MASSIMA
La verifica della colpevolezza nei delitti colposi di evento nell’ambito delle competizioni sportive non si esaurisce nell’accertamento della inosservanza da parte dell’atleta ad una specifica prescrizione del regolamento sportivo, ma deve estendersi alla individuazione di una regola cautelare che assuma rilievo ai fini penali, idonea a definire il comportamento doveroso secondo standard di prudenza e di diligenza che non esorbitino dalle regole del gioco e non si pongano in contrasto con il naturale sviluppo della pratica sportiva, confliggendo al contempo con i principi di correttezza e di lealtà che sovraintendono la competizione sportiva.
- Il ricorso proposto dalla parte civile M. avverso la sentenza assolutoria del Tribunale di Rimini, quale giudice di appello del Giudice di Pace di Rimini, che aveva invece affermato la penale responsabilità del P. , si muove in due direzioni. Da una parte procede ad una ricostruzione giurisprudenziale e dottrinaria dei limiti di applicabilità della scriminante non codificata del rischio consentito in tema di attività sportiva agonistica assumendo che il giudice distrettuale abbia fatto una non corretta applicazione della disciplina codicistica in materia di cause di giustificazione codificate (consenso dell’avente diritto ed esercizio di un diritto), pervenendo ad una eccessiva dilatazione del concetto di “rischio consentito”. Dall’altra censura gli argomenti motivazionali della sentenza impugnata per illogicità e contraddittorietà laddove, pure venendo riconosciuto in sentenza che il pilota automobilistico P. era incorso in una violazione delle regole della gara e del circuito (mancato rispetto dei limiti del tracciato di gara), tale inosservanza era stata degradata a mera irregolarità, peraltro non comportante un addebito di responsabilità penale per colpa in quanto intervenuta nel contesto della competizione sportiva, non diretta a procurare lesioni o danno alla persona offesa, funzionale al conseguimento del risultato sportivo e non esorbitante, nel senso che la stessa non trascendeva ma risultava proporzionata alle caratteristiche e alla natura della competizione sportiva in cui si inseriva. I due argomenti risultano evidentemente collegati in quanto solo dopo avere acclarato quali siano i limiti di applicabilità della così detta scriminante del rischio consentito nell’ambito dell’attività sportiva, è possibile accertare se l’iter motivazionale del giudicante sia caratterizzato da manifesta illogicità ovvero contraddittorietà rispetto allo stesso testo della pronuncia ovvero rispetto ad atti del procedimento specificamente indicati.
- Con riferimento ai limiti di applicazione della scriminante del rischio consentito nell’ambito delle competizioni sportive la difesa di parte ricorrente assume che, una volta accertata la volontaria inosservanza da parte dell’atleta della prescrizione regolamentare che disciplina la competizione sportiva, che assurge a specifica regola cautelare in quanto ingloba e delinea il contenuto del comportamento doveroso dell’atleta durante la competizione, al giudice sarebbe precluso ogni ulteriore accertamento sulle ragioni che hanno determinato il superamento della regola sportiva con conseguenze disciplinari laddove, al contrario, la valutazione del giudice sarebbe condizionata da un relativismo soggettivo tale da snaturare la funzione stessa della verifica giudiziale, in quanto il dovere di diligenza dell’atleta nelle competizioni sportive si esaurisce nel rispetto delle norme tecnico-regolamentari del gioco (motivi di ricorso pag.15). Assume ancora che un tale approdo non si pone in contrasto con i principi che regolano l’accertamento della colpa nei reati colposi di evento, poiché la normativa sportiva risulta dettata dalla necessità di evitare il pericolo che si verifichi l’evento dannoso attraverso l’inosservanza del comportamento indicato nel precetto normativo, in quanto in ipotesi di colpa specifica il giudizio di prevedibilità dell’evento risulta insito nello stesso precetto normativo violato. In sostanza conclude il ricorrente che, una volta riconosciuto, come ha fatto anche il giudice di appello, che il pilota professionista P. aveva travalicato il limite della regola sportiva che gli imponeva di non oltrepassare volontariamente i limiti del tracciato della pista, pur trattandosi di manovra giustificata dalla esigenza di operare un sorpasso di un veicolo antagonista più lento, sarebbe stato… preclusa ogni ulteriore indagine sulle finalità perseguite dal pilota ovvero sull’esorbitanza o meno di tale condotta di guida rispetto alla natura e alle caratteristiche della competizione, risultando violato il precetto teso a salvaguardare la regolarità della competizione e a salvaguardare la incolumità personale dei contendenti.
- La prospettazione del ricorrente, agganciata a principi giurisprudenziali risalenti, risulta manifestamente infondata sia con riferimento alle regole ermeneutiche formulate in epoca più recente in materia di colpevolezza nei reati colposi di evento, con particolare riferimento all’obbligo di verifica della colpa in concreto e al necessario giudizio sulla causalità della colpa, sia con riferimento all’evoluzione giurisprudenziale concernente i limiti di operatività della cd. scriminante del “rischio consentito” in materia di eventi dannosi verificatosi nel corso delle competizioni sportive, fino agli ultimi approdi del giudice di legittimità che, nel mettere in discussione l’esistenza stessa di una causa di giustificazione non codificata nel settore dell’attività sportiva agonistica, ha riconosciuto comunque la necessità di ricorrere, anche in tale settore, ai principi generali in materia di colpa, ponendo una netta distinzione tra l’inosservanza della regola cautelare sportiva e la individuazione di una regola cautelare, rilevante ai fini della responsabilità penale, che connoti di antidoverosità la condotta dell’atleta impegnato nella gara o nella pratica sportiva.
3.1 Quanto al primo aspetto va osservato che la giurisprudenza di legittimità ha ormai costantemente riconosciuto che la responsabilità colposa implica che la violazione della regola cautelare deve avere determinato la concretizzazione del rischio che detta regola mirava a prevenire (cosiddetta causalità della colpa), poiché alla colpa dell’agente va ricondotto non qualsiasi evento realizzatosi, ma solo quello causalmente
riconducibile alla condotta posta in essere in violazione
della regola cautelare (sez.4 n. 36857 del 23/04/2009, PC in proc.Cingolani, Rv.244979; n. 1819 del 3/10/2014, Di Domenico, Rv.261768, n. 35585 del 12/05/2017, Schettino, Rv.270779, n. 18802 del 11/04/2019, Catalani, Rv.275655) ed infatti la stessa titolarità di una posizione di garanzia non comporta, in presenza del verificarsi dell’evento, un automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante, imponendo il principio di colpevolezza la verifica in concreto sia della sussistenza della violazione da parte del garante – di una regola cautelare (generica o specifica), sia della prevedibilità ed evitabilità dell’evento dannoso che la regola cautelare violata mirava a prevenire (cosiddetta concretizzazione del rischio), sia della sussistenza del nesso causale tra la condotta ascrivibile al garante e l’evento dannoso (sez.4, n. 5484 del 8/01/2015, Corso, Rv.262033, n. 32216 del 20/06/2018, Capobianco, Rv.273568, n. 21554 del 5/05/2021, Zoccarato, Rv.281334).
3.2 Sotto diverso aspetto la verifica della causalità della colpa e l’indagine sulla ricorrenza della esigibilità della condotta doverosa e della prevedibilità dell’evento in capo all’agente dannoso risultano ancora più stringenti nello specifico settore delle competizioni sportive ove la disciplina regolamentare è diretta primariamente ad assicurare la regolarità della competizione e ad indicare i criteri in base ai quali il gesto sportivo, pure violento o pericoloso, è ammesso, tenuto conto della natura e delle caratteristiche della gara, ovvero è sanzionabile, quale illecito sportivo.
3.2.1 Invero come è stato recentemente ribadito (sez.4, n. 8609 del 18/10/2021, Contin, Rv.282764) le regole del gioco non sono necessariamente regole cautelari dalla cui inosservanza consegua automaticamente, come sostenuto dal ricorrente, un addebito di colpa penale in presenza di eventi dannosi collegati eziologicamente al gesto sportivo, laddove la “violazione di una regola del gioco che sanziona un fallo di gioco non può al contempo dar luogo a colpa penale perché quelle regole definiscono comportamenti resi leciti dalla accettazione da parte di tutti i partecipanti” e dalla loro inosservanza consegue una sanzione sportiva o disciplinare che assume rilevanza nell’ambito della stessa gara in cui è intervenuta la violazione, mediante l’applicazione di una punizione, una penalità o una squalifica, che potrebbe avere conseguenze anche nelle gare successive.
3.2.2 ‘E stato ancora affermato che “si vengono così a delineare due diverse aree, quella sportiva e quella penale, coperte da regole diverse, perché dirette a gestire “rischi” diversi: quelli sportivi, conosciuti e accettati dagli atleti, i quali in tale ambito sono consapevoli della potenziale lesività di determinate azioni di gioco, quale conseguenza possibile della pratica sportiva svolta; quelli penali, quale conseguenza dannosa di azioni che esorbitano dall’ordinario sviluppo del gioco o della pratica sportiva interessata, aventi cioè un “quid pluris” che le rende perseguibili penalmente in quanto caratterizzate da dolo, allorquando siano volontariamente rivolte a procurare nocumento all’avversario ovvero da colpa” allorquando si travalichi, per colpa appunto, il confine della lealtà sportiva tradendo l’affidamento serbato degli altri partecipanti alla competizione sul rispetto dei limiti della stessa (sez.4, n. 8609/2021 cit.; vedi anche n. 3284 del 21/10/2021, Rv.282705).
3.3 In ogni caso ne consegue che la verifica della colpevolezza nei delitti colposi di evento nell’ambito delle competizioni sportive non si esaurisce nell’accertamento della inosservanza da parte dell’atleta ad una specifica prescrizione del regolamento sportivo, ma deve estendersi alla individuazione di una regola cautelare che assuma rilievo ai fini penali, idonea a definire il comportamento doveroso secondo standard di prudenza e di diligenza che non esorbitino dalle regole del gioco e non si pongano in contrasto con il naturale sviluppo della pratica sportiva, confliggendo al contempo con i principi di correttezza e di lealtà che sovraintendono la competizione sportiva, valutazione questa rimessa al giudice di merito, tenuto conto delle peculiarità del caso concreto, che non risulta suscettibile di sindacato da parte del giudice di legittimità se sorretta da motivazione non contraddittoria e non caratterizzata da manifesta illogicità.
- Ma se questo è l’approdo della giurisprudenza di legittimità in materia di “rischio sportivo consentito”, appare evidente che il motivo di ricorso avanzata dalla difesa della parte civile M. da un lato è manifestamente infondato in quanto si muove da posizioni dottrinarie e giurisprudenziali non più in linea con l’evoluzione del pensiero giuridico in materia di colpa e in particolare in materia di accertamento della responsabilità per colpa nell’ambito dell’attività sportiva. Dall’altro il ricorso risulta improponibile laddove il sindacato di legittimità sulla motivazione della sentenza impugnata, che peraltro è presente e non caratterizzata dal vizio di apparenza, è precluso ai sensi dell’art. 606 c.p.p.comma 2 bis (introdotto in epoca anteriore al ricorso dal D.Lgs. n.11 del 6 Febbraio 2018 art. 5comma 1) trattandosi di impugnazione proposta avverso sentenza di appello pronunciata per reato di competenza del giudice di pace per la quale non è ammesso ricorso per carenze concernenti la motivazione del provvedimento.
- Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 c.p.p., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost.sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo nonché alla rifusione delle spese processuali sostenute dalla difesa dell’imputato che, nell’ambito del procedimento ha depositato una memoria difensiva dal contenuto pertinente e utile ai fini della decisione.
Cass. pen., IV, ud. dep. 03.10.2022, n.37178