Cass. pen., V, ud. dep. 20.10.2022, n. 39809
PRINCIPIO DI DIRITTO
“Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, ai fini della configurabilità del reato di violazione di domicilio, l’occupazione non coperta da valido titolo non esclude in capo all’occupante l’esercizio dello “ius exc/udendi”, quando le particolari modalità con cui si è svolto il rapporto con il titolare del diritto sull’immobile consentono di ritenere quel luogo come l’effettivo domicilio dell’occupante medesimo”
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
“In tal senso, viene in rilievo non già il titolo formale in virtù del quale il domicilio – nell’accezione, costituzionalmente tutelata, di luogo in cui si esplica la personalità dell’individuo nell’intimità – è costituito, bensì il rapporto di fatto instaurato con l’abitazione, tanto che non è configurabile il reato di violazione di domicilio nella condotta del locatario che, pur avendo subito un provvedimento di sfratto emesso dal giudice civile, si introduce nell’immobile prima che il locatore venga reimmesso effettivamente nel possesso, spontaneamente o in seguito ad un procedimento di esecuzione forzata per rilascio (Sez. 5, n. 52749 del 11/10/2017, Kostan, Rv. 271466).
1.2. Nel caso in esame, la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione degli enunciati principi, senza trascurare le implicazioni civilistiche rilevanti, atteso che le persone offese occupavano l’immobile di proprietà della S. in virtù di un contratto di locazione non registrato e senza che, a fronte della sospensione del pagamento del canone, la locataria avesse intrapreso azione giudiziaria alcuna, precisando, altresì, come le modalità dell’introduzione, del successivo trattenimento e della violenza impiegata in danno degli occupanti dimostrassero pienamente la coscienza e volontà della violazione.
2. Il contributo causale del F. all’azione antigiuridica è stato ancorato alla personale intromissione dello stesso nell’alloggio, di cui gli era nota l’occupazione, ed al successivo trattenimento; il che integra la condotta tipica prevista dalla norma incriminatrice e rende, ad un tempo, persino ultroneo il riferimento ad un contributo morale prestato in favore della coimputata, come rilevato dalla Corte di merito.
3. I motivi rassegnati sul punto del diniego della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p. sono proposti fuori dei casi previsti dalla legge.
Il terzo motivo è formulato in modo quantomeno perplesso, nella misura in cui utilizza argomenti tesi all’esclusione della stessa tipicità del fatto rispetto ad un istituto che la consumazione del reato presuppone; nel resto, la Corte territoriale ha svolto un apprezzamento che, valorizzando le circostanze dell’azione, la durata dell’intrusione e l’azione violenta nel contesto posta in essere dall’imputata S. , si rivela insindacabile nella presente sede di legittimità (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590).
Non introduce, infine, alcun profilo di irragionevolezza nel discoro giustificativo il quantum liquidato, a titolo di provvisionale per il danno non patrimoniale, alle parti civili, costituendo il pregiudizio patrimoniale uno solo degli indicatori che concorrono nella “valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, comma 1, c.p., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo”, e dunque del danno criminale nella sua globalità.”