Corte di Cassazione, II Sezione Civile, ordinanza 31 marzo 2022, n. 10366
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE (sintesi massimata)
5.1. I motivi, da esaminare congiuntamente, sono infondati.
5.2. Le censure articolate dalla ricorrente, in effetti, non colgono la questione di fondo che la causa pone, e cioè che il promissario acquirente, a fronte dell’inadempimento della promittente venditrice all’obbligo conseguente a suo carico dalla stipulazione del contratto preliminare di compravendita, e cioè la prestazione del consenso ai fini della stipula del contratto definitivo entro il termine convenuto, si era limitato a chiedere, come stabilito dall’art. 1385, comma 3°, c.c., l’esecuzione (in forma specifica) di tale obbligazione: non aveva, invece, introdotto le (uniche) domande che, ai sensi dell’art. 1385, comma 2°, c.c., avrebbe potuto proporre (solo) a fronte della prestazione di una valida ed efficace caparra confirmatoria, e cioè la domanda di recesso dal contratto preliminare e la domanda di condanna della promittente venditrice al pagamento del doppio della somma versata a titolo di caparra.
5.3. I giudici di merito, del resto, hanno accolto la domanda proposta dal promissario compratore ai sensi dell’art. 2932 c.c. subordinando, a fronte dell’accertato pagamento dell’acconto di € 60.000,00, il trasferimento della proprietà dell’immobile che ne è stato l’oggetto al pagamento di tutto il residuo prezzo (complessivamente convenuto in € 260.000,00), pari ad € 200.000,00, senza procedere ad alcuna detrazione, rispetto al prezzo da pagare, ai sensi dell’art. 1385, comma 1°, c.c., della somma, pattuita a titolo di caparra confirmatoria, di € 80.000,00.
5.4. Deve escludersi, del resto, che, a fronte della (mancata) riscossione di tale somma, la promittente venditrice potesse legittimamente rifiutarsi di stipulare il contratto definitivo.
Se, in effetti, è vero che la caparra confirmatoria costituisce un contratto che si perfeziona con la consegna che una parte fa all’altra di una somma di danaro o di una determinata quantità di cose fungibili per il caso d’inadempimento delle obbligazioni nascenti da un diverso negozio ad essa collegato (c.d. contratto principale) e che la prestazione della caparra confirmatoria, necessaria al perfezionamento del negozio, è riferita dall’art. 1385, comma 1°, c.c. al momento della conclusione del contratto principale, è anche vero, però, che le parti, nell’ambito della loro autonomia contrattuale, possono differirne la dazione, in tutto od in parte, ad un momento successivo, purché anteriore alla scadenza delle obbligazioni pattuite (Cass. n. 5424 del 2002; Cass. n. 10056 del 2013; Cass. n. 24563 del 2013; Cass. n. 4661 del 2018).
5.5. La caparra confirmatoria, in particolare, ben può essere costituita mediante la consegna di un assegno bancario, perfezionandosi l’effetto proprio di essa al momento della riscossione della somma recata dall’assegno e, dunque, salvo buon fine, essendo, però, onere del prenditore del titolo, dopo averne accettato la consegna, di porlo all’incasso, con la conseguenza che il comportamento dello stesso prenditore che (come accertato nel caso in esame) ometta d’incassare l’assegno e lo trattenga comunque presso di sé, in quanto contrario al dovere di correttezza, non esclude l’insorgenza a suo carico degli obblighi propri della caparra (Cass. n. 17127 del 2011): e non lo legittima, pertanto, in ragione del mancato incasso della somma pattuita quale caparra confirmatoria, né a recedere dal contratto principale (in mancanza, appunto, del necessario inadempimento imputabile della parte che ha dato la caparra: art. 1385, comma 2°, c.c.), né a sollevare, a fronte del (dedotto) inadempimento a tale obbligazione (che, pur se meramente accessoria rispetto alle obbligazioni principali del contratto preliminare, può essere, in quanto d’importanza rilevante nell’economia complessiva dello stesso, senz’altro dedotto a sostegno dell’eccezione di cui all’art. 1460 c.c.), l’eccezione di inadempimento della controparte (visto che il rifiuto di esecuzione della sua prestazione risulta, in ragione delle circostanze esposte, contrario a buona fede: art. 1460, comma 2°, c.c.).
5.6. Questa Corte, del resto, ha avuto modo di affermare che in base alla regola di correttezza posta dall’art. 1175 c.c., l’obbligazione del debitore si estingue a seguito della mancata tempestiva presentazione all’incasso del titolo di credito (assegno bancario, nella specie) da parte del creditore, che in tal modo, viene meno al suo dovere di cooperare in modo leale e fattivo all’adempimento del debitore, con la conseguenza che, se il creditore omette, violando la predetta regola di correttezza, di compiere gli adempimenti necessari affinché il titolo sia pagato, nei termini di legge, dalla banca trattaria (o da altro istituto bancario), tale comportamento omissivo deve essere equiparato, a tutti gli effetti di legge, all’avvenuta esecuzione della diversa prestazione, con conseguente estinzione dell’obbligazione ai sensi dell’art. 1197 c.c. (Cass. n. 12079 del 2007).
5.7. Ed ancora, prosegue la Corte, si è chiarito che “in caso di pagamento effettuato mediante assegni di conto corrente, l’effetto liberatorio si verifica con la riscossione della somma portata dal titolo, in quanto la consegna del titolo deve considerarsi effettuata, salva diversa volontà delle parti, pro solvendo; tuttavia, poiché l’assegno, in quanto titolo pagabile a vista, si perfeziona, quale mezzo di pagamento, quando passa dalla disponibilità del traente a quella del prenditore, ai fini della prova del pagamento, quale fatto estintivo dell’obbligazione, è sufficiente che il debitore dimostri l’avvenuta emissione e la consegna del titolo, incombendo invece al creditore la prova del mancato incasso, la quale, pur costituendo una prova negativa, non si risolve in una probatio diabolica, in quanto, avuto riguardo alla legge di circolazione del titolo, il possesso dello stesso da parte del creditore che lo ha ricevuto implica il mancato pagamento” (Cass. n. 17749 del 2009).
5.8. Ne consegue che, allorquando la caparra venga costituita mediante consegna di un assegno bancario, il comportamento del prenditore del titolo che, dopo averne accettato la consegna, ometta poi di porlo all’incasso, trattenendo comunque l’assegno e non restituendolo all’acquirente, è contrario a correttezza e buona fede e comporta a carico del prenditore l’insorgenza di tutti gli effetti che, nel contesto dell’operazione contrattuale compiuta dalle parti, conseguivano all’integrale versamento della caparra: a partire, appunto, da quello costituito dall’impossibilità per il prenditore di dedurre il mancato incasso dell’assegno quale inadempimento della controparte all’obbligo di versare l’intera somma pattuita quale caparra confirmatoria.
5.9. Né può affermarsi, ammesso che rilevi, che la clausola relativa alla caparra confirmatoria possa ritenersi, in ragione della sua esecuzione a mezzo di un assegno bancario privo di data, viziata da nullità:
– intanto, perché la questione relativa alla dedotta nullità di tale clausola quale causa di nullità dell’intero contratto, non risulta in alcun modo trattata dalla sentenza impugnata: ed è, invece, noto che, quando una questione di diritto (la nullità dell’intero contratto preliminare) che implica un accertamento di fatto (e cioè che, in mancanza di quella clausola, il contratto non sarebbe stato stipulato) non è stata in alcun modo trattata dalla sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere (rimasto, nella specie, inadempiuto) non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di specificità del motivo, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (cfr. Cass. n. 20694 del 2018; Cass. n. 15430 del 2018);
– in secondo luogo, perché l’assegno bancario privo di data di emissione, benché nullo ex art. 2, comma 1, del r.d. n. 1736 del 1933, vale come promessa di pagamento (Cass. n. 20449 del 2016) e può, dunque, assolvere, al pari di un effetto cambiario, cui sotto questo profilo è riconducibile, la funzione di anticipazione della prestazione dovuta e di rafforzamento del vincolo obbligatorio che è propria della caparra confirmatoria (cfr. Cass. n. 24563 del 2013);
– infine, la corte d’appello, a seguito di un apprezzamento in fatto che non è stato censurato per l’omesso esame di uno o più fatti decisivi dei quali risulti, con la corrispondente riproduzione in ricorso, l’emergenza dagli atti del giudizio, ha accertato, per un verso, che le parti si erano accordate nel senso di non apporre la data contestualmente al rilascio del titolo convenendo che sarebbe stata aggiunta in un secondo momento dalla prenditrice, e, per altro verso, che ciò era in seguito effettivamente accaduto poiché l’avv. Salvo, evidentemente in forza di quell’accordo, aveva provveduto personalmente a completare l’assegno in questione già all’indomani della stipula del preliminare di compravendita.
- Il ricorso, conclude la Corte, è dunque infondato e dev’essere, quindi, respinto.
- Nulla per le spese di lite in mancanza di attività difensiva della parte intimata.
- La Corte dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.