Corte di Cassazione, sez. III Civile, ord. Interlocutoria 21 novembre 2023 n. 32287
QUESTIONE DI DIRITTO
La tematica delle condizioni di validità e delle conseguenze della notifica telematica non completata per “casella piena” del destinatario integra una questione di massima di particolare importanza, involgendo i presupposti stessi del funzionamento delle modalità di notificazione coi nuovi e generalizzati strumenti tecnologici in ogni ambito processuale. Per tale ragione la Terza Sezione Civile ha ritenuto opportuno rimettere gli atti al Primo Presidente, ai sensi dell’art. 374, comma 2, c.p.c., affinché valuti l’opportunità di assegnare la trattazione del ricorso alle Sezioni Unite.
TESTO RILEVANTE DELLA SENTENZA
[…] 3.1 – Ora, sul tema della notifica a mezzo PEC, restituita dal sistema con messaggio di mancata consegna per “casella piena”, nella giurisprudenza di questa Corte si registrano, in effetti, orientamenti non proprio univoci.
Un primo – invocato dalla controricorrente – può ben essere rappresentato dal principio specificamente affermato, per la prima volta (ma v. infra), da Cass., Sez. 3, ord., n. 3164/2020, secondo cui “La notificazione di un atto eseguita ad un soggetto, obbligato per legge a munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata, si ha per perfezionata con la ricevuta con cui l’operatore attesta di avere rinvenuto la cd. casella PEC del destinatario “piena”, da considerarsi equiparata alla ricevuta di avvenuta consegna, in quanto il mancato inserimento nella casella di posta per saturazione della capienza rappresenta un evento imputabile al destinatario, per l’inadeguata gestione dello spazio per l’archiviazione e la ricezione di nuovi messaggi”.
Nella motivazione della citata ordinanza, la Corte ha in proposito precisato che è possibile desumere una sostanziale equivalenza – ai fini che interessano – tra il disposto dell’art. 16, comma 6, del d.l. n. 179 del 2012, conv. in legge n. 221 del 2012 (come modificato dall’art. 47 del d.l. n. 90 del 2014, conv. in legge n. 114 del 2014), dettato in tema di comunicazioni di cancelleria, e l’art. 149-bis, comma 3, c.p.c., dettato in tema di notificazioni eseguite telematicamente dall’ufficiale giudiziario, laddove essa disposizione così recita: “la notifica si intende perfezionata nel momento in cui il gestore rende disponibile il documento informatico nella casella di posta elettronica certificata del destinatario”.
In proposito, richiamando anche la regola dettata dall’art. 20 del d.m. n. 40/2011 (secondo cui “Il soggetto abilitato esterno è tenuto a dotarsi di servizio automatico di avviso dell’imminente saturazione della propria casella di posta elettronica certificata e a verificare la effettiva disponibilità dello spazio disco a disposizione”) ed evidenziando, dunque, che “costituisce onere del difensore provvedere al controllo periodico della propria casella di PEC”, la Corte conclude il ragionamento valorizzando l’espressione “rendere disponibile”, riportata nell’art. 149-bis cit.: essa, infatti, “individua un’azione dell’operatore determinativa di effetti potenziali e non una condizione di effettività della detta potenzialità dal punto di vista del destinatario, [sicché] si giustifica la conclusione che, qualora il “rendere disponibile” quale azione dell’operatore non possa evolversi in una effettiva disponibilità da parte del destinatario per causa a lui imputabile, come per essere la casella satura, la notificazione si abbia per perfezionata, con la conseguenza che il notificante può procedere all’utilizzazione dell’atto come se fosse stato notificato”.
3.2 – Detta impostazione è stata nella sua perentorietà ribadita, nella sostanza, da Cass., Sez. 3, ord., n. 24110/2021, ma a ben vedere era stata già anticipata – seppure su meno approfondite argomentazioni – dal pronunciamento di Cass., Sez. L, n. 12451/2018, con cui s’era ritenuta corretta la decisione di merito, che aveva rilevato l’inammissibilità dell’opposizione allo stato passivo, ex art. 98 l.fall., in quanto tardivamente proposta rispetto alla data di comunicazione di cancelleria, effettuata a mezzo PEC ma rifiutata dal sistema causa “casella piena” del destinatario.
Va qui aggiunto, per completezza, che la pronuncia di Cass., Sez. L, n. 11559/2021, invocata dalla controricorrente, non è pertinente, mentre ulteriori decisioni di questa Corte (quali, ad esempio, Cass., Sez. 3, ord., n. 26810/2022 e Cass., Sez. 1, ord., n. 25586/2023) si sono limitate a condividere, in linea di massima, l’impostazione della citata Cass. n. 3164/2020, seppur senza farne diretta applicazione nel caso rispettivamente al vaglio, in quanto non necessaria ai fini della decisione.
4.1 – Sul tema si registra, però, un altro orientamento, inaugurato da Cass., Sez. 3, n. 40758/2021, così massimata: “In caso di notificazione a mezzo PEC del ricorso per cassazione non andata a buon fine, ancorché per causa imputabile al destinatario (nella specie per “casella piena”), ove concorra una specifica elezione di domicilio fisico – eventualmente in associazione al domicilio digitale – il notificante ha il più composito onere di riprendere idoneamente il procedimento notificatorio presso il domiciliatario fisico eletto in un tempo adeguatamente contenuto, non potendosi, invece, ritenere la notifica perfezionata in ogni caso con il primo invio telematico”.
Detta pronuncia muove dal presupposto per cui, anche in assenza di indicazione di “domicilio digitale” (ossia, ove manchi l’indicazione dell’indirizzo PEC cui si intendono ricevere notifiche e comunicazioni), è valida la notifica comunque effettuata all’indirizzo PEC del difensore risultante dal Reginde, ai sensi dell’art. 16-sexies del d.l. n. 179 del 2012, conv. in legge n. 221 del 2012, e modificato dall’art. 47 del d.l. n. 90 del 2014, convertito a sua volta in legge n. 114 del 2014.
Ove però tanto non sia possibile per fatto imputabile al destinatario (come, appunto, nel caso di mancata consegna per saturazione della casella PEC), viene in rilievo il generale principio dell’onere di ripresa del procedimento notificatorio, occorrendo dunque che – in un tempo ragionevolmente contenuto (di regola, la metà del termine concretamente applicabile – v. Cass., Sez. Un., n. 14594/2016) – il notificante proceda ad ulteriore notifica, nelle forme tradizionali, presso il domicilio fisico eventualmente eletto (e sempre che tanto sia avvenuto): ciò perché deve escludersi “che il regime normativo concernente l’identificazione del c.d. domicilio digitale abbia soppresso la prerogativa processuale della parte di individuare, in via elettiva, uno specifico luogo fisico come valido riferimento, eventualmente in associazione al domicilio digitale, per la notificazione degli atti del processo alla stessa destinati” (così la citata pronuncia, in motivazione).
Più in dettaglio, la citata sentenza n. 40758/2021 ha anche richiamato, in motivazione, l’insegnamento di Cass. n. 29851/2019, secondo cui, in linea generale, il mancato perfezionamento della notifica per fatto imputabile al destinatario “impone alla parte di provvedere tempestivamente al suo rinnovo secondo le regole generali dettate dagli artt. 137 e seguenti, cod. proc. civ., e non mediante deposito dell’atto in cancelleria, non trovando applicazione la disciplina di cui all’art. 16, comma 6, ultima parte, del (…) decreto legge n. 179 del 2012”, in quanto detta ultima norma è riferibile alle sole notificazioni e comunicazioni effettuate dalla cancelleria.
In ogni caso, seguendo detta impostazione, assume carattere dirimente la circostanza che il destinatario abbia o meno eletto (anche) il domicilio fisico: ove tanto non sia avvenuto, non può “sussistere alcun altro affidamento, da parte del notificatario, se non alla propria costante gestione della casella di posta elettronica, e nessun’altra appendice alla condotta esigibile dal notificante” (così ancora l’arresto più volte citato).
Né può ritenersi condivisibile – conclude la Corte – l’insegnamento della già citata Cass. n. 3164/2020: anzitutto, per il carattere neutro della formulazione dell’art. 149- bis, comma 3, c.p.c., con riguardo all’espressione “rendere disponibile” il documento informatico nella casella del destinatario; in secondo luogo, perché il perfezionamento della notifica già al primo invio della PEC (non andato a buon fine per “casella piena” dello stesso destinatario), qualora quest’ultimo abbia eletto il domicilio fisico, presupporrebbe che la previsione legale del domicilio digitale abbia soppresso la correlativa facoltà processuale, in assenza di una specifica norma in questo senso; si aggiunge, ancora, che il disposto dell’art. 20 del d.m. 44/2011, data la natura secondaria della fonte, non può giustificare la conclusione che in presenza di casella di PEC satura la notificazione si abbia per perfezionata; infine, conclude la Corte, neppure appare decisivo il disposto dell’art. 138, comma 2, c.p.c., che considera perfezionata la notifica, che sia stata tentata “a mani proprie”, in caso di rifiuto di riceverla da parte del destinatario: “la responsabilità, in ipotesi anche colposa, di lasciare la casella di p.e.c. satura, non può equivalere a un intenzionale rifiuto di ricevere notificazioni tramite essa, tanto più attesa l’alternativa elezione di domicilio fisico utilizzabile”.
4.2 – Si inscrive in questo secondo solco la più recente Cass., Sez. T, ord., n. 2193/2023, anch’essa relativa ad un caso di rifiuto della notificazione per “casella piena” del destinatario; in detta pronuncia, peraltro, si richiama un risalente insegnamento (Cass. n. 4502/1996), secondo cui, in caso di invalida elezione di domicilio (fisico) da parte dell’appellato, il ricorso per cassazione può essere notificato presso la cancelleria del giudice a quo.
5.1 – Ciò posto, ritiene il Collegio come, in effetti, la ricognizione della giurisprudenza sopra succintamente richiamata – per quanto non sempre riferibile al medesimo ambito applicativo – riveli una non conciliabile diversità di vedute sul tema controverso; per di più senza che né l’una né l’altra impostazione paiano del tutto convincenti, sia sul piano del metodo, che del risultato ermeneutico.
5.2 – Infatti, seppur le esigenze sottese all’indirizzo più rigoroso (Cass. n. 3164/2020) meritino apprezzamento, perché il rischio di escludere ogni valenza alla notifica PEC non consegnata al destinatario per “casella piena” può effettivamente disincentivare gli operatori dalla necessaria cura del proprio indirizzo PEC e degli specifici adempimenti connessi alla peculiarità del mezzo telematico ormai in via generalizzata imposto come modalità di interazione tra i soggetti tenuti a dotarsene, al contrario promuovendo comportamenti strumentali e improntati, in senso lato, almeno a grave negligenza e con sostanziale neutralizzazione o vanificazione dell’operatività dell’innovazione tecnologica introdotta, dall’altro occorre pure evidenziare che l’opposta opzione ermeneutica (Cass. n. 40758/2021) si fonda su una specifica caratteristica della fattispecie: ossia, quella della necessaria compresenza di un domicilio digitale della parte (sostanzialmente immanente, ex art. 16- sexies d.l. n. 179/2012) e di un domicilio elettivo fisico, o tradizionale.
Tuttavia, se in tale evenienza (ricorrente pure nel caso che occupa, come emerge dall’intestazione della sentenza qui impugnata) la configurabilità dell’onere di ripresa del procedimento notificatorio può comunque giustificarsi, in forza della perdurante rilevanza da attribuire ad una simile facoltà processuale del difensore della parte destinataria della notifica (non elisa dalla disciplina sulla indefettibilità del domicilio digitale), tale opzione rivela però una non risolvibile aporia, sul piano logico, ove elezione di domicilio fisico non vi sia stata: in tal caso, infatti, si è affermato che nessuna altra condotta sia esigibile da parte del notificante (v. supra, par. 4.1).
5.3 – È opinione del Collegio che tanto, però, non risolva il problema di fondo, ossia se e quando la notifica telematica del messaggio PEC, non consegnato per “casella piena”, si perfezioni. Infatti, a seguire fino in fondo la tesi di Cass. n. 40758/2021, dovrebbe allora inferirsene che una simile notifica debba ritenersi perfezionata o meno a seconda, rispettivamente, che non sia stato eletto domicilio fisico, o al contrario, che esso sia stato eletto dalla parte: soluzione che, all’evidenza, non si confronta con la necessità di rinvenire, nell’ordito normativo, una regola generale che risolva le suddette questioni già all’interno della fattispecie “minima” (ossia, messaggio PEC non consegnato per “casella piena” del destinatario), a prescindere dall’elezione di domicilio fisico.
Del resto, è evidente che, nel caso di “casella piena”, non avrebbe alcun senso logico, prim’ancora che giuridico, rinnovare la notifica presso il domicilio fisico (ove questo sia stato eletto), qualora si ritenesse la notifica comunque già perfezionata.
5.4 – Come già anticipato, neppure pare al Collegio pienamente convincente quell’orientamento che prima s’è definito più rigoroso.
Esso, infatti, si fonda su un’interpretazione dell’art. 149-bis, comma 3, c.p.c., relativo alle notifiche telematiche dell’ufficiale giudiziario (supra riportata, par. 3.1), valorizzando una lettura restrittiva dell’espressione “rendere disponibile”, ossia negandone la sua valenza finalistica, e sostanzialmente ricorrendo all’applicazione analogica alla fattispecie della notifica ex lege n. 53/94, senza però adeguatamente considerare che l’art. 3-bis, comma 3 di detta stessa legge (nel testo applicabile ratione temporis), così recita: “La notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione prevista dall’articolo 6, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, e, per il destinatario, nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna prevista dall’articolo 6, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68”.
Insomma, se presupposto dell’applicazione analogica è la sussistenza di una lacuna normativa, sì da dover ricorrere alla regola dettata per casi analoghi, pare al Collegio che detta lacuna non possa configurarsi, almeno con riferimento al caso della notifica diretta da parte dell’avvocato, perché risulta evidente non solo che una specifica regola è espressamente dettata dalla legge (che prevede appunto come la notifica si perfezioni con la generazione della ricevuta di consegna), ma pure che essa non pare ammettere equipollenti.
La specifica regola suddetta, comunque, non risulta oggetto di approfondimento, né di confronto, con quella dettata dall’art. 149-bis, comma 3, c.p.c., da parte di quelle pronunce del c.d. orientamento rigoroso, che come s’è visto ritengono comunque perfezionata una notifica come quella qui in discorso, che prescinde dalla specifica conoscenza da parte del destinatario sia del contenuto, che anche dalla sua mera conoscibilità (non apparendo neppure applicabile la disciplina di cui all’art. 16, comma 4, del d.m. n. 44 del 2011, relativa alle sole comunicazioni dell’ufficio).
E varrà ricordare che, ancora di recente, si è ribadito che, ferma la scissione degli effetti tra i soggetti della notifica per posta elettronica, imprescindibile presupposto per la produzione di quelli sia per il notificante che per il destinatario è che la notifica si sia perfezionata pure nei confronti di quest’ultimo (Cass., ord., n. 28403/2023).
Insomma, l’orientamento in parola – in assenza di una chiara indicazione normativa in tal senso – giunge al risultato di ritenere perfezionata la notifica non fondata né sulla conoscenza, né sulla stessa conoscibilità della notifica da parte del destinatario, giacché, come pure esattamente osservato dalla citata Cass. n. 40758/2021, la situazione di chi non riceve la notifica a mezzo PEC per “casella piena” non è necessariamente equiparabile a quella del rifiuto di ricevere la consegna dell’atto ai sensi dell’art. 138, comma 2, c.p.c. Il che, ad avviso del Collegio, lascia più di un dubbio sulla stessa compatibilità con l’art. 24 Cost. di un simile risultato interpretativo.
5.5.1 – Osserva tuttavia il Collegio che, al medesimo risultato ermeneutico di Cass. n. 3164/2020 potrebbe giungersi anche per altra via, attraverso un ragionamento diverso e di più ampio respiro, fondato sui principi di autoresponsabilità e di affidamento. Invero, quanto al primo, non può negarsi che – in materia di osservanza di termini processuali – l’art. 153, comma 2, c.p.c. fissi un chiaro principio, ovvero che la parte “incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile può chiedere al giudice di essere rimessa in termini”.
Ed è noto che la giurisprudenza di questa Corte di legittimità, proprio in nome del principio di autoresponsabilità, opta per un concetto assai rigoroso di causa “non imputabile”, identificata in “un evento che presenti il carattere della assolutezza – e non già una impossibilità relativa, né tantomeno una mera difficoltà – e che sia in rapporto causale determinante con il verificarsi della decadenza in questione” (così, tra le altre, Cass., Sez. Un., n. 27773/2020, che richiama Cass., Sez. 1, n. 30512/2018, Rv. 651875-01, e Cass., Sez. L, n. 3482/2019).
Deve, dunque, trattarsi di “un fatto ostativo che risulti oggettivamente estraneo alla volontà della parte (che l’applicazione della rimessione chiede) e che dalla stessa non risulti governabile, neppure con «difficoltà»” (cfr., da ultimo, Cass., Sez. 6-1, ord., n. 22342/2021, Rv. 661991-01).
5.5.2 – D’altra parte, l’introduzione generalizzata del mezzo telematico per l’esecuzione delle notifiche tra soggetti obbligati per legge a dotarsene, tutti definibili a vario titolo professionisti, potrebbe implicare un onere di diligente organizzazione, tale da consentirne il regolare funzionamento; senza tralasciare l’esigenza, a tale introduzione sottesa, di un generalizzato affidamento sulla diligenza professionale dei singoli operatori (con obblighi di comportamento in capo al professionista, quali quelli affermati per gli operatori sanitari da Cass. n. 589/1999 e, per gli avvocati ed a fini disciplinari per la rilevanza deontologica di tali obblighi, da Cass. Sez. Un. n. 6216/2005).
5.5.3 – Solo in tal modo potrebbe giungersi alla conclusione che, qualora la consegna del messaggio PEC non possa avere buon esito per “casella piena” del destinatario – in un’epoca di telematizzazione talmente spinta delle relazioni interindividuali, che c’è persino chi teorizza l’esistenza di “soggetti giuridici digitali” – questi dovrebbe imputare a se stesso la conseguenza dell’impossibilità della notificazione, salvo a dimostrare che l’evento sia dipeso da cause a lui non imputabili, quali ad es. le disfunzioni del sistema informatico, et similia: e ciò proprio in forza del principio di autoresponsabilità, se non pure dell’affidamento ingenerato nel soggetto notificante, specie se – come nel caso – esercente una professione protetta, così come il destinatario.
6.1 – Pur così “vestita” la soluzione dell’avvenuto perfezionamento di una notifica come quella che occupa, non può tuttavia tralasciarsi un elemento essenziale: anche una simile soluzione deve necessariamente confrontarsi col dato normativo vigente, e dunque con il già visto art. 3-bis, comma 3, della legge n. 53/1994, che specificamente cristallizza il momento di perfezionamento della notifica effettuata dall’avvocato in quello della generazione del messaggio di “avvenuta” consegna.
L’utilizzo del participio passato del verbo “avvenire”, ad avviso del Collegio, non autorizza altra interpretazione, già sul piano letterale, diversa da quella per cui, in caso di mancata generazione di un simile messaggio, non possa in realtà discutersi di effettivo perfezionamento della notifica.
6.2 – Del resto, va qui rilevato che, nel sistema vigente, non mancano elementi a sostegno della ulteriore tesi che – discostandosi sia da Cass. n. 3164/2020, sia da Cass. n. 40758/2021 – parrebbe più aderente al dato normativo. Ci si riferisce, in particolare, all’art. 15, comma 3, della l.fall, come modificato dall’art. 17, lett. a), del d.l. n. 179/2012, conv. in legge n. 221/2012.
Con detta disposizione – con cui, se non si erra, s’è stabilita per la prima volta l’obbligatorietà della notifica di un atto introduttivo di un procedimento giudiziario a mezzo PEC, benché a cura della cancelleria, per i procedimenti iniziati dopo il 31.12.2013 – è espressamente stabilito, al secondo, quarto e quinto periodo, che “Il ricorso e il decreto devono essere notificati, a cura della cancelleria, all’indirizzo di posta elettronica certificata del debitore risultante dal registro delle imprese ovvero dall’Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata delle imprese e dei professionisti. … Quando, per qualsiasi ragione, la notificazione non risulta possibile o non ha esito positivo, la notifica, a cura del ricorrente, del ricorso e del decreto si esegue esclusivamente di persona a norma dell’articolo 107, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 1959, n. 1229, presso la sede risultante dal registro delle imprese.
Quando la notificazione non può essere compiuta con queste modalità, si esegue con il deposito dell’atto nella casa comunale della sede che risulta iscritta nel registro delle imprese e si perfeziona nel momento del deposito stesso”.
Sulla stessa scia si pone la normativa oggi dettata, per lo stesso ambito, dall’art. 40, commi 6, 7 ed 8, d.lgs. n. 14/2019 (CCII), in vigore dal 15.7.2022, ove si stabilisce ancor più esplicitamente che: “6. In caso di domanda proposta da un creditore, da coloro che hanno funzioni di controllo e di vigilanza sull’impresa o dal pubblico ministero, il ricorso e il decreto di convocazione devono essere notificati, a cura dell’ufficio, all’indirizzo del servizio elettronico di recapito certificato qualificato o di posta elettronica certificata del debitore risultante dal registro delle imprese ovvero dall’Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC) delle imprese e dei professionisti.
L’esito della comunicazione è trasmesso con modalità telematica all’indirizzo di posta elettronica certificata del ricorrente.
- Quando la notificazione a mezzo di posta elettronica certificata di cui al comma 6 non risulta possibile o non ha esito positivo per causa imputabile al destinatario, il ricorso e il decreto sono notificati senza indugio, a cura della cancelleria, mediante il loro inserimento nell’area web riservata ai sensi dell’articolo 359. La notificazione si ha per eseguita nel terzo giorno successivo a quello in cui è compiuto l’inserimento.
- Quando la notificazione non risulta possibile o non ha esito positivo, per cause non imputabili al destinatario, la notifica, a cura del ricorrente, si esegue esclusivamente di persona a norma dell’articolo 107, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 1959, n. 1229, presso la sede risultante dal registro delle imprese o, per i soggetti non iscritti nel registro delle imprese, presso la residenza.
Quando la notificazione non può essere compiuta con queste modalità, si esegue con il deposito dell’atto nella casa comunale della sede che risulta iscritta nel registro delle imprese ovvero presso la residenza per i soggetti non iscritti nel registro delle imprese, e si perfeziona nel momento del deposito stesso. Per le persone fisiche non obbligate a munirsi del domicilio digitale, del deposito è data notizia anche mediante affissione dell’avviso in busta chiusa e sigillata alla porta dell’abitazione o dell’ufficio e per raccomandata con avviso di ricevimento”.
Insomma, in un ambito (quello concorsuale) in cui l’esigenza della conoscenza o dell’effettiva conoscibilità delle iniziative poste in essere dai propri creditori (o dal pubblico ministero) è intuitivamente assai rilevante, sia che la mancata consegna del messaggio PEC derivi da causa imputabile al destinatario, sia che derivi da causa a lui non imputabile, ciò non comporta mai il perfezionamento della notifica, sempre occorrendo una ulteriore iniziativa del notificante, quale che sia.
Ovviamente, non v’è alcuna ragione per relegare una simile impostazione al solo ambito concorsuale, perché il tema investe direttamente il diritto di difesa e al contraddittorio, costituzionalmente rilevanti per tutti i consociati ex artt. 24 e 101 Cost. 6.3 – Di ciò può scorgersi conferma anche nella legislazione ancor più recente, specie a seguito del d.lgs. n. 149/2022, che vede la notifica telematica degli atti processuali come ormai sostanzialmente obbligatoria, salvi casi residuali.
Non è affatto casuale che la citata riforma, introducendo l’art. 3-ter della legge n. 53/1994 (da ultimo modificato dalla legge n. 87/2023), ha stabilito, al comma 2, che: “quando per causa imputabile al destinatario la notificazione a mezzo di posta elettronica certificata o servizio elettronico di recapito certificato qualificato non è possibile o non ha esito positivo:
- a) se il destinatario è un’impresa o un professionista iscritto nell’indice INIPEC di cui all’articolo 6-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, l’avvocato esegue la notificazione mediante inserimento a spese del richiedente nell’area web riservata prevista dall’articolo 359 del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, dichiarando la sussistenza di uno dei presupposti per l’inserimento; la notificazione si ha per eseguita nel decimo giorno successivo a quello in cui è compiuto l’inserimento;
- b) se il destinatario è una persona fisica o un ente di diritto privato non tenuto all’iscrizione in albi professionali o nel registro delle imprese e ha eletto il domicilio digitale di cui all’articolo 6-quater del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, l’avvocato esegue la notificazione con le modalità ordinarie”. Insomma, per quanto la disposizione non sia applicabile nel caso in esame ratione temporis, essa non fa che confermare quanto già prima prospettato, ossia che l’ordinamento positivo – come già in passato – non considera mai perfezionata una notifica di messaggio a mezzo PEC, effettuata da un avvocato ai sensi della legge n. 53/1994, qualora essa non sia andata a buon fine, benché per causa imputabile al destinatario.
7.1 – Stima, pertanto, il Collegio che tutto quanto precede renda dunque evidente che, sul tema, nell’attualità, sia pure in esito al crescente approfondimento della materia indotto dall’evoluzione del sistema normativo, la giurisprudenza della Corte non possa dirsi univoca e che, comunque, la tematica delle condizioni di validità e delle conseguenze della notifica telematica non completata per “casella piena” del destinatario integra una questione di massima di particolare importanza, involgendo i presupposti stessi del funzionamento delle modalità di notificazione coi nuovi e generalizzati strumenti tecnologici in ogni ambito processuale: ciò che ne individua quale sede naturale per la disamina le Sezioni Unite di questa Corte, come del resto pure ritenuto dal Procuratore Generale.
8.1 – In definitiva, il Collegio reputa opportuno rimettere gli atti al Primo Presidente, ai sensi dell’art. 374, comma 2, c.p.c., affinché valuti l’opportunità di assegnare la trattazione del ricorso alle Sezioni Unite. P. Q. M. la Corte trasmette gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.