Cassazione penale, Sez. VI, sentenza 8 novembre 2023, n. 45096
PRINCIPIO DI DIRITTO n.1
Sono noti i principi da tempo dettati in tema di motivazione rafforzata, secondo i quali la sentenza di appello di riforma totale del giudizio assolutorio di primo grado deve confutare specificamente, pena altrimenti il vizio di motivazione, le ragioni poste dal primo giudice a sostegno della decisione assolutoria, dimostrando puntualmente;insostenibilità sul piano logico e giuridico degli argomenti più rilevanti della sentenza di primo grado, anche avuto riguardo ai contributi eventualmente offerti dalla difesa nel giudizio di appello, e deve quindi corredarsi di una motivazione che, sovrapponendosi pienamente a quella della decisione riformata, dia ragione delle scelte operate e della maggiore considerazione accordata ad elementi di prova diversi o diversamente valutati (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005,Mannino, Rv. 231679; Sez. 6, n. 6221 del 20/04/2005, dep. 2006, Aglieri, Rv. 233083).
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
Gli ulteriori motivi di ricorso possono essere trattati congiuntamente, in quanto strettamente connessi, atteso che l’eccezione di natura processuale formulata interseca e ha diretta ricaduta sulla completezza della motivazione e sulla denunciata mancanza di motivazione rafforzata. Sono noti i principi da tempo dettati in tema di motivazione rafforzata, secondo i quali la sentenza di appello di riforma totale del giudizio assolutorio di primo grado deve confutare specificamente, pena altrimenti il vizio di motivazione, le ragioni poste dal primo giudice a sostegno della decisione assolutoria, dimostrando puntualmente l’insostenibilità sul piano logico e giuridico degli argomenti più rilevanti della sentenza di primo grado, anche avuto riguardo ai contributi eventualmente offerti dalla difesa nel giudizio di appello, e deve quindi corredarsi di una motivazione che, sovrapponendosi pienamente a quella della decisione riformata, dia ragione delle scelte operate e della maggiore considerazione accordata ad elementi di prova diversi o diversamente valutati (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231679; Sez. 6, n. 6221 del 20/04/2005, dep. 2006, Aglieri, Rv. 233083). A tali principi si è attenuta la Corte di appello, che ha disposto la rinnovazione istruttoria, procedendo a visionare in contraddittorio le videoriprese e a disporre l’audizione dei minori, destinatari delle aggressioni verbali e fisiche della ricorrente, al fine di colmare le lacune e risolvere le incongruenze e le contraddizioni ravvisate nel ragionamento del giudice di primo grado. In particolare, la Corte di appello ha ribaltato il giudizio assolutorio alla luce dell’approfondimento istruttorio disposto, assegnando centralità alle videoriprese, svalutate e interpretate in modo non corretto dal primo giudice, che aveva minimizzato i comportamenti e gli atteggiamenti verbali della ricorrente, ritenendoli bilanciati e contraddetti da atteggiamenti affettuosi verso gli alunni.
L’onere di motivazione rafforzata viene in rilievo in settori particolarmente nevralgici dell’ordinamento, nel penale, nell’amministrativo e anche in parte nel civile. Così, la motivazione della sentenza deve essere particolarmente corroborata, specifica e analitica in tema di misure cautelari privative o limitative della libertà della libertà personale, oppure (sull’insegnamento delle celebri Sezioni Unite “Dasgupta”) qualora il giudice di secondo grado ritenga di riformare in sentenza di condanna l’assoluzione ottenuta dall’imputato in primo grado. Tale onere in capo al giudice di motivazione rafforzata su tale ultimo frangente concettuale si pone in stretta connessione col divieto di reformatio in pejus in appello, poiché medesimo è il fondamento dei due principi giuridici: la tutela dell’imputato, secondo quel principio di diritto sostanziale del favor rei, cui a sua volta si riconnette l’assai più rigoroso esame eziologico-causale, “al di là di ogni ragionevole dubbio”, rispetto al criterio civilistico del “più probabile che non”. Anche in certi settori del diritto amministrativo la giurisprudenza richiede una motivazione rafforzata: in materia di impatto ambientale e di rifiuti, in tema di limitazione alla retroattività della pronuncia giudiziale di annullamento del provvedimento, in tema di incisione sui diritti fondamentali dell’individuo. Così, parimenti, nel diritto di famiglia, in tema di affidamento di minori, specie se vittime di abusi, massima deve essere la scrupolosità della sentenza del giudice.
PRINCIPIO DI DIRITTO N.2
l’abuso dei mezzi di correzione presuppone l’uso non appropriato di metodi o comportamenti correttivi, in via ordinaria consentiti, quali;esclusione temporanea dalle attività ludiche o didattiche,;obbligo di condotte riparatorie o forme di rimprovero non riservate (Sez. 6, n. 11777 del
16 Novembre 2023 pag. 6 Rv. 278744), mentre;uso sistematico della violenza quale metodo
di trattamento del minore, anche se sostenuto da animus corrigendi, non può rientrare
nella fattispecie di abuso di mezzi di correzione, ma concretizza gli estremi del più grave
reato di maltrattamenti.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
La motivazione risulta completa anche in ordine alla non riconducibilità delle condotte
nell’ipotesi di cui all’art. 571 c.p. per l’incompatibilità delle condotte aggressive con il potere correttivo e il metodo educativo. La prospettazione è stata respinta con motivazione
corretta, conforme all’orientamento di questa Corte, secondo il quale l’uso della violenza per fini correttivi o educativi non è mai consentito, atteso che l’abuso dei mezzi di
correzione presuppone l’uso non appropriato di metodi o comportamenti correttivi, in via
ordinaria consentiti, quali l’esclusione temporanea dalle attività ludiche o didattiche,
l’obbligo di condotte riparatorie o forme di rimprovero non riservate (Sez. 6, n. 11777 del
21/01/2020, 16 Novembre 2023 pag. 6 Rv. 278744), mentre l’uso sistematico della violenza quale metodo di trattamento del minore, anche se sostenuto da animus corrigendi, non può rientrare nella fattispecie di abuso di mezzi di correzione, ma concretizza gli estremi del più grave reato di maltrattamenti. Esula, infatti, dal perimetro applicativo della fattispecie
incriminatrice dell’abuso di mezzi di correzione o di disciplina in ambito scolastico
qualunque forma di violenza fisica o psichica, ancorchè sostenuta da animus corrigendi,
atteso che le condotte connotate da modalità aggressive sono incompatibili con l’ esercizio
lecito del potere correttivo ed educativo – che mai deve deprimere l’armonico sviluppo della
personalità del minore – lì dove l’abuso ex art. 571 c.p. presuppone l’eccesso nell’uso di
mezzi che siano in sè giuridicamente leciti (Sez. 6, n. 13145 del 03/03/2022, Rv. 283110).
Il principio di diritto, consolidatissimo nella recente giurisprudenza di legittimità e di merito, risponde all’esigenza di tutelare da qualsivoglia forma di manifestazione del comportamento abusivo del mezzo di correzione: si pensi allo schiaffo, in epoca fascista reputato ordinario mezzo di correzione, ove invece, mutato il quadro giuridico, sociale ed ermeneutico di riferimento, diverso è il valore che tale gesto oggi assume. In linea generale la giurisprudenza tende a elevare il grado di gravità della violenza. Il riferimento è alle forme di punizione imposte da bidelle e maestre, ove il capo di imputazione era stato formulato nei termini dell’art. 571 c.p. Tale riflessione si riconnette al più generale precetto, di cui alle Preleggi, sull’interpretazione evolutiva delle norme, a riprova di come il diritto studia in primo luogo i comportamenti umani e risente comunque dei mutamenti storici e sociali. Lo specifico delitto di abuso dei mezzi di correzione pone il tema più generale della nozione di “abuso del diritto”, principio e fenomeno giuridico del quale il predetto reato è, tutto sommato, espressione, consistendo infatti nello “sviamento”, per eccesso, dalla funzione propria di uno strumento tipico, con funzione, in questo caso, pedagogica.