T.A.R. Valle D’Aosta, Sez. Unica – sentenza 29 settembre 2022, n. 45
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE (sintesi massimata)
- Il TAR premette come con il provvedimento dirigenziale n. 639 del 27 febbraio 2015, la Regione Valle d’Aosta abbia indetto una gara per l’affidamento dei lavori di realizzazione di un edificio scolastico nella Regione Tzamberlet, nel Comune di Aosta. 1.1. Premette altresì come l’appalto sia stato, con provvedimento dirigenziale n. 43 del 16 gennaio 2017, aggiudicato all’odierno ricorrente, il Consorzio Eco-Ecole Aoste (in breve il Consorzio), ma come, a seguito dell’impugnazione promossa da altro offerente, lo stesso Tribunale, con la sentenza n. 39 del 27 giugno 2017, abbia annullato l’aggiudicazione per vizi concernenti la composizione della commissione giudicatrice. 1.2. Inoltre come, dopo aver nominato, con il provvedimento dirigenziale n. 1787 del 9 aprile 2018, una nuova commissione, la Giunta regionale abbia adottato la deliberazione n. 13464 del 6 novembre 2018, con la quale ha sospeso la procedura al fine della rivalutazione dell’interesse pubblico alla realizzazione dell’opera. 1.3. E ancora come, acquisiti una relazione tecnica sui presupposti e sugli impatti connessi all’esecuzione dell’opera e uno studio delle dinamiche demografiche, con deliberazione della Giunta regionale n. 170, del 21 febbraio 2022, la Regione, ritenendo che l’interesse pubblico alla realizzazione del complesso scolastico fosse venuto meno, ha reputato opportuno interrompere tutte le attività amministrative ancora in corso finalizzate alla sua attuazione e come, con il provvedimento dirigenziale n. 1925 del 4 aprile 2022, comunicato al Consorzio il 6 aprile 2022, abbia revocato la procedura di gara per l’affidamento dei lavori. 2. Peraltro, premette ancora il Tribunale, avverso tale ultimo provvedimento è insorto il Consorzio, adducendo la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione e domandando, oltre all’annullamento dell’atto, il risarcimento del danno nonché, in subordine, il pagamento dell’indennizzo ex art. 21 quinquies l. 241/1990. 3. Conseguentemente, si è costituita in giudizio la Regione Valle d’Aosta, eccependo l’inammissibilità della domanda di annullamento per genericità dei motivi e deducendo l’infondatezza delle domande di condanna. 4. Il TAR chiarisce, infine, come la causa sia passata in decisione all’udienza pubblica del 20 settembre 2022. 5. Ebbene, statuisce il TAR come in accoglimento dell’eccezione regionale, la domanda di annullamento debba essere dichiarata inammissibile, poiché non sorretta da specifiche censure avverso il provvedimento impugnato. Il Consorzio, infatti, non mette in discussione la decisione amministrativa di revocare la gara, ma si duole dell’atteggiamento scorretto serbato dalla Regione e, in subordine, della mancata corresponsione dell’indennizzo previsto dall’art. 21 quinquies l. 241/1990. Risulta, così, violato il disposto dell’art. 40, co. 1, lett. d), cod. proc. amm., secondo cui il ricorso deve recare, a pena di nullità ex art. 44, co. 1, cod. proc. amm., l’indicazione degli specifici motivi su cui si fonda. A diverse conclusioni non conduce l’affermazione, prosegue il Giudice Amministrativo, contenuta nella memoria di replica presentata dal ricorrente, per la quale «l’annullamento della Delibera impugnata viene richiesto “in parte qua”, relativamente alla mancata previsione dell’indennizzo/risarcimento conseguente alla revoca disposta», giacché tale omissione, lungi dal condurre alla caducazione del provvedimento, afferisce alle ulteriori domande di condanna spiegate nei confronti dell’amministrazione, rimanendo perciò confermata l’insussistenza di specifici motivi di contestazione della legittimità della revoca. 6. Procedendo all’analisi della domanda risarcitoria, puntualizza il TAR, il Consorzio sostiene che l’amministrazione sia incorsa in responsabilità precontrattuale ai sensi degli artt. 1337 e 1338 cod. civ. in ragione del contegno inerte serbato nei quattro anni di sospensione della procedura, durante i quali non ha mai reso note al ricorrente le intenzioni in ordine alle sorti della gara. A fronte di tale addebito, il Consorzio pretende il risarcimento di una somma pari al mancato utile contrattuale, calcolato in misura corrispondente al 5% dell’importo a base dell’offerta (euro 19.627.000,00) e, dunque, pari a euro 981.350,00. 7. La domanda è infondata, sentenzia il TAR, per vari ordini di ragioni. 7.1. La responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione sussiste allorché questa, per effetto di comportamenti colpevoli e scorretti, abbia leso il legittimo affidamento maturato dal privato in ordine alla stipulazione del contratto. La responsabilità può emergere, per consolidato insegnamento giurisprudenziale, anche per effetto della revoca delle procedure di affidamento dei contratti pubblici, sempre che sussistano i due imprescindibili presupposti del legittimo affidamento dell’operatore alla conclusione del contratto e della colpevole violazione, da parte dell’amministrazione, dei canoni generali di correttezza e buona fede di cui all’art. 1337 cod. civ. (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, Ad. Plen., 4 maggio 2018, n. 5 e, da ultimo, Cons. Stato, Ad. Plen., 29 novembre 2021, n. 21). 7.1.1. Per quanto riguarda il presupposto del legittimo affidamento, occorre che esso sia fondato su un livello di definizione delle trattative tale per cui la conclusione del contratto può essere considerato come uno sbocco prevedibile (Cass. Civ., Sez. II, 15 aprile 2016, n. 7545). Ciò, traslato sulle procedure di evidenza pubblica, significa che il punto di emersione dell’affidamento va ravvisato nel provvedimento di aggiudicazione (Cons. Stato, Sez. II, 20 novembre 2020, n. 7237) o quantomeno – secondo l’approccio elastico adottato dalla giurisprudenza – laddove, avuto riguardo al grado di sviluppo raggiunto dalla singola procedura al momento della revoca, sia plausibile che questa, in difetto del provvedimento di ritiro, si sarebbe conclusa in favore del ricorrente (Cons. Stato, Sez. V, 15 luglio 2013, n. 3831; Cons. Stato, Ad. Plen., 29 novembre 2021, n. 21). 7.1.2. Per quanto concerne il secondo presupposto, è necessario che la revoca, benché legittima, sia accompagnata da un contegno scorretto, tale per cui la stessa possa considerarsi contraria alle regole generali di lealtà e collaborazione che devono caratterizzare la fase di “trattative” precedente alla conclusione del contratto, e che tale contegno sia rimproverabile all’amministrazione quantomeno a titolo di colpa (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 29 novembre 2021, n. 21). 7.2. Ordunque, conclude il TAR, nessuno dei due presupposti ricorre nella presente fattispecie. 7.2.1. Difatti, puntualizza il Giudice Amministrativo, non può, in primo luogo, riscontrarsi l’emersione, in capo al ricorrente, del ragionevole affidamento alla conclusione del contratto di appalto, posto che il provvedimento di aggiudicazione originariamente adottato in suo favore è stato annullato, con la sentenza n. 39/2017, per un vizio relativo alla composizione della commissione giudicatrice, ossia un vizio che ha imposto la regressione della procedura alla nomina di un nuovo organo tecnico, al quale avrebbe dovuto fare seguito la rivalutazione complessiva delle offerte. Ne consegue che, all’atto della revoca, il Consorzio non era destinatario né di un provvedimento di aggiudicazione né di una proposta di aggiudicazione e che, in base al grado di sviluppo della procedura, arrestatasi in una fase addirittura antecedente all’analisi delle offerte, non vi sono elementi per affermare che tale procedura, in difetto di revoca, si sarebbe conclusa in favore del ricorrente. In senso contrario non milita la circostanza, valorizzata nel ricorso, che la sentenza n. 39/2017 ha annullato l’aggiudicazione solo per un vizio formale del procedimento, posto che tale vizio ha inficiato la valutazione delle offerte, la quale si sarebbe dovuta comunque ripetere, non è dato sapere con quali esiti. 7.2.2. In secondo luogo, non si ravvisa un contegno scorretto in capo alla Regione. Come accennato, a questa il ricorrente imputa di aver bloccato la gara per quattro anni senza dar conto ai partecipanti delle proprie intenzioni di revocarla. Innanzitutto, non può ritenersi che la stasi procedurale intercorsa tra la deliberazione della Giunta n. 13464 del 6 novembre 2018 di sospensione della gara e il provvedimento n. 1925 del 4 aprile 2022 di revoca della stessa costituisca un contegno violativo del canone di buona fede richiamato dall’art. 1337 cod. civ. L’inerzia rileva, infatti, non ai fini della responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione, bensì ai fini della diversa forma di responsabilità da ritardo nella conclusione del procedimento (cfr. art. 2 bis l. 241/1990). È opportuno considerare che le due forme di illecito si appuntano sulla lesione di interessi diversi fra loro: il primo si indirizza all’interesse cd. negativo del potenziale contraente a non intrattenere trattative inutili e, dunque, al più generale interesse di ordine economico a che sia assicurata la serietà dei contraenti nelle attività preparatorie e prodromiche al perfezionamento del vincolo negoziale; il secondo, invece, si riferisce all’interesse cd. positivo al tempestivo conseguimento del bene della vita – ossia, nella fattispecie, alla celere conclusione del contratto –, la cui spettanza è, tra l’altro, presupposto indispensabile ai fini della sussistenza del danno ingiusto, sicché alcuna responsabilità è ascrivibile all’amministrazione ove questa assuma, seppure in ritardo, un legittimo provvedimento sfavorevole (cfr., per tutte, Cons. Stato, Ad. Plen., 23 aprile 2021, n. 7). Del resto, la scorrettezza fondante la responsabilità precontrattuale è quella che, sorprendendo senza plausibile giustificazione il potenziale contraente, frustra l’aspettativa che egli aveva ragionevolmente riposto nella positiva conclusione delle trattative. Ebbene, nessun effetto a sorpresa può rinvenirsi nella sospensione prolungata nel tempo della procedura di affidamento, bensì, al contrario, la circostanza dovrebbe far sorgere, in capo ai partecipanti, la consapevolezza del concreto rischio di ritiro della gara. Neppure può ritenersi che la Regione sia incorsa nella violazione dell’art. 1338 cod. civ. serbando un silenzio colpevole in ordine alle proprie intenzioni di revocare la procedura. Per converso, con la delibera di sospensione n. 13464 del 6 novembre 2018, comunicata via pec al ricorrente il 16 novembre 2018, l’ente ha diffusamente illustrato le novità (tra le quali, le previsioni di decremento della popolazione scolastica, la chiusura del collegamento ferroviario tra Aosta e Pré-Saint-Didier, la contrazione delle risorse finanziarie disponibili per il finanziamento dei servizi e sotto-servizi), sopravvenute all’indizione della gara, idonee a fondare una rimeditazione dell’interesse pubblico sottostante alla realizzazione del complesso scolastico di Tzamberlet. Ne consegue che, sin dal principio, il Consorzio avrebbe potuto considerare l’eventualità di una revoca, circostanza che rileva sia ai fini della correttezza del comportamento dell’amministrazione, escludendo l’effetto a sorpresa del provvedimento di ritiro, sia ai fini dell’insussistenza del ragionevole affidamento del ricorrente alla conclusione del contratto di appalto. 7.3. Vi è, infine, conchiude il Tribunale, un’ulteriore ragione ostativa all’accoglimento della domanda risarcitoria, consistente nell’inconferenza della posta risarcitoria con il pregiudizio lamentato. Come osservato, il ricorrente chiede il risarcimento della somma di euro 981.350,00, asseritamente pari all’utile ricavabile dall’esecuzione dell’appalto. Tuttavia, giacché la tutela risarcitoria per responsabilità precontrattuale è posta a presidio dell’interesse a non essere coinvolto in trattative inutili, la reintegrazione per equivalente è ammessa non già in relazione all’interesse positivo, corrispondente all’utile che si sarebbe ottenuto dall’esecuzione del contratto, riconosciuto invece nella responsabilità da inadempimento, ma dell’interesse negativo, con il quale sono ristorate, secondo la dicotomia del danno emergente e del lucro cessante di cui all’art. 1223 cod. civ., rispettivamente le spese sostenute per le trattative contrattuali e la perdita di occasioni contrattuali alternative (Cons. Stato, Ad. Plen., 29 novembre 2021, n. 21). 8. Parimenti infondata è la domanda, conclude il proprio iter logico-argomentativo il Giudice Amministrativo, sviluppata in via subordinata, di condanna della Regione alla corresponsione dell’indennizzo previsto dall’art. 21 quinquies l. 241/1990. 8.1. Sul punto, è assorbente la considerazione che, al momento della revoca, il ricorrente non era aggiudicatario dell’appalto, sicché manca il presupposto applicativo della fattispecie. Ai sensi dell’art. 21 quinquies l. 241/1990, l’indennizzo è dovuto esclusivamente ai soggetti direttamente interessati dal provvedimento di revoca, vale a dire ai soggetti ai quali l’opzione revocatoria finisce per sottrarre un’utilità già acquisita al patrimonio, e tali non possono considerarsi i partecipanti a una procedura d’evidenza pubblica anteriormente all’aggiudicazione (Cons. Stato, Sez. III, 7 luglio 2017, n. 3359; Id., Sez. V, 10 aprile 2020, n. 2358). 8.2. In ogni caso, le spese asseritamente sostenute, sulle quali è parametrata la richiesta di indennizzo, sono prive di prova, poiché supportate unicamente da fatture, che, come noto, non dimostrano l’avvenuto pagamento e, quindi, l’effettivo sostenimento del costo da rimborsare (ex multis, Cons. Stato, Sez. VII, 10 maggio 2022, n. 3661). 9. Conclusivamente, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile quanto alla domanda di annullamento e, nel resto, rigettato. 10. Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.