Corte Costituzionale, sentenza 09 febbraio 2023, n. 16
Vanno dichiarate inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 4, del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44 (Misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da COVID-19, in materia di vaccinazioni anti SARS-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici), convertito, con modificazioni, nella legge 28 maggio 2021, n. 76, come modificato dall’art. 1, comma 1, lettera b), del decreto-legge 26 novembre 2021, n. 172 (Misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da COVID-19 e per lo svolgimento in sicurezza delle attività economiche e sociali), convertito, con modificazioni, nella legge 21 gennaio 2022, n. 3, sollevate, in riferimento agli artt. 1, 2, 3, 4, 32, primo comma, 35, primo comma, e 36, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione prima, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE (sintesi massimata)
1.– Con ordinanza del 30 marzo 2022 (reg. ord. n. 42 del 2022), il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione prima, dubita, in riferimento agli artt. 1, 2, 3, 4, 32, primo comma, 35, primo comma, e 36, primo comma, Cost., della legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 4, del d.l. n. 44 del 2021, come convertito, modificato dall’art. 1, comma 1, lettera b), del d.l. n. 172 del 2021, come convertito, nella parte in cui, in caso di inadempimento dell’obbligo vaccinale, non limita la sospensione dall’esercizio della professione sanitaria alle sole «prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o che comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2».
2.– Ad avviso del giudice rimettente, la norma censurata si porrebbe in contrasto con «i principi di ragionevolezza e di proporzionalità, di cui all’articolo 3 della Costituzione, anche con riferimento alla violazione degli articoli 1, 2, 4, 32, comma primo, 35, comma primo, e 36, comma primo, della Costituzione».
In particolare, sarebbe irragionevole, in caso di omessa vaccinazione, estendere il divieto di svolgere la professione sanitaria a tutte le attività che richiedono l’iscrizione all’albo, quando esse non comportino alcun rischio di diffusione del COVID-19, potendo essere «svolte senza contatto fisico con il paziente e con modalità a distanza mediante l’utilizzo dei comuni strumenti telematici e telefonici».
La preclusione automatica ed assoluta allo svolgimento della professione sanitaria in forma autonoma, inoltre, andrebbe oltre «il necessario per conseguire l’obiettivo di tutela prefigurato dalla norma, il quale avrebbe potuto essere realizzato, con pari efficacia, anche con il più mite divieto di intrattenere contatti di prossimità con il paziente o dai quali derivi comunque un rischio concreto di diffusione del contagio da Sars-Cov-2».
Sarebbe poi “incoerente” non consentire a coloro che hanno scelto di esercitare la professione sanitaria in forma autonoma «un’organizzazione alternativa e temporanea delle modalità di esercizio della professione» stessa, che non comporti rischi di contagio del COVID-19, a differenza di quanto ammesso, dal comma 7 del medesimo art. 4, per i lavoratori dipendenti.
Infine, applicare al sanitario non vaccinato già iscritto all’albo professionale il «medesimo trattamento inibitorio» che opera per colui che ne chiede la prima iscrizione determinerebbe «un’irragionevole parità di trattamento a fronte di situazioni francamente disomogenee», in quanto «la sospensione totale dall’attività» comporterebbe, per il primo, effetti pregiudizievoli, «potenzialmente irreversibili», sull’avviamento professionale e sulla produzione del reddito necessario per il sostentamento personale e familiare.
3.– L’esame nel merito delle questioni risulta precluso da un assorbente profilo di inammissibilità delle medesime, legato al difetto di giurisdizione del giudice rimettente.
3.1.– Secondo la costante giurisprudenza costituzionale, il difetto di giurisdizione del giudice a quo determina l’inammissibilità delle questioni, per irrilevanza, quando sia palese e rilevabile ictu oculi (ex plurimis, sentenze n. 65 e n. 57 del 2021, n. 267 e n. 99 del 2020, n. 189 del 2018, n. 106 del 2013 e n. 179 del 1999).
Qualora sussista l’evidenza del vizio, o nel processo a quo siano state sollevate specifiche eccezioni a riguardo, come nel caso di specie, è richiesta al giudice rimettente una motivazione esplicita (sentenze n. 79 del 2022, n. 65 del 2021 e n. 267 e n. 44 del 2020), rispetto alla quale spetta a questa Corte una verifica esterna e strumentale al riscontro della rilevanza delle questioni (sentenze n. 44 del 2020, n. 52 del 2018 e n. 269 del 2016).
3.2.– Il giudice a quo è il TAR Lombardia, chiamato a decidere il ricorso proposto da una psicologa iscritta all’Ordine degli psicologi di tale Regione ed esercitante la professione di psicoterapeuta in forma autonoma, avverso la sospensione dall’albo professionale per inadempimento dell’obbligo vaccinale.
In punto di rilevanza, il TAR riferisce che l’Ordine professionale, parte resistente nel giudizio principale, ha eccepito il difetto di giurisdizione del giudice adito. Tale eccezione, secondo il rimettente, sarebbe priva di fondamento, perché l’Ordine ha esercitato un potere autoritativo di per sé sufficiente a radicare la giurisdizione del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 7 del codice del processo amministrativo.
La motivazione dell’ordinanza di rimessione in ordine all’eccepito difetto di giurisdizione non supera il vaglio della non implausibilità, al quale si attiene questa Corte in relazione alla verifica della rilevanza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate in via incidentale, venendo in rilievo, nel giudizio principale, il diritto soggettivo a continuare a esercitare la professione sanitaria.
Le sezioni unite civili della Corte di cassazione, infatti, con ordinanza 29 settembre 2022, n. 28429, hanno confermato la sussistenza della giurisdizione ordinaria proprio in relazione all’impugnazione, da parte di un fisioterapista libero professionista, del provvedimento con cui l’Ordine professionale territorialmente competente lo ha sospeso dall’esercizio della professione sanitaria, per mancata ottemperanza all’obbligo vaccinale.
In tale pronuncia la Corte di cassazione ha ritenuto che appartiene alla cognizione del giudice ordinario la controversia in cui viene in rilievo un diritto soggettivo – nella specie, quello ad esercitare la professione sanitaria – non intermediato dall’esercizio del potere amministrativo. Lo svolgimento dell’attività libero professionale, infatti, «viene sospeso temporaneamente […] in forza delle previsioni dettagliatamente recate dalla fonte legislativa, che pone un requisito [la vaccinazione contro il SARS-CoV-2] per l’esercizio [della stessa]».
È evidente, pertanto, la carenza di giurisdizione del rimettente sulla controversia relativa alla sospensione dall’esercizio della professione sanitaria, che – come sottolineato dalla richiamata ordinanza delle sezioni unite della Corte di cassazione – «discende, in modo automatico» dall’accertamento dell’inadempimento dell’obbligo vaccinale, configurato come «requisito essenziale» imposto dalla legge a tutela della salute pubblica e della sicurezza delle cure.
4.– Per tale ragione, le questioni vanno dichiarate inammissibili.