Corte Costituzionale, ordinanza 10 novembre 2022 n. 227
In tema di ergastolo ostativo, va ordinata la restituzione degli atti al giudice rimettente.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
Considerato che, come emerge dalle premesse in fatto innanzi illustrate, le questioni sollevate riguardano, specificamente, la legittimità costituzionale della disciplina relativa al cosiddetto ergastolo ostativo;
che la Corte di cassazione rimettente censura non solo la disciplina “ostativa” contenuta nell’art. 4-bis, comma 1, ordin. penit., ma (oltre alla previsione del successivo art. 58-ter) anche, in particolare, il contenuto dell’art. 2 del d.l. n. 152 del 1991, come convertito, in base al cui comma 1 il regime restrittivo per l’accesso ai benefici penitenziari, previsto all’art. 4-bis ordin. penit., si estende anche alla disciplina della liberazione condizionale;
che, quindi, è sottoposta a scrutinio di legittimità costituzionale la normativa che non consente al condannato all’ergastolo per delitti di “contesto” mafioso, che non collabori utilmente con la giustizia e che abbia già scontato ventisei anni di carcere (anche grazie a provvedimenti di liberazione anticipata), di essere ammesso al beneficio della liberazione condizionale, in forza di una presunzione assoluta di mancata rescissione dei suoi legami con la criminalità organizzata, non superabile se non per effetto della collaborazione stessa;
che la Camera dei deputati ha approvato, in data 31 marzo 2022, il disegno di legge ricordato in precedenza;
che, tuttavia, tale disegno di legge non è stato approvato anche dal Senato della Repubblica;
che in data 21 luglio 2022 il Presidente della Repubblica ha disposto lo scioglimento anticipato delle Camere, nonché la convocazione dei comizi per le elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica per il giorno 25 settembre 2022;
che la prima riunione delle nuove Camere ha avuto luogo il giorno 13 ottobre 2022;
che il Governo, ricevuta la fiducia dalle Camere, con il decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162 (Misure urgenti in materia di divieto di concessione dei benefici penitenziari nei confronti dei detenuti o internati che non collaborano con la giustizia, nonché in materia di entrata in vigore del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, di obblighi di vaccinazione anti SARS-COV-2 e di prevenzione e contrasto dei raduni illegali), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale ed entrato in vigore in pari data, ha apportato modifiche alla disciplina prevista dall’art. 4-bis ordin. penit., ravvisando i presupposti di straordinaria necessità e urgenza previsti dall’art. 77 Cost. nei «moniti rivolti dalla Corte costituzionale al legislatore per l’adozione di una nuova regolamentazione dell’istituto al fine di ricondurlo a conformità con la Costituzione», nonché nella «imminenza della data dell’8 novembre 2022, fissata dalla Corte costituzionale per adottare la propria decisione in assenza di un intervento del legislatore»;
che il d.l. n. 162 del 2022 incide sulle disposizioni oggetto del presente giudizio, riproducendo – salvo limitate modifiche – il testo del ricordato disegno di legge approvato dalla Camera dei deputati nel corso della precedente legislatura;
che, per quanto qui rilevante, il provvedimento d’urgenza prevede all’art. 1, comma 1, lettera a), numero 2), l’integrale sostituzione del comma 1-bis dell’art. 4-bis ordin. penit., e l’aggiunta di due nuovi commi (1-bis.1 e 1-bis.2);
che la nuova disciplina trasforma da assoluta in relativa la presunzione di pericolosità ostativa alla concessione dei benefici e delle misure alternative in favore dei detenuti non collaboranti, che vengono ora ammessi alla possibilità di farne istanza, sebbene in presenza di stringenti e concomitanti condizioni, diversificate a seconda dei reati che vengono in rilievo;
che la disciplina della collaborazione impossibile o irrilevante – pur ancora applicabile, in forza della previsione di cui all’art. 3, comma 2, del d. l. n. 162 del 2022 ai condannati e agli internati che, prima della data di entrata in vigore del decreto-legge, abbiano commesso delitti previsti dal comma 1 dell’art. 4-bis ordin. penit. – viene sostituita dalla nuova regolamentazione dell’accesso ai benefici penitenziari e alle misure alternative alla detenzione, applicabile a tutti i detenuti ed internati che non collaborano con la giustizia;
che, quanto ai detenuti e agli internati per delitti di contesto mafioso e, in generale, di tipo associativo, i benefici possono essere loro concessi purché dimostrino l’adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna o «l’assoluta impossibilità di tale adempimento», nonché alleghino elementi specifici – diversi e ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria, alla partecipazione del detenuto al percorso rieducativo e alla mera dichiarazione di dissociazione dall’organizzazione criminale di eventuale appartenenza – che consentano di escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva e con il contesto nel quale il reato è stato commesso, nonché il pericolo di ripristino di tali collegamenti, anche indiretti o tramite terzi, tenuto conto delle circostanze personali e ambientali, delle ragioni eventualmente dedotte a sostegno della mancata collaborazione, della revisione critica della condotta criminosa e di ogni altra informazione disponibile, nonché, ancora, la sussistenza di iniziative dell’interessato a favore delle vittime, sia nelle forme risarcitorie che in quelle della giustizia riparativa;
che ai detenuti per i restanti reati indicati dal comma 1 dell’art. 4-bis ordin. penit. si richiede il rispetto delle medesime condizioni, depurate, tuttavia, da indicazioni non coerenti con la natura dei reati che vengono in rilievo, sicché la richiesta allegazione deve avere ad oggetto elementi idonei ad escludere l’attualità dei collegamenti, anche indiretti o tramite terzi, con il contesto nel quale il reato è stato commesso (non anche il pericolo di ripristino dei collegamenti con tale contesto);
che l’art. 1, comma 1, lettera a), numero 3), prevede l’ampliamento delle fonti di conoscenza cui la magistratura di sorveglianza deve ricorrere e la modifica del relativo procedimento, nonché l’onere in capo al detenuto di fornire elementi di prova contraria in caso di indizi, emergenti dall’istruttoria, dell’attuale sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva o con il contesto nel quale il reato è stato commesso, ovvero del pericolo di loro ripristino;
che l’art. 2 del d.l. n. 162 del 2022 prevede l’innalzamento della durata del periodo di pena da espiare (per quanto qui rilevante, «almeno trenta anni di pena, quando vi è stata condanna all’ergastolo», in luogo dei precedenti ventisei) per l’accesso alla liberazione condizionale del detenuto per reati ostativi non collaborante, nonché l’allungamento della durata della libertà vigilata (dieci anni, anziché cinque) in caso di condanna all’ergastolo;
che, quindi, si è in presenza di una modifica complessiva della disciplina interessata dalle questioni di legittimità costituzionale in esame e, per quel che qui particolarmente interessa, di una trasformazione da assoluta in relativa della presunzione di pericolosità del condannato all’ergastolo per reati ostativi non collaborante, cui è concessa – sia pur in presenza degli stringenti requisiti ricordati – la possibilità di domandare la liberazione condizionale e, così, di vedere vagliata nel merito la propria istanza;
che tale modifica – sebbene operata da un decreto-legge ancora in corso di conversione – incide immediatamente sul nucleo essenziale delle questioni sollevate dall’ordinanza di rimessione;
che la giurisprudenza costituzionale – quando le modifiche apportate incidono così «profondamente sull’ordito logico che sta alla base delle censure prospettate» (ordinanze n. 97 del 2022 e n. 60 del 2021), oppure intaccano il meccanismo contestato dal rimettente (ordinanza n. 55 del 2020) – è costante nel ricavarne la necessità di restituire gli atti al giudice a quo, spettando a quest’ultimo, sia verificare l’influenza della normativa sopravvenuta sulla rilevanza delle questioni sollevate (ordinanza n. 243 del 2021), sia procedere alla rivalutazione della loro non manifesta infondatezza, tenendo conto delle intervenute modifiche normative (ordinanze n. 97 del 2022, n. 60 del 2021 e n. 185 del 2020);
che spetta, pertanto, al giudice rimettente valutare la portata applicativa dello ius superveniens nel giudizio a quo, anche all’esito del procedimento di conversione del decreto-legge.