Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, sentenza 25 luglio 2023, n. 22423
PRINCIPIO DI DIRITTO
I provvedimenti cd. de potestate adottati dal tribunale ordinario, quando competente ai sensi dell’art. 38 disp. att. c.c., nel corso dei giudizi aventi ad oggetto la separazione e lo scioglimento (o cessazione degli effettivi civili) del matrimonio, nel sistema normativo antecedente alla riforma di cui al d.lgs. n. 149 del 2022 (cfr. art. 473-bis.24, commi 2 e 5, c.p.c.), non sono impugnabili con il ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell’art. 111, comma 7, della Costituzione, trattandosi di provvedimenti temporanei incidenti su diritti soggettivi (in tal senso decisori) ma non definitivi, in quanto privi di attitudine al giudicato seppur rebus sic stantibus, essendo destinati ad essere assorbiti nella sentenza conclusiva del grado di giudizio e, comunque, revocabili e modificabili in ogni tempo per una nuova e diversa valutazione delle circostanze di fatto preesistenti o per il sopravvenire di nuove circostanze.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
1.- Preliminarmente si deve dare conto che le parti controricorrenti hanno riferito nelle memorie che, pochi mesi dopo la pronuncia dell’ordinanza interlocutoria, l’ordinanza impugnata è stata revocata dal Tribunale di Napoli, che ha reintegrato la Landrieu nel pieno esercizio della responsabilità genitoriale. Tale circostanza, dimostrando la sopravvenuta cessazione della materia del contendere, non è idonea a far venir meno la rilevanza (e a precludere lo scrutinio) della questione, riguardante l’ammissibilità del mezzo di ricorso straordinario, ex art. 111, comma 7, Cost., sulla quale il collegio rimettente ha investito le Sezioni Unite, precludendo soltanto – qualora il suddetto mezzo fosse ritenuto ammissibile – l’esame dei motivi di ricorso.
2.- Il Collegio rimettente ha rilevato che provvedimenti come quello impugnato, sinteticamente denominati de potestate, sebbene abbiano natura meramente provvisoria e siano, dunque, destinati ad essere assorbiti dalla decisione finale, si connotano per una peculiare “decisorietà di fatto”, nella misura in cui risultano potenzialmente idonei non soltanto ad esplicare i loro effetti per un notevole arco temporale, ma anche ad incidere, con potenziale irreparabile pregiudizio, su diritti soggettivi di natura personalissima e di primario rango costituzionale del minore. L’ordinanza interlocutoria, evidenziando l’assoluta rilevanza degli interessi coinvolti, sollecita una rimeditazione dell’orientamento consolidato (si citano Cass. sez. I n. 24638/2021 e, su provvedimenti del giudice minorile, sez. I n. 28724/2020 e n. 33609/2021) che esclude l’ammissibilità del ricorso straordinario per cassazione, ex art. 111, comma 7, Cost., avverso i provvedimenti limitativi della responsabilità genitoriale emessi nel corso del giudizio promosso ex art. 337-bis c.c., sul presupposto che si tratterebbe di provvedimenti aventi carattere meramente interlocutorio e provvisorio, sprovvisti dell’attitudine al giudicato, anche rebus sic stantibus, e del connotato della definitività, in quanto suscettibili di essere modificati o revocati in ogni tempo, anche in assenza di sopravvenienze, dallo stesso giudice che li ha adottati.
3.- Il Procuratore Generale ha argomentato la proposta di rispondere in senso positivo al quesito formulato nell’ordinanza interlocutoria, osservando che “i provvedimenti limitativi o ablativi della responsabilità genitoriale, anche se adottati in via provvisoria, sono idonei a produrre, sin da subito e per un arco di tempo rilevante, pregiudizi non sempre riparabili nelle relazioni familiari del minore e ad incidere quindi su diritti personalissimi di rango costituzionale dello stesso, dovendosi ritenere esperibile il rimedio del ricorso straordinario. Nella medesima direzione ‒ prosegue il Procuratore Generale ‒ si rivolgono gli interventi normativi introdotti con la cosiddetta ‘riforma Cartabia’, la quale ha stabilito la ricorribilità per Cassazione, ai sensi dell’art. 111, comma 7, Cost., dei provvedimenti di reclamo limitativi della responsabilità genitoriale. Nonostante tale disposizione debba essere applicata unicamente ai procedimenti instaurati successivamente alla data del 28 febbraio 2023, le norme applicabili ratione temporis… devono essere interpretate nel senso di ammettere il rimedio del ricorso per cassazione, al fine di salvaguardare i diritti fondamentali del minore”.
4.- Queste Sezioni Unite ritengono di fare alcune puntualizzazioni preliminari.
4.1.- In primo luogo, la questione della esperibilità del mezzo straordinario di ricorso per cassazione, ex art. 111 comma 7 Cost., dev’essere riferita ai provvedimenti denominati de potestate, pronunciati – come nel caso di specie – nel corso di giudizi di separazione o scioglimento (o cessazione degli effettivi civili) del matrimonio, quando sussista la competenza del tribunale ordinario, ai sensi dell’art. 38 disp. att. c.c., nel testo più volte modificato (anche dalla recente riforma introdotta dalla legge 10 ottobre 2022, n. 149).
4.2.- In secondo luogo, il Collegio ritiene di non ritornare sull’orientamento delle Sezioni Unite (v. sentenza n. 32359 del 2018) seguito da alcune pronunce (tra le quali Cass., sez. VI n. 1668/2020, sez. I n. 82 e 9691/2022) che ha ammesso la proponibilità del ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell’art. 111, comma 7, Cost., avverso il decreto della corte di appello che, in sede di reclamo, conferma, revoca o modifica i provvedimenti de potestate emessi dal tribunale per i minorenni ai sensi degli artt. 330 e 333 c.c., ritenuti assistiti in tale ambito dal giudicato rebus sic stantibus.
Invero, benché non esista nel nostro sistema processuale una norma che imponga la regola dello stare decisis, essa costituisce, tuttavia, un valore o, comunque, una direttiva di tendenza immanente nell’ordinamento, stando alla quale non è consentito discostarsi da un’interpretazione del giudice di legittimità, investito istituzionalmente della funzione della nomofilachia, senza forti ed apprezzabili ragioni giustificative; in particolare, in tema di norme processuali, per le quali l’esigenza di un adeguato grado di certezza si manifesta con maggiore evidenza, ove siano compatibili con la lettera della legge due diverse interpretazioni, deve preferirsi quella sulla cui base si sia formata una iniziale tendenza applicativa nella giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. SU n. 13620/2012).
4.3.- In terzo luogo, la recente riforma (d.lgs. n. 149 del 2022) – che ha introdotto (nel titolo IV-bis del cod. proc. civ.) un nuovo rito unificato per tutti “i procedimenti relativi allo stato delle persone, ai minorenni e alle famiglie attribuiti alla competenza del tribunale ordinario, del giudice tutelare e del tribunale per i minorenni, salvo che la legge disponga diversamente e con esclusione dei procedimenti volti alla dichiarazione di adottabilità, dei procedimenti di adozione di minori di età e dei procedimenti attribuiti alla competenza delle sezioni specializzate in materia di immigrazione […]” (art. 473-bis c.p.c.) – non è applicabile ratione temporis nella controversia in esame (per espressa disposizione dell’art. 35, comma 1, del d.lgs. n. 149 del 2022, come modificato dalla legge n. 197 del 2022, che prevede l’applicazione delle disposizioni anteriormente vigenti ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023) e non è possibile anticiparne l’applicazione traendo da essa spunti interpretativi per orientare in senso convergente l’interpretazione della legge previgente.
Una simile operazione non potrebbe essere compiuta quando lo jus superveniens (come nel caso dell’art. 473-bis.24, comma 5, c.p.c. che ammette il “ricorso per cassazione ai sensi dell’articolo 111 della Costituzione” avverso numerosi provvedimenti temporanei, anche in corso di causa, purché reclamati, limitativi e anche conformativi dell’esercizio della responsabilità genitoriale) sia innovativo rispetto al diritto vigente (e vivente), nella specie formatosi su una disposizione costituzionale, qual è l’art. 111, comma 7, ritenuta immediatamente precettiva e interpretata dalle Sezioni Unite nei termini di cui si dirà, non essendo dato al giudice un simile potere di incidere sugli effetti applicativi della legge (cfr. SU n. 4135/2019, p. 21).
5.- Alla questione posta nell’ordinanza interlocutoria, nei termini precisati (sub 4.1), deve darsi risposta negativa.
6.- Questa Corte ha da tempo chiarito (con la nota sentenza delle Sezioni Unite n. 2953 del 1953), e poi ripetutamente ribadito, che un provvedimento, ancorché emesso in forma di ordinanza o di decreto, assume carattere decisorio quando pronuncia o, comunque, incide su diritti soggettivi con efficacia di giudicato, con la conseguenza che per essere impugnabile con ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell’art. 111, comma 7, Cost., il provvedimento giudiziario deve avere i caratteri della decisorietà nei termini sopra esposti nonché della definitività, in quanto non altrimenti impugnabile o comunque revocabile e modificabile (SU n.1914/2014; cfr. Corte cost. n. 89/2021, p. 7.2).
E’ affermazione ancora attuale quella secondo cui “le due condizioni devono coesistere, in quanto è irrilevante la decisorietà se il provvedimento è sempre modificabile e revocabile tanto per una nuova e diversa valutazione delle circostanze precedenti, quanto per il sopravvenire di nuove circostanze nonché per motivi di legittimità” (SU n. 6220/1986 con riferimento a provvedimenti camerali emessi dal tribunale per i minorenni, ex artt. 317-bis e 330 ss. c.c.).
In altri termini, il contenuto decisorio integrativo della prima condizione deve essere espressione di un potere giurisdizionale esercitato con carattere vincolante rispetto all’oggetto della pronuncia, in modo da garantirne l’immodificabilità da parte del giudice che ha pronunciato e l’efficacia del giudicato ex art. 2909 c.c.
7.- Non può dubitarsi che i provvedimenti emessi nel corso dei giudizi di separazione e divorzio siano temporanei e non definitivi, in quanto destinati ad essere assorbiti (espressamente o implicitamente) dalla sentenza, la quale è suscettibile di impugnazione nei modi ordinari, vale a dire tramite appello e poi ricorso ordinario per cassazione, ex art. 360 c.p.c. Il tribunale che li ha emessi, a prescindere dal rito adottato, non si spoglia della (e non vede esaurirsi la) potestas decdendi, ben potendo ritornare sulle decisioni precedentemente assunte (mai suscettibili di pregiudicare la decisione della causa, art. 279, comma 4, c.p.c.) sia nel corso del giudizio sia nella sentenza, rivalutando diversamente i fatti preesistenti o valutando fatti e motivi sopravvenuti.
8.- Non si verifica il fenomeno della consumazione dell’azione che sorregge il giudicato (anche rebus sic stantibus), e ciò è coerente sia con l’orientamento che esclude la proponibilità del ricorso straordinario ex art. 111, comma 7, Cost. avverso i provvedimenti presidenziali (pur reclamabili) ex art. 708 c.p.c. e quelli modificativi successivamente assunti nel corso del grado di giudizio (cfr. Cass., sez. I, n. 7266/2022, n. 12177/2011 e, nel senso della ricorribilità per cassazione limitatamente alla statuizione sulle spese, n. 9344 del 2023), sia con i principi generali del diritto pubblico, secondo i quali con la revoca si ha un rinnovato esercizio degli stessi poteri, e per gli stessi scopi normativi, che consentirono l’originaria emanazione degli atti revocabili.
9.- Argomenti favorevoli all’ammissibilità del mezzo di ricorso straordinario avverso i provvedimenti assunti in corso di causa, genericamente denominabili de potestate, in quanto negativamente incidenti sulla responsabilità genitoriale o ad essi strumentali o conseguenziali, non possono trarsi dall’orientamento (cfr. SU n. 32359/2018 cit.) che, dando continuità al revirement giurisprudenziale iniziato nell’anno 2016 (cfr. sez. I n. 1743, 1746 e 23633 e, poi, n. 19780/2018), ha attribuito ai provvedimenti emessi dal tribunale per i minorenni, ex artt. 330 e 333 c.c., l’attitudine al giudicato rebus sic stantibus in quanto (ritenuti) revocabili e modificabili solo in presenza di fatti sopravvenuti.
10.- A tal fine le citate sentenze del 2016 – valorizzando la già ricordata competenza del tribunale ordinario a pronunciarsi per attrazione (ex lege n. 219 del 2012, modificativa dell’art. 38 disp. att. c.c.) nell’ambito dei giudizi di separazione e divorzio (ex 337-bis c.c.) sui provvedimenti sospensivi, ablativi e reintegrativi della potestà genitoriale, altrimenti di competenza del tribunale per i minorenni – ritennero irragionevole considerare “definitive” in termini di attitudine al giudicato rebus sic stantibus le “sentenze” del tribunale ordinario relative ai figli nei giudizi di separazione e divorzio e “non definitive” le analoghe statuizioni ex artt. 330 ss. c.c. assunte dal tribunale per i minorenni, al fine di ammettere il ricorso straordinario per cassazione.
11.- Ora, sorvolando sul fatto che le menzionate “sentenze” del tribunale ordinario sono suscettibili di impugnazione ordinaria mediante appello e poi ricorso ordinario per cassazione, senza necessità di indagare sulla loro decisorietà e definitività (in termini di giudicato rebus sic stantibus), al nuovo orientamento era del tutto estranea la possibilità di considerare impugnabili con ricorso straordinario per cassazione i provvedimenti (ex art. 330 ss. c.c.) temporanei e non definitivi, quali sono quelli assunti in corso di causa dal tribunale ordinario, quando competente ex art. 38 disp. att. c.c. (infatti le sentenze n. 1743 e 1746 del 2016 dichiararono inammissibili i ricorsi avverso provvedimenti reclamati emessi da giudici minorili nell’ambito della procedura di decadenza di un genitore, affermando che si trattava “di una vicenda processale in primo grado non conclusa”).
12.- Un ulteriore argomento a sostegno della soluzione negativa qui condivisa ‒ ancor più solido se si considera che si tratta, nella specie, di provvedimenti assunti in corso di causa ‒ è dato dal regime di piena revocabilità e modificabilità dei provvedimenti camerali assunti, ex artt. 330 ss. (in part. 333, comma 2, e 336, comma 1) c.c. e 742 c.p.c., nel rispetto di tutte le garanzie processuali coerenti con la natura contenziosa della controversia, in mancanza di indicazioni normative volte a limitare l’ambito delle valutazioni che il giudice deve compiere nell’esercizio dello jus poenitendi (salvo quanto si dirà sub 19 a proposito della recente riforma).
13.- E’ ancora attuale il pensiero delle Sezioni Unite secondo cui “è vero che, fino alla revoca, i provvedimenti hanno una certa stabilità…. ma non si tratta della stabilità del giudicato. Questa è ritenuta dalla legge incongrua, con riguardo agli interessi tutelati, che esigono un continuo ed attento adeguamento del provvedimento alla realtà mutevole del minore… senza che si possa distinguere tra fatti già valutati e fatti sopravvenuti, perché la realtà della persona del minore è basata su un continuum di esperienze, dove il passato si salda al presente, nella prospettiva della futura maturazione (non per niente si parla di età evolutiva), per cui la valutazione deve essere complessiva e non soggetta allo sbarramento formale del giudicato” (SU n. 6220/1986; in senso conforme SU n. 11026/2003, quest’ultima condivisa da pronunce successive fino a Cass., sez. I, n. 2816/2022).
14.- E’ significativo che la Corte EDU, giudicando sul ricorso proposto da un padre che lamentava la violazione del diritto di visita del figlio minore a causa dell’opposizione della madre, abbia implicitamente ritenuto che la possibilità di ottenere la revoca e modifica del provvedimento giudiziario impugnato sia circostanza rilevante al fine di escludere la condizione (che integra il connotato della definitività secondo il diritto nazionale) del mancato esaurimento delle vie di ricorso interne che è prevista per la ricevibilità del ricorso da parte della Corte stessa (R.B. E M. c. Italia, n. 41382/19, 22 aprile 2021, § 44 ss.).
15.- L’ordinanza interlocutoria sollecita una rivisitazione dell’orientamento (cfr. Cass., sez. I, n. 24638/2021, n. 614/2022) che esclude la proponibilità del mezzo straordinario avverso provvedimenti temporanei emessi in materia minorile dal tribunale ordinario in corso di causa, assumendo che non vi sarebbe “possibilità alcuna di sottoporli ad una verifica giudiziaria” e che comunque “la loro revisione [sarebbe] destinata ad intervenire a distanza di tempo”. Da qui la proposta di interpretare il requisito della decisorietà, richiesto ai fini dell’ammissibilità del ricorso straordinario ex art. 111, comma 7, Cost., nel senso di “decisorietà di fatto”, sul presupposto che potrebbe “determinarsi, per lo stesso fluire del tempo, una perdita definitiva o un pregiudizio irreparabile” a diritti personalissimi e fondamentali, quali sono quelli dei minori.
16.- Questa impostazione non è condivisibile.
17.- Si è già detto che si tratta di provvedimenti revocabili e modificabili in ogni tempo, insuscettibili di giudicato rebus sic stantibus (nel qual caso la revoca e modifica sarebbe condizionata alla sopravvenienza di fatti nuovi). Le difficoltà pratiche implicitamente paventate di ottenere la modifica o revoca (che, peraltro, vi è stata nel caso in esame), riguardando l’organizzazione degli uffici giudiziari e la professionalità dei magistrati addetti alla trattazione del contenzioso in materia minorile, non possono giustificare la rivisitazione delle condizioni di accesso diretto al giudizio di legittimità in una direzione ampliativa che non sarebbe poi agevole contenere ratione materiae, anche in considerazione delle oggettive difficoltà di discernere ‒ tra i molteplici ed eterogenei provvedimenti annoverabili nel genus di quelli (che hanno assunto o potrebbero assumere la denominazione) de potestate ‒ quali siano suscettibili di ricorso straordinario diretto e quali non lo siano.
18.- La nozione di definitività va intesa in senso processuale, come attitudine del provvedimento a divenire immodificabile, cioè ad assumere i caratteri del giudicato quantomeno rebus sic stantibus, consentendo al giudice di tornare sul provvedimento emesso, valutando solo le nuove circostanze sopravvenute e sottraendogli il potere di rivalutare i fatti già esaminati o preesistenti ma ignorati.
Tuttavia, a provvedimenti temporanei, come nella specie, revocabili e modificabili in corso di causa dallo stesso giudice che li ha emessi – quand’anche in ipotesi reclamati – non è possibile attribuire la forza del giudicato, in mancanza di indicazioni normative che limitino l’ambito delle doglianze di parte e il quomodo dello jus poenitendi del giudice. Non è possibile pensare – nell’ottica del preminente interesse del minore – che il tribunale sia vincolato alla propria precedente decisione, anche se si convinca dell’errore commesso nella scelta delle misure adottate o semplicemente dell’opportunità di modificarle, rivalutando i fatti passati anche in mancanza (o alla luce) di fatti nuovi.
19.- Sono quindi condivisibili le indicazioni di una autorevole dottrina che, dopo la recente riforma, suggerisce di interpretare estensivamente il nuovo art. 473-bis.23 c.p.c. che prevede la modifica dei provvedimenti “temporanei e urgenti” “in presenza di fatti sopravvenuti o nuovi accertamenti istruttori” da parte del collegio o del giudice delegato, cioè di giudici di merito che, a contatto con le parti e a conoscenza dei fatti, sono in condizione di adottare le misure più idonee a fronteggiare le situazioni di crisi familiare nell’interesse preminente dei minori.
20.- Neppure potrebbe ammettersi il ricorso straordinario limitatamente alle questioni di diritto trattate nei motivi di ricorso per un duplice ordine di considerazioni. In primo luogo, non si potrebbe condizionare la qualifica del provvedimento (cioè l’indagine sulla sua decisorietà e definitività) al tipo di motivo sollevato con il ricorso, perché la qualifica è un dato anteriore che condiziona la stessa ammissibilità del ricorso.
In secondo luogo, la predetta tesi – se volta a contenere l’ambito delle censure proponibili con il ricorso per cassazione avverso i provvedimenti diversi dalle sentenze – ha perso di attualità una volta che, con la riforma del 2006 (d.lgs. n. 40 del 2006, cfr. art. 360, comma 4, c.p.c.), il ricorso straordinario è proponibile per tutti i motivi di cui al primo comma dell’art. 360 c.p.c.
21.- In realtà, ritenere che un provvedimento giurisdizionale sia suscettibile di conseguire l’efficacia del giudicato e cioè di diventare definitivo in base agli indici rivelatori della sua decisorietà (o al grado di decisorietà o incisività) su diritti soggettivi o status è una petizione di principio.
22.- Se i provvedimenti diversi dalle sentenze sono suscettibili di ricorso straordinario per cassazione, ex art. 111, comma 7, Cost., a condizione che siano definitivi (oltre che decisori), il connotato della definitività non può dipendere dalla natura dell’interesse sottostante o dalla gravità della incidenza su di esso del provvedimento o dei vizi dedotti, profili questi, sul piano teorico, incompatibili con la definizione degli ambiti di competenza degli organi giurisdizionali (e della stessa Corte di cassazione) e, sul piano fattuale, forieri di incertezze, in quanto affidati a valutazioni contingenti e soggettive (ad esempio, facendo impropriamente coincidere la nozione processuale di definitività con la “tendenziale stabilità” del provvedimento, cfr. Cass., sez. I, n. 6802/2023 in procedimento ex art. 337-ter, comma 3, c.c.).
23.- La tesi che si mostra disponibile a misurare l’ammissibilità del ricorso straordinario, ex art. 111, comma 7, Cost., in relazione al tipo di violazione e pregiudizio prospettati in concreto (in tal senso parrebbe Cass. sez. I n. 4796/2022), non può giovarsi del nuovo art. 391- quarter c.p.c. che, infatti, ha apprestato un diverso rimedio, nell’ottica della tutela dei diritti di fonte convenzionale Cedu, introducendo una ipotesi speciale di revocazione in vicende processuali in cui la Corte EDU ha accertato che decisioni passate in giudicato hanno pregiudicato un diritto di stato della persona, a condizione che l’equa indennità eventualmente accordata dalla Corte stessa non sia idonea a compensare le conseguenze della violazione.
24.- Inoltre, non si dovrebbe prescindere ‒ per quanto si è poc’anzi osservato ‒ da una esatta identificazione e caratterizzazione dei provvedimenti in termini contenutistici, ai fini del giudizio sulla loro impugnabilità ex art. 111, comma 7, Cost., operazione non agevole. In mancanza di indicazioni al riguardo nell’ordinanza interlocutoria, si potrebbe ritenere che rientrino nel novero di tali provvedimenti tutti quelli astrattamente suscettibili di essere denominati come de potestate, espressione tuttavia vaga e sfuggente, in quanto riferibile a provvedimenti temporanei di varia tipologia: a quelli (provvisoriamente) limitativi (es. di sospensione), ablativi (es. di decadenza) e reintegrativi della responsabilità genitoriale (art. 330 ss. c.c.), ma anche a provvedimenti con funzione strumentale e accessoria, innominati ed eterogenei (tra i quali quelli “convenienti” secondo l’espressione dell’art. 333 c.c.), assunti dal giudice in presenza di inadeguatezze genitoriali o di condotte pregiudizievoli per i figli o di conflitti familiari non risolubili altrimenti.
Si pensi, tra i tanti provvedimenti che potrebbero configurarsi nella pratica, a quelli che dispongono la sospensione o la limitazione degli (o varie forme di vigilanza sugli) incontri tra i genitori e il figlio, l’allontanamento del genitore dalla residenza familiare, il collocamento provvisorio del minore in strutture di recupero, la previsione di misure di sostegno psicologico e monitoraggio da parte dei servizi sociali per favorire il percorso di recupero delle competenze genitoriali e l’armonico sviluppo delle relazioni con i figli, ecc., ma si pensi anche ai provvedimenti meramente conformativi delle modalità concrete di esercizio della responsabilità genitoriale e di affidamento della prole, ex artt. 337-bis ss. c.c. (cfr., a titolo esemplificativo, Cass. n. 1568/2022 nel senso della non ricorribilità ex art. 111 Cost. in un caso di autorizzazione del genitore ad iscrivere il minore presso una scuola straniera e, in senso opposto, Cass. n. 6802/2023 in tema di frequenza dell’ora di religione).
25.- In conclusione, si deve enunciare il seguente principio: i provvedimenti cd. de potestate adottati dal tribunale ordinario, quando competente ai sensi dell’art. 38 disp. att. c.c., nel corso dei giudizi aventi ad oggetto la separazione e lo scioglimento (o cessazione degli effettivi civili) del matrimonio, nel sistema normativo antecedente alla riforma di cui al d.lgs. n. 149 del 2022 (cfr. art. 473-bis.24, commi 2 e 5, c.p.c.), non sono impugnabili con il ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell’art. 111, comma 7, della Costituzione, trattandosi di provvedimenti temporanei incidenti su diritti soggettivi (in tal senso decisori) ma non definitivi, in quanto privi di attitudine al giudicato seppur rebus sic stantibus, essendo destinati ad essere assorbiti nella sentenza conclusiva del grado di giudizio e, comunque, revocabili e modificabili in ogni tempo per una nuova e diversa valutazione delle circostanze di fatto preesistenti o per il sopravvenire di nuove circostanze.
6.- Pertanto, il ricorso è inammissibile, anche nella parte in cui censura la condanna al risarcimento del danno irrogata alla ricorrente e a favore di Cimmino, ex art. 709-ter, comma 2, c.p.c., avendo questa Corte ammesso la ricorribilità per cassazione di analoghi provvedimenti risarcitori e sanzionatori all’esito della fase del reclamo (cfr. Cass. sez. I n. 16980/2018, n. 4176/2014, n. 18977/2013) che, nella specie, non v’è stata (sono invece privi dei connotati di decisorietà e definitività i provvedimenti, meramente esortativi e non decisori, di ammonimento di uno dei genitori: in tal senso, condivisibilmente, Cass. sez. I n. 22100/2022, n. 4176/2014 cit.).
27.- Le spese devono essere compensate, in considerazione della complessità della questione esaminata.