- Con l’unico motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 40, 43 e 45, d.lgs. n. 546/1992, poiché in realtà l’evento interruttivo sarebbe stato superato già in primo grado, a seguito del fallimento e conseguente costituzione del curatore, tanto che appunto il giudizio in prima istanza si era concluso con una sentenza. Conseguentemente, sempre ad avviso dell’Agenzia, l’ordinanza di interruzione era stata pronunciata dai giudici d’appello in assenza dei relativi presupposti, con conseguente facoltà per l’Agenzia di riassumere anche oltre il termine come stabilito dalla giurisprudenza di questa Corte. 1.2. Il motivo è fondato. Va anzitutto chiarito che l’intervenuto fallimento, per quei giudizi che abbiano ad oggetto l’accertamento di un credito (o di un diritto reale) nei confronti del fallito, determina non già l’interruzione – disciplinata per il caso del fallimento dall’art. 43, l.f. e per la liquidazione giudiziale dall’art. 143, CCII, con riferimento ai giudizi attivi – bensì l’improcedibilità, in virtù dell’art. 52 l.f. (oggi, con riguardo alla liquidazione giudiziale, art.151, CCII). A tale principio fanno eccezione i crediti verso il fallimento appartenenti alla giurisdizione di giudici speciali (per quelli oggetto della giurisdizione del giudice amministrativo Cass. n. 789/1999; per quelli oggetto della giurisdizione della Corte dei Conti Cass. Sez. U. 12371/2008). Con specifico riferimento ai crediti verso il fallito originati da obbligazione tributaria, la competenza a conoscere gli stessi appartiene dunque pur sempre al giudice tributario anche in corso di procedura, tanto se l’accertamento viene promosso dal curatore, quanto se pende il giudizio promosso dal fallito in bonis, nel quale ultimo caso appunto si verifica un’ipotesi di interruzione per il venir meno della legittimazione processuale di quest’ultimo a seguito della sentenza di fallimento. In tali ipotesi, dunque, viene in rilievo la legittimazione processuale del curatore, che nella specie – nelle more del giudizio di primo grado – essendosi costituito ha evitato l’interruzione del processo e quindi ha consentito la sua prosecuzione fino alla relativa pronuncia. Risulta poi dalla stessa sentenza impugnata come quella di primo grado sia stata regolarmente notificata al curatore del fallimento il 16 maggio 2007. Pertanto, mancavano in radice i presupposti per la declaratoria di interruzione nel 2011, in cui si era evitata l’interruzione a mezzo della costituzione in primo gradodel curatore, poi regolarmente evocato in secondo grado. Da tanto discende che a fronte dell’ordinanza erroneamente emessa dal giudice d’appello, l’Agenzia ben poteva proporre istanza di riassunzione senza osservanza del termine, in quanto in tal caso ciò non determina l’estinzione del giudizio (cfr. Cass. 19/04/2000, n. 5160 ). Invero ove non sussista la causa di interruzione posta a fondamento del provvedimento, questo deve ritenersi nullo e l’onere di osservanza del detto termine risulta come non dato, onde il processo può essere utilmente riassunto anche dopo il decorso del semestre (Cass. 16 gennaio 1986 n. 230; Cass. 4 novembre 1980 n. 5918). Va dunque affermato il seguente principio di diritto, cui il giudice di rinvio dovrà attenersi WOLTERS KLUWER ONE LEGALE © Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. 21 Febbraio 2024 pag. 2 In corso di procedura fallimentare (oggi liquidazione giudiziale) i crediti la cui cognizione rientra nelle giurisdizioni speciali, ed in particolare quello tributario la cui conoscenza compete al giudice tributario, a differenza di tutti gli altri, continuano ad essere accertati dal giudice speciale, con la conseguenza che – ove pendenti al momento della dichiarazione di fallimento (o di apertura della liquidazione giudiziale) – si determina l’interruzione del relativo processo. Ove il processo di competenza del giudice speciale venga riassunto dal curatore, o riassunto dall’altra parte nei suoi confronti, e successivamente lo stesso venga ciononostante dichiarato interrotto, la relativa riassunzione può essere effettuata anche senza il rispetto del termine all’uopo stabilito dal giudice, senza che ciò produca l’estinzione del giudizio. 2. Il ricorso dev’essere dunque accolto, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado, che provvederà altresì alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Cassazione civile, Sez. Trib., ordinanza 20 febbraio 2024, n. 4508