Cass. pen., II, dep. 30.09.2022, n. 37048.
PRINCIPIO DI DIRITTO.
“La violenza è proprio elemento costitutivo del reato di tentata rapina impropria, fattispecie contro il patrimonio e l’incolumità personale. Il principio suddetto risulta affermato già da una remota sentenza di questa sezione il cui contenuto deve essere ribadito e secondo cui il paradigma legale, previsto dall’art. 628 cod pen, richiede solo l’uso della violenza o della minaccia. Pertanto, in base al principio della specialità, si verifica l’assorbimento nel reato di rapina della minaccia e della violenza contenuta nei limiti delle percosse, mentre, qualora l’agente cagioni la morte o lesioni personali, si ha non solo concorso formale di reati, ma anche aggravamento ai sensi dell’art. 61 n 2 cod pen del reato mezzo, perpetrato volontariamente dall’agente medesimo in luogo d’una semplice minaccia o d’una violenza contenuta negli anzidetti limiti della percossa”
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE.
“2.1 Deve in primo luogo analizzarsi per ragioni di ordine logico e sistematico il terzo motivo di ricorso che è fondato e deve, pertanto, essere accolto.
Ed invero riqualificati i fatti di cui al capo b) nell’ipotesi di percosse di cui all’art. 581 c.p., i giudici di merito non potevano ritenerne il concorso con la fattispecie di tentata rapina impropria di cui al comma 2 dell’art. 628 c.p. avuto riguardo alla precisa clausola di cui al comma 2 del citato art. 581 c.p. secondo cui:” Tale disposizione non si applica quando la legge considera la violenza come elemento costitutivo o come circostanza aggravante di un altro reato.
Inoltre più recentemente l’affermazione è stata ribadita in relazione all’analogo delitto di estorsione di cui all’art. 629 c.p. essendosi affermato che la condotta di violenza, la quale, cumulativamente od alternativamente con quella di minaccia, costituisce il nucleo essenziale del delitto di estorsione, è in esso interamente assorbita quando non provoca alcuna lesione personale (come nel caso in cui l’agente si limiti ad immobilizzare la vittima o a percuoterla ovvero esplichi solo la violenza c.d. reale); in caso contrario, devono trovare applicazione le norme sul concorso di reati (Sez. 2, n. 16658 del 16/01/2014, Rv. 259556 – 01). Non sussistendo pertanto ragioni per giungere a conclusioni differenti, la fattispecie di percosse come ritenute in capo all’imputata va pertanto ritenuta assorbita nella fattispecie di rapina impropria tentata di cui al capo a) e l’impugnata sentenza annullata senza rinvio limitatamente a tale delitto con eliminazione della relativa pena di mese 1 di reclusione.”
2.2” Così delineata la complessiva fattispecie è esclusa la fondatezza del primo motivo posto che a seguito della riqualificazione dell’ipotesi di lesioni personali in quella di percosse, il giudice del merito, non doveva escludere la più grave fattispecie di tentata rapina impropria, così come richiesto con tale doglianza, bensì quella di cui all’art. 581 c.p. come già argomentato al punto 2.1 della presente motivazione.”
2.3 “Non è altresì fondato il secondo motivo; posto infatti che la ricorrente aveva nei giorni precedenti i fatti reclamato la retribuzione e che la busta sottratta allo S. era proprio destinata a contenere quelle somme, poi dal teste spostate in altre buste per impedire proprio la sottrazione, non sussiste la reclamata ipotesi del reato impossibile. Va invero fatta applicazione del principio secondo cui in tema di tentata rapina, la non punibilità dell’agente per inesistenza dell’oggetto può aversi solo quando l’inesistenza sia assoluta, cioè quando manchi qualsiasi possibilità che in quel contesto di tempo la cosa possa trovarsi in un determinato luogo e non, invece, quando essa sia puramente temporanea e accidentale (Sez. 2, n. 3189 del 08/01/2009, Rv. 242669 – 01).
Ne deriva affermare che sussiste il tentativo di rapina impropria nella condotta di chi eserciti violenza dopo essersi impossessato di un oggetto, nella specie una busta, originariamente destinata alla ricezione di somme di denaro, che venivano sottratte e spostate dalla vittima al fine proprio di impedirne la sottrazione.
Alla luce delle predette considerazioni pertanto la pena inflitta alla ricorrente deve essere rideterminata in quella di anno 1, mesi 4 di reclusione in accoglimento del terzo motivo di ricorso mentre le rimanenti doglianze vanno respinte.”