Il ricorso è infondato, ma, avuto ri uardo al tempus commisi delicti, si impone la declaratoria di estinzione del, reato di cui al capo B per prescrizione, con le conseguenze da ciò scaturenti in punto di trattamento sanzionatorio. 1. Iniziando dai primi due motivi di ricorso, suscettibili di trattazione unitaria perché tra loro sovrapponibili, occorre evidenziare che, rispetto alla decisione dei giudici di merito di ritenere sussistente il concorso tra i reati di cui agli art. 3 e 10 del d. Igs. n. 74 del 2000, non si ravvisa alcun vizio di legittimità. 3 Corte di Cassazione – copia non ufficiale Ed invero sia il G.U.P. che la Corte di appello hanno richiamato l’affermazione della giurisprudenza di legittimità (cfr. Sez. 3, n. 12455 del 01/12/2011, dep. 2012, Rv. 252245), che va in questa sede ribadita, secondo cui il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3 del d. Igs. n. 74 del 2000) può concorrere con il reato di occultamento o distruzione di documenti contabili (art. 10 del medesimo), dovendosi escludere il concorso apparente di norme e il rapporto di genere a specie previsti dall’art. 15 cod. pen. È stato infatti osservato che, perché sia integrato il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (nella versione riscritta dal d. Igs. n. 158 del 2015), è necessario che il contribuente indichi nelle dichiarazioni annuali un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi fittizi per un valore corrispondente alle soglie di punibilità individuate dal legislatore, compiendo operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente, ovvero avvalendosi di documenti falsi o di altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento e a indurre in errore l’amministrazione finanziaria, essendo richiesto, sotto il profilo soggettivo, il dolo specifico del fine di evadere le imposte sui redditi o sull’iva. Invece il delitto di occultamento o distruzione di documenti contabili, previsto dall’art. 10 del d. Igs. n. 74 del 2000, è configurabile ove il soggetto occulti o distrugga in tutto o in parte i documenti contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione del volume di affari o dei redditi, essendo ugualmente, sotto il profilo soggettivo, il dolo specifico del fine di evadere le imposte sui redditi o sull’iva, ma è anche possibile alternativamente la finalità di consentire l’evasione a terzi. Ciò posto, deve ribadirsi che non sussiste alcuna relazione di genere a specie tra le fattispecie poste a confronto, non potendosi ritenere che la condotta di occultamento o distruzione integri le attività simulate o gli altri mezzi fraudolenti e ingannatori cui fa riferimento l’art. 3 del d. Igs. n. 74 del 2000 nel descrivere le modalità della condotta della dichiarazione fraudolenta; ricorre piuttosto un fenomeno di interferenza tra le due fattispecie determinato dalla peculiarità del fatto concreto, senza che però sussista alcun rapporto di specialità tra le fattispecie incriminatrici astrattamente considerate. Nel delitto di cui all’art. 3, infatti, il ricorso all’artificio (in senso lato) è strumentale alla falsa dichiarazione, essendo finalizzato a impedire l’accertamento della stessa, riproponendo la fattispecie uno schema analogo a quello del delitto di truffa, in quanto il ricorso al mezzo fraudolento è volto alla induzione in errore di un soggetto passivo, ovvero l’amministrazione finanziaria, in ordine al volume dei redditi prodotti. Invece, l’occultamento e la distruzione dei documenti contabili, potendosi realizzare con qualsiasi modalità, non integra necessariamente un artificio, ben potendo il soggetto agente limitarsi a distruggere o occultare i documenti contabili, senza che detta condotta possa dirsi strumentale alla falsa 4 Corte di Cassazione – copia non ufficiale dichiarazione, che in tal caso potrebbe anche mancare. In definitiva, il reato di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici è incentrato sul momento dichiarativo, quale momento in cui si realizza il presupposto dell’evasione. Viceversa, il delitto di occultamento o distruzione delle scritture contabili tende a reprimere tutte quelle condotte antecedenti al momento dichiarativo e potenzialmente preclusive dell’accertamento dei redditi prodotti. Del resto, va osservato che il reato di cui all’art. 10 ha carattere permanente, in quanto la condotta penale dura sino al momento dell’accertamento fiscale, mentre il delitto di cui all’art. 3 è un reato istantaneo che si perfeziona nel momento in cui la dichiarazione fraudolenta viene effettuata. Ancora, dal punto di vista soggettivo, anche il dolo specifico dei due delitti è strutturato in ragione delle peculiarità di ciascuna fattispecie incriminatrice: nella dichiarazione fraudolenta deve infatti sussistere il fine dell’evasione delle imposte sul reddito e sul valore aggiunto, mentre, nella fattispecie di occultamento, oltre al fine dell’evasione, vi è anche quello di consentire l’evasione a terzi. Pertanto, alla luce di tali premesse, è stato correttamente escluso dai giudici di merito il concorso apparente di norme tra la fattispecie di cui agli art. 3 e 10 del d. Igs. n. 74 del 2000, non sussistendo tra le stesse quel rapporto di genere a specie che, solo, può legittimare l’applicazione dell’art. 15 cod. pen. Tale conclusione è peraltro corroborata dal rilievo che, nella contestazione cristallizzata al capo B, i mezzi fraudolenti ascritti all’imputato sono consistiti non solo nell’occultamento delle false fatture emesse nei confronti delle società Campeotto, Cassina, Gives, Kuehne & Nagel, Mectrans, Sistema, Trep Carrelli e BG Log, e nella loro omessa registrazione contabile, ma anche nell’attribuzione allLfatture emesse riguardo a tali società della stessa numerazione già attribuita in altre fatture emesse nei confronti di altri clienti e contabilizzate per importi inferiori, oltre che nella sostituzione delle fatture occultate o distrutte con analoghe fatture riportanti i medesimi clienti ma importi inferiori, per cui anche sul piano fattuale non vi è stata sovrapposizione delle identiche condotte illecite. A ciò deve solo aggiungersi, quanto al reato ex art. 10, che l’acquisizione tardiva dei documenti contabili mancanti non esclude la sussistenza del delitto, avendo questa Corte precisato (cfr. Sez. 3, n. 41683 del 02/03/2018, Rv. 274862 – 02) che, in tema di reati tributari, l’impossibilità di ricostruire il reddito o il volume d’affari derivante dalla distruzione o dall’occultamento di documenti contabili, elemento costitutivo del reato di cui all’art. 10 del d. Igs. n. 74 del 2000, non deve essere intesa in senso assoluto, sussistendo anche quando è necessario procedere all’acquisizione della documentazione mancante presso terzi o aliunde. Di qui l’infondatezza delle doglianze difensive riferite ai capi A e B. 2. Venendo al terzo motivo, occorre evidenziare che anche il giudizio sulla configurabilità del reato di cui al capo C non è scalfito dalle censure difensive. 5 Corte di Cassazione – copia non ufficiale Ed invero, premesso che non è contestata la sussistenza del reato dal punto di vista oggettivo, deve osservarsi che, per quanto concerne l’elemento psicologico, la Corte di appello, in modo pertinente, ha richiamato le dichiarazioni ammissive dell’imputato, il quale, come riconosce anche la difesa nell’odierno ricorso, ha chiarito come “le richieste di sovrafatturazione fossero dirette a soddisfare la volontà dei suoi clienti di riversare maggiori spese sul committente iniziale”, venendo in altri casi le fatture “utilizzate per far constare al proprio committente un guadagno inferiore al reale, attraverso un fittizio aumento dei costi”. Non risulta quindi affatto illogica l’affermazione della sentenza impugnata (pag. 13), secondo cui “le dichiarazioni rese dall’imputato non lasciano dubbio alcuno in ordine alla piena consapevolezza e volontarietà della condotta posta in essere dall’imputato nella piena consapevolezza dell’evasione di imposta realizzata accordandosi anche con alcuni clienti dei termini dallo stesso descritte”. La valutazione sull’esistenza dell’elemento soggettivo del reato risulta peraltro coerente con l’impostazione di questa Corte (cfr. Sez. F, n. 31142 del 11/08/2022, Rv. 283708), secondo cui, ai fini della configurabilità del dolo richiesto dall’art. 8 del d. Igs. n. 74 del 2000, occorre che l’emittente delle fatture si proponga il fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, come appunto avvenuto nel caso di specie, non essendo peraltro necessario che il terzo realizzi effettivamente l’illecito intento, posto che l’evasione di imposta non è elemento costitutivo del delitto di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, ma caratterizza il dolo specifico normativamente richiesto per la punibilità dell’agente, dolo che nel caso di specie risulta ampiamente comprovato dalle dichiarazioni confessorie di Palo. 3. Anche il quarto motivo non è meritevole di accoglimento. La scelta della Corte territoriale di non ridurre la pena pur a seguito della parziale declaratoria di estinzione per prescrizione del capo C (limitatamente alle fatture emesse nel 2011), infatti, non integra alcuna violazione del divieto di reformatio in peius, dovendosi considerare che il capo C, individuato dal primo giudice quale reato più grave, si riferisce all’emissione di fatture concernenti una pluralità di anni di imposta (2011, 2012, 2013 e 2014); ora, il venir meno di uno dei segmenti di condotta della fattispecie unitariamente ascritta all’imputato non determinava l’esigenza di provvedere alla rideterminazione della pena, dal momento che il primo giudice non aveva operato aumenti a titolo di continuazione interna rispetto al reato ex art. 8 del d. Igs. n. 74 del 2000. Alcuna riduzione di pena era quindi dovuta da parte della Corte di appello, non ravvisandosi in tal senso alcuna violazione dell’art. 597 cod. proc. pen. 4. Alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso deve essere disatteso. Tuttavia, pur in presenza dell’infondatezza (invero non manifesta) delle doglianze sollevate, deve prendersi atto che, nelle more, è maturata la 6 Corte di Cassazione – copia non ufficiale prescrizione del reato contestato al capo B, la cui data di consumazione risale al 25 settembre 2012, per cui, in assenza di sospensioni, risulta maturato al momento della decisione il termine massimo, da computare in 10 anni, in forza della previsione di cui all’art. 17 comma 1 bis del d. Igs. n. 74 del 2000. Per gli altri due reati, invece, la prescrizione non è maturata, risalendo i fatti o al 27 gennaio 2015 (capo A, con prescrizione quindi al 27 gennaio 2025) o al 30 novembre 2012 (capo C, con prescrizione al 30 novembre 2022, ossia dopo la data di emissione della presente decisione), dovendosi fare riferimento, quanto al 2012, all’epoca dell’emissione dell’ultima delle fatture contestate (ovvero il 30 novembre), ciò in applicazione della condivisa affermazione di questa Corte (cfr. Sez. 3, n. 47459 del 05/07/2018, Rv. 274865 e Sez. 3, n. 6264 del 14/01/2010, Rv. 246193), secondo cui il delitto di emissione di fatture per operazioni inesistenti è reato istantaneo che si consuma nel momento di emissione della fattura ovvero, ove si abbiano plurimi episodi nel medesimo periodo di imposta, nel momento di emissione dell’ultima di esse, non essendo richiesto che il documento pervenga al destinatario, né che quest’ultimo lo utilizzi. 4.1. All’annullamento senza rinvio della sentenza limitatamente al reato di cui al capo B), per essere il reato estinto per prescrizione, consegue l’eliminazione della pena corrispondente, computata, secondo il calcolo operato dal G.U.P. e confermato dalla Corte di appello, in mesi 3 di reclusione (ovvero mesi 4 e giorni 15 di reclusione, ridotti di un terzo in virtù della diminuente del rito abbreviato). La pena finale a carico di Palo va quindi rideterminata in mesi 11 di reclusione e il ricorso deve essere rigettato nel resto.
Cassazione Penale, Sez. III, sentenza 6 febbraio 2023, n. 4910