L’accertamento di utili extracontabili nelle società di capitali a ristretta base partecipativa, consente all’Amministrazione una duplice e complementare forma di accertamento.
Da un lato l’accertamento di utili extracontabili in capo alla società di capitali a ristretta base sociale consente di inferire la loro distribuzione tra i soci in proporzione alle loro quote di partecipazione, salva la facoltà per gli stessi di fornire la prova contraria costituita dal fatto che i maggiori ricavi non siano stati fatti oggetto di distribuzione, ma siano, invece, stati accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti (cfr., tra le tante, Cass. 26248/2010, Cass. 8473/2014 e, da ultimo, Cass. 27049/2019). In particolare, si è precisato, che la presunzione di distribuzione ai soci degli utili non contabilizzati non viola il divieto di presunzione di secondo grado, poichè il fatto noto non è costituito dalla sussistenza dei maggiori redditi induttivamente accertati, ma dalla ristrettezza della base sociale e dal vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci che, in tal caso, normalmente caratterizza la gestione sociale (Cass. 22 aprile 2009, n. 9519).
Al contempo i costi costituiscono un elemento rilevante ai fini della determinazione del reddito d’impresa, sicchè quando essi siano “fittizi” o “indeducibili”, scatta la presunzione che il medesimo è maggiore di quanto dichiarato o indicato in bilancio, con la conseguenza che non può riscontrarsi alcuna differenza tra la percezione di maggiori ricavi e l’indeducibilità o inesistenza di costi.
Tale principio è operante altresì nelle società a ristretta base partecipativa quando la società abbia indicato in bilancio dei costi inesistenti, quindi indeducibili perchè non documentati. In tale ipotesi, infatti, i costi non sono stati in alcun modo sostenuti dalla società, sicchè il reddito di impresa effettivo conseguito nel corso dell’esercizio è costituito da quello dichiarato con l’aggiunta però dei costi inesistenti. Tale reddito maggiorato, quindi, si presume sia stato distribuito nel corso del medesimo esercizio ai soci. La situazione è analoga anche nel caso in cui il costo è indeducibile, per le più variegate ragioni (magari perchè è stato violato il principio di competenza d.P.R. n. 917 del 1986, ex art. 109, sicchè la somma doveva essere versata in altro esercizio, o per mancata inerenza o per violazione di norme fiscali, come il d.P.R. n. 917 del 1986, art. 99), ma è stato effettivamente sostenuto, con somme erogate in concreto dalla società.
PRINCIPIO DI DIRITTO
- I ricorsi sono fondati. 2. E’ univoco nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui, in tema di misure volte a prevenire i fenomeni di violenza in occasione di competizioni sportive, l’incertezza, non risolvibile alla stregua degli atti, sulla tempestività della convalida del provvedimento del questore impositivo dell’obbligo di comparire presso un ufficio di polizia, prevista dall’art. 6, comma 2, legge 12 dicembre 1989 n. 401 e succ. modd., comporta la caducazione della stessa misura (così Sez. 3, n. 5624 del 08/07/2016, dep. 2017, Barrasso, Rv. 269244, che nell’annullare senza rinvio l’ordinanza di convalida priva dell’indicazione dell’ora di adozione, ha precisato che, in tema di libertà personale e in presenza di una disciplina così rigorosa, non è consentito ricorrere a presunzioni di sorta riguardo alla legittimità e regolarità formale dei provvedimenti giudiziari). Nel caso in esame l’eccezione difensiva relativa al mancato rispetto dell’orario in cui è stato convalidato il provvedimento del questore risulta fondata, in quanto tale orario non è stato apposto sull’attestazione di deposito dell’atto (e anzi la restituzione di entrambi i fascicoli processuali al pubblico ministero nella stessa data alle ore 13 depone per l’adozione del provvedimento di convalida anteriormente alla scadenza del termine di 48 ore dalla notifica ai due ricorrenti). Ne consegue che l’orario di deposito resta oggettivamente incerto, per cui il provvedimento impugnato va annullato senza rinvio per violazione del diritto di difesa nei confronti di entrambi i ricorrenti, in quanto in tema di libertà personale e in presenza di una disciplina formale e rigorosa, non è consentito ricorrere a presunzioni di sorta riguardo alla legittimità e regolarità formale degli atti giudiziari, compreso il rispetto del termine a difesa spettante ai sottoposti.
Cassazione civile, Sez. VI-T, ordinanza 25 agosto 2022, n. 25322