Corte di Cassazione penale, Sezione VI, sentenza 25 giugno 2024, n. 25008
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- Il ricorso della parte civile non è fondato.
- Il primo paragrafo del motivo unico di ricorso, concernente la sussistenza del dolo in capo all’imputata per il reato contestato, si palesa infondato e per taluni aspetti sprovvisto del carattere di specificità, poiché la ricorrente, nella sostanza, sollecita sui punti oggetto delle censure una non consentita rilettura di merito delle emergenze processuali in un senso ritenuto a sé più favorevole.
In ordine alle ragioni per le quali si è affermato che nei comportamenti della D.S.L., sopra descritti nell’esposizione dei fatti, non fossero ravvisabili gli estremi del reato contestato per carenza dell’elemento soggettivo, la Corte territoriale ha argomentato, infatti, con considerazioni scevre da illogicità manifesta in fatto e corrette in linea di diritto, oltre che con solido ancoraggio alle informazioni probatorie, orali e documentali, conseguite per la ricostruzione dell’episodio.
Quanto al primo aspetto evidenziato nel motivo, la Corte d’appello chiarisce che la somma concessa dall’imputata al marito era volta proprio all’estinzione del mutuo gravante sulla abitazione di (OMISSIS) – del valore di 700.000,00 euro – sicché non avrebbe avuto alcun senso chiedere il finanziamento ad un istituto di credito, e che l’estinzione era volta proprio ad agevolare la vendita dell’immobile in vista del trasferimento all’estero del coniuge.
Parimenti, non è ravvisabile alcuna illogicità nell’argomentazione della Corte secondo cui la buona fede della D.S.L. era dimostrata dalla circostanza che l’intero importo della donazione era stato corrisposto con assegni circolari (facilmente tracciabili) e che tutta l’operazione di acquisto dell’immobile e di devoluzione al fondo patrimoniale era stata effettuata con atti pubblici e strumenti di pagamento palesi.
La Corte d’appello ha coerentemente osservato che, se l’imputata fosse stata a conoscenza della provenienza illecita della provvista donatale, non avrebbe accettato di riceverla mediante atto di liberalità revocabile, né avrebbe fatto confluire l’immobile in un fondo patrimoniale soggetto a revocatoria.
Non avrebbe accettato quelle modalità per ottenere una anticipazione degli accordi di separazione, né, soprattutto, avrebbe temporeggiato nel richiedere l’esecuzione dell’intero accordo patrimoniale della separazione, ovvero il trasferimento a suo favore del 50% della casa coniugale (di cui possedeva già il 50%).
Tanto che nel 2014, quando lo fece, accertò che già dal 2013, a seguito di due decreti ingiuntivi emessi nei confronti del marito, sull’immobile erano state iscritte due ipoteche.
Così come non può essere trascurato che la stessa ha ricevuto, come ricorda la Corte d’appello, una citazione dalla banca (OMISSIS) per la revocatoria della donazione e del fondo patrimoniale, con conseguente grave danno economico.
Quanto al terzo rilievo della parte civile ricorrente, secondo cui la Corte avrebbe inadeguatamente respinto la tesi accusatoria tesa ad affermare che l’imputata non aveva alcun motivo, se non quello di favorire il coniuge, di vincolare l’immobile a lei intestato in un fondo patrimoniale, anch’esso si risolve in una richiesta di rivalutazione del merito della vicenda.
La motivazione dei giudici di appello sul punto è congrua (v. pagg. 22-23), laddove da un lato rappresenta che la costituzione di un fondo patrimoniale non costituiva una novità per il nucleo familiare perché già in precedenza immobili di proprietà erano stati conferiti in altro fondo e che, dall’altro, la costituzione del fondo in questione era coerente con la riorganizzazione dell’assetto familiare, che avrebbe visto il trasferimento dell’abitazione di residenza della famiglia – ed in particolare della figlia minorenne C., ossia la titolare dell’interesse protetto dal provvedimento in questione – a (OMISSIS), presso l’immobile costituito dall’unione dell’appartamento già acquistato dalla stessa D.S.L. nel 2008 e di quello adiacente, oggetto della compravendita oggetto di contestazione, con la prospettiva di vendere, avendo ottenuto la necessaria autorizzazione del Tribunale, la precedente residenza del nucleo familiare ubicata ad (OMISSIS).
Con riguardo alla asserita riduzione di responsabilità conseguente al trasferimento della professionista da (OMISSIS) presso l’Ospedale (OMISSIS) – circostanza evocata come ulteriore elemento a supporto della presunta assenza di “giustificazioni” alla contestata costituzione del fondo patrimoniale – la Corte ha ben chiarito che, per quanto la predetta si fosse trovata a dover rinunciare all’incarico da primario ospedaliero, ella era comunque assunta, presso la nuova sede, come Dirigente medico di Direzione Sanitaria, mansione che comporta notoriamente il costante rischio di esposizione ad azioni risarcitorie.
- Non fondato è anche il secondo paragrafo del motivo unico di ricorso, per il quale, oltre che dagli elementi contraddittori sopra riportati, la sentenza impugnata risulterebbe affetta da un vizio di totale assenza di motivazione in ordine ad alcune fondamentali argomentazioni su cui si fonda l’assunto accusatorio.
Anche in questo caso, i rilievi formulati dalla parte ricorrente appaiono fondati su considerazioni che, lungi dall’evidenziare una carenza motivazionale, paiono invece diretti a proporre una diversa lettura, in punto di fatto, di elementi già oggetto di valutazione logica e consequenziale da parte della Corte territoriale.
Essi concernono le ragioni per le quali l’imputata ha conferito l’immobile a lei intestato in un fondo patrimoniale intestato anche all’ex marito – pur essendo imminente il deposito del ricorso per la separazione coniugale – e per cui ha prestato al coniuge, da cui si sarebbe presto separata, una consistente somma di denaro.
Quanto al primo aspetto, la Corte di merito ha osservato che – posto che il fondo patrimoniale è uno strumento giuridico comunemente utilizzato ai fini dell’assolvimento dei doveri di mantenimento, soprattutto in presenza di prole minorenne – tale opzione risulta coerente con le decisioni precedentemente assunte con riferimento alla gestione della precedente residenza della famiglia, dal momento che anche l’immobile sito in (OMISSIS) era stato oggetto della costituzione di un fondo patrimoniale nel 2006 e, nell’ottica di procedere alla sua sostituzione quale abitazione familiare, ne era stata richiesta l’autorizzazione alla vendita, come da provvedimento rilasciato dal Tribunale di Firenze in data 29 novembre 2012, proprio in vista del trasferimento della famiglia stessa a (OMISSIS).
Quanto alla concessione del prestito nell’imminenza della separazione, si tratta di scelte personali che esulano dal perimetro cui deve attenersi il giudicante e che, in ogni modo, sono versate palesemente in fatto, sicché non sono deducibili in sede di legittimità.
Basti comunque pensare che il fondo patrimoniale familiare non poteva che essere intestato al coniuge, poiché in costanza di matrimonio con una figlia minorenne, e che, in definitiva, come chiaramente pone in luce la Corte d’appello, l’imputata dall’intera vicenda, vedendosi deprivata di tutte le consistenze patrimoniali su cui si era fondato l’accordo di separazione, risulta danneggiata, almeno quanto gli istituti di credito.
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