TAR Friuli Venezia-Giulia, Trieste, sez. I, sentenza 24 febbraio 2022, n. 103
PRINCIPIO DI DIRITTO
La giurisdizione del giudice amministrativo in materia elettorale ha natura soggettiva e, per il principio della domanda, il limite della sua cognizione è segnato dal tenore della domanda azionata dalla parte nel ricorso.
È l’atto introduttivo del giudizio elettorale, infatti, a dover definire il perimetro del thema decidendum, in particolare per quanto attiene alla natura dei vizi denunziati, al numero delle schede contestate, alle sezioni cui si riferiscono le medesime.
Ne deriva che la cognizione del TAR deve restare confinata ai motivi di ricorso ritualmente proposti e, in mancanza di un ricorso incidentale che ne estenda la cognizione, l’eventuale emersione di ulteriori irregolarità all’esito dell’attività istruttoria non può assumere rilievo ai fini del decidere e allargare l’ambito del giudizio ad ulteriori vizi.
Pertanto, i motivi aggiunti possono costituire un mero svolgimento ed esplicitazione di censure ritualmente proposte.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE (sintesi massimata)
Preliminarmente, si rileva che non è possibile entrare nel merito delle contestazioni del Comune, nella parte in cui deduce la nullità delle undici schede computate a favore del ricorrente o la validità delle due schede dichiarate nulle e ritenute invece computabili a favore del sindaco eletto T.
Il presente giudizio, infatti, non è volto ad operare una rinnovazione generalizzata dello scrutinio elettorale, ma deve bensì rispondere – nell’ambito di una giurisdizione che permane indiscutibilmente di diritto soggettivo – alla domanda di tutela formulata dal ricorrente M. Il controinteressato sindaco eletto T. non ha invece partecipato al giudizio, né proposto alcun ricorso incidentale, così manifestando la propria acquiescenza rispetto all’esito della competizione elettorale, anche una volta appreso dell’altrui impugnativa.
Si richiama, a tale proposito, la recente giurisprudenza del Consiglio di Stato (Cons. St., sez. III, 12 marzo 2018, n. 1559), secondo cui “nel processo amministrativo il principio della domanda traccia il perimetro del thema decidendum e del thema probandum (come ribadito dalla sentenza n. 5/2015 dell’Adunanza Plenaria) e, in questi termini, vincola la decisione del giudice. Il principio deve ritenersi valido anche nel caso qui in esame, in quanto la giurisdizione del giudice amministrativo in materia elettorale ha pur sempre natura soggettiva e il limite della sua cognizione è segnato, pertanto, dal tenore della domanda azionata dalla parte”.
Da ciò consegue che, in mancanza di un ricorso incidentale che estenda la cognizione del giudice, l’eventuale emersione di ulteriori irregolarità all’esito dell’attività istruttoria non può assumere rilievo ai fini del decidere: “la cennata natura soggettiva della giurisdizione elettorale impedisce, infatti, di tenere conto di elementi e di dati, per quanto emersi anche in sede di verificazione, che non siano stati oggetto di puntuale, tempestiva impugnazione da parte dei soggetti controinteressati, che vogliano avvantaggiarsene senza, però, avere assolto i propri oneri processuali. Né l’oggettivo favor veritatis può diventare un pretesto, anche in questa materia, per eludere siffatti oneri” (Cons. St., sez. III, 20 giugno 2017, n. 2996).
La giurisprudenza citata dal Comune appare invece inconferente (quanto a Cons. St., sez. V, 22 maggio 2006, n. 2971, essa afferma chiaramente che l’ampliamento del thema decidendum deve avvenire mediante ricorso incidentale) o comunque (quanto a Tar Puglia, Lecce, sez. I, 19 marzo 2008, n. 799) isolata, risalente, formatasi con riguardo ad una diversa disciplina processuale, oltre che del tutto sconfessata dai sopra esposti e più autorevoli orientamenti.
Nel caso di specie, pur avendo l’amministrazione partecipato al giudizio in sostanziale supplenza del sindaco eletto – addirittura contestando talune attribuzioni di voti o dichiarazioni di nullità operate dall’Ufficio elettorale (cioè da un organo dello stesso Comune) – essa riveste la qualità formale di parte resistente, cui è impedito di sconfessare in giudizio le proprie precedenti valutazioni, agendo di fatto contra se.
Pertanto, ancorché sia emersa la possibile invalidità di talune schede attribuite al ricorrente, in assenza del ricorso incidentale del sindaco eletto T. il Tribunale non può entrare nel merito di tali questioni.
Analogamente, per quanto attiene ai profili emersi dalla verificazione che sono potenzialmente in grado di mutare l’esito dello scrutinio elettorale a favore del ricorrente M. (nullità di schede attribuite al controinteressato, attribuzione a sé di schede giudicate nulle), la cognizione del Tribunale deve restare confinata ai motivi di ricorso ritualmente proposti.
A tale proposito, ferma restando una valutazione meno rigorosa dell’onere di specificità delle censure, (giacché il ricorrente non ha modo di esaminare direttamente il materiale in contestazione), è pur sempre l’atto introduttivo del giudizio elettorale a dover definire il perimetro del thema decidendum, in particolare per quanto attiene alla natura dei vizi denunziati, al numero delle schede contestate, alle sezioni cui si riferiscono le medesime (Cons. St., A.P., 20 novembre 2014, n. 32).
I motivi aggiunti possono costituire un mero svolgimento ed esplicitazione di censure ritualmente proposte, non essendo invece consentito allargare l’ambito del giudizio ad ulteriori vizi emersi a seguito delle verifiche istruttorie. In particolare (così, da ultimo, Cons. St., sez. III, 26 ottobre 2018, n. 6126) “coi motivi aggiunti non possono dedursi in base alle risultanze della verificazione disposta dal giudice, vizi inediti e, cioè, vizi che non trovano sufficiente e adeguato riscontro in quelli dedotti col ricorso introduttivo (v., ex plurimis, Cons. St., sez. III, 21 dicembre 2016, n. 4863; Cons. St., sez. V, 13 aprile 2016, n. 1477), vizi che, nel caso di specie, miravano a contestare la legittimità delle schede per uno specifico, ben distinto e circostanziato motivo, che era stato analiticamente indicato nel ricorso”.
Ovviamente – prosegue il Tribunale – tale giudizio di continuità tra le argomentazioni di cui al ricorso principale e quelle contenute nei motivi aggiunti deve essere operato con un certo grado di elasticità, senza tradursi nella ricerca di una precisa sovrapposizione dei rispettivi profili fattuali.
Attesa la natura necessariamente “indiziaria” delle contestazioni formulate con l’atto introduttivo del giudizio, infatti, appare ragionevole accontentarsi di una più generica corrispondenza tra le censure, altrimenti riaffermandosi quell’onere di rigorosa specificità dei motivi che la giurisprudenza ha inteso negare.
Ciò premesso, la verificazione ha fatto emergere l’infondatezza del secondo motivo di ricorso – come peraltro riconosciuto dallo stesso ricorrente (punto 10 della memoria del 07.02.2022) – per essere stato confermato il numero di voti ottenuto da ciascuno dei candidati (544) come risultante dall’originario scrutinio.
Restano da esaminare le contestazioni relative a specifiche schede, formulate nel contesto del primo motivo di ricorso. A tale proposito, viste anche le argomentazioni di cui ai motivi aggiunti dell’11.02.2022, il Tribunale rileva quanto segue.
Nella scheda di cui all’allegato 2 al verbale di verificazione, scrutinata dalla prima sezione e dichiarata nulla, il votante ha espresso due preferenze in corrispondenza degli spazi riferiti al candidato M., indicando però nominativi [omissis] di consiglieri candidati per una lista a sostegno del controinteressato T., che sono stati altresì scritti in senso rovesciato rispetto all’orientamento della scheda.
Secondo il ricorrente la nullità della scheda è stata erroneamente dichiarata, in violazione dell’art. 63 della l. reg. 19 del 2013, e la stessa doveva invece essere computata a proprio favore. Afferma, inoltre, la rispondenza del vizio al contenuto del ricorso principale, che facendo riferimento ad una dichiarazione della rappresentante di lista della prima sezione sig.ra F. (doc. 8), così statuiva (par. 9): “in una scheda la preferenza espressa per una persona, candidata in una lista abbinata al controinteressato, era stata scritta sottosopra, con il simbolo di lista rovesciato alla destra del nome, ed il nome del candidato sindaco ancora più a destra, anch’esso rovesciato”.
Ad avviso del Tribunale tale continuità argomentativa non sussiste.
La censura formulata nel ricorso principale aveva inequivocabilmente ad oggetto una scheda valida e mirava alla sua dichiarazione di nullità, sul presupposto per cui l’indicazione rovesciata dei nominativi costituisse segno di riconoscimento del votante (si legge, infatti, nello stesso par. 9: “Nella sezione n. 1, è stata erroneamente ritenuta valida una scheda, che presentava scritture o segni tali da far ritenere che l’elettore avesse voluto far riconoscere il proprio voto”).
Nei motivi aggiunti il ricorrente svolge invece argomentazioni di senso opposto: egli vuole che la medesima scheda, dichiarata nulla, sia riconsiderata a proprio favore, neutralizzando proprio il fattore ritenuto in origine viziante.
In ogni caso, nel merito, non potrebbe che essere confermata la valutazione di nullità, dovendosi ritenere l’indicazione rovesciata dei nominativi un segno di riconoscimento.
A tutto concedere, non sussisterebbero comunque elementi per computare la scheda a favore del ricorrente, mancando qualsiasi espressione di preferenza a favore di un candidato sindaco, che non può desumersi dall’indicazione di candidati di altra lista in corrispondenza del suo nominativo.
La scheda di cui all’allegato 3 al verbale di verificazione, scrutinata dalla prima sezione, esprime invece un voto a favore del sindaco eletto ed è stata ritenuta valida all’esito dello scrutinio.
Essa presenta due crocesegni sul nominativo del candidato e un altro segno non chiaramente identificabile (somigliante ad una lettera M) sotto il relativo riquadro.
Il ricorrente ritiene che tale scheda sia nulla, perché compilata con “l’utilizzo di segni eccedenti il modo normale di espressione del voto”, non riconducibili ad incertezze grafiche, da cui sembra desumersi il chiaro intento di riconoscimento del voto” (così i motivi aggiunti).
Detta censura viene ricondotta a quella già formulata nel ricorso principale, ove si afferma (sempre sulla base delle dichiarazioni della scrutatrice F.) che “sono state ritenute valide schede contrassegnate da due croci sulle righe delle preferenze dei consiglieri”.
Sussiste in questo caso il necessario rapporto di continuità tra ricorso principale e motivi aggiunti. È vero che la dichiarazione della sig.ra F. e il ricorso principale facevano riferimento a più segni “sulle righe di preferenza dei consiglieri” e non sull’indicazione del candidato sindaco, ma tale divergenza attiene ad un profilo secondario, presumibilmente frutto di una imprecisa percezione degli accadimenti, mentre tra i due atti vi è piena corrispondenza di sezione elettorale (la prima), tipologia di censura (nullità della scheda per riconoscibilità dell’elettore) ed elemento fattuale caratterizzante (apposizione di doppio crocesegno).
L’apposizione di un ulteriore simbolo sotto il riquadro, non riscontrata nel ricorso principale, è elemento aggiuntivo che può rientrare nel naturale sviluppo delle originarie censure, cui sono finalizzati i motivi aggiunti.
Nel merito, il Tribunale ritiene che tale scheda debba essere dichiarata nulla ai sensi dell’art. 63, comma 3 lett. a) della l. reg. 19 del 2013.
La doppia croce, unitamente al simbolo apposto sotto il riquadro, corrispondente ad una lettera M, costituiscono infatti elementi idonei a consentire il riconoscimento del votante e al contempo non giustificabili alla luce delle ordinarie esigenze di espressione del voto.
Del resto, un eventuale lapsus calami avrebbe potuto e dovuto essere emendato dal votante richiedendo la sostituzione della scheda, come consentito dall’art. 53, comma 1, della l. reg. 19 del 2013.
Le schede di cui agli allegati 9, 10, 11 al verbale di verificazione sono state scrutinate dalla terza sezione e attribuite al sindaco eletto. In esse, negli spazi dedicati all’indicazione delle preferenze per i consiglieri comunali, in luogo di nominativi di candidati a tale carica, è stato apposto per due volte il nome del candidato sindaco.
Benché il ricorrente abbia ritenuto, durante la verificazione, di contestarne la validità (sotto il profilo dell’apposizione di segni di riconoscimento), tale censura non può ragionevolmente ricondursi ad alcuna di quelle articolate nel ricorso.
Con riferimento alla terza sezione, infatti, il ricorrente ha rilevato che “veniva spogliata almeno una scheda capovolta, con scritto sottosopra il nome e cognome del candidato di lista, abbinato al candidato sindaco T.
Inoltre, almeno una scheda, con voto per il controinteressato, riportava diverse croci, anche al posto del nome del candidato consigliere, indicando dunque profili del tutto diversi da quelli successivamente riscontrati.
Infine, la scheda di cui all’allegato 13 al verbale di verificazione è stata scrutinata sempre nella terza sezione e ritenuta nulla.
Il ricorrente ritiene che dalla stessa possa desumersi comunque un’espressione di preferenza a sé favorevole, dando priorità al crocesegno apposto sulla lista. Al contrario, il Comune ritiene non superabile la discrasia tra lista prescelta e candidato designato e quindi corretta la declaratoria di nullità.
Il Tribunale rileva che tale censura, come la precedente, non è riconducibile ad alcuna di quelle articolate nel ricorso con riferimento alle operazioni elettorali svoltesi nella terza sezione.
Al contempo, si ritiene che la scheda sia stata correttamente annullata durante lo scrutinio, giacché non presenta alcuna manifestazione di preferenza per un candidato sindaco.
In mancanza di tale indicazione, la fattispecie non può essere ricondotta al disposto dell’art. 63, comma 4, della l. reg. 19 del 2013 (secondo cui “nei comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti, se l’elettore ha espresso un voto per un candidato alla carica di sindaco e un voto per una lista allo stesso non collegata, è valido il voto per il candidato sindaco e nullo il voto alla lista”).
L’espressione della preferenza per una lista non assume invece valore univoco, giacché si accompagna all’indicazione di candidato consigliere [omissis] appartenente ad una diversa lista e a sostegno di altro candidato sindaco.
Tutte le altre schede contestate in sede di verificazione sono state computate a favore di M. (allegato 1, allegati da 4 a 8, allegati da 14 a 18 al verbale di verificazione) e non possono quindi essere considerate dal Tribunale, vista la mancata proposizione di un ricorso incidentale da parte del controinteressato (v. par. 6 di questa sentenza).
Per lo stesso motivo, non può esaminarsi la validità della scheda nulla (allegato 19 al verbale di verificazione) non valorizzata dal ricorrente a proprio favore.
In definitiva, il Tribunale accoglie il secondo motivo di ricorso con riferimento alla sola scheda di cui all’allegato 3 al verbale di verificazione, che viene dichiarata nulla.
Ne deriva, pertanto, la sottrazione di un voto al controinteressato T., a favore del quale risultano ora attribuiti 543 voti validi, contro i 544 ottenuti dal ricorrente M.
Per l’effetto, ai sensi dell’art. 130, comma 9 del c.p.a., si dispone la correzione del risultato elettorale, proclamando eletto nella carica di sindaco del comune [omissis] il ricorrente M., in luogo del controinteressato T., con tutti i conseguenti effetti in ordine alla composizione degli organi comunali.
Ai sensi dell’art. 130, comma 8 del c.p.a. la sentenza dovrà essere immediatamente trasmessa in copia, a cura della segreteria del tribunale amministrativo regionale, al Sindaco. Il comune dovrà quindi provvedere, entro ventiquattro ore dal ricevimento, alla pubblicazione per quindici giorni del dispositivo della sentenza nell’albo, a mezzo del segretario che ne è diretto responsabile.
La sentenza dovrà essere comunicata anche al Prefetto. Ai medesimi incombenti dovrà provvedersi dopo il passaggio in giudicato della sentenza, annotando sulla copia pubblicata la sua definitività.
Le spese del giudizio, vista la particolarità della materia, possono essere integralmente compensate.