Consiglio di Stato, IV Sezione, sentenza 24 febbraio 2022, n. 1302
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE (sintesi massimata)
- Il motivo posto a fondamento dell’originario ricorso innanzi al T.a.r. è stato accolto con argomentazioni che meritano piena conferma.
14.1. In occasione del controllo sui titoli edilizi, osserva la Corte, il comune non può sostituirsi al giudice civile. L’art. 11 t.u. edilizia prevede che il permesso di costruire sia rilasciato al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo e la P.A. ha il dovere di accertare tale presupposto e che esso sia sufficiente per eseguire l’attività edificatoria (cfr., fra le tante, Cons. Stato, sez. IV, 19 luglio 2021 n. 5407).
Il potere di controllo in sede di rilascio dei titoli edilizi (al pari di quello esercitato in sede inibitoria), quindi, deve sempre collegarsi al riscontro di profili d’illegittimità dell’attività per contrasto con leggi, regolamenti, piani, programmi e regolamenti edilizi, mentre non può essere esercitato a tutela di diritti di terzi non riconducibili a quelli connessi con interessi di natura pubblicistica, quali ad esempio il rispetto delle distanze dai confini di proprietà o del distacco dagli edifici; fatto salvo il caso in cui de plano risulti l’inesistenza di un titolo giuridico che fondi la legittimazione attiva del richiedente il titolo edilizio.
14.2. In ogni caso, precisa la Corte, non potrebbe l’amministrazione prima e il giudice amministrativo poi, incidenter tantum, in occasione del controllo sul mancato esercizio dei poteri repressivi, accertare le modalità di esercizio della servitù nei termini rivendicati dall’appellante sia pure con il richiamo alla d.i.a. e agli elaborati grafici a essa allegati (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 14 febbraio 2017 n. 625, §§ 4.3.3. e 4.3.5.).
14.4. Nel caso di specie:
- a) il comune ha fatto uso dei propri poteri per reprimere una supposta illegittimità connessa ad una servitù (jura in re aliena) che ha il proprio titolo in un atto di divisione di una comproprietà e quindi alla lesione di un diritto soggettivo che può assumere rilievo esclusivo nei rapporti privati, e trova la sua sede naturale di tutela nelle azioni esplicabili dinanzi all’a.g.o.;
- b) risulta per tabulas che il provvedimento inibitorio e quello di sospensione dell’attività oggetto della S.C.I.A. si basano esclusivamente sulla esigenza di tutela dei terzi e non sulla carenza di elementi documentali o sulla erroneità delle rappresentazioni grafiche.
14.5. L’intervento per il quale era stata presentata la S.C.I.A. da parte della proprietaria del fondo riguardava la demolizione di uno stradello in cemento, abusivamente realizzato, che certamente rientrava tra le opere edilizie che potevano essere oggetto di una segnalazione al comune, come quella presentata, con facoltà di iniziare subito i lavori.
L’opera da eseguire era infatti fuori dal campo di applicazione dei limiti di cui agli artt. 23 e 23 bis t.u. edilizia, dal momento che sull’area di sedime non risultavano sussistere vincoli di qualsiasi tipo né tanto meno poteva ritenersi che il fondo si trovasse all’interno delle zone omogenee A) delineate dal d.m. n. 1444/1968.
- Alla stregua delle rassegnate conclusioni è giocoforza respingere sia l’appello principale che quello incidentale.
- Non si può accogliere la richiesta di condanna per lite temeraria avanzata dall’appellata in quanto, ex art. 96 comma 1 c.p.c., non è stata data la prova della sussistenza dell’elemento soggettivo né dei danni che ne sarebbero derivati.
- Le spese del presente grado seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.