Nota a Cass. civ., II, II, ord., 20.10.2023, n. 29182
Con l’ordinanza n. 29182 del 2023 la II sezione della Corte di Cassazione affronta la questione relativa al dovere di diligenza dell’avvocato nel rapporto con il proprio cliente.
Alla base della responsabilità professionale dell’avvocato c’è il contratto con il cliente, in forza del quale il professionista si impegna a prestare la propria opera professionale.
La responsabilità professionale dell’avvocato presuppone la violazione di un dovere di diligenza, da commisurare alla natura dell’attività esercitata. Tale responsabilità trova la sua fonte negli artt. 1176, 1218 e 2236 del codice civile.
Nella prestazione dell’attività professionale l’avvocato è obbligato, a norma dell’art. 1176, comma 2, c.c.: “Nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata”. Per valutare la diligenza dell’avvocato occorre fare riferimento non alla diligenza del buon padre di famiglia ma al riferito parametro di cui all’art. 1176, comma 2, c.c.
La violazione di tale dovere comporta inadempimento contrattuale del quale il professionista è chiamato a rispondere anche per colpa lieve, salvo che nel caso in cui, a norma dell’art. 2236 c.c., la prestazione dedotta in contratto implichi la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà perché in tali casi la responsabilità del professionista è attenuata, configurandosi solo nel caso di dolo o colpa grave.
L’obbligo di diligenza dell’avvocato ex artt. 1176, co. 2, e 2236 c.c. si estrinseca nei doveri di informazione, sollecitazione e dissuasione verso il cliente.
In particolare, l’avvocato, sia all’atto del conferimento del mandato che nel corso dello svolgimento del rapporto, è tenuto a richiedere al cliente che gli fornisca tutti gli elementi necessari o utili in suo possesso al fine del corretto svolgimento dell’incarico. Ha, inoltre, il dovere di indicare al cliente tutte le questioni di fatto e di diritto che si frappongono al conseguimento del risultato o che comunque sono fattori di rischio di effetti dannosi, a sconsigliarlo dall’intraprendere o proseguire un giudizio dal probabile esito sfavorevole.
La responsabilità del professionista non è esclusa per il solo fatto che il cliente gli abbia conferito la procura alle liti, poiché il conferimento di tale potere non è un indice univoco del fatto che il cliente sia stato compiutamente informato di tutte le circostanze indispensabili per una decisione pienamente consapevole sull’opportunità o meno d’iniziare un processo o intervenire in giudizio.
Massima:
Nell’adempimento dell’incarico professionale conferitogli l’obbligo di diligenza dell’avvocato da osservare ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 1176, comma 2, e 2236 c.c si estrinseca nei doveri di informazione, sollecitazione e dissuasione verso il cliente.
In particolare l’avvocato, sia all’atto del conferimento del mandato che nel corso dello svolgimento del rapporto, è tenuto a richiedere al cliente che gli fornisca tutti gli elementi necessari o utili in suo possesso al fine del corretto svolgimento dell’incarico. Ha, inoltre, il dovere di indicare al cliente tutte le questioni di fatto e di diritto che si frappongono al conseguimento del risultato o che comunque sono fattori di rischio di effetti dannosi, a sconsigliarlo dall’intraprendere o proseguire un giudizio dal probabile esito sfavorevole.
La responsabilità del professionista non è esclusa per il solo fatto che il cliente gli abbia conferito la procura alle liti, poiché il conferimento di tale potere non è un indice univoco del fatto che il cliente sia stato compiutamente informato di tutte le circostanze indispensabili per una decisione pienamente consapevole sull’opportunità o meno d’iniziare un processo o intervenire in giudizio