Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 05 dicembre 2022 n. 10624
MASSIMA
A differenza delle scelte politico-amministrative (c.d. «discrezionalità amministrativa») ‒ dove il sindacato giurisdizionale è incentrato sulla ‘ragionevole’ ponderazione degli interessi, pubblici e privati, non previamente selezionati e graduati dalle norme ‒ le valutazioni dei fatti complessi richiedenti particolari competenze (c.d. «discrezionalità tecnica») vanno vagliate al lume del diverso e più severo parametro della ‘attendibilità’ tecnico-scientifica.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
1.‒ In via pregiudiziale, va respinta l’eccezione di improcedibilità sollevata dall’appellato.
Come è noto, l’acquiescenza non può desumersi, di per sé, dall’esecuzione del dictum giudiziale la quale è doverosa per l’Amministrazione soccombente, a meno che nell’ambito dell’esecuzione così intrapresa quest’ultima dichiari in modo espresso di accettare la decisione o comunque tale accettazione sia inequivocabilmente evincibile dal complessivo comportamento tenuto.
Occorre cioè ‒ per ritenere superati gli atti impugnati ‒ che le statuizioni giudiziali siano a tal punto condivise e fatte proprie dall’Amministrazione stessa da configurare la conseguente attività da essa posta in essere non come mera esecuzione della sentenza medesima, ma come autonoma manifestazione del potere di autotutela all’Amministrazione pur sempre spettante in ordine ai suoi precedenti atti. In mancanza di ciò, il segmento conformativo dell’azione amministrativa riveste una rilevanza del tutto provvisoria e condizionata all’esito del giudizio nel merito.
Nel caso di specie, il provvedimento n. 14413 del 17 giugno 2021, come sopra riportato, precisa espressamente che «il presente provvedimento non costituisce acquiescenza a detta pronuncia, in pendenza della sentenza definitiva» (cfr. pagina 3 del documento in atti).
Persiste dunque l’interesse dell’Amministrazione dalla definizione dell’appello.
2.‒ In considerazione del primo motivo di gravame – ma si tratta di questione che permea l’intero atto di appello –, con il quale l’Amministrazione lamenta l’eccesso di potere giurisdizionale in cui sarebbe incorso il giudice di prime cure nel censurare valutazioni (in materia di tutela dei beni paesaggistici) connotate da un’ampia discrezionalità tecnico-valutativa, è utile una precisazione preliminare sull’intensità del sindacato giurisdizionale.
2.1.‒ A differenza delle scelte politico-amministrative (c.d. «discrezionalità amministrativa») ‒ dove il sindacato giurisdizionale è incentrato sulla ‘ragionevole’ ponderazione degli interessi, pubblici e privati, non previamente selezionati e graduati dalle norme ‒ le valutazioni dei fatti complessi richiedenti particolari competenze (c.d. «discrezionalità tecnica») vanno vagliate al lume del diverso e più severo parametro della ‘attendibilità’ tecnico-scientifica.
In alcune ipotesi normative, il fatto complesso viene preso in considerazione nella dimensione oggettiva di fatto ‘storico’: qui gli elementi descrittivi della fattispecie, anche quelli valutativi e complessi, vanno accertati in via diretta dal giudice amministrativo, in quanto la sussunzione delle circostanze di fatto nel perimetro di estensione logica e semantica dei concetti giuridici indeterminati costituisce una attività intellettiva ricompresa nell’interpretazione dei presupposti della fattispecie normativa (come avviene, ad esempio, nel caso delle sanzioni amministrative punitive dove, in virtù del principio di stretta legalità, spetta al giudice estrapolare la norma ‘incriminatrice’ dalla disposizione: cfr. Consiglio di Stato 9 maggio 2022, n. 3570; Cons. Stato, sez. VI, 15 luglio 2019, n. 4990).
In altre ipotesi, invece, la fattispecie normativa considera gli elementi che rinviano a nozioni scientifiche e tecniche controvertibili o non scientificamente verificabili, non come fatto ‘storico’ (nel senso sopra precisato), bensì come fatto ‘mediato’ dalla valutazione casistica e concreta delegata all’Amministrazione.
In quest’ultimo caso, il giudice non è chiamato, sempre e comunque, a ‘definire’ la fattispecie sostanziale. Ma non certo nel senso – invocato dall’Amministrazione – di riconoscere un ambito di valutazioni ‘riservate’ alla pubblica amministrazione non attingibile integralmente dal sindacato giurisdizionale, delimitando quest’ultimo all’interno di una prospettiva critica meramente ‘estrinseca’. Tale impostazione sarebbe del tutto incompatibile con la moderna configurazione dell’oggetto e della funzione del processo amministrativo, ispirato al canone dell’effettività della tutela, dotato di un sistema rimediale aperto e conformato al bisogno differenziato di tutela.
La tutela giurisdizionale, per essere effettiva e rispettosa della garanzia della parità delle armi, deve consentire al giudice un controllo penetrante in tutte le fattispecie sottoposte alla sua attenzione.
Il punto è un altro: quando difettano parametri normativi a priori che possano fungere da premessa del ragionamento sillogistico, il giudice non ‘deduce’ ma ‘valuta’ se la decisione pubblica rientri o meno nella (ristretta) gamma delle risposte maggiormente plausibili e convincenti alla luce delle scienze rilevanti e di tutti gli altri elementi del caso concreto.
È ben possibile per l’interessato ‒ oltre a far valere il rispetto delle garanzie formali e procedimentali strumentali alla tutela della propria posizione giuridica e gli indici di eccesso di potere ‒ contestare ab intrinseco il nucleo dell’apprezzamento complesso, ma in tal caso egli ha l’onere di metterne seriamente in discussione l’attendibilità tecnico-scientifica.
Se questo onere non viene assolto e si fronteggiano soltanto opinioni divergenti, tutte parimenti plausibili, il giudice deve dare prevalenza alla posizione espressa dall’organo istituzionalmente investito (dalle fonti del diritto e, quindi, nelle forme democratiche) della competenza ad adottare decisione collettive, rispetto alla prospettazione individuale dell’interessato.
Non si tratta dunque di garantire all’Amministrazione un privilegio di insindacabilità, ma di dare seguito, sul piano del processo, alla scelta legislativa di non disciplinare il conflitto di interessi ma di apprestare solo i modi e i procedimenti per la sua risoluzione.
3.‒ Su queste basi, ritiene il Collegio che l’appello va respinto.
Il proprietario ha assolto all’onere probatorio posto a suo carico.
L’istruttoria svolta ha posto in luce l’inattendibilità della valutazione tecnica prospettata nel diniego di autorizzazione paesaggistica – adottato dal Comune di Casalecchio di Reno il 6 ottobre 2020 in conformità al presupposto parere della Soprintendenza di Bologna del 2 ottobre 2020 – in ordine all’asserita interferenza con il profilo collinare.
3.1.‒ Occorre prendere le mosse dallo stato di fatto dei luoghi, con particolare riguardo al contesto paesaggistico e agli edifici presenti nell’area.
Il diniego, come si è detto sopra, ha per oggetto un intervento di sopraelevazione, per un totale di circa 25 mq, da realizzare sul lastrico solare condominiale (avente estensione di circa 1000 mq) e da annettere alla sottostante abitazione di proprietà dell’odierno appellato, sita presso il parco Talon di Casalecchio di Reno in via Fermi n. 29 (particella sub. 119).
Il fabbricato in cui è ricompresa l’unità immobiliare per cui è causa ‒ sita in un’area a carattere prevalentemente residenziale (ricompreso urbanisticamente nel Settore Urbano 1 Croce-Chiusa, Ambito TUC 1.1) ‒ confina a nord-ovest con una zona edificata costituita da edifici di dimensioni planimetriche e altezze contenute, risalenti alla metà del Novecento, mentre negli altri lati è delimitata a ovest e sud-ovest dal fiume Reno e dalla Chiusa, a sud e ad est dalla collina sottoposta a tutela, che comprende anche Villa e Parco Talon.
L’area su cui è realizzato l’edificio ricade in zona vincolata ai sensi dell’art. 136, lettera d), del d.lgs. n. 42 del 2004, e più precisamente dal decreto ministeriale 10 ottobre 1960, recante la dichiarazione di notevole interesse pubblico della zona collinare sita nell’ambito dei Comuni di Bologna e Casalecchio di Reno. La zona vincolata ha notevole interesse pubblico perché «oltre a formare dei quadri naturali di non comune bellezza panoramica offre numerosi punti di vista accessibili al pubblico dai quali si godono le magnifiche visuali del circostante ambiente collinare e di ampi tratti delle valli del Reno e del Savena con una vasta cerchia di monti degradanti verso di esse».
L’area trae accesso da via Porrettana ed è composta da numerosi edifici di altezza considerevole, sostanzialmente immersi nel verde. Nella parte di ingresso da via Baracca si riscontrano edifici di altezza variabile che nel margine ovest dell’area raggiungono i sei piani fuori terra. Praticamente tutte le viste dalle direzioni ovest e nord-ovest mettono in evidenza questi soli edifici, peraltro contenuti nel profilo della vegetazione arborea.
Nella parte di ingresso dalla via Porrettana su via Fermi si riscontrano edifici prevalentemente a quattro piani fuori terra, che tuttavia nel margine est sono posizionati su resede rialzato di almeno un piano rispetto la sede stradale, determinando da questa una percezione di almeno cinque piani fuori terra. Da entrambi gli ingressi si arriva al margine sud dell’insediamento dove è ubicato l’edificio che contiene le unità immobiliari oggetto della presente relazione, di altezza fuori terra pari a quattro piani.
A questo punto va attentamente considerato il delicato rapporto dell’edificio in esame ‒ facente parte di un progetto unitario per caratteristiche costruttive e morfologia esterna degli affacci, di sei edifici, che esprimono forme e codici architettonici molto chiari e sostanzialmente semplici ‒ con l’area tutelata.
Rilevano, in particolare, come elementi ‘identitari’ del contesto paesaggistico:
- i) il ‘Parco Talon’, delimitato a nord da Casalecchio di Reno, a est dai colli bolognesi e a ovest dalle arterie stradali e dal fiume Reno, in parte abbandonato e in parte destinato a parco pubblico di carattere fluviale, comprendente ‘Villa Talon’ con le relative pertinenze, di interesse storico-artistico, sottoposte a tutela anche ai sensi della parte seconda del decreto legislativo n. 42 del 2004;
- ii) il fiume Reno e la rilevante opera idraulica della Chiusa, anch’essa di interesse storico-artistico, sottoposta a tutela ai sensi della parte seconda del decreto legislativo n. 42 del 2004;
iii) la collina bolognese, territorio di notevole valore ambientale e paesaggistico che rappresenta un patrimonio naturalistico importante per la città.
3.2.‒ Il Collegio concorda con le conclusioni del verificatore, secondo cui le opere di sopraelevazione, in ragione delle loro caratteristiche costruttive, non alterano in modo significativo l’impatto percettivo del crinale e delle colline retrostanti.
L’asserita interferenza con il profilo collinare (su cui si fonda il parere negativo espresso dalla Soprintendenza) appare infatti contraddetta dalla documentazione progettuale esaminata, segnatamente dai seguenti elaborati: i) Allegato N (stato di progetto); ii) Allegato O (documentazione fotografica integrativa, unitamente a quella prodotta nelle diverse pratiche di autorizzazione); iii) Allegato P (punti di vista fotografici e simulazioni di inserimento paesaggistico delle nuove opere).
Tali documenti consentono di verificare con accuratezza l’impatto percettivo della sopraelevazione del sub. 119 sulle visuali dei crinali e delle colline retrostanti, rappresentando le condizioni di visibilità dell’intervento e le eventuali criticità da tutti i punti di vista esperibili in un intorno significativo, sia a valle che a monte (cfr. la planimetria con i punti di ripresa fotografica; la verificazione dà conto minuziosamente delle ragioni per cui la documentazione fotografica prodotta dalla Soprintendenza sia invece meno esaustiva).
Significativa, agli stessi fini, è anche la rappresentazione attraverso render 3D l’ampliamento di volume sulla copertura dell’edificio di via Fermi 29, utilizzandolo sia per le viste da monte verso valle sia per le viste verso le colline retrostanti.
Sulla scorta di tali elementi di valutazione, l’interruzione della lettura dei profili collinari e delle visuali risulta indimostrata.
In primo luogo, la sopraelevazione già assentita (anche dalla Soprintendenza), posta sul lato del lastrico solare più prossimo ai profili di crinale (sub. 118), è idonea a schermare ogni incremento di visuale prodotto dai volumi progettati sul lato opposto, come illustrato dal verificatore nelle viste ‘fotorealistiche’ di cui all’Allegato P.
Negli altri lati, l’edificio non appare visibile e in particolare da ovest il profilo collinare appare inequivocabilmente posto più in alto e l’edificio coperto dalle alberature.
Nelle visuali da monte verso valle il modesto ampliamento di volume appare contenuto nella sagoma del fabbricato, risultando quindi irrilevante dal punto di vista percettivo, come risulta dalle immagini contenute nell’Allegato N.
Poiché nell’edificio non sono presenti volumi aggiunti in copertura (eccetto il vano scala condominiale), deve pure escludersi che possa realizzarsi il paventato (dalla Soprintendenza) «riempimento con molteplici elementi addossati gli uni agli altri in copertura».
3.3.‒ Le risultanze istruttorie consentono di escludere anche una saturazione per sovraccarico incompatibile con il vincolo paesaggistico impresso con il Decreto Ministeriale del 10 ottobre 1960, avuto riguardo agli edifici situati nella zona di via Fermi, a ridosso dei quali si trovano Villa Talon con il parco e le relative pertinenze.
La supposta alterazione «dell’equilibrio consolidato» rispetto alla Chiusa e al fiume Reno, non viene per la verità argomentata esaustivamente nel parere della Soprintendenza.
Ritiene il Collegio che non emergano elementi di contrasto con il vincolo, né dal punto di vista architettonico, né dal punto di vista dimensionale.
Per valutare le caratteristiche concrete dell’intervento in relazione ad eventuali elementi di contrasto con il vincolo da tutelare, il verificatore ha considerato l’assenso espresso dalla Soprintendenza alla realizzazione della sopraelevazione del sub. 118, praticamente speculare a quello del sub. 119.
Il progetto assentito, in particolare, riguarda un nuovo corpo di fabbrica asservito al sub. 118, di forma planimetrica regolare e superficie circa 25 mq, con altezza interna 2.65 m e copertura piana, previsto realizzato con materiali, finiture e colori esterni uguali a quelle dell’edificio esistente. A tale volume è collegato sul fronte sud un pergolato di superficie circa 25 mq e altezza inferiore a 3 m, previsto realizzato con struttura metallica dello stesso colore del volume a cui si collega. La sopraelevazione del sub. 118 è stata ritenuta dotata di una coerenza formale con il fabbricato esistente riproponendo tecniche costruttive, materiali e caratteristiche di finitura coerenti con la tipologia del fabbricato stesso e prevedendo la realizzazione di una schermatura verde lungo il perimetro (tali aspetti di natura architettonica sono stati sottolineati positivamente nel primo parere della Soprintendenza). La posizione della sopraelevazione, notevolmente arretrata rispetto al parapetto del lastrico solare ed anche al piano delle facciate, unita alla realizzazione di un sistema di fioriere lungo il perimetro consente da un lato di non adeguare l’altezza del parapetto, da un altro di filtrare la percezione del nuovo volume, rendendolo praticamente non visibile nell’intorno del fabbricato.
Il progetto di sopraelevazione in copertura del sub. 119 si integra completamente ‒ sia in termini di forme e volumi che di materiali, finiture e scelte generali – al progetto assentito di variante alla sopraelevazione del sub. 118, rispettando i contenuti del primo parere della Soprintendenza, e si pone in continuità con il progetto assentito conseguendo una sostanziale coerenza architettonica e formale con l’edificio preesistente.
Il nuovo corpo di fabbrica, di superficie circa 25 mq e altezza interna 2.65 m, ha infatti forma regolare sia planimetricamente che altimetricamente e si pone affianco alla sopraelevazione legittimata per realizzare un unico volume con materiali, finiture e colori esterni uguali a quelle dell’edificio esistente. Lungo il fronte sud e su una parte di quello ovest è prevista una piccola pensilina della profondità di 1 m, a protezione e schermatura delle aperture presenti nel volume retrostante, che si pone in sostanziale continuità con il pergolato previsto nel progetto di sopraelevazione del sub. 118. Viene estesa a tutto il perimetro del parapetto la schermatura verde, costituita da un sistema di fioriere che consente da un lato di non adeguare l’altezza del parapetto e dall’altro di filtrare la percezione del nuovo volume, rendendolo praticamente non visibile nell’intorno del fabbricato. La realizzazione di questo elemento schermante in modo accurato, e la sua manutenzione nel tempo, potrebbero rendere il nuovo volume poco visibile anche da punti di osservazione più allargati e panoramici.
Anche dal punto di vista dimensionale non emergono elementi di contrasto con il vincolo, tenuto conto che l’ampliamento proposto complessivamente ha superficie di circa 50 mq e volume di 150 mc che superano di poco l’1% dei corrispondenti parametri del fabbricato esistente (il quale ha superficie coperta di circa 1000 mq, articolata in 4 piani fuori terra e uno interrato, a cui corrispondono almeno 12500 mc edificati).
4.‒ In definitiva, gli accertamenti compiuti dal verificatore – pienamente condivisi dal Collegio, in quanto sorretti da adeguato supporto motivazionale, scevri da illogicità e incongruenze e (come si dirà nel prosieguo) per nulla inficiati dai rilievi sollevati nella memoria ultima dell’appellante – hanno confermato quanto statuito dal giudice di prime cure, in ordine alla «sostanziale irrilevanza percettiva» del manufatto, anche alla luce della sopraelevazione già autorizzata (particella sub. 118) sulla parte destra del medesimo lastrico solare.
L’Amministrazione non ha fornito al Collegio elementi in grado di inficiare le conclusioni istruttorie sopra descritte.
4.1.– La verificazione resiste anche alle contestazioni sollevate nella memoria depositata in vista dell’udienza pubblica, in quanto:
– rispetto all’edificio di Via Fermi n. 7 (di cui alla invocata sentenza del Consiglio di Stato n. 2925 del 2022), l’abitazione dell’appellato (secondo quando replicato da quest’ultimo, senza specifica contestazione di controparte) dista, non poche decine di metri, ma oltre 200 m, peraltro inframezzati da alcuni ulteriori corpi di fabbrica;
– la collocazione dei due edifici (rilevante ai fini di valutarne l’impatto sulla prospettiva del paesaggio) è differente: il n. 7 è in posizione più elevata e adiacente la collina, mentre l’abitazione dell’appellato è più in basso, distanziata dalla collina e vicina al fiume (secondo quanto replicato dall’appellato, senza specifica contestazione di controparte);
– quanto alla rappresentazione fotografica, il verificatore ha correttamente considerato i luoghi nel periodo (estivo) di massima copertura delle alberature, in cui cioè l’emersione di un manufatto rispetto alla linea delle alberature stesse è maggiormente percepibile (la sopraelevazione è meno ‘impattante’ durante il periodo invernale nella quale l’edificio sarà sempre interamente visibile).
5.– In definitiva, l’appello va respinto.
5.1.‒ Le spese di lite del secondo grado di giudizio seguono la regola generale della soccombenza.
5.2.‒ A carico della parte appellante, vanno poste anche le spese di verificazione, da liquidarsi con separato decreto non appena il perito incaricato dal Collegio provveda al deposito della relativa nota di pagamento.