Cass. civ., II, ord., 26.09.2022, n. 27996
PRINCIPIO DI DIRITTO
“Il difetto di trascrizione del provvedimento di assegnazione della casa familiare legittima l’assegnatario/a ad agire in giudizio ex art. 1415 c.c., comma 2, per far valere la simulazione di atti di alienazione relativi alla casa familiare, indipendentemente dalla circostanza che all’assegnatario/a non debba essere rimproverato un atteggiamento di inerzia nella trascrizione del provvedimento di assegnazione”.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- – In via preliminare, l’erronea intitolazione del primo motivo di ricorso non esclude di ricondurlo ad altri motivi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, poiché dall’esposizione è chiaramente individuabile il diverso tipo vizio che in realtà è denunciato (in questo senso, Cass. 26310/2017; Cass. 4036/2014). Nel caso di specie è palese che il ricorrente abbia fatto valere la violazione dell’art. 1415 c.c., comma 2 (nonché dell’art. 81 c.p.c.), laddove ha censurato che la Corte di appello ha negato la legittimazione (legitimatio ad causam) dello stesso ricorrente ad agire per far accertare la simulazione della compravendita tra la M. e la (omissis), poiché egli è privo di un diritto sostanziale pregiudicato dalla vendita. In particolare, secondo la Corte di appello, “l’eventuale minor tutela derivante al B. dal fatto proprio di non aver negligentemente trascritto il provvedimento di assegnazione (della casa familiare) per assicurarne l’opponibilità ai terzi anche dopo i nove anni dalla pronuncia, non integra quel ‘pregiudizio di un diritto cui la legge condiziona la legittimazione del terzo a far valere la simulazione”;
- – Il motivo di ricorso è fondato. L’art. 1415 c.c., comma 2, prevede un’ipotesi di legittimazione straordinaria dei terzi ad agire in giudizio per far accertare la simulazione di un contratto stipulato inter alios “quando essa pregiudica i loro diritti”. Con questa espressione la legge specifica il tratto che accomuna le varie ipotesi di legittimazione straordinaria ad agire in giudizio in nome proprio per far valere un diritto altrui: la titolarità in capo al terzo di un diritto o un rapporto collegato con un altro diritto o rapporto da un nesso per cui il primo diritto è “pregiudicato” – nel senso di: “giuridicamente dipendente” dal secondo, che perciò è diritto o rapporto pregiudiziale-condizionante. È in virtù di tale collegamento, definibile in senso lato di “pregiudizialità- dipendenza”, che i terzi titolari di un diritto dipendente sono legittimati in via straordinaria, nelle ipotesi tassativamente previste dalla legge, a dedurre in giudizio il diritto o rapporto pregiudiziale-condizionante. In altre parole, è in virtù di tale nesso che i terzi possono far valere in giudizio in nome proprio un diritto altrui (art. 81 c.p.c.).
- – Tale è l’orientamento della Corte di cassazione, pur richiamato dalla sentenza impugnata, che però non l’ha applicato correttamente al caso di specie. Infatti, secondo questa Corte, l’art. 1415 c.c., comma 2, non consente “di ravvisare un interesse indistinto e generalizzato di qualsiasi terzo ad ottenere il ripristino della situazione reale, essendo, per converso, la relativa legittimazione indissolubilmente legata al pregiudizio di un diritto conseguente alla simulazione”. Tale situazione è data appunto dalla titolarità di un diritto pregiudicato-dipendente dall’altro diritto pregiudiziale-condizionante, che i terzi sono legittimati a far valere giudizialmente. “Non tutti i terzi, pertanto, sol perché in rapporto con i simulanti, possono instare per l’accertamento della simulazione, dovendosi invece riconoscere il relativo potere di azione o di eccezione soltanto a coloro la cui posizione giuridica risulti negativamente incisa dall’apparenza dell’atto” (cfr. Cass. 29923/2020, 4023/2007, 6651/2005).
- – Le predette regole presiedono alla soluzione del caso di specie: il difetto di tempestiva trascrizione – consentita da Corte Cost. 454/1989, che ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 155 c.c., comma 4, nella parte in cui non prevede la trascrizione del provvedimento giudiziale di assegnazione della abitazione nella casa familiare al coniuge affidatario della prole, ai fini della opponibilità ai terzi – del provvedimento di assegnazione della casa familiare non lo rende opponibile ai terzi, una volta trascorsi nove anni dalla data del provvedimento (cfr. L. n. 898 del 1970, art. 6, in quanto richiama l’art. 1599 c.c., così come interpretato da Cass. SU 11096/2002). In altri termini, una volta trascorsi nove anni dal provvedimento di assegnazione, il difetto di tempestiva trascrizione non rende ulteriormente opponibile (cioè pregiudica ovvero rende dipendente) l’assegnazione della casa familiare rispetto al diritto acquistato dal terzo su quest’ultima. Ciò costituisce il fattore che legittima ex art. 1415 c.c., comma 2, il terzo assegnatario (B. nel caso di specie) ad agire in giudizio per far dichiarare la simulazione della vendita della casa familiare, indipendentemente dalla circostanza che all’assegnatario non debba essere rimproverato un atteggiamento di inerzia nella trascrizione del provvedimento di assegnazione.
- – È accolto così il primo motivo di ricorso; il secondo motivo di ricorso è pertanto assorbito; la sentenza impugnata è cassata; la cognizione della causa è rinviata alla Corte di appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari, in altra composizione.