2697 c.c…
Il Collegio osserva che questa Corte ha stabilito con le ordinanze 1 febbraio 2018, nn. 2480, 2481, 2482 e 2483, che, in tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione, anche ufficiosa, dell’art. 1227 c.c., comma 1, richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost.. Ne consegue che, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro.
È stato anche chiarito nelle menzionate pronunce che l’espressione “fatto colposo” che compare nell’art. 1227 c.c. non va intesa come riferita all’elemento psicologico della colpa, che ha rilevanza esclusivamente ai fini di una affermazione di responsabilità, la quale presuppone l’imputabilità, ma deve intendersi come sinonimo di comportamento oggettivamente in contrasto con una regola di condotta, stabilita da norme positive e/o dettata dalla comune prudenza. L’accertamento in ordine allo stato di capacità naturale della vittima e delle circostanze riguardanti la verificazione dell’evento, anche in ragione del comportamento dalla stessa vittima tenuto, costituisce quaestio facti riservata esclusivamente all’apprezzamento del giudice di merito (Cass., ord., 3/04/2019, n. 9315; Cass., ord., 27/08/2020, n. 17873; Cass., ord., 1/07/2021, n. 18695).
Nel caso in esame la Corte territoriale ha fatto buon governo di tali principi, in quanto, sulla base di quanto accertato in fatto, ha correttamente applicato gli artt. 2051 e 2697 c.c., evidenziando che: a) la ricorrente aveva, nella denuncia del sinistro inviata al Comune, attribuito la causa della caduta “alle marcate discontinuità di uno scalino che… (avevano) provocato la perdita di equilibrio” della medesima; b) la gradinata in questione era in più punti dissestata e che la prima rampa aveva i gradini disposti tra loro ad angolo acuto ma che, tuttavia, la loro discesa era agevolata da un corrimano; c) i punti di usura e di dissesto presenti in discesa erano immediatamente percepibili e non nascosti nè da fogliame o da altri materiali; d) la S. ben conosceva il luogo del sinistro, in quanto era solita percorrere il tratto di strada in questione posto nelle immediate vicinanze della sua abitazione; e) il pericolo costituito dal dissesto dei gradini in parola poteva essere superato con l’adozione di normali cautele da parte della danneggiata, tenuto conto, nel caso concreto, della presenza di illuminazione più che sufficiente, essendosi il sinistro verificato in pieno giorno, in assenza di piogge o di condizioni avverse, della concreta visibilità degli avvallamenti, usando la normale attenzione, e della prevedibilità dell’evento, posto che la S. era a conoscenza delle condizioni di usura della scalinata; f) le peculiari circostanze di causa concorrevano a caratterizzare la condotta dell’istante in termini di atteggiamento imprudente, come tale idoneo ad interrompere il nesso eziologico tra il fatto e l’evento dannoso, rimarcando che proprio la conoscenza delle condizioni di dissesto della scalina da parte della S. avrebbe dovuto indurre quest’ultima ad usare maggiore attenzione nel percorrere quel tratto del percorso o ad evitarlo.
- Il ricorso va, pertanto, rigettato.
- Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo tra le parti costituite, mentre non vi è luogo a provvedere per dette spese nei confronti dell’intimata, non avendo la stessa svolto attività difensiva in questa sede.
- Va dato atto, conclude la Corte, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello eventualmente dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis (Cass., sez. un., 20/02/2020, n. 4315).