Cassazione civile, Sez. Trib., ordinanza 30 novembre 2023, n. 33399
PRINCIPIO DI DIRITTO
È da ritenersi legittimo il provvedimento di autorizzazione rilasciato dal Procuratore della Repubblica avente la finalità di effettuare una verifica domiciliare, al fine di un accertamento IVA, nei confronti di un soggetto (nella specie, la madre del legale rappresentante della società sottoposta a verifica fiscale) estraneo alla compagine sociale. Sul piano procedimentale è da ritenersi che la giurisdizione del giudice tributario, a seguito della modifica introdotta dalla L. 28 dicembre 2001, n. 448, art. 12, comma 2, al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 2 non è da ritenersi limitata al solo atto procedimentale conclusivo, bensì anche a tutti gli atti che prodromici all’emanazione di tale atto impositivo, riconfermando – quanto già affermato in precedenza (Cass. SS.UU. n. 6315 del 2009 e Cass. SS.UU. n. 11082 del 2010) – che gli eventuali vizi degli atti della sequenza procedimentale (nei casi esaminati, degli ordini di verifica e dell’autorizzazione D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 52) possono essere dedotti solo in costanza di impugnazione del provvedimento finale, salva l’ipotesi in cui esso non venga emanato e l’attività di accertamento compiuta sia lesiva di un diritto costituzionalmente garantito quale la libertà di domicilio.
TESTO RILEVANTE AI FINI DELLA DECISIONE
[…] La ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52 e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 33 per avere la CTR erroneamente ritenuto legittimata la società contribuente a dolersi di una presunta illegittimità dell’autorizzazione rilasciata dal Procuratore della Repubblica ad effettuare una verifica domiciliare nei confronti di un soggetto (nella specie, la madre del legale rappresentante della società sottoposta a verifica fiscale) estraneo alla compagine sociale. […] Questa Corte ha affermato e più volte ribadito, anche con pronunce nomofilattiche del Supremo consesso, che […] La giurisdizione del giudice tributario, a seguito della modifica introdotta dalla L. 28 dicembre 2001, n. 448, art. 12, comma 2, al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 2 ha carattere pieno ed esclusivo, estendendosi non solo all’impugnazione del provvedimento impositivo, ma anche alla legittimità di tutti gli atti del procedimento, ivi compresi gli ordini di verifica, a seguito dei quali l’attività di accertamento inizia (Cass., Sez. U, n. 6315 del 2009 Rv. 607458 – 01), nonché l’autorizzazione rilasciata dal Procuratore della Repubblica ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, comma 3, (Cass., Sez. U, n. 11082 del 2010, Rv. 612858 – 01). […] è quindi chiaro nel ritenere che la giurisdizione del giudice tributario “non ha ad oggetto solo gli atti per così dire finali […] ma […] tutte le fasi del procedimento che hanno portato alla adozione ed alla formazione di quell’atto tanto che l’eventuale giudizio negativo in ordine alla legittimità e/o alla regolarità (formale e/o sostanziale) su un qualche atto istruttorio prodromico può determinare la caducazione, per illegittimità derivata, dell’atto finale impugnato. (Cass., Sez. U, n. 11082 del 2010 […])
Massimazione di Francesco Piva
Abilitato alla professione forense
Dottorando di ricerca presso l’Università U.N.E.D. di Madrid