Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 08 marzo 2022 n. 1656
PRINCIPIO DI DIRITTO
La natura privata del bene non preclude l’esercizio dei poteri di autotutela possessoria esercitata in via amministrativa, trattandosi di un “potere finalizzato all’immediato ripristino dello stato di fatto preesistente, in modo da reintegrare la collettività nel godimento di un bene ed è esercitabile nell’ipotesi di turbative che impediscano o rendano disagevole il normale esercizio del diritto; di conseguenza i poteri di autotutela possono essere esercitati dalla p.a. non solo a difesa della proprietà demaniale, ma anche di una servitù pubblica, come potere di ingerenza straordinaria
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- Le appellanti Orabona Rosara e Annunziata agiscono in giudizio in qualità di nude proprietarie di un fondo censito all’NCEU del Comune di Portici al Foglio 3, mapp. 1450, sub. 109, della superficie di 90 mq., confinante con la Via del fabbricato, con la Via Poli, e su altri due lati con il marciapiede di un fabbricato condominiale; usufruttuario di tale fondo è invece l’appellante Orabona Francesco.
- Il fondo costituisce un’area pacificamente di proprietà privata, completamente esterna al fabbricato condominiale e asfaltata, ed è delimitata da una serie di paletti parapedonali in metallo che sorreggono cartelli con la scritta “proprietà privata”.
- Con ordinanza del 9 ottobre 2012 il Dirigente del V Settore del Comune di Portici ha intimato al sig. Francesco Orabona la rimozione dei paletti entro i successivi 30 giorni, sul presupposto che l’apposizione dei medesimi non risultava essere mai stata autorizzata dal Settore Viabilità; che sull’area era stato di fatto consentito il passaggio pubblico per oltre venti anni, ciò che legittimava il Comune ad utilizzare l’area e ad effettuarne la manutenzione a soddisfazione di interessi pubblicistici; e che di lì a poco sarebbero stati realizzati i lavori di riqualificazione della adiacente Via Poli, comprendenti anche l’area in questione; nell’ordinanza il Dirigente ha richiamato anche l’art. 33 del D.P.R. n. 380/2001.
- A seguito di trattative veniva concordato, tra l’appellante e il Dirigente del V Settore, la rimozione del paletti e la sostituzione con altri, previo adempimento delle formalità del caso. Il sig. Orabona, pertanto, nel marzo 2013 presentava all’Ufficio Tecnico una DIA avente ad oggetto l’allocazione di nuovi paletti: in ordine alla medesima, tuttavia, il Responsabile dell’Ufficio Tecnico rilevava che si trattava di intervento non rilevante ai fini edilizi, per il quale necessitava solo l’autorizzazione del Settore III, Viabilità.
- Con ordinanza del 29 maggio 2014 quest’ultimo ha respinto l’istanza a tal fine prodotta dal sig. Orabona ed ha ordinato la rimozione dei paletti ad horas: a fondamento del diniego ha richiamato l’avvenuta scadenza del termine intimato nell’ordinanza del 9 ottobre 2012, per la rimozione dei paletti, l’assenza di titolarità da parte del sig. Orabona ed infine l’abusività dei paletti oggetto di rimozione.
- Avverso gli indicati provvedimenti hanno proposto ricorso al TAR Campania sig. il sig. Orabona, usufruttuario e diretto destinatario degli atti impugnati, sia le signore Rosaria e Annunziata Orabona, nude proprietarie.
- Con la sentenza del cui appello si tratta, n. 938 del 6 febbraio 2015, il TAR per la Campania ha respinto l’indicato ricorso.
- Il TAR ha preliminarmente ritenuto la propria giurisdizione sul presupposto che l’area sarebbe soggetta ad utilizzo pubblico, anche se “non necessariamente coincidente con il transito”, dal che conseguirebbe, secondo la giurisprudenza richiamata nella decisione, l’assoggettamento dell’area medesima ai poteri pubblicistici.
8.1. Il TAR ha poi ritenuto che il posizionamento di paletti “dissuasori” necessita di titolo edilizio, contrariamente a quanto sostenuto dall’Ufficio Tecnico del Comune di Portici, titolo che nella specie non è stato rinvenuto.
8.2. Ha quindi concluso per l’infondatezza di tutte le censure formali (mancata comunicazione dell’avvio di procedimento e del preavviso di diniego), nonché per l’infondatezza del ricorso, “alla luce della pacifica giurisprudenza che ne esclude la necessità, in ragione del carattere vincolato del provvedimento sanzionatorio dell’attività edilizia non assentita”.
- Avverso l’indicata pronuncia hanno interposto appello i signori Orabona, per i motivi che verranno in appresso esaminati.
- Ha resistito il Comune di Portici.
- L’appello è stato chiamato alla pubblica udienza del 10 febbraio 2022, in occasione della quale è stato trattenuto in decisione.
- Con il primo motivo i signori Orabona deducono l’erroneità dell’appellata sentenza nella parte in cui essa afferma la legittimità dell’ordine di rimozione dei paletti quale manifestazione dell’esercizio del potere di autotutela, affermazione che sarebbe in violazione dei principi generali in materia di autotutela e del diritto di proprietà privata.
12.1. Va preliminarmente chiarito che l’ordinanza del 9 ottobre 2012, sulla premessa che i paletti posti a delimitazione della proprietà privata sarebbero stati posati senza preventiva autorizzazione del Settore Viabilità, e precisando che sin dal momento in cui il condominio è stato realizzato l’area non sarebbe mai stata recintata, così da consentirne l’utilizzo pubblico, ha disposto la rimozione dei paletti al fine di potervi dare corso ai i lavori di riqualificazione della strada: tale motivazione rende evidente che l’ordinanza non è espressione del potere di repressione degli abusi edilizi, bensì del potere di autotutela possessoria della pubblica amministrazione, finalizzata a tutelare e preservare i beni funzionali all’interesse pubblico; l’unico riferimento ai poteri sanzionatori di abusi edilizi è costituito solo dal richiamo all’art. 33 del D.P.R. n. 380/2001, che è immotivato e anche non pertinente al caso di specie.
12.2. L’appellata sentenza afferma la destinazione pubblica dell’area traendo spunto da quanto riferito dall’Amministrazione nel rapporto informativo del 3 luglio 2014, prodotto dal Comune di Portici, in cui si riferisce che l’area “insiste oggettivamente su area appartenente alla Sezione Stradale e sulla quale sono presenti sottoservizi pubblici riscontrabili anche nell’elaborato grafico”: questa specifica statuizione non è stata contestata nell’atto d’appello, sicché essa deve ormai ritenersi coperta da giudicato: sul punto va precisato che parte appellante, pur riferendo, nelle premesse dell’atto d’appello, delle contestazioni sollevate in primo grado circa l’effettivo uso pubblico del bene, non ha articolato un motivo d’appello specifico per contestare la dianzi riportata statuizione del primo giudice, dalla quale consegue che è ormai coperto da giudicato l’accertamento dell’uso pubblico dell’area privata in questione.
12.3. Ciò premesso il Collegio rileva che la natura privata del bene non preclude l’esercizio dei poteri di autotutela possessoria esercitata in via amministrativa, trattandosi di un “potere finalizzato all’immediato ripristino dello stato di fatto preesistente, in modo da reintegrare la collettività nel godimento di un bene ed è esercitabile nell’ipotesi di turbative che impediscano o rendano disagevole il normale esercizio del diritto; di conseguenza i poteri di autotutela possono essere esercitati dalla p.a. non solo a difesa della proprietà demaniale, ma anche di una servitù pubblica, come potere di ingerenza straordinaria.” (C.d.S., Sez. V, 25.6.2010 N. 4064).
12.4. Conclusivamente la censura in esame, sollevata in termini piuttosto generici, i quali fanno leva sulla mera natura privata del bene, deve essere respinta, essendo stato accertato l’assoggettamento ad uso pubblico dell’area ed essendo stata manifestata la necessità dell’Amministrazione comunale di potervi accedere liberamente.
- A questo punto va ulteriormente precisato che parte appellante non ha contestato in appello – e neppure in primo grado – né la necessità che la posa dei paletti fosse autorizzata dal Settore Viabilità (evidentemente per gli aspetti connessi alla sicurezza stradale), né la circostanza che tale autorizzazione non è mai stata data.
- Consegue da ciò che le ordinanze impugnate risultano legittime, e si giustificano, a prescindere dalla questione afferente la necessità di uno specifico titolo edilizio: si vuol cioè dire che, anche a voler ritenere che nel caso specifico la posa dei paletti non fosse soggetta a titolo edilizio, ciò non avrebbe fatto venir meno la necessità di valutare l’intervento dal punto di vista della sicurezza stradale (ciò che l’Ufficio Tecnico ha puntualmente rappresentato al sig. Orabona dopo che questi aveva presentato la DIA del 14 marzo 2013), ragione per cui l’eventuale natura “non abusiva” dei paletti sotto il profilo strettamente edilizio ed urbanistico non ne determinava, ipso facto, la liceità.
- Tenuto conto di quanto sopra rilevato il secondo motivo d’appello, avente ad oggetto la statuizione del primo giudice secondo cui era necessaria la preventiva autorizzazione edilizia per la posa dei paletti, è inammissibile per difetto di interesse, non potendo conseguire dall’eventuale accoglimento di tale censura, e dalla riforma in parte quadella sentenza di primo grado, l’annullamento degli atti impugnati, che si reggono anche su autonome e diverse ragioni.
- Manifestamente infondato, poi, è il terzo motivo d’appello, con cui parte appellante lamenta la violazione dell’art. 10 bis della L. 241/90. L’indicata norma, infatti, si applica solo ai procedimenti iniziati su istanza di parte, e quindi il preavviso di rigetto non andava comunicato in relazione all’ordinanza del 9 ottobre 2012, che costituisce l’esito di un procedimento avviato d’ufficio.
16.1. Quanto all’ordinanza del 29 maggio 2014, che è stata emessa in conseguenza della DIA presentata dal sig. Orabona il 14 marzo 2013, la censura assume una rilevanza meramente formale, tenuto conto del fatto che il Settore Viabilità non avrebbe mai potuto autorizzare la posa dei paletti, stante la posizione assunta dal Dirigente del V Settore, con l’ordinanza del 9 ottobre 2012, puntualmente richiamata dal Settore Viabilità a fondamento del diniego.
- In conclusione l’appello va respinto in quanto infondato e inammissibile, e per l’effetto l’impugnata sentenza va confermata.
- Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese del giudizio.