Massima
Da sempre traguardato come prototipo del diritto reale di garanzia, il pegno è andato via via perdendo quel connotato di rigida e materiale inerenza alla res che lo ha per secoli contraddistinto, lasciando intravedere meglio la più autentica funzione che lo compendia, vale a dire la tutela del creditore pignoratizio: non si tratta allora di un “diritto reale che tutela il creditore”, quanto piuttosto della tutela del creditore – e del diritto di credito del quale è portatore – secondo connotati di peculiare inerenza ad una certa res; la quale ultima garantisce in via privilegiata la soddisfazione dell’interesse a quel credito sotteso non già di per sé stessa, quanto piuttosto attraverso il “valore” che essa esprime, rimanendo ormai sovente – proprio in quanto res – nella piena disponibilità di chi (debitore), nell’esercizio dell’impresa, la utilizza per creare ulteriore “valore”.
Crono-articolo
Diritto romano (vedi articolo dedicato in Cittadinanza consapevole)
1865
La codificazione liberale disciplina il pegno c.d. civile nel libro III dedicato ai contratti, definendolo per l’appunto come un contratto tipico con il quale il debitore dà al creditore una cosa mobile per sicurezza del credito, da restituirsi in natura dopo l’estinzione del credito medesimo (art.1878).
1882
Il codice di commercio disciplina una figura di pegno di tipo “commerciale”, diversa da quella disegnata dal codice civile del 1865, agli articoli 454 e 460, con particolare riguardo al pegno di cambiali o altri titoli all’ordine, di azioni o obbligazioni di società, di merci depositate nei magazzini generali. Un pegno speciale è poi quello che ha per oggetto le navi, detto anche ipoteca navale perché attuato mediante un sistema di pubblicità analogo a quello dell’ipoteca, cioè mediante l’iscrizione in un pubblico registro, e garantendosi in tal modo al debitore pignoratizio il vantaggio di rimanere in possesso della nave (art. 485 cod. di comm.).
1942
Il codice civile disciplina il pegno agli articoli 2784 e seguenti, delocalizzandolo rispetto alla disciplina dei contratti tipici per collocarlo, assieme all’ipoteca tra le norme che disciplinano la responsabilità patrimoniale del debitore: in ciò si differenzia da quanto aveva fatto il codice del 1865, facendo dire a parte della dottrina che il pegno non è più un contratto e che può anzi essere costituito per atto unilaterale del debitore, anche se non esiste una norma espressa analoga a quello che per l’ipoteca è l’art.2821, comma 1; in contrario si osserva tuttavia che mentre l’ipoteca (e la fideiussione) sono integralmente vantaggiose per il creditore, il pegno implica per il medesimo tutta una serie di obblighi (ad esempio, l’obbligo di compiere atti conservativi della res, l’obbligo di custodia e così via) che non possono che avere alla base un consenso da parte del creditore, e dunque un contratto con il debitore. Sui mobili registrati (navi, aeromobili, automobili) non è più prevista la costituzione del pegno, che viene sostituito dall’ipoteca. Il codice prevede anche la fattispecie del c.d. pegno irregolare all’art.1851 in ambito di contratti bancari, onde se, a garanzia di uno o più crediti, sono vincolati depositi di danaro, merci o titoli che non siano stati individuati o per i quali sia stata conferita alla banca (creditrice) la facoltà di disporre, la banca deve restituire solo la somma o la parte delle merci o dei titoli che eccedono l’ammontare dei crediti garantiti, l’eccedenza dovendo determinarsi in relazione al valore delle merci o dei titoli al tempo della scadenza dei crediti. Particolarmente importante – in tema di pegno regolare – l’art.2787 onde, quando il credito garantito eccede la somma di lire 5000, la prelazione del creditore pignoratizio è subordinata alla condizione che il pegno risulti da scrittura con data certa, la quale contenga sufficiente indicazione del credito garantito e della cosa pignorata. Importante anche l’art.2810, comma 2, laddove prevede ormai – come accennato – capaci di ipoteca (e non più possibile oggetto di pegno) i beni mobili c.d. registrati: navi, aeromobili ed autoveicoli.
1983
Il 9 agosto esce la sentenza della Cassazione n.5334 che, occupandosi di insolvenza e di revocatoria fallimentare, lambisce anche la figura del pegno rotativo: si tratta di un patto (c.d. di “rotatività”) che le parti possono legittimamente stipulare in via accessoria rispetto al pegno: tuttavia gli effetti della sostituzione del bene oggetto della garanzia – massime proprio nell’ottica della revocabilità del pertinente atto – non possono assumersi retroagire al momento della costituzione in garanzia del bene sostituito. In sostanza, per la Cassazione non si tratta di una operazione di garanzia unitaria (e frazionata solo sul piano materiale), quanto piuttosto di tanti rapporti di garanzia (autonomamente revocabili) quante sono le sostituzioni dei beni dati in pegno di volta in volta operate sull’accordo delle parti, ciascun avvicendamento della res pignoraticia dovendo assumersi nuova ed autonoma costituzione di garanzia, con effetti propri (specie in termini di pertinente revocabilità) decorrenti dalla singola consegna sostitutiva del bene. L’iniziale rapporto di garanzia, attraverso la sostituzione della res data in pegno, viene novato ad ogni effetto, facendo luogo ad un “nuovo” diritto di pegno. Un arresto che si inserisce in un filone pretorio al quale si uniformerà la successiva giurisprudenza di merito fino al 1998.
1985
Il 24 luglio viene varata le legge n.401, recante norme in tema di costituzione di pegno sui prosciutti a denominazione di origine tutelata, il cui articolo 1 prevede una ipotesi di contratto di pegno senza spossessamento, giusta il quale l’imprenditore del settore mantiene la disponibilità delle cosce fresche di maiale, con la possibilità per il creditore pignoratizio di poter apporre, in qualunque fase della lavorazione, un contrassegno indelebile (in modo da rendere conoscibile ai terzi la garanzia), ferma restando l’annotazione del vincolo su appositi registri, vidimati annualmente. La ratio della costituizione di garanzie reali su beni mobili in assenza dello spossessamento viene ravvisata nella necessità di mantenere la destinazione dei beni (strumentali o materiali) all’esercizio dell’attività imprenditoriale.
1991
Il 12 luglio esce la sentenza della I sezione della Cassazione n. 7794, onde la sufficiente indicazione del credito garantito dal pegno deve assumersi come uno dei requisiti cui l’art. 2787, comma terzo, c.c. subordina l’opponibilità ai terzi della prelazione derivante dal pegno medesimo; in proposito, la Corte precisa come, perché il credito garantito possa ritenersi sufficientemente indicato, non occorra che esso venga specificato, nella scrittura costitutiva del pegno, in tutti i relativi elementi oggettivi, bastando che la scrittura medesima contenga elementi idonei a consentirne l’identificazione.
1993
*Il 21 luglio esce una sentenza di merito del Tribunale di Roma che, in tema di pegno rotativo, ribadisce come si tratti di un patto che le parti possono legittimamente stipulare in via accessoria rispetto al pegno: tuttavia gli effetti della sostituzione del bene oggetto della garanzia – massime proprio nell’ottica della revocabilità del pertinente atto – non possono assumersi retroagire al momento della costituzione in garanzia del bene sostituito. In sostanza, non si tratta di una operazione di garanzia unitaria (e frazionata solo sul piano materiale), quanto piuttosto di tanti rapporti di garanzia (autonomamente revocabili) quante sono le sostituzioni dei beni dati in pegno di volta in volta operate sull’accordo delle parti, ciascun avvicendamento della res pignoraticia dovendo assumersi nuova ed autonoma costituzione di garanzia, con effetti propri (specie in termini di pertinente revocabilità) decorrenti dalla singola consegna sostitutiva del bene.
1995
Il 15 maggio esce la sentenza della VI sezione penale della Cassazione n.507 onde e’ invalido il sequestro (nell’occasione si trattava di un sequestro conservativo, ma il dato non appare rilevante la giurisprudenza successiva applicando il relativo principio ad ogni tipo di misura cautelare reale il cui scopo sia la successiva definitiva privazione del bene in danno dell’avente diritto a titolo ablatorio da parte dello Stato) che sia stato disposto su titoli ed obbligazioni non più di proprietà dell’imputato perché in precedenza vincolati da lui a favore di una banca, a garanzia dei crediti dalla stessa vantati nei confronti del predetto, a titolo di pegno (non già regolare, ma) irregolare ai sensi dell’articolo 1851 c.c.. Ne consegue, sul crinale processual-penalistico, la legittimazione della banca creditrice, quale persona giuridica titolare di un diritto di proprietà sulla cose sequestrate (articolo 318 c.p.p.), all’impugnazione del provvedimento di sequestro.
Il 24 giugno esce la sentenza della I sezione della Cassazione n.7163 onde, al fine di assolvere il requisito – fondamentale per l’opponibilità del pegno e per l’operatività della prelazione che esso incorpora – della sufficiente indicazione del credito garantito, l’eventuale ricorso a dati esterni all’atto di costituzione del pegno richiede che l’atto contenga un indicazione di collegamento da cui possa desumersi l’individuazione dei menzionati dati, onde non vi è luogo alla prelazione se, per effetto della estrema genericità delle espressioni usate, il credito garantito possa essere individuato soltanto mediante l’ausilio di ulteriori elementi esteriori, come nel caso in cui sia fatto solo riferimento alle “linee di credito accordate” dalla banca, anche se risulti poi che contestualmente alla costituzione del pegno la banca stessa abbia concesso un’apertura di credito in conto corrente, o come nel caso di riferimenti al solo conto corrente bancario, senza che si possa poi far ricorso al “libro-fidi” tenuto dalla banca, oppure al concreto svolgimento del rapporto, al fine di ritenere l’atto riferito ad uno o più specifici rapporti.
*Il 30 ottobre esce una sentenza di merito della Corte d’Appello di Roma che, in tema di pegno rotativo, ribadisce come si tratti di un patto che le parti possono legittimamente stipulare in via accessoria rispetto al pegno: tuttavia gli effetti della sostituzione del bene oggetto della garanzia – massime proprio nell’ottica della revocabilità del pertinente atto – non possono assumersi retroagire al momento della costituzione in garanzia del bene sostituito. In sostanza, non si tratta di una operazione di garanzia unitaria (e frazionata solo sul piano materiale), quanto piuttosto di tanti rapporti di garanzia (autonomamente revocabili) quante sono le sostituzioni dei beni dati in pegno di volta in volta operate sull’accordo delle parti, ciascun avvicendamento della res pignoraticia dovendo assumersi nuova ed autonoma costituzione di garanzia, con effetti propri (specie in termini di pertinente revocabilità) decorrenti dalla singola consegna sostitutiva del bene.
1996
Il 01 agosto esce la sentenza della I sezione della Cassazione n.6969 che riconosce l’ammissibilità del pegno di cosa futura: la cosa che si vuol dare in pegno ancora non è venuta ad esistenza (cosa futura), ma le parti – debitore o terzo datore da un lato, creditore dall’altro – possono accordarsi con data certa e sufficiente indicazione del credito che si vuole garantire con la res futura: si è cospetto di un contratto ad effetti obbligatori che si perfeziona quando la res futura, venuta finalmente ad esistenza, viene consegnata al creditore. Alla dottrina che vede nella figura un contratto preliminare obbligatorio (pegno di cosa futura) cui si avvince un contratto definitivo reale (pegno su cosa ormai esistente), la Cassazione risponde come si tratti di una ricostruzione poco in linea con la realtà giuridica del fenomeno (oltre che inutilmente complicata): si è in realtà in presenza semplicemente di una fattispecie a formazione progressiva in cui ad un accordo, che manifesta la volontà perfetta delle parti quando la cosa ancora non esiste, segue la materiale venuta ad esistenza della res e la relativa, materiale consegna al creditore che completa la fattispecie.
*Il 7 novembre esce la sentenza della I sezione della Cassazione n.9727 che ribadisce il proprio orientamento onde, al fine di assolvere il requisito – fondamentale per l’opponibilità del pegno e per l’operatività della prelazione che esso incorpora – della sufficiente indicazione del credito garantito, l’eventuale ricorso a dati esterni all’atto di costituzione del pegno richiede che l’atto contenga un indicazione di collegamento da cui possa desumersi l’individuazione dei menzionati dati, onde non vi è luogo alla prelazione se, per effetto della estrema genericità dalle espressioni usate, il credito garantito possa essere individuato soltanto mediante l’ausilio di ulteriori elementi esteriori, come nel caso in cui sia fatto solo riferimento alle “linee di credito accordate” dalla banca, anche se risulti poi che contestualmente alla costituzione del pegno la banca stessa abbia concesso un’apertura di credito in conto corrente, o come nel caso di riferimenti al solo conto corrente bancario, senza che si possa poi far ricorso al “libro-fidi” tenuto dalla banca, oppure al concreto svolgimento del rapporto, al fine di ritenere l’atto si riferito ad uno o più specifici rapporti.
1997
*Il 4 febbraio esce una sentenza di merito del Tribunale di Rovigo che, in tema di pegno rotativo, ribadisce come si tratti di un patto che le parti possono legittimamente stipulare in via accessoria rispetto al pegno: tuttavia gli effetti della sostituzione del bene oggetto della garanzia – massime proprio nell’ottica della revocabilità del pertinente atto – non possono assumersi retroagire al momento della costituzione in garanzia del bene sostituito. In sostanza, non si tratta di una operazione di garanzia unitaria (e frazionata solo sul piano materiale), quanto piuttosto di tanti rapporti di garanzia (autonomamente revocabili) quante sono le sostituzioni dei beni dati in pegno di volta in volta operate sull’accordo delle parti, ciascun avvicendamento della res pignoraticia dovendo assumersi nuova ed autonoma costituzione di garanzia, con effetti propri (specie in termini di pertinente revocabilità) decorrenti dalla singola consegna sostitutiva del bene.
1998
Il 28 maggio esce la sentenza della I sezione della Cassazione n.5264, che – in tema di pegno rotativo – assume indispensabile al fine di riconoscere unitarietà alla complessiva operazione di garanzia divisata dalle parti (e fino ad ora negata dalla giurisprudenza) la esistenza di una convenzione scritta tra le parti medesime, nella quale sia stata espressamente prevista la possibilità di sostituire la res oggetto del pegno (c.d. clausola di rotatività): in difetto di tale convenzione accessoria scritta, il pegno rotativo deve assumersi invalido. In sostanza, per la Corte è legittimo il c.d. “pegno rotativo“, che si realizza quando nella convenzione costitutiva della garanzia le parti prevedano la possibilità di sostituire i beni originariamente costituiti in garanzia, con la conseguenza che la sostituzione posta non determina effetti novativi sul rapporto iniziale, a condizione che risulti da atti scritti aventi data certa, che avvenga la consegna del bene e che il bene offerto in sostituzione abbia un valore non superiore a quello sostituito.
Il 24 giugno viene varato il decreto legislativo n.213, recante disposizioni per l’introduzione dell’EURO nell’ordinamento nazionale, a norma dell’articolo 1, comma 1, della legge 17 dicembre 1997, n. 433, il cui art.34, comma 2, prevede una figura di pegno rotativo in materia di strumenti finanziari dematerializzati.
*Il 27 agosto esce la sentenza della I sezione della Cassazione n.8517 che ribadisce l’ammissibilità del pegno di cosa futura: la cosa che si vuol dare in pegno ancora non è venuta ad esistenza (cosa futura), ma le parti – debitore o terzo datore da un lato, creditore dall’altro – possono accordarsi con data certa e sufficiente indicazione del credito che si vuole garantire con la res futura: si è cospetto di un contratto ad effetti obbligatori con fattispecie che si perfeziona quando la res futura, venuta finalmente ad esistenza, viene consegnata al creditore (fattispecie a formazione progressiva).
1999
Il 7 giugno esce la sentenza della Cassazione n. 5562 onde il requisito della sufficiente indicazione della cosa data in pegno ben può ritenersi soddisfatto, nel caso di pegno di titoli di credito al portatore, dalla semplice menzione della natura del titolo a dell’ammontare del credito in esso incorporato, senza necessità di ulteriori specificazioni di tutti gli elementi occorrenti per l’esatta identificazione del documento, assunte superflue rispetto all’interesse tutelato.
*Il 27 settembre esce la sentenza della I sezione della Cassazione n.10685 che – in tema di pegno rotativo – assume indispensabile al fine di riconoscere unitarietà alla complessiva operazione di garanzia divisata dalle parti la esistenza di una convenzione scritta tra le parti medesime, nella quale sia stata espressamente prevista la possibilità di sostituire la res oggetto del pegno (c.d. clausola di rotatività): in difetto di tale convenzione accessoria scritta, il pegno rotativo deve assumersi invalido. In sostanza, per la Corte è legittimo il c.d. “pegno rotativo“, che si realizza quando nella convenzione costitutiva della garanzia le parti prevedano la possibilità di sostituire i beni originariamente costituiti in garanzia, con la conseguenza che la sostituzione posta non determina effetti novativi sul rapporto iniziale, a condizione che risulti da atti scritti aventi data certa, che avvenga la consegna del bene e che il bene offerto in sostituzione abbia un valore non superiore a quello sostituito.
2000
Il 26 giugno vede la luce la Circolare ABI in tema di condizioni generali nei rapporti banca-cliente, il cui art.10 costituisce la clausola-tipo del c.d. pegno “omnibus”, onde la banca è da assumersi titolare del diritto di pegno e del diritto di ritenzione sui titoli e sui valori di pertinenza del cliente comunque detenuti dalla banca stessa, e che pervengano ad essa successivamente, a garanzia di qualunque credito essa vanti nei confronti del cliente, anche laddove illiquido e non esigibile, ed anche se assistito da altra garanzia reale o personale, sia che si tratti di credito già esistente, sia che si tratti di credito che in futuro dovesse sorgere in capo alla banca verso il cliente. La clausola pone evidenti problemi di indeterminatezza, tanto sul crinale del credito garantito, quanto sul versante dei beni (valori) che concretamente lo garantiscono.
2001
Il 27 marzo viene varata la legge n.122, il cui articolo 7 prevede un’altra ipotesi di pegno mobiliare senza spossessamento, afferente ai prodotti lattiero-caesari, che ha la medesima ratio del pegno mobiliare non possessorio (in capo al creditore) già previsto dalla legge 401.85 in tema di prosciutti.
2003
Il 20 marzo esce la sentenza della I sezione della Cassazione n.4079 che, nel ribadire la piena ammissibilità del pegno di cosa futura come fattispecie a formazione progressiva, ne conferma tale ammissibilità anche quando si tratti di cose fungibili che già esistono in natura, ma che il soggetto costituente il pegno non ha ancora acquistato. Sempre per la Corte – sotto altro profilo – va distinta la nullità del pegno dalla diversa ipotesi di inopponibilità del medesimo agli altri creditori del debitore pignoratizio. Mentre la validità del pegno tra le parti non è condizionata da particolari forme, la scrittura con l’individuazione del credito garantito e dei beni sottoposti a garanzia è necessaria solo per l’opponibilità ai terzi della prelazione (come del resto evincibile dallo stesso art.2787 c.c., il cui comma 3 parla di prelazione, e non di validità del pegno).
Il 3 aprile esce la sentenza della I sezione della Cassazione n.5111 che, occupandosi del pegno irregolare di cui all’art.1851 c.c., lo riconduce alla figura della compensazione, quale strumento di realizzazione concreta e tipica della garanzia che esso configura. Per la Corte il pegno regolare presenta un meccanismo satisfattivo del creditore assai più complesso, che è strutturalmente inapplicabile al pegno irregolare, dove opera per l’appunto il più agile congegno della compensazione: quando scade l’obbligazione garantita, laddove essa non venga adempiuta dal debitore, scatta per l’appunto la compensazione tra quanto dovuto dal debitore al creditore e quanto costui – quale creditore pignoratizio irregolare – deve al debitore a titolo di restituzione del tantundem ricevuto. Si tratta, come chiosa la dottrina, di compensazione legale quando l’oggetto del pegno e quello della prestazione dovuta sono omogenei, mentre è volontaria in caso di disomogeneità tra questi due parametri.
L’11 novembre esce la sentenza della I sezione della Cassazione n.16914 in tema di pegno c.d. rotativo, secondo la quale il patto di rotatività – giusta il quale le parti prevedono sin dall’origine la sostituzione totale o parziale dei beni oggetto della garanzia, assunti non nella loro specifica individualità, ma per il relativo valore economico – dà luogo alla formazione di una fattispecie progressiva che trae origine dall’accordo delle parti medesime e che si perfeziona con la sostituzione dell’oggetto del pegno, senza necessità di ulteriori pattuizioni e, quindi, nella continuità del (sostanzialmente unitario) rapporto originario, i cui effetti risalgono alla consegna dei beni originariamente dati in pegno. La Corte precisa che la consegna del bene sostitutivo costituisce un elemento di detta fattispecie a formazione progressiva traente origine dall’accordo originariamente stipulato con il patto di rotatività: la pertinente volontà delle parti è già perfetta al momento dell’accordo e l’eventuale sostituzione dei beni oggetto della garanzia pignoratizia si pone – per la Corte – come elemento meramente materiale della complessiva operazione e dell’unitario rapporto di garanzia divisato dalle parti medesime.
2004
Il 19 marzo esce la sentenza della Cassazione n.5561 che si occupa della clausola c.d. omnibus: secondo la Corte, i crediti della banca (garantiti da pegno) possono assumersi sufficientemente indicati laddove vi siano previsti (anche aliunde) elementi idonei a consentire la concreta identificazione di detti crediti; in sostanza, non occorre specificare in modo analitico di quali crediti si tratta, essendo sufficiente la rintracciabilità, anche fuori della scrittura costitutiva del pegno, di un criterio di collegamento che consenta di identificarli con certezza. La Corte rammenta come la sufficiente indicazione del credito garantito sia uno dei requisiti cui l’art. 2787, comma terzo, c.c. subordina l’opponibilità ai terzi della prelazione derivante dal pegno medesimo, rammentando di avere già altre volte precisato che, perché il credito garantito possa ritenersi sufficientemente indicato, non occorre che esso venga specificato, nella scrittura costitutiva del pegno, in tutti i relativi elementi oggettivi, bastando che la scrittura medesima contenga elementi idonei a consentirne l’identificazione (Cass., 12 luglio 1991, n. 7794), aggiungendo peraltro come, a tal fine, l’eventuale ricorso a dati esterni all’atto di costituzione del pegno richieda che l’atto contenga un indicazione di collegamento da cui possa desumersi l’individuazione dei menzionati dati, onde non vi è luogo alla prelazione se, per effetto della estrema genericità dalle espressioni usate, il credito garantito possa essere individuato soltanto mediante l’ausilio di ulteriori elementi esteriori, come nel caso in cui sia fatto solo riferimento alle “linee di credito accordate“ dalla banca, anche se risulti poi che contestualmente alla costituzione del pegno la banca stessa abbia concesso un’apertura di credito in conto corrente, o come nel caso di riferimenti al solo conto corrente bancario, senza che si possa poi far ricorso al “libro-fidi” tenuto dalla banca, oppure al concreto svolgimento del rapporto, al fine di ritenere che l’atto si riferiva a uno o più specifici rapporti (vengono richiamati i precedenti 9727.96 e 7163.95). Per la Corte, poi, il diverso requisito dalla sufficiente indicazione della cosa data in pegno ben può ritenersi soddisfatto, nel caso di pegno di titoli di credito al portatore, dalla semplice menzione della natura del titolo a dell’ammontare del credito in esso incorporato, senza necessità di ulteriori specificazioni di tutti gli elementi occorrenti per l’esatta identificazione del documento, assunte superflue rispetto all’interesse tutelato (viene richiamata la sentenza n. 5562.99).
*Il 5 maggio esce la sentenza della I sezione della Cassazione n.4520, che – in tema di pegno rotativo – assume indispensabile al fine di riconoscere unitarietà alla complessiva operazione di garanzia divisata dalle parti l’esistenza di una convenzione scritta tra le parti medesime, nella quale sia stata espressamente prevista la possibilità di sostituire la res oggetto del pegno (c.d. clausola di rotatività): in difetto di tale convenzione accessoria scritta, il pegno rotativo deve assumersi invalido. In sostanza, per la Corte è legittimo il c.d. “pegno rotativo“, che si realizza quando nella convenzione costitutiva della garanzia le parti prevedano la possibilità di sostituire i beni originariamente costituiti in garanzia, con la conseguenza che la sostituzione non determina effetti novativi sul rapporto iniziale, a condizione che risulti da atti scritti aventi data certa, che avvenga la consegna del bene e che il bene offerto in sostituzione abbia un valore non superiore a quello sostituito (Vengono richiamati i precedenti 10685.99 e 5264.98). Ciò che è decisivo – prosegue la Corte – perché possa realizzarsi una simile situazione e perché possa riconoscersi l’unitarietà della fattispecie negoziale, é dunque, anzitutto, l’esistenza di una convenzione che preveda un siffatto meccanismo di sostituzione dei beni dati in pegno, ferme poi restando le ulteriori suindicate condizioni.
Il 21 maggio viene varato il decreto legislativo n.170, recante attuazione della direttiva 2002/47/CE, in materia di contratti di garanzia finanziaria, il cui articolo 5, comma 3, prevede una esplicita ipotesi di pegno rotativo con riguardo alle garanzie finanziarie, onde la ricostituzione della garanzia equivalente non comporta costituzione di una nuova garanzia e si considera effettuata alla data di prestazione della garanzia originaria.
Il 24 maggio esce la sentenza della III sezione della Cassazione n.10000 che esclude la frizione tra il meccanismo satisfattivo che caratterizza il pegno irregolare ed il divieto del patto commissorio ex art.2744 c.c.: ciò in quanto – stando all’art.1851 c.c. e coerentemente con l’intento perseguito dal legislatore di scongiurare indebite locupletazioni del creditore pignoratizio, laddove il debitore non adempia è consentito al creditore di divenire proprietario definitivo solo della somma corrispondente al credito garantito, compensandola con il corrispondente tantundem che compendia il proprio debito restitutorio, e ciò nel legittimo esercizio del proprio diritto di prelazione (il pegno irregolare, appunto), senza necessità di alcuna richiesta di assegnazione al giudice dell’esecuzione.
2006
Il 26 gennaio esce la sentenza della I sezione della Cassazione n.1532 alla cui stregua – agli effetti dell’art. 2787, comma 3, c.c. – in tema di prelazione del creditore pignoratizio, perché il credito garantito possa ritenersi sufficientemente indicato, non occorre che esso venga specificato nella scrittura costitutiva del pegno in tutti i relativi elementi oggettivi, palesandosi sufficiente che la scrittura medesima contenga elementi che comunque portino alla relativa identificazione, presenti all’interno della scrittura o anche ad essa esterni, purché il documento contenga indici di collegamento utili alla individuazione del credito e della cosa. Resta, invece, inopponibile la ridetta prelazione se, per la genericità delle espressioni usate, il credito garantito possa essere individuato solo con l’ausilio di ulteriori elementi esterni, ancor più se non preesistenti o almeno coevi alla formazione della scrittura, la cui insorgenza solo dopo la convenzione, tanto più se lontana da essa, compendia un pegno costituito in previsione di indeterminate ed eventuali operazioni creditizie, con conseguente difetto degli imprescindibili caratteri di accessorietà ed inerenza, venuti ad esistenza solo ex post. La Corte parla di opponibilità: il pegno resta valido, ma non opera la prelazione in quanto esso, in caso di difetto di sufficiente indicazione del credito garantito, non può essere opposto agli altri creditori del debitore pignoratizio.
Il 10 marzo esce la sentenza della I sezione della Cassazione n.5290 onde ai fini della diagnosi differenziale fra l’una figura di pegno (regolare) e l’altra (irregolare), l’elemento semeioticamente decisivo e’ proprio la possibilità che il creditore ha di soddisfarsi direttamente sul bene datogli in garanzia della obbligazione gravante sul debitore. Il pegno di danaro o altro bene mobile rappresentativo di un valore concesso in favore di un istituto di credito si configura infatti come pegno irregolare soltanto quando sia conferita espressamente alla banca la facoltà di disporre direttamente del bene in questione, mentre si rientra nella disciplina del pegno regolare nel caso in cui difetti il conferimento di tale facoltà al creditore pignoratizio.
2008
Il 01 febbraio esce la sentenza della I sezione della Cassazione n.2456, che – in tema di pegno irregolare – afferma la relativa natura giuridica implicare che le somme di danaro o i titoli depositati presso il creditore diventano – diversamente dall’ipotesi di pegno regolare – di proprietà del creditore stesso, che ha diritto di soddisfarsi, pertanto, non secondo il meccanismo di cui agli artt. 2796 – 2798 cod. civ. (meccanismo che postula l’altruità delle cose ricevute in pegno), bensì direttamente sulla cosa, al di fuori del concorso con gli altri creditori. La sentenza si occupa anche della figura del c.d. pegno rotativo, onde il patto di rotatività del pegno si attua mediante una fattispecie a formazione progressiva traente origine dall’accordo scritto e di data certa intercorso tra le parti, cui segue la sostituzione dell’oggetto del pegno senza necessità di ulteriori stipulazioni e con effetti (retroattivi) risalenti alla consegna dei beni originariamente dati in pegno, a condizione – precisa la Corte – che nella convenzione costitutiva tale possibilità di sostituzione sia prevista espressamente, e purché il bene offerto in sostituzione non abbia un valore superiore a quello sostituito; ne consegue, ai fini dell’esperibilità dell’azione revocatoria fallimentare, l’importante conseguenza onde la continuità dei rinnovi fissa la genesi del diritto reale di garanzia al momento della stipulazione originaria e non a quello – successivo – della sostituzione della res pignoratizia.
2010
Il 27 gennaio viene varato il decreto legislativo n.27, recante attuazione della direttiva 2007/36/CE, relativa all’esercizio di alcuni diritti degli azionisti di società quotate, il cui articolo 5, comma 1, abroga l’art.34 del decreto legislativo 213.98 in tema di pegno rotativo su strumenti finanziari dematerializzati.
Il 18 giugno esce la sentenza della II sezione penale della Cassazione n.23659 onde non può essere disposto né il sequestro preventivo, né la confisca per equivalente, cui il ridetto sequestro preventivo e’ prodromico, di beni costituiti in pegno irregolare a garanzia di una obbligazione dell’imputato, attesa la immediata acquisizione della proprietà da parte del creditore.
2013
*Il 10 dicembre esce la sentenza della I sezione penale della Cassazione n.49719, onde non può essere disposto né il sequestro preventivo, né la confisca per equivalente, cui il ridetto sequestro preventivo e’ prodromico, di beni costituiti in pegno irregolare a garanzia di una obbligazione dell’imputato, attesa la immediata acquisizione della proprietà da parte del creditore.
2014
Il 31 gennaio esce la sentenza della I sezione della Cassazione n.2120 onde – preliminarmente – la natura di un rapporto giuridico non dipende dalla volontà delle parti ma dal relativo, concreto modo di atteggiarsi anche a dispetto del nomen che contrattualmente gli sia stato attribuito; con espresso riferimento al pegno, per la Corte va precisato che, sebbene le parti, nella relativa autonomia negoziale, abbiano il potere di determinarne l’oggetto, la durata ed, eventualmente, la possibilità di sostituzione mediante il meccanismo cosiddetto rotativo, le stesse non hanno anche la facoltà di qualificare, con efficacia vincolante, il pegno come regolare o irregolare, discendendo tale conseguenza giuridica non dalla volontà delle parti medesime, ma dalle norme del codice civile in tema di diritti reali di garanzia opponibili a terzi, che hanno carattere indisponibile.
Il 5 marzo esce la sentenza della II sezione penale della Cassazione n.10471 onde deve distinguersi da quella del portatore del pegno irregolare la posizione del titolare di un diritto reale di garanzia (tradizionalmente ipoteca e pegno) il quale, sebbene sia assistito dal cosiddetto diritto di sequela, non e’ però legittimato a chiedere la revoca della misura cautelare, non essendo la relativa posizione giuridica assimilabile a quella del titolare del diritto di proprietà, la cui sussistenza (come accade appunto nella diversa ipotesi del pegno irregolare) – essendo giuridicamente incompatibile con la pretesa ablatoria dello Stato – comporta l’immediata restituzione del bene ai sensi dell’articolo 321 c.p.p., comma 3.
2015
*Il 01 luglio esce la sentenza della I sezione della Cassazione n.13508, che torna ad occuparsi del pegno rotativo assumendo come il relativo patto (c.d. di rotatività) faccia luogo ad fattispecie a formazione progressiva traente origine dall’accordo scritto e di data certa delle parti, al quale segue la sostituzione dell’oggetto del pegno senza necessità di ulteriori stipulazioni e con effetti risalenti alla consegna dei beni originariamente dati in pegno; ciò tuttavia, per la Corte, a condizione che nella convenzione costitutiva tale possibilità di sostituzione sia prevista espressamente, e purché il bene offerto in sostituzione non abbia un valore superiore a quello sostituito; ne consegue, ai fini dell’esperibilità dell’azione revocatoria fallimentare, che la continuità dei rinnovi fissa la genesi del diritto reale di garanzia al momento della stipulazione originaria e non a quello successivo della sostituzione.
Il 22 dicembre esce la sentenza della I sezione della Cassazione n.25796 onde il c.d. “patto di rotatività” – con cui le parti convengono “ab origine” la variabilità dei beni costituiti in pegno, considerati non nella relativa individualità quanto piuttosto in relazione al loro valore economico – si connota come fattispecie a formazione progressiva, nascente da tale accordo originario e caratterizzata dalla sostituzione, totale o parziale, dell’oggetto della garanzia, senza necessità di ulteriori stipulazioni, pur nella continuità del rapporto originario, i cui effetti devono assumersi risalire alla consegna dei beni inizialmente dati in pegno. Il trasferimento del vincolo pignoratizio in tal modo attuato, per la Corte, non richiede dunque una nuova e distinta manifestazione di volontà delle parti (né che l’indicazione dei diversi beni risulti da un atto scritto avente data certa), rivelandosi piuttosto sufficiente che la descritta sostituzione sia accompagnata dalla specifica indicazione dei beni sostituiti e dal riferimento all’accordo ab ovo, così consentendosi il collegamento con l’originaria pattuizione. Nel caso di specie, la Corte ha assunto valido il permanere di una siffatta garanzia in favore di una banca che aveva venduto, alla scadenza, i titoli originariamente ricevuti in pegno, utilizzandone il controvalore, benché depositato temporaneamente sul conto corrente ordinario del cliente, per acquistarne, con il relativo consenso, altri da immettere in pegno sul conto deposito a garanzia di quest’ultimo.
2016
L’11 marzo esce la sentenza della III sezione penale della Cassazione n.19500 che, richiamando la giurisprudenza delle sezioni civili, rinvia ai giudici di merito una vertenza in tema di sequestro finalizzato alla confisca per equivalente di beni nella disponibilità di un istituto creditizio, al fine di verificare se si tratta nel caso di specie di pegno irregolare (che garantirebbe la riconsegna dei beni alla banca) ovvero regolare (che tale consegna impedirebbe). Per la Corte, la caratteristica principale del pegno irregolare, caratteristica peraltro assunta determinante ai fini della definizione della controversia, e’ la circostanza onde – diversamente da quanto si verifica nel caso del pegno regolare, nel quale la titolarità del bene permane in capo al debitore ed il creditore consegue esclusivamente il possesso del bene pignoratizio, di tal che, laddove il creditore intenda conseguire il credito che gli e’ dovuto, egli non può direttamente rivalersi sul bene datogli in garanzia dovendo invece procedere nelle forme di cui agli articoli 2796 e 2797 c.c., ad attivare una forma di vendita pubblica – il creditore pignoratizio “irregolare” consegue al momento della conclusione del contratto la titolarità (proprietà) della cosa data a pegno e, secondo la previsione di cui all’articolo 1851 c.c., espressamente disciplinante il pegno irregolare concesso a garanzia di un’anticipazione bancaria, l’istituto di credito dovrà restituire solamente la somma, ove sia stata data a pegno una somma di danaro, ovvero la parte di merci o di titoli, ove questo sia l’oggetto del contratto di garanzia, nella misura in cui essa ecceda l’ammontare dei crediti garantiti, potendo direttamente soddisfarsi sul valore dei beni dati in pegno, avendone conseguito non il mero possesso ma piuttosto la piena titolarità dominicale.
Il 3 maggio viene varato il decreto legge n.59, recante disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonché a favore degli investitori in banche in liquidazione, il cui articolo 1 prevede una nuova e generalizzata figura di pegno non possessorio (o senza spossessamento) per i beni che ineriscono all’esercizio dell’impresa.
Il 30 giugno viene varata la legge n.119 che, nel convertire il decreto legge n.59, modifica la disciplina del pegno non possessorio d’impresa di cui al relativo articolo 1, secondo il cui definitivo assetto gli imprenditori iscritti nel registro delle imprese possono costituire un pegno non possessorio per garantire i crediti concessi a loro o a terzi, presenti o futuri, se determinati o determinabili e con la previsione dell’importo massimo garantito, laddove si tratti di crediti inerenti all’esercizio dell’impresa. Si è al cospetto di un istituto che ha il palese obiettivo di favorire i finanziamenti alle imprese consentendo una garanzia sui mezzi di produzione ed anche sulle merci: viene infatti consentito il c.d. “revolving“, ovvero il trasferimento del pegno dalla materia prima al prodotto finito ed al ricavato della vendita, così vieppiù istituzionalizzando ex lege il c.d. pegno rotativo. Si tratta di una garanzia che, sul crinale dell’oggetto, assiste genericamente i crediti inerenti all’esercizio dell’impresa, essendo riferito sia a quelli presenti che a quelli futuri, determinati o determinabili, ed in tal modo richiamando la figura del c.d. pegno “omnibus”, con un ambito di applicazione molto più ampio di quello tipico del finanziamento. Più precisamente, secondo il comma 1 del decreto legge 59.16, come risultante dalle modificazioni operate dalla legge di conversione, gli imprenditori iscritti nel registro delle imprese possono costituire un pegno non possessorio per garantire i crediti – concessi a loro o a terzi – presenti o futuri (questi ultimi se determinati o determinabili e con la previsione dell’importo massimo garantito), inerenti all’esercizio dell’impresa; il comma 2 precisa poi che il pegno non possessorio può essere costituito su beni mobili, anche immateriali, destinati all’esercizio dell’impresa e sui crediti derivanti da o inerenti a tale esercizio (ad esclusione tuttavia dei beni mobili, anche immateriali, registrati); i beni mobili possono essere esistenti o futuri, determinati o determinabili anche mediante riferimento a una o piu’ categorie merceologiche o a un valore complessivo ed ove non sia diversamente disposto nel contratto, il debitore o il terzo concedente il pegno e’ autorizzato a trasformare o alienare, nel rispetto della relativa destinazione economica, i (o comunque a disporre dei) beni gravati da pegno, in tal caso il pegno trasferendosi, rispettivamente, al prodotto risultante dalla trasformazione, al corrispettivo della cessione del bene gravato o al bene sostitutivo acquistato con tale corrispettivo, senza che ciò comporti peraltro la costituzione di una nuova garanzia, onde nella sostanza questa nuova figura di pegno senza spossessamento si connota per una intrinseca rotatività (laddove il pegno sul bene sostitutivo prende grado ed è opponibile ai terzi, in via retroattiva, dalla data di precedente iscrizione in apposito pubblico registro del pegno originario sul bene sostituito); la norma precisa che se il prodotto risultante dalla trasformazione ingloba, anche per unione o commistione, più beni appartenenti a diverse categorie merceologiche e oggetto di diversi pegni non possessori, le facoltà previste dal successivo comma 7 (in termini di escussione della garanzia) spettano a ciascun creditore pignoratizio con obbligo da parte sua di restituire al datore della garanzia, secondo criteri di proporzionalità, sulla base delle stime effettuate con le modalità di cui al comma 7, lettera a), il valore del bene riferibile alle altre categorie merceologiche che si sono unite o mescolate; l’ultima parte del comma 2 aggiunge che è fatta salva la possibilità per il creditore di promuovere azioni conservative o inibitorie nel caso di abuso nell’utilizzo dei beni da parte del debitore o del terzo concedente il pegno. Dal punto di vista della struttura, il pegno non possessorio ha alla base un negozio (contratto) dalla natura non già reale, come nel pegno ordinario, quanto piuttosto consensuale, da ricondursi secondo la dottrina più avvertita ai negozi formali ai sensi dell’art. 1350 c.c., e ad un tempo consensuali ex art. 1372, comma 1, c.c.. Dal punto di vista della forma, la costituzione del pegno non possessorio presuppone l’atto scritto sotto pena di nullità (ad substantiam), con la necessaria presenza di talune indicazioni: sono elementi dell’atto costitutivo che devono puntualmente essere indicati e risultare per iscritto le parti (creditore e debitore o terzo concedente); il bene oggetto di garanzia e il credito garantito, con l’indicazione dell’importo massimo garantito; la specifica individuazione del bene dato in pegno, ogniqualvolta si tratti di pegno non possessorio a garanzia di finanziamento per l’acquisto da parte dell’imprenditore di un bene determinato. Sul crinale della pubblicità – particolarmente rilevante proprio perché in questo modello di pegno difetta lo spossessamento del debitore – occorre l’iscrizione nel nuovo Registro dei pegni non possessori, tenuto presso l’Agenzia delle Entrate (le operazioni di iscrizione, consultazione, modifica, rinnovo o cancellazione presso tale registro, gli obblighi a carico di chi effettua le ridette operazioni, le modalità di accesso al Registro in parola, sono demandate ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della giustizia). Il Registro ha lo scopo di opporre il pegno ai terzi ed è dunque funzionale non alla validità del pegno, ma alla relativa operatività in termini di prelazione massime rispetto agli altri creditori: se in una prima fase la dottrina ha pensato ad una pubblicità di tipo costitutivo, l’orientamento prevalente è invece ora nel senso della pubblicità dichiarativa, sul modello della trascrizione immobiliare; dalla data di iscrizione nel Registro dei pegni non possessori discende la priorità di soddisfazione sul ricavato della vendita del bene e l’opponibilità nei confronti dei terzi, onde tale iscrizione disciplina anche, proprio sul versante della opponibilità, le ipotesi eventuali di pluralità di contestuali atti costitutivi. Nella disciplina del pegno ordinario, laddove il valore della res pignoratizia ecceda quello del credito garantito, è ammessa la costituzione di pegni successivi sul medesimo bene, ma il primo creditore pignoratizio (o il terzo custode), che entra nel possesso del bene pignorato, deve formalmente assentire a ritenere la cosa in custodia anche nell’interesse del creditore pignoratizio successivo: nel pegno ordinario infatti il conflitto tra creditori viene disciplinato sulla base della priorità del conseguimento della disposizione sulla res pignorata. Nel pegno non possessorio l’anteriorità riguarda invece l’iscrizione nell’apposito Registro, onde prevale chi iscrive per primo il pegno; tuttavia il comma 5 dell’art.1 del decreto legge 59.16 stabilisce che il pegno su un bene, seppure anteriormente costituito ed iscritto nel Registro, non è opponibile a chi abbia finanziato l’acquisto di tale bene determinato che è destinato all’esercizio dell’impresa e che è garantito da riserva di proprietà sul bene medesimo; né è opponibile ad un pegno, anche non possessorio, successivo sul medesimo bene (purché in quest’ultimo caso il pegno non possessorio sia iscritto nel registro in conformità al sesto comma dello stesso art. 1, e che al momento della relativa iscrizione il creditore ne informi i titolari di pegno non possessorio iscritto anteriormente): questo significa – in sostanza – che l’anteriorità della iscrizione del pegno non possessorio nel relativo Registro non sempre garantisce la piena opponibilità del pegno a determinati creditori “finanziatori”, financo in ipotesi di iscrizioni successive che possono prevalere su quelle anteriori (una previsione che, nell’ottica della effettiva funzionalità di questo tipo di pegno, ha suscitato critiche in dottrina). L’iscrizione del pegno nel Registro istituito all’uopo ha durata di 10 anni ed è rinnovabile se la successiva iscrizione viene operata anteriormente alla scadenza del decimo anno; per quanto invece concerne la cancellazione dell’iscrizione, essa può essere richiesta di comune accordo dal creditore pignoratizio e dal datore del pegno, ma può anche essere fatta oggetto di domanda giudiziale. Sul versante della escussione della garanzia pignoratizia, la nuova disciplina prevede un preliminare preavviso da parte del creditore pignoratizio a chi ha costituito il pegno non possessorio (debitore o terzo datore), nonché agli altri eventuali titolari di pegno non possessorio iscritto successivamente; a seguito di tale preavviso ha luogo l’attuazione vera e propria della garanzia, onde: a) se il pegno ha ad oggetto dei crediti, essi potranno essere escussi fino a concorrenza del credito garantito; b) se il pegno ha ad oggetto beni, essi possono essere venduti dal creditore con trattenimento del corrispettivo a soddisfazione del proprio credito, nei limiti dell’importo garantito, dovendosi peraltro cautelare tanto il debitore quanto gli altri creditori che vantino diritti sul residuo valore del bene coattivamente venduto; la vendita deve avere luogo tramite procedure competitive adeguatamente pubblicizzate (non è ammessa la trattativa privata e occorre massima trasparenza, informazione e favor partecipationis, con forme di pubblicità della gara modulate a seconda del valore dei beni da vendere, ferma in ogni caso la pubblicità sul portale delle vendite pubbliche ex art.490 c.p.c.) volte a ricavare il miglior importo da restituire al costituente (è possibile avvalersi di esperti per la redazione di specifiche stime, designati sull’accordo delle parti o, in difetto, dal giudice), con obbligo per il creditore di informare immediatamente per iscritto il debitore della somma ricavata e di restituirne contestualmente l’eccedenza; c) se il pegno ha ad oggetto beni – laddove sia previsto nel contratto di pegno ed iscritto nel registro delle imprese – il creditore pignoratizio può anche locare il bene a terzi con imputazione dei canoni fino a concorrenza dell’importo garantito, dovendosi specificamente prevedere i criteri di definizione del canone, con onere per il creditore pignoratizio di darne immediata comunicazione scritta al datore della garanzia; d) se il pegno ha ad oggetto beni, il creditore non possessore può anche appropriarsi (e dunque divenire proprietario) dei medesimi, dovendo peraltro il creditore comunicare immediatamente per iscritto al datore della garanzia il valore attribuito al bene; si tratta di una deroga al divieto di patto commissorio che presuppone che il contratto di pegno sia stato iscritto nel registro delle imprese, abbia esplicitamente consentito tale possibilità ed abbia stabilito i criteri e le modalità di valutazione del valore del bene oggetto di pegno e dell’obbligazione garantita. Dinanzi a questa articolata e variegata procedura di escussione, il legislatore ha previsto una specifica tutela – per equivalente o in forma specifica – in capo al debitore escusso: a) ai sensi dell’art. 1, comma 9, del decreto legge 59.16, quando il diritto di escussione del pegno in capo al creditore non sia controverso, ma si sia verificata frizione tra la procedura scolpita dallo stesso articolo per l’escussione del pegno e la concreta escussione della garanzia da parte del creditore, con vendita del bene ad un prezzo non corrispondente a quello di mercato, il debitore ha 3 mesi per agire in giudizio ed ottenere il risarcimento del danno dal creditore, a sanzionare un illecito la cui natura giuridica sembra predicabile come “contrattuale”; b) ai sensi dell’art. 1, comma 7.bis, del decreto legge 59.16 (inserito dalla legge di conversione del decreto legge), laddove il debitore abbia adempiuto alla obbligazione garantita, ovvero nel caso in cui individui una modalità alternativa di estinzione del pertinente debito, egli (o l’eventuale terzo concedente il pegno) possono invece fruire della tutela giurisdizionale piena dando l’abbrivio – entro 5 giorni dall’intimazione (termine giudicato dalla dottrina eccessivamente breve) – al procedimento giurisdizionale di opposizione all’intimazione medesima, proponendo per l’appunto opposizione nei modi e nelle forme del ricorso disciplinato dal Libro quarto, Titolo I, Capo III-bis, c.p.c., ed instando al fine di ottenere gli opportuni provvedimenti, anche di natura cautelare, potendo peraltro il giudice, su istanza dell’opponente e nei casi più gravi, financo inibire in via di urgenza al creditore di procedere a norma del precedente comma 7. Dal punto di vista delle procedure concorsuali, il pegno senza spossessamento viene poi espressamente equiparato a quello tradizionale in ordine all’applicazione della disciplina della revocatoria fallimentare (articoli 66 e 67 del r.d. 267.42).
L’11 settembre esce la sentenza della III sezione della Cassazione penale n.40318 che ribadisce la verità dell’affermazione del ricorrente nel caso di specie onde il pegno irregolare risulta non sequestrabile, sulla scorta del principio costantemente ritenuto dalla Corte medesima onde appunto non può essere disposto il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente di somme di denaro depositate su conto corrente costituite in pegno irregolare a garanzia di una obbligazione dell’imputato, attesa la immediata acquisizione della proprietà delle stesse da parte del creditore. Il Collegio ha spesso precisato che, ai fini della individuazione e differenziazione del pegno irregolare rispetto a quello regolare, non rilevano né il “nomen” contrattualmente attribuito al rapporto e nemmeno il fatto che la somma di denaro rimanga depositata su un conto corrente bancario intestato al debitore e continui a maturare interessi, palesandosi piuttosto decisiva la circostanza che, nel caso di inadempimento del debitore, il creditore abbia la facoltà di soddisfarsi immediatamente e direttamente sulla cosa o sulle cose date a pegno, secondo la previsione di cui all’art. 1851 cod. civ., ovvero debba attivare una forma di vendita pubblica, ai sensi degli artt. 2796 e 2797 cod. civ. (vengono in proposito richiamate le sentenze della Sez. 3, n. 19500 del 16/09/2015, Banca Nazionale Del Lavoro Spa, n. 40784 del 12/05/2015).
2019
Il 18 gennaio esce la sentenza della Corte di Cassazione, sez. I civile, n. 1399, che si pronuncia in tema di obbligazioni, precisamente sui criteri per estinguere un debito tramite la cessione di polizze di pegno. Sostiene la Corte nella sentenza la cessione di polizze di pegno, al fine di estinguere un debito pecuniario scaduto ed esigibile, ove oggetto di revocatoria comporta, in caso di mancata loro restituzione, l’attribuzione dell’equivalente, consistente non già nell’originario valore di stima del bene, oggetto del pegno, ma nella differenza tra il valore stimato del bene e quanto dovuto per l’estinzione del debito all’istituto presso il quale il bene è stato pignorato. Nello specifico, la Suprema Corte ha ritenuto che la cessione di polizze di pegno attuata dal soggetto poi fallito in periodo sospetto allo scopo di esinguere un debito pecuniario costituisse certamente un mezzo anomalo di pagamento, in quanto tale revocabile ex art. 67, primo comma n. 2 L.F., ma che il depauperamento del patrimonio del fallito doveva essere individuato nella differenza tra il valore di stima dei preziosi dati in pegno e quello che avrebbe dovuto essere corrisposto alla banca per la liberazione dei medesimi, onde doveva essere cassata con rinvio la decisione della Corte d’Appello, per avere questa erroneamente pronunciato condanna del cessionario delle polizze, che quei beni aveva poi riscattato, al pagamento dell’intero valore dei gioielli costituiti in pegno, anzichè di quella sola differenza.
* * *
Il 4 febbraio esce l’ordinanza della Corte di Cassazione, sezione VI civile, n. 3199, che si pronuncia sulle formalità necessarie per la garanzia pignoratizia e la prelazione del creditore. Sostiene la Corte che la garanzia pignoratizia è “naturalmente” destinata a conferire al creditore garantito anche il rango della prelazione e nell’ambito del pegno bancario il requisito della forma scritta posto dall’art. 2787, comma 3, c.c. deve ritenersi integrato anche qualora la costituzione della garanzia risulti da una scrittura proveniente – in quanto sottoscritta unicamente – dal solo datore del pegno. Ciò in applicazione del più generale principio per cui in tema di contratti bancari il requisito della forma scritta deve intendersi rispettato anche ove il contratto sia redatto per iscritto e riportante la sola firma del cliente.
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Il 14 maggio esce la sentenza della Cassazione Civile, sez. I, n. 12863, che si pronuncia in un caso in cui oggetto della garanzia pignoratizia erano stati titoli azionari quotati in borsa. Sostiene la Corte di legittimità che in tema di pegno, la custodia del creditore, prescritta dall’art. 2790 c.c., si sostanzia nell’obbligo di mantenere la cosa nel medesimo stato e modo di essere in cui si trovava al momento costitutivo dell’obbligo, con la conseguente necessità di adottare tutte le misure al riguardo idonee, in relazione alle circostanze concrete del caso e della relativa perdita e deterioramento ed il creditore pignoratizio ne risponde secondo le regole generali. In tale ottica, se oggetto della garanzia pignoratizia siano titoli azionari quotati in borsa, la banca ha il dovere di monitorare gli andamenti borsistici e, in caso di consistente deprezzamento, ha l’obbligo di venderli per non intaccare il valore della garanzia offerta e custodita. Viene sostenuto, pertanto, il principio di diritto secondo cui viola l’obbligo di buona fede oggettiva nell’esecuzione del contratto e di conservazione della cosa ricevuta ex art. 2790 c.c., il creditore garantito che, a fronte di un rischio oggettivo e sensibile di deterioramento del bene in garanzia, non si attiva per procedere all’eventuale liquidazione del medesimo.
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Il 6 giugno esce la sentenza della Corte di Cassazione, sez. I Civile, n. 15421, che si pronuncia in tema di credito pignoratizio concesso a favore di una banca e sulla portata dell’onere della prova “agevolato”. Segnatamente, con la pronuncia in esame la Suprema Corte ha chiarito che il disposto di cui all’art. 2787, comma 4, c.c. si risolve nello stabilire, a favore della banca, un regime «agevolato» circa la prova del tempo della costituzione della garanzia, senza però in alcun modo incidere sulla disciplina delle altre condizioni richieste dall’art. 2787, commi 2 e 3, c.c.; non è dunque sufficiente ai fini della prova del credito pignoratizio una scrittura che, seppur munita di data certa, contenga solo un’indicazione generica della cosa data in pegno. La norma dell’art. 2787 c.c., comma 4 non stabilisce una esenzione dall’onere della data certa per le banche (regolarmente autorizzate all’esercizio dell’attività bancaria ex art. 14 TUB) che faccia riferimento unicamente al genere dei soggetti creditori e cioè relativa a qualsivoglia operazione, posta in essere da banche, che si venga comunque a trovare (anche o solo) garantita da un pegno. Tanto meno questa norma può essere intesa come regola di esonero delle banche (seppure autorizzate all’esercizio dell’attività bancaria) dal requisito della “sufficiente indicazione” scritta della cosa data in garanzia, che la norma dell’art. 2787 c.c., comma 3 pone, tra le altre, come condizione necessaria per l’eventuale operatività della prelazione pignoratizia (salvo solo trattarsi di crediti non eccedenti la somma di Euro 2,85) ( una lettura della norma dell’art. 2787 c.c., comma 4, che intenda esonerare l’intero spettro delle operazioni bancarie garantite da pegno, risulta pure sconsigliata, com’è evidente, dalla perdurante vigenza del principio della par condicio creditorum (e pure si pone in sostanziale distonia, se non più, con il dovere di “sana e prudente gestione” che il testo unico del 1993, con l’introdurre la norma dell’art. 5, ha posto in capo alle imprese bancarie). Una simile lettura non mancherebbe, del resto, di presentare significativi problemi di giustificazione oggettiva per la deteriore posizione in cui verrebbe a collocare i creditori pignoratizi di diritto comune nei confronti del ceto dei creditori bancari. Anche perchè, comunque, potrebbe facilmente apparire, nell’intrinseco, non razionale un sistema che – esentando le imprese bancarie dalla data certa per l’intero genere delle operazioni di pegno – lasci tuttavia integra, per tutta la restante loro attività, la soggezione di queste imprese alla regola generale posta dall’art. 2704 c.c.).
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Il 27 novembre esce la sentenza della I sezione della Cassazione n. 31051 sul tema delle modalità costitutive del diritto di pegno su quote di s.r.l..
Osserva la Corte che la regolamentazione di legge non si esaurisca nella norma dell’art. 2787 comma 3 cod. civ. (con l’annesso corredo della data certa, la cui regola viene espressamente richiamata in tale disposizione); che è disposizione sì generale al pegno (e trasversale, per sé concernendo tutte le ipotesi di pegno, indipendentemente dall’oggetto che di questo risulti volta a volta specifico), ma pure concernente il solo profilo della prelazione: come tale essa suppone, per potere nel caso entrare in applicazione, che il relativo diritto (di pegno, appunto) sia stato costituito (se è ben ipotizzabile un pegno senza prelazione, di sicuro non vale la reciproca); e pure che sia stato costituito prima dell’inizio del periodo sospetto, sì da non risultare passibile di revocatoria.
La norma dell’art. 2471 bis cod. civ., pur riguardando specificamente il pegno di quote di s.r.l., non fa cenno delle modalità costitutive del relativo diritto.
Peraltro, se è vero che talora il sistema vigente si preoccupa di dettare discipline particolari e distinte di costituzione del pegno di peculiari diritti e beni (classico, al riguardo, il richiamo all’art. 2026 cod. civ., per il pegno su titoli di credito nominativi), è anche vero che la normativa generale del pegno, di cui agli artt. 2784 ss. cod. civ., contiene tre distinte serie normative, che risultano intese a regolare – senza lasciare residui spazi di vuoto – le modalità costitutive di questo diritto: con riferimento ai beni mobili (art. 2786 ss. cod. civ.), ai crediti (art. 2800 ss. cod. civ.), nonché ai «diritti diversi dai crediti» (art. 2806 cod. civ.).
Posto questo assetto normativa, secondo il Collegio la mancata previsione di una disciplina ad hoc per la costituzione del pegno sulle quote della s.r.l. altro non importa, perciò, se non che, per la determinazione delle relative modalità, occorre fare riferimento alla disciplina generale del diritto di pegno.
Le quote della s.r.l. non possono essere formate da titoli azionari: non possono assumere, perciò, la veste di beni mobili; in positivo, rappresentano la «partecipazione» dei soci al contratto sociale e allo svolgimento dell’impresa che da questo promana (cfr. gli artt. 2463 e 2468 cod. civ.). Le stesse fanno dunque riferimento alla «posizione contrattuale» dei soci, con conseguente esclusione della loro riconducibilità all’ambito dei semplici diritti di credito (fuor che in relazione al punto – marginale rispetto alla conformazione complessiva della quota di partecipazione, se non da questa già distinto – attinente agli utili che i soci abbiano ormai deciso di distribuire, ai sensi dell’art. 2478 bis, commi 3 e 4, cod. civ.).
Ne deriva pianamente che le modalità di costituzione del pegno sulle quote di s.r.l. ricadono sotto l’applicazione dell’art. 2806 cod. civ. (per la diversa qualificazione della quota di s.r.l. quale bene mobile immateriale, non capace di possesso).
Il rinvio effettuato dall’art. 2806 alle «forme» volta a volta «richieste per il trasferimento del diritto» va inteso con riguardo non all’efficacia inter partes di questo (nelle s.r.l. basato sul semplice consenso), bensì alla sua efficacia nei confronti dei terzi: secondo quanto assicura (se non altro) il coordinamento sistematico di questa norma con quelle dell’art. 2786, comma l, da un lato, e dell’art. 2800 (parte finale) cod. civ., dall’altro.
Segue a quanto detto che la ravvisata applicazione della norma dell’art. 2806 cod. civ. finisce per riportare il tema della costituzione del pegno di quote alla normativa specificamente dettata per la s.r.l.: in particolare, a quella dell’art. 2470 cod. civ.. Rispetto alla quale norma va osservato adesso come non sia possibile assegnare peso determinante all’avvenuto «deposito» presso il registro delle imprese – secondo quanto recita la lettera del suo comma l – per l’effettivo completamento della fattispecie costitutiva del pegno su quote.
In effetti, sul piano testuale la disposizione del comma l – che è dettata per l’efficacia del trasferimento nei confronti della società – risulta (ben più che controbilanciata) sul piano sistematico superata dalla norma del comma 3 dell’art. 2470 cod. civ., che in termini espressi fissa come criterio di risoluzione dei conflitti tra acquirenti di una medesima quota quello della preventiva iscrizione nel registro delle imprese. Anche perché alla disposizione appena citata pure si aggiunge quella dell’art. 2471, che non diversamente ferma l’esecuzione del pignoramento della quota all’avvenuta iscrizione nel registro delle imprese; nonché la norma dell’art. 2472 cod. civ. («nel caso di cessione della partecipazione, l’alienante è obbligato solidalmente con l’acquirente per il periodo di tre anni decorrente dall’iscrizione del trasferimento nel registro delle imprese»).
Per altro verso, è stato puntualmente rilevato nell’ambito della dottrina che, «se si ritenesse decisivo il dato testuale, ne risulterebbe inspiegabilmente rovesciata la sequenza procedimentale stabilita dalla disciplina anteriore» alla riforma del 2008 (d .l. n. 185/2008, conv. in legge 28 gennaio 2009, n. 2), «poiché l’efficacia del trasferimento nei confronti della società, ove dipendesse dal mero deposito dell’atto, precederebbe l’efficacia nei confronti dei terzi, conseguente alla successiva iscrizione»: «potrebbe così essere ammesso a esercitare i diritti sociali anche chi abbia acquistato le quote sulla base di un atto non iscrivibile nel registro delle imprese e di cui successivamente il Conservatore rifiuti l’iscrizione», in tal modo compromettendosi, fra l’altro, «gli interessi generali alla stabilità degli atti sociali e alla trasparenza nella circolazione dei capitali».
Con la conseguenza che «anche ai fini dell’efficacia del trasferimento nei confronti della società, la formalità rilevante è la vera e propria iscrizione nel registro delle imprese, non il mero deposito dell’atto di trasferimento»: formalità che si pone dunque come criterio generale di efficacia (e apponibilità) delle vicende (in senso ampio) circolatorie delle quote di s.r.l.
Ciò posto, viene in conclusione affermato il seguente principio di diritto: «la costituzione in pegno delle quote di società a responsabilità limitata è soggetta al disposto della norma dell’art. 2806 cod. civ., sicché il diritto di pegno risulta costituito con l’iscrizione del relativo atto nel registro delle imprese».
2020
Il 13 maggio esce l’ordinanza della III sezione della Cassazione n. 8881 alla cui stregua, in caso di vendita all’asta di bene oggetto di pegno non si applica la normativa prevista per la vendita forzata e, in particolare, il disposto di cui all’art. 2922 cod. civ., che nega alla parte acquirente di far valere i vizi della cosa venduta, in quanto le cose ricevute in pegno non sono negoziabili liberamente dal creditore garantito, comunque tenuto al rispetto delle leggi speciali inerenti alle forme particolari di costituzione di pegno e agli istituti autorizzati a fare prestiti sopra pegni, ex art. 2785 cod. civ. Nella normativa dedicata alla vendita del bene sottoposto a pegno – sia quella codicistica di cui agli artt. 2796 e 2797 cod. civ., che quella settoriale di cui al R.D. n. 1279/1939, relativa all’ordinamento dei Monti di credito su pegno – non si rinviene alcun richiamo alla vendita forzata, essendo espressamente prevista, di contro, una vendita all’incanto mediante speciale procedura non assistita dalle medesime garanzie. In particolare, la disciplina applicabile a questa speciale forma di vendita è, anzitutto, quella desumibile dall’art. 2797 cod. civ. che, nella specie, offre al creditore tre forme per soddisfare le proprie ragioni di credito garantite da pegno, vale a dire: la vendita al pubblico incanto; la vendita a prezzo corrente; o, anche «forme diverse» convenute dalle parti. Proprio la previsione di una terza via, ossia di una terza possibile forma, per così dire “atipica” rende evidente, secondo la Suprema corte, che il legislatore non ha inteso costringere la vendita de qua nelle maglie della disciplina dell’esecuzione forzata quanto, piuttosto, ha previsto una speciale procedura di “esecuzione privata” che, quale forma di autotutela esecutiva a carattere negoziale non è assimilabile – soprattutto in assenza di un espresso rinvio – all’esecuzione forzata di cui agli artt. 2910 e ss. cod. civ. e, dunque, non è soggetta alla specifica disciplina della vendita forzata ex artt. 2919 e ss. cod. civ. Nel caso di specie, la Suprema corte afferma inoltre che deve considerarsi lecita, e meritevole di tutela ex art. 1322 cod. civ., la previsione contenuta nel regolamento d’asta volta a escludere, anche in via implicita, il diritto del partecipante all’asta di far valere i vizi redibitori e la mancanza di qualità della cosa venduta ex artt. 1490 e 1497 cod. civ., fatta salva l’eccezione di vendita di aliud pro alio, in quanto estrinsecazione del potere di autonomia negoziale riconosciuto alle parti dal nostro ordinamento.
Questioni intriganti
Cosa compendia il pegno (tradizionale)?
- dal punto di vista della fonte, tradizionalmente (ed escluse le nuove ipotesi di pegno c.d. “senza spossessamento”) un contratto reale, nel cui contesto la consegna della res (cosa materiale o documento che incorpora il diritto) perfeziona il contratto e ad un tempo fa acquistare al creditore il corrispondente diritto reale;
- dal punto di vista del prodotto, un diritto reale di garanzia assoluto, inerente alla res che ne forma oggetto e tale da attribuire al creditore un ius distrahendi erga omnes;
- dal punto di vista della forma, si tratta di un diritto per la cui costituzione non è necessaria la forma scritta, essendo sufficiente la consegna della res o del documento che incorpora il diritto; la forma scritta (indicazione del credito garantito e dei beni che lo garantiscono) è necessaria solo per risolvere i conflitti tra creditore pignoratizio ed altri creditori, e dunque per poter opporre a questi ultimi il pegno stesso (e la connessa prelazione);
- dal punto di vista dei soggetti, il pegno può essere costituito tanto dal debitore quanto da un terzo estraneo al rapporto obbligatorio: in quest’ultimo caso la struttura e la funzione del pegno restano quelle tipiche rispetto al creditore, pur al cospetto di accordi che disciplinano il rapporto tra debitore e terzo datore di pegno, le cui clausole non sono comunque idonee ad incidere sulla validità ed efficacia del pegno quale diritto reale di garanzia; nei rapporti tra debitore e terzo, la costituzione del pegno può avvenire a titolo gratuito ovvero oneroso, e se il pegno viene concesso dal terzo al creditore contestualmente al sorgere del credito garantito nei confronti del debitore, ai fini della revocatoria la costituzione del pegno va assunta a titolo oneroso (art.2901, comma 2, c.c.);
- dal punto di vista della tutela, poiché il creditore pignoratizio è nel possesso del bene datogli in pegno, può ottenere che il debitore o il terzo gli rilascino la res qualora ne siano nuovamente entrati nella disponibilità; può spiccare nei confronti di chiunque le azioni possessorie di spoglio e di manutenzione, funzionali al recupero del possesso eventualmente perduto; può opporsi ad ogni pretesa orientata ad ottenere da lui la consegna del bene che è in relativo possesso a scopo di garanzia; se il debitore o il terzo datore sono titolari di azione di rivendicazione, essa spetta anche al creditore pignoratizio (art.2789 c.c.), che dunque agisce in nome del proprietario della res, restando salvi i diritti eventualmente acquistati da terzi in buona fede sulla res medesima (si tratta di un’azione surrogatoria anomala, in quanto il creditore pignoratizio può spiccarla anche se il pegno è stato dato da un terzo in luogo del debitore, e non presuppone l’inerzia del debitore, né il pregiudizio per il creditore stesso)
Cosa può essere oggetto di pegno?
- beni mobili;
- universalità di mobili;
- crediti;
- diritti aventi ad oggetto beni mobili del debitore;
- deve in ogni caso trattarsi di un singolo bene, di un singolo credito, di una singola universalità di mobili e così via (se i beni dati a pegno sono molteplici, non essendo ammissibile un pegno collettivo si hanno tanti pegni quanti sono i beni coinvolti);
- dovendo garantire il creditore – anche se il credito garantito è divisibile (e parzialmente adempiuto), ed anche se la res tradita è divisibile – il pegno come diritto reale resta indivisibile fino a completa soddisfazione del creditore garantito;
Il pegno ha necessariamente alla base un contratto reale?
- si: la consegna della res (o del documento) è imprescindibile, ed in relativo difetto non si ha pegno (dottrina tradizionale);
- no: è configurabile anche un contratto consensuale di pegno con effetti obbligatori, onde la realità (consegna) è imprescindibile per la costituzione del diritto reale a valle, ma non a monte per la configurabilità di un contratto obbligatorio di pegno (tesi dottrinale);
- no, come dimostra anche la figura, ormai istituzionalizzata del c.d. pegno “non possessorio” o “senza spossessamento”.
Cosa occorre rammentare della c.d. accessorietà del pegno?
- il pegno – come diritto reale – è strettamente connesso, e dunque accessorio, rispetto all’obbligazione che garantisce;
- se, quando esso viene costituito, il credito cui accede è già stato estinto dal debitore, il pertinente contratto deve assumersi nullo per difetto strutturale di causa;
- se, una volta costituito il pegno, il titolo che ha dato la stura al credito garantito viene annullato, viene dichiarato nullo, ovvero diviene inefficace, lo stesso (contratto di) pegno diviene nullo per difetto funzionale di causa;
- se si estingue il credito garantito, si estingue anche l’accessorio diritto reale di pegno;
- se il credito che il pegno deve garantire non è ancora sorto (credito futuro), il pegno può comunque essere costituito, purché si tratti di crediti determinabili nel momento in cui il pegno viene costituito, come nel caso di pretese che possano scaturire da un rapporto già esistente, ovvero di pretese sottoposte a termine iniziale o a condizione di efficacia (dottrina prevalente);
- se la cosa che si vuol dare in pegno ancora non è venuta ad esistenza (cosa futura), le parti – debitore o terzo da un lato, creditore dall’altro – possono accordarsi con data certa e sufficiente indicazione del credito che si vuole garantire con la res futura: si è cospetto al di un contratto ad effetti obbligatori che si perfeziona quando la res futura, venuta finalmente ad esistenza, viene consegnata al creditore (fattispecie a formazione progressiva).
- se il creditore viene pagato con surrogazione (art.1204 c.c.), il pegno non si estingue, ma occorre il consenso del debitore per il passaggio del possesso della res dal vecchio al nuovo creditore;
- se il credito garantito viene ceduto (art.1263 c.c.), il pegno non si estingue, ma occorre il consenso del debitore per il passaggio del possesso della res dal vecchio al nuovo creditore;
- la novazione soggettiva ed oggettiva dell’obbligazione garantita (articoli 1232 e 1235 c.c.) estinguono il pegno, salvo che il debitore o il terzo che lo hanno costituito dichiarino espressamente di mantenerlo;
- le vicende modificative dell’obbligazione dal lato soggettivo passivo (delegazione, espromissione ed accollo: art.1275 c.c.) estinguono il pegno, salvo che il debitore o il terzo che lo hanno costituito dichiarino espressamente di mantenerlo;
Cosa occorre rammentare del c.d. spossessamento?
- si tratta dell’effetto della consegna (traditio) della res, ovvero della consegna del documento che incorpora il diritto oggetto di pegno (art.2786 c.c.);
- come tale, è costitutivo del diritto reale di pegno;
- reca l’ulteriore effetto di pubblicizzare il vincolo creato sulla res tradita, e dunque rende opponibile erga omnes la pertinente garanzia;
- costituisce la disponibilità esclusiva del creditore garantito sulla res tradita;
- dal punto di vista strutturale, si compendia nel collocamento della res (o del documento) presso il creditore ovvero – laddove il debitore garantito voglia assicurarsi la propria cooperazione per l’esercizio del d. ius distrahendi – nella custodia di entrambe le parti, ovvero ancora nella custodia di un terzo designato da entrambe le parti medesime (debitore e creditore);
- dal punto di vista funzionale, si compendia in un possesso permanente della res tradita presso il creditore o presso il terzo designato dalle parti; il possesso senza soluzione di continuità produce effetti pubblicitari rispetto ai terzi con riguardo al vincolo che grava sulla res, ed è dunque condizione di efficacia della prelazione (art.2787 c.c.);
- qualora dopo la costituzione del pegno il debitore contragga un’altra obbligazione con il creditore che scade prima dell’adempimento del debito originariamente garantito, se il pegno è stato costituito dal debitore medesimo (e non anche da un terzo), è il possesso della res data in pegno a garantire al creditore il diritto di ritenzione, come forma eccezionale di autotutela privata (c.d. pegno Gordiano, art.2794, comma 2, c.c.);
- l’acquisto del possesso in capo al creditore pignoratizio implica per lui: h.1) effetti negativi: obbligo di custodire la res pignoratizia ed obbligo di compiere gli atti conservativi del bene, sia materiali che giuridici, incorrendo altrimenti nella responsabilità connessa alla perdita o al deterioramento della res medesima (art.2790, comma 1, c.c.); h.2) effetti positivi: diritto al rimborso delle spese di conservazione del bene; in caso di cosa pignoratizia fruttifera, diritto di far propri i frutti imputandoli dapprima alle spese e agli interessi ed infine al capitale (ma è possibile il patto contrario che, se espresso, consente dal creditore pignoratizio di far propri i frutti, o altrimenti comunque di considerarli accessori della res pignoratizia e dunque facenti un tutt’uno con essa).
In cosa consiste il pegno c.d. irregolare?
- si tratta di un contratto reale, che si perfeziona dunque con la consegna;
- tale negozio ha causa di garanzia di un credito;
- il debitore (o un terzo) consegna al creditore denaro o altre cose mobili fungibili (merci);
- con la consegna, viene trasferita al creditore garantito la proprietà del denaro o delle altre cose mobili consegnate;
- se l’obbligazione garantita viene adempiuta, il creditore è tenuto a restituire il tantundem rispetto a quanto ricevuto in proprietà;
- se l’obbligazione garantita non viene adempiuta (inadempimento del debitore), il creditore può conservare quanto ricevuto in proprietà con causa di garanzia (meccanismo di compensazione);
- in ipotesi di adempimento parziale del debitore (o di valore del pegno irregolare maggiore rispetto a quello della prestazione garantita), il creditore deve restituire al debitore o al terzo l’eccedenza rispetto a quanto ancora dovutogli (ovvero rispetto a quanto riscosso in adempimento della prestazione che poteva esigere);
- si tratta di una alienazione in garanzia, il cui assetto definitivo in termini di proprietà in capo al creditore è condizionato all’inadempimento dell’obbligazione garantita;
- si tratta dunque di un caso di proprietà temporanea, della quale la giurisprudenza ha escluso la frizione (pur astrattamente configurabile) con il divieto del patto commissorio ex art.2744 c.c..
Quali problemi pone il c.d. pegno omnibus?
- dal punto di vista della fonte, la clausola “omnibus” può essere stipulata in via accessoria rispetto ad un rapporto di conto corrente tra banca e cliente; ovvero può accedere ad uno specifico contratto di finanziamento. In entrambi i casi, l’operare della garanzia si estende a macchia d’olio oltre i rapporti, rispettivamente, di conto corrente o di finanziamento ab origine divisati; ed infatti
- la garanzia ha ad oggetto, in modo del tutto indeterminato ed indistinto, tutti i valori (beni: come ad esempio i titoli) di pertinenza del cliente che pervengano nella disponibilità della banca anche dopo che la clausola “omnibus” sia stata stipulata: si tratta di oggetto del pegno sostanzialmente generico ed indeterminabile a priori;
- la garanzia assiste qualunque credito che la banca vanta o che vanterà nei confronti del cliente dopo la stipula della clausola “omnibus”: si tratta di un monte-crediti garantito sostanzialmente generico ed indeterminabile a priori;
- si tratta allora di clausola che entra in rotta di collisione con quanto disposto dall’2787, comma 3, c.c., onde quando il credito garantito eccede la somma di euro2,58, la prelazione non ha luogo se il pegno non risulta da scrittura con data certa, la quale contenga sufficiente indicazione del credito e della cosa: una norma che non esclude la validità ed operatività del pegno, quanto piuttosto la prelazione a favore del creditore che ne beneficia.
Cosa compendia il c.d. pegno rotativo?
- è ormai una figura tipica di pegno, prevista dalla legge e nella disponibilità dell’autonomia privata;
- le parti stipulano, in via accessoria rispetto al pegno e per iscritto, un apposito patto detto “patto di rotatività”;
- il rapporto di garanzia connesso al diritto di pegno assume una fisionomia, dal punto di vista causale, dinamica e non più solo statica;
- la caratteristica è la unitarietà funzionale del rapporto di garanzia, con frazionamenti temporali connessi alla possibilità di sostituire il bene oggetto della garanzia, non più dunque ineluttabilmente fisso;
- il rapporto di garanzia resta dunque unitario e non subisce alcuna novazione, pur mutando nel tempo l’oggetto materiale, la res che svolge la concreta funzione di garanzia del creditore;
- l’oggetto del pegno muta e viene sostituito nel tempo, ma ogni mutamento non implica la necessità di compiere ogni volta le formalità e le modalità richieste per la costituzione del vincolo di garanzia, che è unitario e che trova la propria unica fonte nel rapporto di garanzia originariamente sorto tra le parti;
- tanto il diritto di prelazione del creditore, quanto le eventuali condizioni di revocabilità della garanzia (revocatoria ordinaria o fallimentare) vanno temporalmente ricondotti al momento di originaria costituzione del vincolo di garanzia;
- si configura attraverso il patto accessorio rotativo una sorta di surrogazione (convenzionale: si basa sull’accordo delle parti) reale, che cioè ha ad oggetto la cosa oggetto della garanzia pignoratizia, senza che ogni volta sorga un nuovo diritto di garanzia;
- prendendo come punto di riferimento il tipo codicistico, il modello rotativo di pegno ha causa del pari di garanzia, ma si atteggia allora in modo diverso, in quanto il vincolo di indisponibilità può via via cadere, in via sostitutiva, su beni diversi rispetto a quelli originariamente divisati, pur rimanendo ad ogni effetto (specie revocatorio) lo stesso vincolo di garanzia (originario) unitario;
- il rapporto negoziale che complessivamente si configura è unitario, ed il mutamento della res che corrisponde al concreto (ed immediato) oggetto della garanzia del creditore implica mera modalità esecutiva, materiale ed attuativa di tale complessivo rapporto negoziale siccome originariamente divisato dalle parti, e nel cui contesto il vero (ancorché mediato) oggetto della garanzia del creditore è un determinato valore, rappresentato in successione da diversi beni in via sostitutiva nel corso del tempo.