In materia di gare d’appalto e nello specifico in materia di interpretazione del principio di autodeterminazione dei concorrenti, la regola di cui all’art. 106 del codice n. 50 del 2016 – presuppone che il contratto sia stato concluso e non consente invece all’aggiudicatario di stipulare un contratto dal contenuto divergente (quanto al prezzo o alle prestazioni da effettuare) da quello determinato sulla base del provvedimento di aggiudicazione.
Da un lato, l’aggiudicatario non può fondatamente chiedere la determinazione del prezzo in misura superiore a quella conseguente alle valutazioni effettuate nel corso del procedimento di gara, dall’altro, non può fondatamente pretendere di eseguire la fornitura con un aliud pro alio.
Sotto tale aspetto, vanno richiamati i principi concernenti lo svolgimento delle gare d’appalto di fornitura.
Il partecipante alla gara, quale operatore del settore, ha l’onere di attenersi al principio di autodeterminazione, nel senso che – sino alla conclusione del contratto – deve avere una condotta coerente con la propria offerta e non può pretendere che l’Amministrazione sia tenuta a concludere un contratto più oneroso o che preveda prestazioni diverse da quelle determinate con l’atto di aggiudicazione.
Inoltre, deve ribadirsi il pacifico orientamento giurisprudenziale, per il quale non occorre un formale avviso di avvio del procedimento, quando vi siano state precedenti interlocuzioni con l’Amministrazione, dalle quali si desume che l’atto finale non avrebbe potuto essere considerato ‘a sorpresa’ (per tutte, Cons. Stato, Sez. VI, 6 aprile 2020, n. 2254; Sez. V, 20 giugno 2019, n. 4241; Sez. VI, 7 giugno 2018, n. 3454).
TAR LAZIO – ROMA, II TER – sentenza 09.10.2023 n. 14934
- La Fondazione Bioparco (ente vigilato da Roma Capitale, cui è stata affidata la gestione del giardino zoologico della Capitale):
– in data 16 marzo 2022, ha indetto una gara europea ‘aperta accelerata’ (suddivisa in tre lotti), per l’affidamento della fornitura in somministrazione di derrate alimentari per gli animali ospitati presso il bioparco di Roma, con il criterio di aggiudicazione del minor prezzo;
– in data 1° agosto 2022, con l’atto n. 494, ha aggiudicato il lotto 2 (CIG 9150439D21, per il valore stimato di euro 455.220) alla società ricorrente;
– in data 3 marzo 2023, ha disposto la revoca della aggiudicazione di data 1° agosto 2022.
- Con il ricorso indicato in epigrafe, la società ha impugnato l’atto con cui in data 3 marzo 2023 la Fondazione ha revocato l’aggiudicazione, nonché il bando di gara, qualora debba essere interpretato nel senso di non ammettere variazioni alle condizioni contrattuali, ed ha chiesto l’accertamento del suo diritto di ottenere la revisione dei prezzi da parte della stazione appaltante.
- Il ricorso si compone di nove motivi, con cui è stata lamentata la sussistenza di molteplici profili di eccesso di potere, di violazione del bando di gara e di violazione di legge.
- In data 7 luglio 2023, la Fondazione intimata si è costituita in giudizio, ha eccepito l’inammissibilità del ricorso ed ha chiesto che comunque il ricorso sia respinto, perché infondato.
La società ricorrente ha depositato una memoria, con cui ha insistito nelle sue conclusioni.
- Ritiene il Collegio che il ricorso è infondato e va respinto, sicché si può prescindere dall’esame dell’eccezione di inammissibilità del ricorso, formulata dalla Fondazione Bioparco.
- In punto di fatto, va premesso che la società ricorrente:
– ha dedotto che vi è stato il ‘repentino mutamento del mercato globale (aumento del costo dell’energia e dei trasporti, riscaldamento globale, conflitto in Ucraina)’ e la ‘necessità di variare alcune specie da fornire (lo sperlano, lo spratto e le aringhe) a causa dell’impossibilità di reperire le stesse’;
– ha rilevato che in data 25 novembre 2011 vi è stata ‘una riunione tra l’operatore economico e la Fondazione, a cui ha fatto seguito in data 26.11.2022 l’invio di un prezziario aggiornato alle condizioni di mercato’;
– ha rilevato che la Fondazione, con nota del 26 gennaio 2023, non ha accolto le ‘innovazioni prospettate dall’operatore’, poiché le deduzioni della società risultavano generiche ed i prezzi non congruenti con quelli praticati dal gestore uscente;
– in data 3 febbraio 2023, ha formulato un’istanza per la modifica delle condizioni contrattuali, ovvero per la revisione del prezzo, motivata dall’esigenza di trovare una soluzione condivisa per superare la problematica concernente l’impossibilità di reperire alcuni prodotti ittici da fornire.
Con l’impugnato provvedimento n. 168 del 3 marzo 2023, la Fondazione Bioparco:
- a) ha revocato l’aggiudicazione, rilevando che le ‘modifiche contrattuali’ sono ammissibili dopo la stipula del contratto ed aggiungendo che comunque non è ammissibile la sostituzione delle specie ittiche da fornire, in considerazione della dieta degli animali e, inoltre, che il fornitore uscente ha praticato prezzi più bassi di quelli prospettati dalla società;
- b) ha disposto l’incameramento della cauzione provvisoria, il recupero delle spese della pubblicazione e la segnalazione del provvedimento all’ANAC.
- Ciò premesso, si può passare all’esame dei nove motivi del ricorso.
6.1. Con il primo motivo, è lamentata la violazione dell’art. 106 del codice degli appalti n. 50 del 2016, dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 e dell’art. 97 della Costituzione, oltre la sussistenza di vari profili di eccesso di potere.
La società – richiamando alcuni precedenti giurisprudenziali e anche la sentenza della Corte di Giustizia, sez. VIII, del 7 settembre 2016, in C. 549/14 – ha invocato un principio generale, che sarebbe stato violato dalla Fondazione, secondo cui dovrebbe essere adeguato il contenuto del contratto alle sopravvenienze verificatesi dopo l’indizione della gara e prima della stipula del contratto.
Essa ha anche dedotto che intende concludere un contratto ‘materialmente eseguibile e non anche un contratto con una fornitura impossibile anche se solo temporaneamente’.
6.2. Con il secondo motivo, è dedotta la violazione dell’art. 68 del codice dei contratti pubblici n. 50 del 2016 sul cd. principio di equivalenza, oltre la sussistenza di profili di eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, poiché sarebbe ben possibile modificare la somministrazione del prodotto agli animali, in quanto previsto a pagina 7 del disciplinare di gara: la dieta degli animali potrebbe essere modificata in base alle contingenze del mercato.
La società ha anche impugnato il bando di gara, qualora sia da interpretare nel senso di escludere la possibilità di revisionare le condizioni contrattuali.
6.3. Con il terzo motivo, è lamentata per altri aspetti la violazione delle disposizioni sopra richiamate e la sussistenza di profili di eccesso di potere, poiché la Fondazione – in assenza della adeguata istruttoria – avrebbe erroneamente attribuito rilievo al fatto che il fornitore uscente sarebbe riuscito a concordare un ‘prezzo più basso dei prodotti di quanto prospettato dalla ricorrente’.
Ad avviso della società ricorrente, rileverebbero le realtà del mercato dei prodotti ittici surgelati, la cui fornitura avviene con acquisti che possono precedere ‘anche di oltre un anno’ l’effettiva consegna delle merci alla stazione appaltante.
Il precedente fornitore – anche in base ai guadagni nel frattempo maturati – si starebbe dunque avvalendo dei prezzi a suo tempo concordati, prima del conflitto in Ucraina e dell’aumento dei prezzi dell’energia e del carburante, a differenza della ricorrente, che dovrebbe procurarsi sul mercato prodotti ‘irreperibili a causa del rincaro dei costi dell’energia e dei trasporti ed in considerazione dell’inflazione che sta caratterizzando gli ultimi mesi del 2022 ed i primi mesi del 2023’.
6.4. Con il quarto motivo, è lamentata la violazione dell’art. 30, comma 8, del codice dei contratti pubblici n. 50 del 2016, nonché la violazione degli articoli del codice civile riguardanti il comportamento delle parti secondo buona fede e correttezza (artt. 1137, 1374 e 1375).
Ad avviso della ricorrente, la Fondazione avrebbe violato il dovere di collaborazione, per il quale, quando vi è un’alterazione del rapporto sinallagmatico, va rinegoziato il contenuto contrattuale.
6.5. Con il quinto motivo, è dedotta la violazione degli articoli 3 e 21 quinquies della legge n. 241 del 1990, poiché la revoca doveva essere preceduta dall’avvio di comunicazione del procedimento.
6.6. Con il sesto motivo, è dedotta la violazione dell’articolo 1, comma 1 e comma 2 bis, della legge n. 241 del 1990, poiché la Fondazione avrebbe violato i principi di buona fede e del legittimo affidamento, dal momento che la società ‘confidava nella stipula del contratto a condizioni compatibili con le sopravvenienze di mercato’.
6.7. Con il settimo motivo, è chiesto l’accertamento del ‘diritto della ricorrente alla revisione dei prezzi da parte della stazione appaltante, ovvero alle modifiche delle condizioni contrattuali’, sulla base delle deduzioni contenute nei precedenti motivi.
6.8. Con l’ottavo motivo, è lamentata la violazione dell’articolo 93, comma 5, del codice n. 50 del 2016, dell’art. 298 del d.P.R. n. 307 del 2010, degli articoli 3, 7, 21 quinques e 21 nonies della legge n. 241 del 1990 e dell’art. 97 della Costituzione.
La società ha dedotto che la Fondazione non avrebbe potuto escutere la cauzione provvisoria, poiché essa era efficace per 180 giorni (per un’offerta presentata il 19 dicembre 2017) e non è stata rinnovata, sicché doveva considerarsi scaduta alla data del provvedimento impugnato.
Inoltre, l’escussione non potrebbe essere disposta quando il rifiuto di sottoscrivere il contratto sia dipeso dalla ‘modificazione postuma di talune condizioni contrattuali tali da rimettere in discussione la convenienza del contratto’.
6.9. Con il nono motivo, proposto in via subordinata, la società ha lamentato la violazione dell’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990 e dell’art. 97 della Costituzione, poiché quanto meno il provvedimento impugnato avrebbe dovuto essere qualificato come ‘decadenza’ e non come ‘revoca’ dell’aggiudicazione, con la conseguenza che – in assenza di ogni responsabilità della società – non si sarebbe dovuta trasmettere la segnalazione all’ANAC.
- Ritiene il Collegio che le censure così sintetizzate vadano esaminate congiuntamente, per la loro stretta connessione, poiché tutte rivolte contro la determinazione della Fondazione Bioparco di prendere atto della mancata volontà della società ricorrente di concludere il contratto di fornitura, a seguito della aggiudicazione della gara.
- Le medesime censure risultano infondate e vanno respinte.
8.1. È decisivo considerare che le disposizioni richiamate dalla società ed i principi invocati nel ricorso (sul rilievo della buona fede, della correttezza e della collaborazione delle parti) sono senz’altro rilevanti nella fase di esecuzione del contratto, anche quando si tratti dell’esecuzione del contratto d’appalto di fornitura.
Qualora sia sorto il rapporto contrattuale, esso è senz’altro regolato dai principi civilistici, per il rispetto dei quali, di regola, sussiste la giurisdizione del giudice civile.
8.2. Nel caso di specie, è pacifico che le parti non abbiano sottoscritto alcun contratto.
La Fondazione Bioparco, all’esito della gara d’appalto (alla quale hanno partecipato tre società), ha disposto l’aggiudicazione nei confronti della società ricorrente, dopo aver constatato – nel corso della gara – la sussistenza dei requisiti di partecipazione ed aver attribuito i punteggi, sulla base delle relative offerte.
Ciò comporta che la Fondazione Bioparco del tutto legittimamente ha sollecitato la società a concludere il contratto in conformità con le risultanze della gara.
Ogni diverso comportamento avrebbe comportato l’alterazione della par condicio tra le società partecipanti.
Infatti, qualora l’aggiudicatario non intenda concludere il contratto sulla base dell’aggiudicazione, la stazione appaltante deve tenere in considerazione le posizioni degli altri partecipanti alla gara, potendo determinarsi nel senso di valutare progressivamente le loro offerte.
Vanno pertanto respinte le censure per le quali la Fondazione Bioparco si sarebbe comportata da ‘scorretto contraente’, nonché quelle che hanno invocato le regole sulla revisione dei prezzi.
Infatti, tali regole – come quelle contenute nell’art. 106 del codice n. 50 del 2016 – presuppongono che il contratto sia stato concluso e non consentono invece all’aggiudicatario di stipulare un contratto dal contenuto divergente (quanto al prezzo o alle prestazioni da effettuare) da quello determinato sulla base del provvedimento di aggiudicazione.
Da un lato, l’aggiudicatario non può fondatamente chiedere la determinazione del prezzo in misura superiore a quella conseguente alle valutazioni effettuate nel corso del procedimento di gara, dall’altro, non può fondatamente pretendere di eseguire la fornitura con un aliud pro alio.
Sotto tale aspetto, vanno richiamati i principi concernenti lo svolgimento delle gare d’appalto di fornitura.
Il partecipante alla gara, quale operatore del settore, ha l’onere di attenersi al principio di autodeterminazione, nel senso che – sino alla conclusione del contratto – deve avere una condotta coerente con la propria offerta e non può pretendere che l’Amministrazione sia tenuta a concludere un contratto più oneroso o che preveda prestazioni diverse da quelle determinate con l’atto di aggiudicazione.
8.3. La Fondazione Bioparco si è dunque doverosamente attenuta alle previsioni dell’art. 93, comma 6, del codice n. 50 del 2016 e a quelle dell’art. 9 del disciplinare di gara, per le quali, nel caso di rifiuto a stipulare il contratto, vanno disposte la revoca dell’aggiudicazione, l’escussione della cauzione provvisoria e la segnalazione all’ANAC.
Inoltre, la Fondazione si è attenuta al principio per il quale il partecipante alla gara non può presentare un’offerta difforme da quanto richiesto dal bando (cfr. l’art. 106, comma 4, del codice n. 50 del 2016), principio che sarebbe stato eluso, qualora essa avesse consentito di modificare l’offerta dopo la formale aggiudicazione.
8.4. Peraltro, ad avviso del Collegio risultano ragionevoli le ulteriori considerazioni, poste dalla Fondazione a base dell’atto impugnato.
Pur potendosi limitare a richiamare le regole sulla rilevanza dell’aggiudicazione e sul divieto di concludere un contratto difforme rispetto a quello previsto con l’aggiudicazione, la Fondazione ha esplicitato le ulteriori ragioni ‘sostanziali’, volte ad evidenziare la ‘ragionevolezza’ dell’atto di revoca:
– le esigenze della dieta degli animali, rispetto alle quali non si sarebbero potute accettare le proposte di modifica, unilateralmente indicate dall’aggiudicatario;
– la realtà del mercato, la quale ha comunque consentito al fornitore precedente di reperire le varietà ittiche richieste in sede di gara.
8.5. Vanno infine respinte le censure sulla inadeguatezza del procedimento e sulla violazione delle regole sull’avviso di avvio del procedimento, poiché l’atto di revoca è stato preceduto da plurime interlocuzioni con la stazione appaltante, la quale ha sollecitato il rispetto di quanto previsto nell’atto di aggiudicazione.
Va dunque richiamato il pacifico orientamento giurisprudenziale, per il quale non occorre un formale avviso di avvio del procedimento, quando vi siano state precedenti interlocuzioni con l’Amministrazione, dalle quali si desume che l’atto finale non avrebbe potuto essere considerato ‘a sorpresa’ (per tutte, Cons. Stato, Sez. VI, 6 aprile 2020, n. 2254; Sez. V, 20 giugno 2019, n. 4241; Sez. VI, 7 giugno 2018, n. 3454).
- Le considerazioni che precedono comportano l’infondatezza sia degli otto motivi formulati in via principale, sia del nono motivo, proposto in via subordinata.
Il ricorso va pertanto respinto.
- Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.