La pronuncia in parola, grazie ad un excursus tra norme interne e comunitarie, dottrina e giurisprudenza, ricostruisce le ipotesi di mancato accredito di denaro a seguito di errore sull’IBAN e le relative implicazioni sia in termini di contegno che l’intermediaria deve adottare, sia di individuazione del responsabile, che di onere della prova.
Cass. civ. Sez. I, Ord., (ud. 31/05/2024) 25-06-2024, n. 17415
PRINCIPIO DI DIRITTO
Vanno applicate le norme di diritto comune e non la specifica disciplina ex art. 24 del D.Lgs. n. 11 del 2010 in tema di responsabilità di una banca per operazioni effettuate a mezzo di strumenti elettronici, allorquando il beneficiario, nominativamente indicato, di un pagamento da eseguirsi tramite bonifico sia sprovvisto di conto di accredito presso la banca intermediaria.
Grava sull’intermediaria stessa, responsabile, secondo la teoria del “contatto sociale qualificato”, nei confronti del beneficiario rimasto insoddisfatto a causa dell’indicazione, rivelatasi inesatta, del proprio IBAN, l’onere di dimostrare di aver compiuto l’operazione di pagamento, richiestagli dal solvens, adottando tutte le cautele necessarie.
Ciò al fine di scongiurare il rischio di un’erronea individuazione di detto beneficiario, o quanto meno, di essersi adoperata per consentirgli la individuazione del soggetto concretamente gratificato del pagamento destinato, invece, al primo, anche comunicandogli, ove necessario, i relativi dati anagrafici o societari.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
1 […]
2 […]
2.3. […] L’odierna controversia si inserisce in un filone consistente di procedimenti instaurati dal solvens o (come accaduto nella specie) dal creditore effettivo avverso un istituto di credito per esecuzione di un bonifico in favore di un soggetto diverso da quello voluto dal cliente.
[…]Al suo interno si possono distinguere scenari diversi: lo sbaglio può spiegarsi per un errore materiale nella digitazione di un IBAN che pure era noto correttamente al cliente (ad esempio, per distrazione), oppure può discendere da una condotta, magari anche truffaldina, che lo abbia indotto a ritenere che il conto del beneficiario corrispondesse ad un IBAN che, in realtà, si riferiva al conto del truffatore.
Se l’attore è il debitore, viene generalmente convenuto l’istituto che ha effettuato l’accredito, che ben può essere un altro rispetto a quello cui era stato impartito l’ordine di bonifico, qualora debitore e beneficiario effettivo abbiano aperto conti presso banche differenti.
Se l’attore è il creditore reale (come nell’odierna vicenda), al quale mai è giunto il pagamento, vengono generalmente convenuti l’intermediario del pagatore o quello del beneficiario o entrambi.
[…]
2.4.1. In particolare, la principale preoccupazione del legislatore comunitario (poi Eurounitario), all’indomani della costituzione dell’area unica dei pagamenti (Single Euro Payments Area), è stata quella di riuscire a conciliare l’esigenza di assicurare servizi di pagamento rapidi ed efficienti con quella di garantire la sicurezza degli stessi ed un’adeguata tutela degli utenti, soprattutto, se consumatori.
[…]
La disciplina è dettata dale norme sulla responsabilità del prestatore di servizi di pagamento per la mancata, inesatta o tardiva esecuzione di un’operazione di pagamento (artt. 24 – 28, del D.Lgs. n. 11/2010): più specificamente, occorre fare riferimento agli artt. 24 e 25 dell’appena menzionato D.Lgs. […]
2.4.6.1. Il primo di tali articoli, nel testo, qui applicabile ratione temporis, anteriore alle modifiche apportategli dall’art. 2 del D.Lgs. 15 dicembre 2017, n. 218 (in vigore dal 13 gennaio 2018), sotto la rubrica “Identificativi unici inesatti”, prevede quanto segue.
“1. Se un ordine di pagamento è eseguito conformemente all’identificativo unico, esso si ritiene eseguito correttamente per quanto concerne il beneficiario e/o il conto indicato dall’identificativo unico.
- Se l’identificativo unico fornito dall’utilizzatore è inesatto, il prestatore di servizi di pagamento non è responsabile, ai sensi dell’articolo 25, della mancata o inesatta esecuzione dell’operazione di pagamento.
Il prestatore di servizi di pagamento del pagatore compie sforzi ragionevoli per recuperare i fondi oggetto dell’operazione di pagamento. Ove previsto nel contratto quadro, il prestatore di servizi di pagamento addebita all’utilizzatore le spese sostenute per il recupero dei fondi.
- Il prestatore di servizi di pagamento è responsabile solo dell’esecuzione dell’operazione di pagamento in conformità con l’identificativo unico fornito dall’utilizzatore anche qualora quest’ultimo abbia fornito al suo prestatore di servizi di pagamento informazioni ulteriori rispetto all’identificativo unico”.
2.4.6.2. L’art. 25, invece (nel testo, qui utilizzabile ratione temporis, anteriore alle modifiche apportategli dal D.Lgs. 15 dicembre 2017, n. 218, in vigore dal 13 gennaio 2018), segmenta la responsabilità degli intermediari coinvolti nei pagamenti, poiché ognuno risponde solo dell’esecuzione della parte dell’operazione che controlla e che è oggetto di un’obbligazione verso il cliente. […]
2.4.7. […] L’art. 24, dunque, definisce l’adempimento esatto, quanto al beneficiario e/o al conto indicato, con esclusivo rilievo all’IBAN ed esclude la responsabilità dell’intermediario qualora il cliente indichi erroneamente il codice.
Il suo comma 3 conferma l’esattezza dell’adempimento del prestatore del servizio di pagamento (PSP) che abbia eseguito l’ordine conformemente all’IBAN anche qualora il disponente avesse indicato dati ulteriori, come le generalità del beneficiario.
2.4.8. Tuttavia, erano sorti dubbi circa l’applicabilità del comma 3 anche al PSP del beneficiario che non si avveda della discrepanza tra il titolare del conto a cui si riferisce l’IBAN e il soggetto di cui l’ordinante abbia indicato, in aggiunta, le generalità. In questo caso, infatti, l’intermediario disporrebbe degli elementi per avvedersi dell’errore. […]
2.4.8.3. Il contrasto è stato risolto prima dal Collegio di Coordinamento dell’ABF con la decisione del 12 gennaio 2017, n. 162, e, successivamente, nel 2019, dalla pronuncia della Corte di Giustizia Europea 21 marzo 2019 – C – 245/2018 […] che non ha inteso porre una distinzione tra il prestatore di servizi del pagatore e quello del beneficiario.
Pertanto, “l’art. 74, par. 2, della Direttiva 2007/64/CE relativa ai servizi di pagamento del mercato interno deve essere interpretato nel senso che, ove un ordine di pagamento sia eseguito conformemente all’identificativo unico fornito dall’utente dei servizi di pagamento che non corrisponde al nome del beneficiario specificato dall’utente stesso, la limitazione di responsabilità del prestatore di servizi di pagamento si applica sia al prestatore di servizi di pagamento del pagatore sia al prestatore di servizi del beneficiario”.
A tale assunto si sono adeguate le pronunce di tutti i Collegi ABF degli anni successivi e, poi, la giurisprudenza di merito.
2.4.8.4. Sia il Collegio di Coordinamento che la Corte di Giustizia hanno accolto l’interpretazione secondo la quale il comma 3 dell’art. 24 esonera entrambi gli intermediari dall’eseguire il controllo di congruità e, di conseguenza, esclude la loro responsabilità per tutte quelle operazioni eseguite secondo l’IBAN indicato dal pagatore.
Sul pagatore grava l’onere di controllare la correttezza dei dati dell’operazione e, in particolare, dell’IBAN, unico elemento necessario per la sua regolare esecuzione.
2.4.8.5. La Corte di Giustizia, facendo anche riferimento a quanto statuito nella decisione del Collegio di Coordinamento, ha affermato che la norma deve essere letta alla luce dei principi ispiratori e degli obiettivi perseguiti dalle due Direttive Europee.
La creazione di un mercato unico dei pagamenti efficiente e competitivo è conseguibile attraverso la riduzione drastica dei tempi di esecuzione dei pagamenti e la semplificazione delle relative procedure, come auspicato dal Considerando n. 88 della PSD2.
Per giungere a tali risultati, il diritto Europeo ha deciso di uniformare le procedure di trasferimento fondi dell’area unica dei pagamenti (SEPA) sulla base del principio secondo il quale il destinatario del pagamento deve essere individuato tramite un solo elemento, comune a tutti gli intermediari.
Il legislatore, quindi, ha disposto l’adozione di una procedura completamente automatizzata basata sull’identificativo unico e ha eliminato il controllo di congruità che, prevedendo una verifica ex ante circa la correttezza dell’operazione, avrebbe determinato un rallentamento nei pagamenti e, in particolare, inficiato la rapidità di quelli elettronici.
2.4.8.6. […] Prima dell’introduzione della SEPA, i sistemi utilizzati per l’esecuzione di un’operazione di pagamento registravano i movimenti effettuati dagli utenti e verificavano automaticamente la congruità dei dati inseriti per l’esecuzione di un’operazione di pagamento e, in particolare, la coincidenza tra nominativo e IBAN del beneficiario.
Se il sistema riscontrava un’irregolarità o un’incongruenza tra le informazioni, l’operazione veniva bloccata automaticamente e l’accredito sospeso. […]
Se l’operazione risulta essere viziata a causa della sua esecuzione secondo un IBAN errato, non sussiste la responsabilità degli intermediari che hanno partecipato al procedimento, indipendentemente dal fatto che l’ordine contenga ulteriori informazioni per individuare il beneficiario e/o il suo conto di accredito.
Può ritenersi, dunque, che la disciplina specifica sui servizi di pagamento, per quanto riguarda la responsabilità dell’intermediario ai sensi dell’art. 25 del D.Lgs. n. 11/2010, attribuisce all’IBAN la centrale funzione di filtro per determinare i casi in cui la responsabilità della mancata o inesatta esecuzione è attribuibile all’utente e quelli in cui si può procedere per accertare quale degli intermediari coinvolti nel procedimento abbia causato il malfunzionamento dell’operazione e, quindi, ne sia responsabile.
Il legislatore comunitario (poi Eurounitario), come quello nazionale, ha adottato una soluzione tesa a migliorare l’efficienza e la rapidità dei pagamenti, eliminando così l’obbligo degli intermediari di controllare la congruenza dei dati bancari forniti dall’utente.
Sebbene ciò sembri sacrificare la tutela dell’utente rispetto a quella che gli garantirebbero i principi di diritto comune in tema di diligenza e buona fede nell’esecuzione del contratto, viene controbilanciata dall’obbligo degli intermediari di agire per cercare di recuperare la somma erroneamente trasferita.
[…]
2.6.1. In particolare, il Provvedimento della Banca d’Italia “Attuazione del Titolo II del Decreto legislativo n. 11 del 27 gennaio 2010 relativo ai servizi di pagamento (Diritti e obblighi delle parti)” del luglio 2011 – oggi abrogato dal Provvedimento 11 ottobre 2018 in seguito al recepimento della PSD2, è sostanzialmente ancora valido.
Ciò in quanto il D.Lgs. n. 218/2017, di recepimento della PSD2, non ha modificato il dettato dell’art. 24 -, in relazione all’art. 24 del decreto specifica che “l’esecuzione dell’operazione di pagamento secondo l’identificativo unico fa scattare una presunzione di esecuzione corretta dell’ordine medesimo da parte del prestatore dei servizi di pagamento”.
Detta presunzione resta valevole anche nel caso in cui l’utente “abbia fornito informazioni aggiuntive, rispetto all’identificativo unico” sul beneficiario.
Tuttavia, il Provvedimento prosegue sottolineando che, in base agli obblighi di diligenza professionale “i prestatori di servizi di pagamento – limitatamente ai casi in cui, anche senza porre in essere verifiche specifiche, siano comunque consapevoli dell’inesattezza dell’identificativo unico fornito dal proprio cliente – devono adoperarsi affinché l’operazione venga eseguita correttamente.
Il prestatore che esegua l’operazione di pagamento malgrado sia consapevole dell’inesattezza dell’identificativo unico pone infatti in essere una condotta volutamente pregiudizievole degli interessi del proprio cliente.
Pertanto, al fine di favorire la corretta esecuzione dell’operazione di pagamento, il prestatore di servizi di pagamento consapevole dell’inesattezza dell’identificativo unico utilizzato dal proprio cliente lo contatterà prima di avviare l’esecuzione dell’operazione di pagamento.
Il prestatore di servizi di pagamento del beneficiario consapevole contatterà, invece, il prestatore di servizi dell’ordinante prima di decidere di respingere il pagamento – nel caso di codice identificativo inesistente presso di sé – ovvero di eseguirlo sulla base del solo codice identificativo unico in caso di discordanza tra questo e i riferimenti indicati nell’ordine di pagamento.
L’adozione di tali accorgimenti -ove fondata su presupposti oggettivi e giustificabili – esime il prestatore di servizi di pagamento da responsabilità per il mancato rispetto dei tempi di esecuzione dell’operazione di pagamento”.
[…] Quindi, in forza dell’art. 24, ci si chiede quale sia la condotta che l’intermediario debba adottare una volta accertato l’errore dell’utente; ovvero se egli possa legittimamente interrompere o rifiutarsi di eseguire l’operazione senza incorrere nella responsabilità di cui all’art. 25 per non averla eseguita o averla eseguita in ritardo.
2.6.3. A tale quesito la dottrina ha ritenuto di poter dare risposta positiva, non solo perché un tale comportamento sarebbe conforme ai principi di economicità, ma soprattutto perché tale possibilità può ragionevolmente desumersi dal comma 2 dell’art. 16 del D.Lgs. n. 11/2010.
Ai sensi di questa norma: “qualora il prestatore di servizi di pagamento rifiuti di eseguire o di disporre l’ordine di pagamento, il rifiuto e ove possibile le relative motivazioni, nonché la procedura per correggere eventuali errori materiali imputabili all’utente che abbiano causato il rifiuto, sono comunicati all’utente”.
Ciò tranne nel caso in cui la comunicazione di tale informazione da parte dell’intermediario non sia vietata in quanto risulta essere “in contrasto con obiettivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza, individuati ai sensi dell’articolo 126 del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, o ricorrano giustificati motivi ostativi in base alle disposizioni in materia di contrasto del riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, di legge o di regolamento”.
Quindi, il disposto dell’art. 16 D.Lgs. n. 11/2010 contempla quelle circostanze eccezionali in cui, a causa di interessi ritenuti dal legislatore maggiormente meritevoli di tutela o per ragioni di economicità, l’intermediario ha la possibilità di interrompere il procedimento di pagamento, dandone, se possibile, tempestiva comunicazione all’utente.
Tra di esse, in deroga al dovere dell’intermediario di eseguire l’operazione richiesta non appena abbia ricevuto l’ordine di pagamento, […] rientra quella in cui è stato individuato un errore materiale del cliente, come, ad esempio, l’indicazione di un IBAN erroneo o inesistente.
In entrambi i casi, l’intermediario deve comunicare all’utente l’errore riscontrato che ha dato luogo al rifiuto di esecuzione, nonché la procedura per correggere l’errore con la massima sollecitudine e, in ogni caso, non oltre i termini previsti dall’art. 20 del decreto stesso (art. 16, comma 3, D.Lgs. n. 11/2010) e cioè entro la fine della giornata operativa successiva.
2.6.5. Da quanto fin qui riportato si può ricavare, allora, che, ove l’intermediario, pur consapevole dell’incongruenza delle informazioni relative al pagamento, abbia dato seguito all’operazione di pagamento in favore di un beneficiario erroneo, potrà essere ritenuto responsabile nei confronti dell’utente del servizio.
Responsabilità che ha natura indubbiamente contrattuale se il conto corrente corrispondente all’IBAN errato è radicato presso lo stesso intermediario che detiene anche il conto del legittimo beneficiario.
In questo caso, infatti, tra il prestatore del servizio ed il beneficiario che avrebbe dovuto ricevere il pagamento è in essere un rapporto contrattuale e, di conseguenza, sull’intermediario grava l’obbligo di conformare la propria condotta ai principi di buona fede e diligenza nell’esecuzione del contratto.
Ciò significa che egli deve agire, nello svolgimento del mandato conferitogli, salvaguardando gli interessi dell’altra parte contrattuale, tra i quali rientra l’esecuzione corretta dell’operazione.
Di conseguenza, nel caso in cui egli, consapevole dell’errore esistente nelle coordinate bancarie, abbia eseguito l’operazione secondo l’IBAN errato, può essere ritenuto responsabile ai sensi del combinato disposto degli artt. 1856, 1710 e 1172 cod. civ.
2.6.5.1. Diversamente, nel caso in cui (come nella concreta fattispecie oggi all’esame del Collegio) il conto corrente di accredito sia detenuto presso un prestatore di servizi con il quale il legittimo beneficiario del pagamento non ha alcun rapporto contrattuale, la responsabilità in cui l’intermediario incorre può essere considerata contrattuale giusta la teoria del cosiddetto “contatto sociale qualificato”.
In ragione di questo contratto sulla banca grava un obbligo professionale di protezione nei confronti di tutti i soggetti interessati al buon fine dell’operazione. Alternativamente, il legittimo beneficiario che non ha ricevuto il pagamento può agire nei confronti dell’intermediario invocandone la sua responsabilità extracontrattuale ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., con tutto ciò che ne consegue in termini di onere della prova e risarcibilità del danno patito.
2.6.5.2. […] l pregio della riportata opinione, sta nell’aver messo in evidenza la circostanza che il disposto dell’art. 24 non ha carattere precettivo e lascia aperta la possibilità agli intermediari di eseguire il controllo dei dati di pagamento forniti dall’utente, con la conseguenza che la condotta dallo stesso adottata, una volta divenuto consapevole dell’errore, può determinarne la responsabilità.
Alteris verbis, da un lato, si riconosce che il disposto dell’art. 24 è applicabile ad entrambi gli intermediari; dall’altro, si individua uno scenario normativo aggiuntivo in cui la consapevolezza dell’intermediario diventa il criterio per poter individuare la sua eventuale responsabilità.
Questo elemento offre all’utente la possibilità di ricevere tutela anche nel caso in cui egli stesso abbia fornito all’intermediario un IBAN errato che ha dato luogo ad un pagamento viziato.
2.6.6. Tale ricostruzione ridimensiona il carattere decisivo dell’art. 24 del D.Lgs. n. 11 del 2010 e consente di evidenziare che il rapporto tra la banca ed il cliente è regolato anche dalle norme di diritto comune, tanto che sembra comunque auspicare che gli intermediari adottino una condotta conforme alle regole di diligenza e buona fede. […]
2.7. Tutto quanto finora riportato dimostra, in realtà, che l’aspetto decisivo della questione di cui si discute si rivela essere, non già (o, comunque, non solo) il perimetro applicativo del disposto dell’art. 24 del D.Lgs. n. 11 del 2010, bensì il rapporto tra la norma speciale e le regole di diritto comune.
2.7.1. L’interrogativo da porsi, cioè, è se sia possibile ritenere che l’esimente da responsabilità contenuta nella normativa di settore […] sarebbe applicabile (e regola la responsabilità in caso di errori nell’operazione di pagamento) esclusivamente al rapporto tra il cliente e banca inteso come rapporto tra l’ordinante il pagamento ed il proprio istituto di credito che materialmente effettua il pagamento e/o tra il destinatario del pagamento (identificato dall’identificativo unico) e la banca di quest’ultimo che riceve l’ordine di bonifico e lo accredita sul conto corrente indicato.
2.7.2. Come ripetutamente affermato dalle decisioni dell’Arbitro Bancario Finanziario (cfr. amplius, decisione del Collegio di coordinamento ABF del 3 maggio 2022, n. 6886), la qualifica soggettiva di “cliente” della banca sussiste quando […] l’istante chieda l’accertamento di diritti, obblighi o facoltà che scaturiscano da rapporti relativi a operazioni e servizi bancari e finanziari, ivi compresi quelli di pagamento.
Pertanto, nel caso in cui […] il conto corrente di accredito sia detenuto presso un prestatore di servizi con il quale il legittimo beneficiario del pagamento non ha alcun rapporto contrattuale, la responsabilità in cui l’intermediario incorre può essere considerata contrattuale.
Ciò giusta la teoria del cosiddetto “contatto sociale qualificato”, in ragione della quale sulla banca grava un obbligo professionale di protezione nei confronti di tutti i soggetti interessati al buon fine dell’operazione.
Trattasi, dunque, di una fattispecie che non ha natura di responsabilità oggettiva.
Questo tipoi di responsabilità è ravvisabile solo laddove difetti un rapporto in senso lato “contrattuale” tra danneggiante e danneggiato, ed il primo sia chiamato a rispondere del fatto dannoso nei confronti del secondo, non per essere con questi entrato in contatto, ma in ragione della particolare posizione rivestita o della relazione che lo lega alla res causativa del danno.
2.7.3. Ne deriva, altresì, che alla base dell’esecuzione di uno o più servizi di pagamento vi è un rapporto che può definirsi come di carattere contrattuale (fosse anche solo per effetto del mero “contatto sociale qualificato”) tra l’utente e l’intermediario […]
2.7.4. Muovendo, allora, dalla premessa che sull’intermediario gravano tanto gli obblighi di condotta previsti dalla normativa speciale quanto quelli contenuti nella normativa generale, si può giungere – coerentemente con la dottrina cui si è fatto ripetutamente cenno in precedenza – alla duplice ragionevole conclusione per cui:
- i) non è possibile ipotizzare che, tra gli obblighi derivanti dai principi di correttezza e diligenza professionale, ricavabili dalla normativa generale, rientri anche quello di controllare sempre che le informazioni fornite dall’utente siano corrette. […]
- ii) le norme in tema di esecuzione del contratto non impongono all’intermediario un determinato comportamento, e, quindi, non intervengono nella sua scelta di adottare un sistema interamente automatizzato eliminando il controllo di congruità.
Invece, intervengono solo in un momento successivo ed eventuale, cioè nella valutazione della sua condotta qualora egli, in qualunque modo, sia divenuto consapevole di un’incoerenza dei dati fornitigli e, quindi, di un presumibile errore dell’utente.
[…]
2.8.1. Occorre tenere conto del fatto che a, seconda del servizio utilizzato per l’esecuzione del pagamento – ad esempio se bonifico o se addebito diretto su iniziativa del beneficiario – muta l’intermediario che ha la possibilità di individuare l’errore e sarà, quindi, potenzialmente responsabile nel caso in cui abbia proseguito con l’esecuzione del pagamento nonostante fosse consapevole dell’errore stesso.
Nel caso di bonifico, l’eventuale responsabilità ricadrà sull’intermediario del beneficiario (nel caso dell’addebito diretto, invece, sull’intermediario del pagatore), mentre l’altro intermediario fruirà automaticamente dell’esimente di cui al più volte citato art. 24.
2.8.2. In secondo luogo, si deve considerare la tutela dell’utente.
2.8.2.1. Infatti, il medesimo art. 24 prevede che l’intermediario del pagatore si adoperi […] affinché la somma “perduta” venga restituita al pagatore.
Alla tutela restitutoria, poi, ben può affiancarsi quella risarcitoria ove sia emerso che l’intermediario sia responsabile per aver adottato una condotta contraria ai doveri di diligenza professionale nell’esecuzione dell’incarico conferitogli; tuttavia, a differenza della tutela restitutoria della norma speciale che è accordata sempre al pagatore, la tutela risarcitoria per l’eventuale danno subito può essere riconosciuta sia al pagatore sia al beneficiario, a seconda dell’intermediario responsabile.
2.9. È intuitivo, poi, che, ai fini pratici, nemmeno può essere trascurata la questione dell’onere della prova circa la responsabilità dell’intermediario, da calibrarsi, tuttavia, sulla specifica, concreta fattispecie in esame.
2.9.1. […] i) nei rapporti tra prestatore del servizio di pagamento (banca) e utilizzatore del servizio, […] per poter invocare la responsabilità dell’intermediario è necessario dimostrare la sua consapevolezza dell’errore del cliente.
L’onere della prova grava, ai sensi dell’art. 1218 cod. civ. sull’intermediario, il quale, per essere ritenuto esente da colpa, deve soltanto dimostrare di aver eseguito l’operazione utilizzando il sistema interamente automatizzato che esclude il controllo di congruità.
In sostanza, lo schema di pagamento introdotto con la SEPA rende l’intermediario automaticamente inconsapevole dell’eventuale errore dell’utente del servizio come in precedenza individuato, con la conseguenza che, di fatto, tocca a quest’ultimo dimostrare che, nonostante l’adozione di tale sistema, quella consapevolezza era stata comunque acquisita dall’intermediario nel caso specifico.
- ii) Allorquando, invece, il beneficiario non sia titolare di alcun conto di accredito presso il prestatore del servizio di pagamento, sicché nemmeno può trovare applicazione la specifica disciplina ex art. 24 del Lgs. n. 11 del 2010, tornano in vigore le regole di diritto comune.
Le regole di diritto comune impongono all’intermediario, responsabile, secondo la teoria del “contatto sociale qualificato”, nei confronti dell’effettivo beneficiario rimasto insoddisfatto, di provare di aver agito (rectius: di aver compiuto l’operazione di pagamento richiestagli dal solvens tramite il proprio prestatore di servizio di pagamento) adottando tutte le cautele necessarie.
Ciò al fine di scongiurare il rischio di un’erronea individuazione di quest’ultimo o, quanto meno, di essersi adoperato al fine di rendergli possibile la individuazione del soggetto erroneamente gratificato del pagamento destinato, invece, al primo, se del caso anche comunicandogli i relativi dati anagrafici o societari.
[…]
2.10.1.1. Nel caso in cui venga accertata una difformità successivamente all’esecuzione dell’ordine di pagamento, gli stessi intermediari sono tenuti a fornire i dati anagrafici o societari dell’accipiens per permettere al reale creditore di esercitare un’azione di ripetizione delle somme indebitamente percepite dal primo.
In tal caso, non si può invocare la tutela della privacy al fine di giustificare il rifiuto di comunicare al pagatore i dati anagrafici o societari del proprio correntista.
L’interesse alla riservatezza dei dati personali deve cedere a fronte della tutela di altri interessi giuridicamente rilevanti, e dall’ordinamento configurati come prevalenti nel necessario bilanciamento operato, fra i quali l’interesse, ove autentico e non surrettizio, all’esercizio del diritto di difesa in giudizio” (cfr. Cass. n. 39531 del 2021, pag. 8 – 9 della motivazione).
[…]