Corte Costituzionale, sentenza 25 luglio 2022 n. 191
La Corte Costituzionale dichiara: 1) l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 4, della legge della Regione Abruzzo 30 dicembre 2020, n. 45 (Norme a sostegno dell’economia circolare e di gestione sostenibile dei rifiuti), limitatamente alle parole «ribadendo la volontà di non prevedere la realizzazione di impianti dedicati di incenerimento per i rifiuti urbani e»; 2) non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 9, lettera u), della legge reg. Abruzzo n. 45 del 2020, promossa, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, in relazione agli artt. 196, comma l, lettere n) e o), e 199, commi l, 3, lettera l), e 5, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), dal Presidente del Consiglio dei ministri.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
1.– Con il ricorso indicato in epigrafe (reg. ric. n. 20 del 2021), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 4 e 9, lettera u), della legge della Regione Abruzzo 30 dicembre 2020, n. 45 (Norme a sostegno dell’economia circolare e di gestione sostenibile dei rifiuti).
In primo luogo, il ricorrente deduce il contrasto tra l’art. 1, comma 4, e gli artt. 35 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), convertito, con modificazioni, nella legge 11 novembre 2014, n. 164, 195, comma 1, lettere f) e p), e comma 2, lettera a), 196, comma 1, lettere n) e o), l99, commi l, 3, lettera l), e 5 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale): tale contrasto determinerebbe la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.
Nella parte in cui la legge regionale impugnata dispone che la Regione, conformemente al vigente Piano regionale di gestione dei rifiuti (PRGR), ribadisce «la volontà di non prevedere la realizzazione di impianti dedicati di incenerimento per i rifiuti urbani», essa stabilirebbe, infatti, un divieto di localizzazione di impianti di incenerimento sul territorio regionale, e ciò non sarebbe consentito, dal momento che la competenza a individuare le zone in cui realizzare tali strutture, secondo la normativa interposta evocata, spetterebbe allo Stato.
In secondo luogo, il Governo sostiene che l’art. 1, comma 9, lettera u), definendo «distanze minime e fasce preventive minime dai centri abitati» e da altri luoghi «sensibili», sotto le quali è preclusa la localizzazione di impianti di trattamento e smaltimento di rifiuti, individuerebbe con legge, anziché con gli strumenti di pianificazione, le aree non idonee alla realizzazione degli impianti, in spregio di quanto stabilito dall’art. 196, comma 1, lettere n) e o) e dall’art. 199, commi 1, 3, lettera l), e 5, del d.lgs. n. 152 del 2006 (cod. ambiente); in contrasto, dunque, con la disciplina statale cui sarebbe riservata la competenza legislativa esclusiva.
2.– La Regione Abruzzo, costituita in giudizio, non ha formulato eccezioni d’inammissibilità del ricorso, sostenendo la non fondatezza delle censure.
3.– Le questioni riguardano la materia della gestione dei rifiuti: in particolare, da un lato, la collocazione di impianti di incenerimento e, dall’altro lato, l’individuazione delle aree non idonee alla localizzazione di strutture per il recupero e lo smaltimento dei rifiuti.
Va anzitutto ricordato che la «disciplina dei rifiuti va ricondotta alla “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema” […], materia naturalmente trasversale, idonea perciò a incidere sulle competenze regionali (sentenza n. 289 del 2019 che richiama, ex multis, le sentenze n. 215 e n. 151 del 2018, n. 54 del 2012, n. 380 del 2007 e n. 259 del 2004; più recentemente, in senso conforme, la sentenza n. 227 del 2020)» (sentenze n. 21 del 2022 e n. 86 del 2021). Difatti, «le Regioni possono esercitare competenze legislative proprie per la cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali, purché l’incidenza nella materia di competenza esclusiva statale sia solo in termini di maggiore e più rigorosa tutela dell’ambiente» (così, ex multis, sentenza n. 189 del 2021).
Le norme statali che vincolano il legislatore regionale sono contenute negli artt. 177 e seguenti cod. ambiente; nel caso in esame, vengono in particolare rilievo gli artt. 195, comma 1, lettera f), 196, comma 1, lettera n), e 199, comma 3, lettera l).
4.– Per quanto concerne la prima questione, l’oggetto del giudizio va circoscritto alla norma con cui la Regione Abruzzo ribadisce la volontà di non prevedere la realizzazione di impianti per l’incenerimento dei rifiuti sul proprio territorio; questa è, difatti, l’unica porzione del disposto normativo cui le censure del ricorrente sono rivolte, sebbene l’art. 1, comma 4, sia stato impugnato per intero.
4.1.– La questione è fondata.
Ai sensi dell’art. 195, comma 1, lettera f), cod. ambiente, spetta allo Stato «l’individuazione, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, degli impianti di recupero e di smaltimento di preminente interesse nazionale da realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del paese; l’individuazione è operata […] a mezzo di un programma, adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare […]. Nell’individuare le infrastrutture e gli insediamenti strategici di cui al presente comma il Governo procede secondo finalità di riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale».
Trattandosi, nella specie, della localizzazione di particolari strutture – gli inceneritori – viene, inoltre, in rilievo l’art. 35, comma 1, del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, secondo cui «il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con proprio decreto, individua a livello nazionale la capacità complessiva di trattamento di rifiuti urbani e assimilati degli impianti di incenerimento in esercizio o autorizzati a livello nazionale, con l’indicazione espressa della capacità di ciascun impianto, e gli impianti di incenerimento con recupero energetico di rifiuti urbani e assimilati da realizzare per coprire il fabbisogno residuo, determinato con finalità di progressivo riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale e nel rispetto degli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio, tenendo conto della pianificazione regionale.
Gli impianti così individuati costituiscono infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale, attuano un sistema integrato e moderno di gestione di rifiuti urbani e assimilati, garantiscono la sicurezza nazionale nell’autosufficienza, consentono di superare e prevenire ulteriori procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore e limitano il conferimento di rifiuti in discarica».
Tali disposizioni sono state attuate con il d.P.C.m. 10 agosto 2016 (Individuazione della capacità complessiva di trattamento degli impianti di incenerimento di rifiuti urbani e assimilabili in esercizio o autorizzati a livello nazionale, nonché individuazione del fabbisogno residuo da coprire mediante la realizzazione di impianti di incenerimento con recupero di rifiuti urbani e assimilati).
Con la legge parzialmente impugnata, la Regione Abruzzo ha previsto norme di indirizzo per l’aggiornamento della pianificazione regionale sulla gestione dei rifiuti, che deve avvenire nella sede del procedimento amministrativo, nella concertazione fra le istituzioni e i soggetti interessati.
Il legislatore regionale, dichiarando la volontà che non si costruisca un impianto di incenerimento, pone un limite alla localizzazione di tale impianto, violando la competenza che la disciplina poc’anzi richiamata attribuisce alle autorità statali.
4.2.– Questa Corte ha già in altre occasioni dichiarato l’illegittimità costituzionale di disposizioni regionali invasive delle attribuzioni dello Stato, per la lesione degli stessi parametri evocati nel presente giudizio.
Così è accaduto con una legge secondo cui, nel piano regionale di gestione dei rifiuti, si doveva prevedere, tra gli obiettivi prioritari, «la progressiva eliminazione della presenza di inceneritori sul territorio della regione Basilicata».
Questa Corte, accogliendo la questione, ha precisato che, nonostante la disposizione impugnata non ponesse un divieto immediato di localizzazione, non era, comunque sia, ad essa consentito introdurre limitazioni all’esercizio degli impianti (sentenza n. 154 del 2016).
Ha, in seguito, accertato l’illegittimità costituzionale di previsioni legislative che escludevano «qualsiasi forma di combustione del combustibile solido secondario (CSS), dei rifiuti o dei materiali e sostanze derivanti dal trattamento dei rifiuti medesimi, ad eccezione del metano», nella Regione Marche.
Le disposizioni impugnate impedivano, infatti, «all’interno del relativo perimetro territoriale, ogni ipotesi di gestione dei rifiuti mediante combustione, comprese quelle che garantiscono un recupero d’energia valorizzando il calore sprigionato dal relativo trattamento termico»: questa Corte ha ritenuto che violassero le attribuzioni legislative dello Stato, «ostacolando la realizzazione delle finalità di riequilibrio tra le aree del territorio nazionale poste a fondamento, in parte qua, del riparto di competenze previsto, nella materia afferente la gestione dei rifiuti, di cui al d.lgs. n. 152 del 2006» (sentenza n. 142 del 2019; nello stesso senso, sentenza n. 231 del 2019).
Similmente, nel caso ora in esame, nell’indirizzare l’attività di revisione del PRGR, il legislatore regionale si è inserito in un ambito che non gli pertiene: la valutazione della necessità di collocare un impianto di incenerimento nel territorio abruzzese è compito dello Stato. La norma impugnata è, perciò, affetta da vizio d’incompetenza.
4.3.– A ciò s’aggiunga che, sul piano dei contenuti, la decisione politica della Regione Abruzzo (evitare la realizzazione dell’inceneritore nel suo territorio) si pone in contrasto con quanto previsto nel d.P.C.m. 10 agosto 2016. Nell’individuare il fabbisogno residuo da coprire mediante la realizzazione di impianti di incenerimento, quest’ultimo, infatti, verificava che in Abruzzo vi era una certa quantità di rifiuti non efficacemente smaltiti e che risultava «giustificata la realizzazione di un nuovo impianto da 120.000 tonn/anno, tale da soddisfare le esigenze regionali».
4.4.– Il rilievo che il PRGR, vigente al momento dell’entrata in vigore della legge regionale n. 45 del 2020 – seppur aggiornato, successivamente all’adozione del menzionato d.P.C.m., con delibera del Consiglio Regionale 2 luglio 2018, n. 110/8 recante «Piano Regionale di Gestione Integrata dei Rifiuti (PRGR) – Aggiornamento» e relativi allegati –, non prevedesse infrastrutture per l’incenerimento dei rifiuti urbani e assimilati non depone nel senso della non fondatezza della questione: tale circostanza non legittima, infatti, il legislatore regionale a inibirne la realizzazione nel futuro.
Parimente non rilevante, ai fini della presente decisione, è l’affermazione secondo la quale il sistema di gestione dei rifiuti della Regione Abruzzo rispetterebbe la «gerarchia dei rifiuti», definita dalle discipline europea e nazionale, proprio perché non ricorre alla tecnica dell’incenerimento, intende ridurre il volume di rifiuti in discarica e promuove, invece, meccanismi alternativi di recupero materiale ed energetico. La collocazione dei diversi tipi di impianto di trattamento, smaltimento e recupero dei rifiuti sul territorio nazionale, infatti, come si è già rilevato, deve essere decisa a livello statale.
Va, a tale proposito, segnalata l’introduzione – ad opera dell’art. 2, comma 1, del decreto legislativo 3 settembre 2020, n. 116, recante «Attuazione della direttiva (UE) 2018/851 che modifica la direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti e attuazione della direttiva (UE) 2018/852 che modifica la direttiva 1994/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio» – dell’art. 198-bis cod. ambiente, in forza del quale si adotterà il programma nazionale per la gestione dei rifiuti: tale programma «definisce i criteri e le linee strategiche cui le Regioni e le Province autonome si attengono nella elaborazione dei Piani regionali di gestione dei rifiuti di cui all’articolo 199» e, fra l’altro, conterrà «l’indicazione dei criteri generali per l’individuazione di macroaree […] che consentano la razionalizzazione degli impianti dal punto di vista localizzativo, ambientale ed economico, sulla base del principio di prossimità, anche relativamente agli impianti di recupero, in coordinamento con quanto previsto all’articolo 195, comma 1, lettera f)».
Per le ragioni esposte, l’art. 1, comma 4, della legge reg. Abruzzo n. 45 del 2020 deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in relazione agli artt. 195, comma 1, lettera f), cod. ambiente e 35, comma 1, del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, limitatamente alle parole «ribadendo la volontà di non prevedere la realizzazione di impianti dedicati di incenerimento per i rifiuti urbani e».
5.– Per quanto concerne la seconda questione, oggetto dell’impugnativa è l’art. 1, comma 9, lettera u), della medesima legge abruzzese, il quale dispone: «[a]i fini del raggiungimento degli obiettivi di cui ai commi 4 e 5, sono promosse, con appositi provvedimenti attuativi, le seguenti prioritarie azioni: […] u) [d]efinire, per garantire la tutela della salute e del territorio, distanze minime e fasce preventive minime dai centri abitati e dalle funzioni sensibili, come ad esempio asili nido, scuole, centri sportivi e di aggregazioni, distretti sanitari, ospedali e case di riposo, al di sotto delle quali la localizzazione di impianti di trattamento e di smaltimento dei rifiuti è esclusa a priori».
5.1.– La questione non è fondata.
Gli artt. 196, comma 1, lettera n), e 199, comma 3, lettera l), cod. ambiente, evocati quali parametri interposti di legittimità costituzionale, prevedono, rispettivamente, che compete alle Regioni «la definizione di criteri per l’individuazione […] delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti […]», e che i Piani Regionali per la gestione dei rifiuti stabiliscono «i criteri per l’individuazione delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti».
Questa Corte ha, in effetti, più volte affermato che le aree, non idonee a ospitare le strutture per il trattamento dei rifiuti, vanno individuate in sede di pianificazione, non nella legge regionale; ha, così, chiarito che le previsioni del codice dell’ambiente, le quali riservano alle procedure amministrative l’assunzione di tali decisioni, sono vincolanti e valgono a escludere l’intervento legislativo regionale (sentenze n. 272 del 2020 e n. 28 del 2019; in senso analogo, in materia di produzione dell’energia, le sentenze n. 121, n. 77 e n. 11 del 2022).
L’art. 1, comma 9, lettera u), della legge reg. Abruzzo n. 45 del 2020 – diversamente da quanto ritenuto dal ricorrente – non individua direttamente le aree nelle quali non si possono localizzare impianti di trattamento dei rifiuti. Esso reca una esemplificazione di luoghi da cui tali strutture dovrebbero essere distanti, lasciando che i successivi atti di pianificazione li identifichino puntualmente e definiscano la misura delle distanze, in conformità con le richiamate previsioni del codice dell’ambiente.
Questo è l’univoco significato da attribuire alla lettera delle disposizioni impugnate, specie considerando quanto la legge regionale in esame dispone subito appresso, al comma 10: «[a]l fine di adeguare la pianificazione regionale in materia di rifiuti alle disposizioni di cui al presente articolo, la Giunta regionale avvia […] il procedimento di aggiornamento del vigente PRGR, da concludere entro il 31 dicembre 2021, assumendo quali indirizzi programmatici le azioni previste dal comma 9».
In conclusione, va dichiarata non fondata la questione dell’art. 1, comma 9, lettera u), della legge regionale n. 45 del 2020.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 4, della legge della Regione Abruzzo 30 dicembre 2020, n. 45 (Norme a sostegno dell’economia circolare e di gestione sostenibile dei rifiuti), limitatamente alle parole «ribadendo la volontà di non prevedere la realizzazione di impianti dedicati di incenerimento per i rifiuti urbani e»;
2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 9, lettera u), della legge reg. Abruzzo n. 45 del 2020, promossa, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, in relazione agli artt. 196, comma l, lettere n) e o), e 199, commi l, 3, lettera l), e 5, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe.