Per giurisprudenza pacifica […], è stato affermato che commette il reato previsto dall’art. 624-bis c.p. chi si impossessa di un ciclomotore introducendosi in un locale adibito al suo deposito, in quanto detto luogo, benché disabitato, costituisce pertinenza di privata dimora (Sez. 4, n. 5789 del 04/12/2019, dep. 2020, Gemottine, Rv. 278446; Sez. 5, n. 35764 del 27/3/2018, C., Rv.273597; Sez. 5, n. 1278 del 31/10/2018, dep. 2019, Sini, Rv. 274389; Sez. 2, n. 22937 del 29/05/2012, Muffatti, Rv. 253193).
È sufficiente che il delitto di furto sia commesso in un luogo costituente pertinenza di una privata dimora in cui si svolgano non occasionalmente atti della vita privata, anche se la pertinenza, di per se stessa considerata, non venendovi compiute attività della vita privata destinate a rimanere riservate, non integri una privata dimora.
Nel caso in esame, la S.C., nel confermare la sentenza di condanna inflitta all’imputato, richiama in particolare quanto accertato dalla Corte d’Appello in ordine alla circostanza che, nel cortile interno ove il delitto di tentato furto in abitazione ha avuto luogo, erano custoditi oggetti destinati a servizio delle abitazioni ove i proprietari svolgevano atti propriamente rientranti nella definizione di “luogo di privata dimora”, in quanto manifestazioni di vita domestica. Tale elemento normativo extrapenale viene quindi estensivamente interpretato dal giudice di legittimità, sulla scorta di consolidata giurisprudenza, e senza che ciò violi il divieto di analogia in materia penale, nel senso di ricomprendervi anche le pertinenze. Al che si aggiunge il dato che “l’accesso al cortile era precluso agli estranei, avvenendo attraverso un cancello azionabile unicamente dai soggetti legittimati”.