Consiglio di Stato, Sez. VI, ordinanza 11 giugno 2024 n. 5235
PRINCIPIO DI DIRITTO
Vanno rimesse alla Corte di giustizia dell’Unione europea le seguenti questioni pregiudiziali:
1) Se, in base all’art. 1, par. 5, della Direttiva 2000/31/CE, il regime di responsabilità degli hosting provider di cui all’art. 14 della Direttiva medesima sia applicabile alle attività relative alla pubblicizzazione online di giochi o scommesse con vincite di denaro nonché alla pubblicizzazione del gioco d’azzardo; laddove la Corte di Giustizia risponda in senso affermativo al primo quesito (id est ritenendo che la Direttiva 2000/31/CE si applichi anche alla responsabilità degli hosting provider per la pubblicizzazione di giochi o scommesse con vincite di denaro nonché alla pubblicizzazione del gioco d’azzardo), si invita la Corte di giustizia medesima a pronunciarsi, ai sensi dell’art. 267 TFUE, anche sul seguente quesito:
2) Se il regime di responsabilità di cui all’art. 14 della Direttiva 2000/31/CE, sia applicabile ad un hosting provider quale Google con riferimento ai contenuti pubblicati dai titolari dei canali YouTube con cui Google abbia concluso l’accordo di partnership commerciale sopra descritto.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- L’odierna controversia ha ad oggetto il Provv. del 19 luglio 2022 con cui l’Autorità delle garanzie nelle comunicazioni (di seguito “Autorità” o AGCOM) ha irrogato a G.I. Limited (di seguito “G.”) una sanzione pecuniaria per la violazione dell’art. 9 del D.Lgs. n. 87 del 2018 (di seguito “Decreto dignità”) che vieta qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro nonché al gioco d’azzardo, comunque effettuata e su qualunque mezzo.
- Più precisamente, l’Autorità ha contestato a G. che attraverso cinque canali, di titolarità del content creator denominato “Spike”, contenti oltre 500 video caricati giornalmente, veniva realizzata la promozione di innumerevoli siti internet di giochi con vincite in denaro in violazione del divieto previsto dall’art. 9 D.L. n. 87 del 2018 cit.
In base a quanto sostenuto dall’Autorità nel provvedimento impugnato “all’interno di ciascuno dei canali sopra identificati, vengono promossi, mediante i video caricati settimanalmente, molteplici siti di gioco con vincite in denaro, prevedendo, altresì, la possibilità di abbonarsi al singolo canale, pagando direttamente il fornitore del servizio di condivisione video YouTube attraverso tre diverse fasce di prezzo cui corrispondono diversi vantaggi (fan livello 1: 1,99 Euro al mese; fan livello 2: 3,99 Euro a mese, fan livello 3: 19,99 Euro al mese); al riguardo, si evidenzia la presenza, in ciascun canale, di video in cui si invita l’utente, a prescindere dall’età, ad inviare i propri video di vincita in modo da consentire ai titolari dei canali, previa remunerazione agli utenti, la diffusione dei video delle migliori vincite realizzate”.
- L’Autorità sostiene che l’utente Spike non sia qualificabile come un “utente ordinario” di YouTube avendo aderito, a partire dal 2019, al “Programma partner” di You Tube (YPP), beneficio riconosciuto in ragione del “successo” ottenuto tramite i menzionati Canali Contestati.
- L’Autorità ha, pertanto: – comminato a G. una sanzione amministrativa di 750.000 Euro; – ordinato a G. di rimuovere 630 video; – ordinato a G. di “rimuovere dalla piattaforma di condivisione di video “YouTube” i video di “Spike” aventi contenuti analoghi a quelli oggetto del presente procedimento e pertanto in violazione del divieto sancito dall’art. 9 del Decreto dignità” (ordine di notice & stay down
- Avverso tale provvedimento G. è insorta davanti al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio il quale, con la sentenza ora impugnata, ha accolto il ricorso sulla base della assorbente considerazione secondo cui deve applicarsi a G. il regime “agevolato” di responsabilità disposto dall’art. 16, D.Lgs. n. 70 del 2003, di attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa ai servizi della società dell’informazione nel mercato interno (cd. Direttiva E-Commerce), secondo cui “nella prestazione di un servizio della società dell’ informazione, consistente nella memorizzazione di informazioni fornite da un destinatario del servizio, il prestatore non è responsabile delle informazioni memorizzate a richiesta di un destinatario del servizio, a condizione che detto prestatore: a) non sia effettivamente a conoscenza del fatto che l’attività o l’informazione è illecita e, per quanto attienead azioni risarcitorie, non sia al corrente di fatti o di circostanze che rendono manifesta l’illiceità dell’attività o dell’ informazione; b) non appena a conoscenza di tali fatti, su comunicazione delle autorità competenti, agisca immediatamente per rimuovere le informazioni o per disabilitarne l’accesso”.
Di conseguenza, il primo giudice ha affermato che “dovendosi il servizio offerto dalla piattaforma “YouTube” qualificare in termini di “hosting”, la mera valorizzazione degli indici presenti nel provvedimento impugnato (strumentalità alla diffusione del messaggio ed elaborazione di quest’ultimo dal sistema utilizzato) non [è] di per sé sufficiente, alla luce del riportato quadro normativo e giurisprudenziale, a fondare, nel caso di specie, la responsabilità del gestore della piattaforma per la violazione del “Decreto Dignità””.
- L’Autorità propone appello avverso detta pronuncia articolando due motivi di censura. Con il primo motivo [Error in iudicando. Violazione e falsa applicazione dell’art. 9 del D.L. n. 87 del 2018 (conv. in L. n. 96 del 2018), degli artt. 1, comma 5, lett. d) e 14 della Direttiva 2000/31/CE (Direttiva ECommerce), dell’art. 1, comma 2, lett. g) del D.Lgs. n. 70 del 2003 – Illogicità manifesta], l’Autorità deduce che la Direttiva 2000/31/CE e, quindi, il D.Lgs. n. 70 del 2003 che ha recepito la medesima, non trovano applicazione al caso di specie dal momento che detta Direttiva esclude dal proprio ambito di applicazione (art. 1, comma 5) i giochi d’azzardo che implicano una posta pecuniaria in giochi di fortuna, traendone le seguenti conseguenze. Stante l’inapplicabilità della direttiva, il precetto posto dall’art. 9 del Decreto dignità (D.Lgs. n. 87 del 2018), sostiene la difesa erariale, deve trovare applicazione anche all’hosting provider, trattandosi di un divieto che il legislatore pone a carico “del committente”, “del proprietario del mezzo o del sito di diffusione”, “del proprietario del mezzo o del sito di destinazione” e “dell’organizzatore della manifestazione, evento o attività”.
Inoltre, stante la ratio della disciplina in esame, diretta al contrasto della ludopatia, nemmeno andrebbe ricercato, secondo l’Autorità, l’elemento soggettivo dell’illecito.
Con il secondo mezzo (Error in procedendo. Error in iudicando – Errata applicazione del precedente giurisprudenziale – Illogicità manifesta), l’Autorità contesta la sentenza impugnata laddove richiama il proprio precedente rappresentato dalla pronuncia n. 11036/2021 che, secondo l’AGCOM, non sarebbe conferente al caso di specie: il primo attiene agli annunci pubblicitari pubblicati da G. tramite il servizio denominato GoogleAds mentre, nel caso che ci occupa, G., ha sottoscritto con il content creator dei canali oggetto di contestazione un contratto di partnership commerciale.
La difesa erariale deduce che tale rapporto contrattuale si instaura a fronte di una previa verifica, anche di natura “umana” da parte di G. che esamina il “tema” del canale oggetto della proposta contrattuale e valuta se sussistano i presupposti (ore di contenuti caricati, ore di visualizzazioni e numero di iscritti ai canali) per concludere l’accordo. Tale previa verifica fa sì che G. venga a conoscenza della “tematicità” del canale e, dunque, dell’illecito commesso.
- Con memoria di costituzione, tempestivamente depositata, G. ha contestato le deduzioni avversarie sostenendo che: – la Direttiva 2000/31/CE deve applicarsi al caso di specie; – G. non è il “proprietario del mezzo di diffusione” ai sensi del Decreto Dignità; – G. è un hosting provider passivo e non è a conoscenza dell’illiceità dei Video Contestati; – i contenuti segnalati dall’AGCOM non sono manifestamente illeciti.
- Altresì, G., ai sensi dell’art. 101 c.p.a., ha riproposto i motivi II, III, IV, V, e VI del ricorso di primo grado non esaminati dal TAR e che di seguito si riassumono.
- Violazione e falsa applicazione dell’art. 9 del D.L. n. 87 del 2018 (conv. in L. n. 96 del 2018), dell’art. 14 della Direttiva 2000/31/CE (Direttiva E-Commerce), dell’art. 7 del Regolamento (UE) 2065/2022, degli artt. 16 e 17 del D.Lgs. n. 70 del 2003 e degli artt. 1 e 3 della L. n. 689 del 1981. Falsa applicazione delle Linee Guida. Violazione delle regole sul giusto procedimento, dei principi di proporzionalità, ragionevolezza e legalità delle sanzioni amministrative, nonché di imparzialità, efficienza e buon andamento della pubblica amministrazione e x art. 97 Cost. Difetto di istruttoria e di motivazione. Illogicità e contraddittorietà. Travisamento ed erronea valutazione dei fatti. Carenza dei presupposti di diritto e di fatto. Disparità di trattamento”.
Con tale mezzo G. deduce che: – non esiste un contratto pubblicitario né un corrispettivo per la “pubblicità” occulta realizzata tramite i canali YouTube oggetto di contestazione e gli annunci pubblicitari associati non hanno nulla a che vedere con l’oggetto dei Video Contestati, non riguardano attività di giochi e scommesse e infatti non sono contestati da AGCOM; – non esiste un contratto ad personam con il content creator Spike in quanto l’adesione al contratto di partnership avviene tramite l’accettazione da parte dell’utente (nella specie Spike) di un contratto per adesione predisposto unilateralmente da G. per tutti gli utenti che vogliono aderire a programma YPP; – G. non è neanche a conoscenza dell’esistenza di contratti pubblicitari tra l’utente Spike e i siti web di gioco d’azzardo; – i video illeciti non arricchiscono G. ma la pregiudicano; – l’adesione allo YPP non determina una maggiore diffusione dei video del Creator; – la responsabilità ricade sul solo influencer e non anche su G.; – G. non ha partecipato con coscienza o volontà alla condotta illecita contestata avendo fatto tutto quanto in suo potere per evitare la diffusione di messaggi pubblicitari sui giochi d’azzardo e avendo rimosso i video non appena ricevuta dall’AGCOM la comunicazione sulla presunta illiceità dei medesimi.
- Violazione e falsa applicazione dell’art. 9 del D.L. n. 87 del 2018 (conv. in L. n. 96 del 2018), dell’art. 14 della Direttiva 2000/31/CE (Direttiva E-Commerce), dell’art. 7 del Regolamento (UE) 2065/2022, degli artt. 16 e 17 del D.Lgs. n. 70 del 2003 e degli artt. 1 e 3 della L. n. 689 del 1981. Violazione dei principi di proporzionalità, ragionevolezza e legalità delle sanzioni amministrative, nonché di imparzialità, efficienza e buon andamento della pubblica amministrazione ex art. 97 Cost. Difetto di istruttoria e di motivazione, illogicità e contraddittorietà. Travisamento ed erronea valutazione dei fatti. Carenza dei presupposti di diritto e di fatto. Disparità di trattamento”.
Con tale mezzo G. deduce che i Video Contestati non hanno natura pubblicitaria e contengono mere informazioni sui giochi d’azzardo, in quanto Spike si limita a giocare a vari giochi con vincita in denaro, dando informazioni su come giocare in generale e intrattenendo i suoi follower con battute di spirito.
- Violazione e falsa applicazione dell’art. 14 della Direttiva 2000/31/CE (Direttiva ECommerce), dell’art. 7 del Regolamento (UE) 2065/2022, degli artt. 16 e 17 del D.Lgs. n. 70 del 2003, dell’art. 9 del D.L. n. 87 del 2018 (conv. in L. n. 96 del 2018), dell’art. 1 L. n. 689 del 1981, degli artt. da 56 a 62 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea, degli artt. 11 e 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e degli artt. 21 e 41 Cost. Carenza dei presupposti di diritto. Violazione del principio del primato del diritto dell’Unione europea e dei principi di proporzionalità, ragionevolezza, certezza, nonché di imparzialità, efficienza e buon andamento della pubblica amministrazione ex art. 97 Cost.” Con tale mezzo G. deduce che, in qualità di hosting provider, non è soggetta ad alcun obbligo di verifica dei contenuti dei video e che il provvedimento dell’Autorità impone una censura e limita la libertà di espressione degli utenti e la libera prestazione dei servizi di G.
- Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 5 e 6 della Direttiva (UE) 2015/1535 (Direttiva Servizi Tecnici), degli artt. 2 e 3 della Direttiva 2000/31/CE (Direttiva E-Commerce), dell’art. 7 del Regolamento (UE) 2065/2022, dell’art. 3 del D.Lgs. n. 70 del 2003, dell’art. 9 del D.L. n. 87 del 2018 (conv. in L. n. 96 del 2018), dell’art. 1 L. n. 689 del 1981, degli artt. da 56 a 62 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea, degli artt. 11 e 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e degli artt. 21 e 41 Cost. Carenza dei presupposti di diritto. Violazione del principio del primato del diritto dell’Unione europea e dei principi di proporzionalità, ragionevolezza, certezza, nonché di imparzialità, efficienza e buon andamento della pubblica amministrazione ex art. 97 Cost.”.
Con tale mezzo G., in via subordinata, deduce che il Decreto Dignità andrebbe disapplicato perché in contrasto con i citati artt. 14 e 15 della Direttiva E-Commerce in virtù del primato del diritto europeo sul diritto nazionale, da cui consegue la disapplicazione della norma nazionale in violazione della legge europea nonché per la sua mancata notifica alla Commissione Europea ai sensi della Direttiva Servizi Tecnici.
- Violazione e falsa applicazione dell’art. 9 del D.L. n. 87 del 2018, dell’art. 14 della Direttiva 2000/31/CE (Direttiva E-Commerce), dell’art. 7 del Regolamento (UE) 2065/2022, degli artt. 16 e 17 del D.Lgs. n. 70 del 2003, degli artt. 1 e 11 della L. n. 689 del 1981 e dell’art. 25 Cost. Violazione e falsa applicazione degli artt. da 56 a 62 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea, degli artt. 11 e 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e degli artt. 21 e 41 Cost. Violazione dell’Allegato A della Delibera dell’Autorità 265/15/CONS s.m.i. (“Regolamento AGCOM sulle Sanzioni”). Violazione dei principi del giusto procedimento, proporzionalità e legalità delle sanzioni amministrative, nonché di imparzialità, efficienza e buon andamento della pubblica amministrazione ex art. 97 Cost. Difetto di istruttoria e di motivazione. Illogicità e irragionevolezza. Travisamento ed erronea valutazione dei fatti. Carenza dei presupposti di diritto”. Con tale motivo G., in subordine rispetto alle precedenti doglianze, contesta la quantificazione della sanzione perché sproporzionata e svincolata dai criteri di determinazione previsti dall’art. 11 della L. n. 689 del 1981 nonché del Regolamento AGCOM sulle Sanzioni deducendo che: – la sanzione avrebbe dovuto essere pari a zero perché la stessa va calcolata, ai sensi dell’art. 9, comma 2, del Decreto Dignità, in misura pari “al 20% del valore della sponsorizzazione o della pubblicità”, ma non esiste alcun valore o corrispettivo della sponsorizzazione o della pubblicità percepito da G. perché il video non è un annuncio pubblicitario; – i cinque Canali Contestati, tutti appartenenti a Spike, vanno considerati come un’unica condotta, ai sensi del Regolamento AGCOM sulle Sanzioni; – l’Autorità ha erroneamente valutato gli altri elementi di commisurazione della sanzione quali la gravità della violazione, le opere mitigative adottate, la personalità dell’agente.
- Con ordinanza cautelare n. 206/2024 la Sezione ha accolto l’istanza cautelare formulata dall’appellante ai soli fini della sollecita definizione del giudizio nel merito, ed ha a tal fine fissato l’udienza pubblica del 23 maggio 2024.
- In vista di tale udienza, le parti hanno depositato memorie e la difesa erariale ha chiesto, in via subordinata, laddove il Collegio ritenesse applicabile al caso di specie la Direttiva E-Commerce, di sollevare sul punto una questione pregiudiziale davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione europea.
- All’udienza del 23 maggio 2024, in vista della quale G. ha depositato delle “note di udienza”, a seguito della discussione delle parti la causa è stata trattenuta in decisione.
- La Direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’8 giugno 2000 (Direttiva ECommerce) relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, inparticolare il commercio elettronico, nel mercato interno “Direttiva sul commercio elettronico”, nella versione ratione temporis vigente, prevede quanto segue: – Considerando n. 16: “L’esclusione dei giochi d’azzardo dal campo d’applicazione della presente direttiva riguarda soltanto i giochi di fortuna, le lotterie e le scommesse che comportano una posta pecuniaria. Essa non riguarda le gare promozionali o i giochi che hanno l’obiettivo di incoraggiare la vendita di beni o servizi e in cui gli eventuali pagamenti servono unicamente ad acquisire i beni o servizi promossi”. – Considerando n. 21: “Il campo d’applicazione dell’ambito regolamentato lascia impregiudicata un’eventuale armonizzazione futura all’interno della Comunità dei servizi della società dell’informazione e la futura legislazione adottata a livello nazionale in conformità della normativa comunitaria.
L’ambito regolamentato comprende unicamente requisiti riguardanti le attività in linea, quali l’informazione in linea, la pubblicità in linea, la vendita in linea, i contratti in linea, e non comprende i requisiti legali degli Stati membri relativi alle merci, quali le norme in materia di sicurezza, gli obblighi di etichettatura e la responsabilità per le merci, o i requisiti degli Stati membri relativi alla consegna o al trasporto delle merci, compresa la distribuzione di prodotti medicinali. L’ambito regolamentato non comprende l’esercizio dei diritti di prelazione su taluni beni, quali le opere d’arte, da parte delle autorità pubbliche”. – Considerando n. 42: “Le deroghe alla responsabilità stabilita nella presente direttiva riguardano esclusivamente il caso in cui l’attività di prestatore di servizi della società dell’informazione si limiti al processo tecnico di attivare e fornire accesso ad una rete di comunicazione sulla quale sono trasmesse o temporaneamente memorizzate le informazioni messe a disposizione da terzi al solo scopo di rendere più efficiente la trasmissione. Siffatta attività è di ordine meramente tecnico, automatico e passivo, il che implica che il prestatore di servizi della società dell’informazione non conosce né controlla le informazioni trasmesse o memorizzate”. – Art. 1 (Obiettivi e campo d’applicazione), par. 5: “La presente direttiva non si applica: … d) alle seguenti attività dei servizi della società dell’informazione: […] – i giochi d’azzardo che implicano una posta pecuniaria in giochi di fortuna, comprese le lotterie e le scommesse”. – Articolo 14 (“Hosting”)
“1. Gli Stati membri provvedono affinché, nella prestazione di un servizio della società dell’informazione consistente nella memorizzazione di informazioni fornite da un destinatario del servizio, il prestatore non sia responsabile delle informazioni memorizzate a richiesta di un destinatario del servizio, a condizione che detto prestatore: a) non sia effettivamente al corrente del fatto che l’attività o l’informazione è illecita e, per quanto attiene ad azioni risarcitorie, non sia al corrente di fatti o di circostanze che rendono manifesta l’illegalità dell’attività o dell’informazione, o b) non appena al corrente di tali fatti, agisca immediatamente per rimuovere le informazioni o per disabilitarne l’accesso.
- Il paragrafo 1 non si applica se il destinatario del servizio agisce sotto l’autorità o il controllo del prestatore.
- Il presente articolo lascia impregiudicata la possibilità, per un organo giurisdizionale o un’autorità amministrativa, in conformità agli ordinamenti giuridici degli Stati membri, di esigere che il prestatore ponga fine ad una violazione o la impedisca nonché la possibilità, per gli Stati membri, di definire procedure per la rimozione delle informazioni o la disabilitazione dell’accesso alle medesime”. – Articolo 15 (Assenza dell’obbligo generale di sorveglianza)
“1. Nella prestazione dei servizi di cui agli articoli 12, 13 e 14, gli Stati membri non impongono ai prestatori un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni che trasmettono o memorizzano né un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite.
- Gli Stati membri possono stabilire che i prestatori di servizi della società dell’informazione siano tenuti ad informare senza indugio la pubblica autorità competente di presunte attività o informazioni illecite dei destinatari dei loro servizi o a comunicare alle autorità competenti, a loro richiesta, informazioni che consentano l’identificazione dei destinatari dei loro servizi con cui hanno accordi di memorizzazione dei dati”.
- Il D.Lgs. 9 aprile 2003, n. 70 (Decreto Dignità) “Attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione nelmercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico”, nella versione ratione temporis vigente, prevede quanto segue: Articolo 1 (Finalità)
“1. II presente decreto è diretto a promuovere la libera circolazione dei servizi della società dell’informazione, fra i quali il commercio elettronico.
- Non rientrano nel campo di applicazione del presente decreto: … g) i giochi d’azzardo, ove ammessi, che implicano una posta pecuniaria, i giochi di fortuna, compresi il lotto, le lotterie, le scommesse i concorsi pronostici e gli altri giochi come definiti dalla normativa vigente, nonché quelli nei quali l’elemento aleatorio è prevalente.
- Sono fatte salve le disposizioni comunitarie e nazionali sulla tutela della salute pubblica e dei consumatori, sul regime autorizzatorio in ordine alle prestazioni di servizi investigativi o di vigilanza privata, nonché in materia di ordine pubblico e di sicurezza, di prevenzione del riciclaggio del denaro, del traffico illecito di stupefacenti, di commercio, importazione ed esportazione di armi, munizioni ed esplosivi e dei materiali d’armamento di cui alla L. 9 luglio 1990, n. 185″. Art. 16 – (Responsabilità nell’attività di memorizzazione di informazioni -hosting-) “
- Nella prestazione di un servizio della società dell’informazione, consistente nella memorizzazione di informazioni fornite da un destinatario del servizio, il prestatore non è responsabile delle informazioni memorizzate a richiesta di un destinatario del servizio, a condizione che detto prestatore: a) non sia effettivamente a conoscenza del fatto che l’attività o l’informazione èillecita e, per quanto attiene ad azioni risarcitorie, non sia al corrente di fatti o di circostanze che rendono manifesta l’illiceità dell’attività o dell’informazione; b) non appena a conoscenza di tali fatti, su comunicazione delle autorità competenti, agisca immediatamente per rimuovere le informazioni o per disabilitarne l’accesso.
- Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano se il destinatario del servizio agisce sotto l’autorità o il controllo del prestatore.
- L ‘autorità giudiziaria o quella amministrativa competente può esigere, anche in via d’urgenza, che il prestatore, nell’esercizio delle attività di cui al comma 1, impedisca o ponga fine alle violazioni commesse. 18bis. Il D.L. 12 luglio 2018, n. 87, convertito, con modificazioni dalla L. 9 agosto 2018, n. 96, “Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese”, prevede quanto segue: Art. 9 (“Divieto di pubblicità giochi e scommesse”)”
- Ai fini del rafforzamento della tutela del consumatore e per un più efficace contrasto del disturbo da gioco d’azzardo, fermo restando quanto previsto dall’articolo 7, commi 4 e 5, del D.L. 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla L. 8 novembre 2012, n. 189, e in conformità ai divieti contenuti nell’articolo 1, commi da 937 a 940, della L. 28 dicembre 2015, n. 208, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto è vietata qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro nonché’ al gioco d’azzardo, comunque effettuata e su qualunque mezzo, incluse le manifestazioni sportive, culturali o artistiche, le trasmissioni televisive o radiofoniche, la stampa quotidiana e periodica, le pubblicazioni in genere, le affissioni e i canali informatici, digitali e telematici, compresi i social media.
Dal 1 gennaio 2019 il divieto di cui al presente comma si applica anche alle sponsorizzazioni di eventi, attività, manifestazioni, programmi, prodotti o servizi e a tutte le altre forme di comunicazione di contenuto promozionale, comprese le citazioni visive e acustiche e la sovraimpressione del nome, marchio, simboli, attività o prodotti la cui pubblicità, ai sensi del presente articolo, è vietata. …. (…) 2. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 7, comma 6, del D.L. 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla L. 8 novembre 2012, n. 189, l’inosservanza delle disposizioni di cui al comma 1, comporta a carico del committente, del proprietario del mezzo o del sito di diffusione o di destinazione e dell’organizzatore della manifestazione, evento o attività, ai sensi della L. 24 novembre 1981, n. 689, l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria di importo pari al 20 per cento del valore della sponsorizzazione o della pubblicità e in ogni caso non inferiore, per ogni violazione, a Euro 50.000. 3. L’Autorità competente alla contestazione e all’irrogazione delle sanzioni di cui al presente articolo è l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che vi provvede ai sensi della L. 24 novembre 1981, n. 689.
- I proventi delle sanzioni amministrative per le violazioni di cui al comma 1, compresi quelli derivanti da pagamento in misura ridotta ai sensi dell’articolo 16 della L. 24 novembre 1981, n. 689, sono versati ad apposito capitolo dell’entrata del bilancio statale e riassegnati allo stato di previsione della spesa del Ministero della salute per essere destinati al fondo per il contrasto al gioco d’azzardo patologico di cui all’articolo 1, comma 946, della L. 28 dicembre 2015, n. 208″.
- Il Collegio ritiene di dover sottoporre alla Corte di giustizia un primo quesito interpretativo riguardante l’applicabilità della Direttiva 2000/31/CE, nella versione ratione temporis vigente, alla materia della pubblicizzazione on line, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro nonché al gioco d’azzardo.
- Come si è detto, la normativa italiana (art. 9 D.L. n. 87 del 2018 cit.) vieta qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro nonché al gioco d’azzardo, comunque effettuata e su qualunque mezzo, e prevede la adozione di sanzioni pecuniarie nei confronti dei trasgressori.
- Tale normativa è stata introdotta al fine di contrastare il disturbo da gioco d’azzardo, ritenuto dal legislatore nazionale un interesse particolarmente rilevante e meritevole di tutela.
- Tale interesse non è estraneo al diritto comunitario, potendo in proposito citarsi la Raccomandazione della Commissione europea 2014/478/UE che incoraggia gli Stati membri a realizzare un livello elevato di protezione per i consumatori, gli utenti e i minori grazie all’adozione di principi relativi ai servizi di gioco d’azzardo on-line e alla correlata attività di pubblicità e sponsorizzazione. Detti principi mirano a salvaguardare la salute e a ridurre al minimo gli eventuali danni economici che possono derivare dal gioco d’azzardo eccessivo o compulsivo.
- Nel caso di specie, come si è sopra esposto, è stata contestata a G. la diffusione, sul servizio di piattaforma per la condivisione di video “YouTube”, di pubblicità di siti che svolgono attività di gioco e scommessa a pagamento. Impregiudicata ogni valutazione di merito che questo giudice dovrà compiere all’esito del rinvio pregiudiziale, ai soli fini di stabilire la rilevanza delle questioni interpretative che si sottopongono alla Corte di giustizia il Collegio osserva che i video contestati appaiono idonei a pubblicizzare il gioco d’azzardo e siti web ove è possibile giocare a pagamento, anche considerato che nei video depositati in giudizio l’utente Spike indossa una maglietta, ben visibile agli spettatori, con l’indicazione del proprio sito web.
- In una precedente occasione (Cons. St., sez. VI, 13 maggio 2024, n. 4277), questo Consiglio di Stato ha affermato che l’art. 14 della Direttiva 2000/31/CE non si applica alla pubblicizzazione del gioco d’azzardo online, ma detto precedente si differenzia da quello odierno perché in quel caso il Collegio ha altresì comunque accertato, con una valutazione in fatto relativa a quello specifico caso di specie (relativo al servizio di posizionamento pubblicitario “GoogleAds”), che G. è qualificabile quale hosting provider attivo, il che ha consentito di escludere in ogni caso l’applicazione dell’art. 14 cit. (cfr. quanto si dirà al riguardo in relazione al secondo quesito pregiudiziale).
- Nel caso di specie, al fine di accertare la responsabilità di G., è necessario stabilire, in primo luogo, se possa trovare applicazione la direttiva 2000/31/CE e, in particolare, l’art. 14 di tale direttiva che prevede un regime di responsabilità “agevolato” per gli hosting provider, quale è G..
- Trattandosi di questione relativa all’interpretazione del diritto UE e rispetto alla quale non constano precedenti nella giurisprudenza comunitaria, ricorrono i presupposti affinché questo Giudice sottoponga la questione alla Corte di giustizia ex art. 267 TFUE.
- Tanto premesso in ordine alla ricorrenza dei presupposti per effettuare il rinvio pregiudiziale, quanto al “merito” del quesito interpretativo si osserva quanto segue.
- L’art. 1, par. 5, lett. d), della Direttiva cit. stabilisce che “[l]a presente direttiva non si applica: … d) alle seguenti attività dei servizi della società dell’informazione: …. – i giochi d’azzardo che implicano una posta pecuniaria in giochi di fortuna, comprese le lotterie e le scommesse”.
- Ad avviso di G., tale esclusione non riguarda il regime di responsabilità degli hosting provider (di cui all’art. 14 della Direttiva cit.) ma i soli fornitori di servizi di giochi d’azzardo. G. giunge a tale conclusione sulla base del tenore testuale dell’art. 1, par. 5, che, nel prevedere gli ambiti esclusi dal perimetro di applicazione della Direttiva, in alcuni casi fa riferimento ad alcuni “settori” (es. ” il “settore tributario”), mentrein altri casi (come per il gioco d’azzardo) prende in considerazione le sole “attività”.
- G., altresì, cita a conforto della propria tesi il par. 4.1 del Documento della Commissione Europea che accompagna la “Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo verso un quadro normativo europeo approfondito relativo al gioco d’azzardo on-line” dove, con riferimento alla Direttiva cit., si afferma che “[w]hile Article 1(5)(d) excludes gambling activities which involve wagering a stake with monetary value in games of chance, including lotteries and betting transactions from the scope of the directive the liability regime for information society service providers hosting or transmitting illegal content, Articles 12 to 15 of the Directive, also applies to gambling-related content”.
- Altresì, G. osserva che il Regolamento (UE) 2022/2065 (“Digital Service Act” – “DSA”), il cui art. 6 sostituisce l’art. 14 della Direttiva E-Commerce, non menziona i giochi d’azzardo e, pertanto, pur se il DSA non è applicabile ratione temporis al presente giudizio, dovrebbe guidare l’interprete nell’interpretazione della Direttiva E-Commerce.
- In senso contrario rispetto all’interpretazione prospettata da G., può osservarsi che il ventunesimo considerando, secondo periodo, della Direttiva E-Commerce prevede che “[l]’ambito regolamentato comprende unicamente requisiti riguardanti le attività in linea, quali l’informazione in linea, la pubblicità in linea, la vendita in linea, i contratti in linea …”. Pertanto, anche la “pubblicità in linea” è considerata una “attività in linea” e, dal momento che il legislatore europeo [art. 1 (5)(d), Direttiva ECommerce] ha escluso tout court dall’ambito di applicazione della Direttiva “le attività dei servizi della società dell’informazione” relative a ” i giochi d’azzardo che implicano una posta pecuniaria in giochi di fortuna, comprese le lotterie e le scommesse”, deve ritenersi che abbia inteso lasciare fuori dal campo di regolamentazione tutte le attività riguardanti tale settore, ivi inclusa la loro pubblicizzazione on line.
- Il Collegio precisa che, laddove la Corte di giustizia dovesse seguire tale ultima interpretazione e ritenere che l’art. 14 della Direttiva E-Commerce non si applichi alla responsabilità degli hosting provider per la pubblicizzazione di giochi o scommesse con vincite di denaro nonché alla pubblicizzazione del gioco d’azzardo, questo Consiglio di Stato dovrà individuare il regime di responsabilità applicabile all’hosting provider sulla base delle norme e dei principi europei e nazionali applicabili in materia di illeciti e sanzioni amministrative (ad esempio il principio di personalità della responsabilità, di imputazione soggettiva dell’illecito, di proporzionalità, ecc.). Pertanto, ferme tutte le valutazioni che dovranno essere compiute da questo Giudice a seguito del rinvio pregiudiziale, può fin da ora osservarsi che l’eventuale esclusione del regime di responsabilità privilegiato di cui all’art. 14 cit. non comporta per l’hosting provider una responsabilità oggettiva o, comunque, una responsabilità ” illimitata”per ogni contenuto pubblicato da terzi sulla piattaforma, dovendosi invece individuare lo standard di diligenza richiesto all’hosting provider in tale settore, anche in considerazione degli interessi coinvolti e del grado di esigibilità delle condotte.
- In conclusione, questo Collegio intende sottoporre alla Corte di giustizia il seguente quesito: “Se, in base all’art. 1, par. 5, della Direttiva 2000/31/CE, il regime di responsabilità degli hosting provider di cui all’art. 14 della Direttiva medesima sia applicabile alle attività relative alla pubblicizzazione online di giochi o scommesse con vincite di denaro nonché alla pubblicizzazione del gioco d’azzardo”.
- Laddove la Corte di giustizia risponda in senso affermativo al primo quesito (id est ritenendo che la il regime di responsabilità di cui all’art. 14 della Direttiva E-Commerce si applichi anche alla responsabilità degli hosting provider per la pubblicizzazione di giochi o scommesse con vincite di denaro nonché alla pubblicizzazione del gioco d’azzardo), il Collegio intende sottoporre alla Corte europea un secondo quesito, in ordine alla possibilità o meno di configurare G., nel caso di specie, quale hosting provider passivo e, quindi, soggetto alla disciplina di cui all’art. 14 della Direttiva 2000/31/CE.
- L’art. 14 della Direttiva 2000/31/CE ha previsto una deroga rispetto agli ordinari regimi di responsabilità – sia nei rapporti di diritto privato che di diritto pubblico – degli hosting provider, ossia di quei prestatori di servizi della società dell’informazione che “ospitano” contenuti forniti da terzi, a condizione che il prestatore di servizi non sia effettivamente a conoscenza del fatto che l’attività o l’informazione è illecita (ovvero, per quanto attiene ad azioni risarcitorie, non sia al corrente di fatti o circostanze che rendono manifesta l’illiceità dell’attività o dell’informazione) e, non appena a conoscenza dei fatti, dietro comunicazione delle autorità competenti, si attivi immediatamente per la rimozione delle informazioni.
- Tale regime di responsabilità “privilegiato”, così come interpretato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, deve applicarsi al solo hosting provider cd. passivo e non anche all’hosting provider cd. attivo.
- Difatti, la giurisprudenza comunitaria ha affermato sul punto che “[d]al quarantaduesimo ‘considerando’ della direttiva 2000/31 risulta, a tal proposito, che le deroghe alla responsabilità previste da tale direttiva riguardano esclusivamente i casi in cui l’attività di prestatore di servizi della società dell’informazione sia di ordine “meramente tecnico, automatico e passivo”, con la conseguenza che detto prestatore non conosce né controlla le informazioni trasmesse o memorizzate” (Corte di giustizia, grande sezione, 23 marzo 2010, n. 236, G.F. e G., cause da C-236/08 a C-238/08, punto 113; cfr. anche Id., grande sezione, 12 luglio 2011, L. e a., C-324/09, punto 113; Id., terza sezione, 7 agosto 2018, Coóperative V.S. U.A. c. D.M., C-521/17, punto 47; Id., grande sezione, 22 giugno 2021, YouTube, cause C682/18 e C-683/18, punto 115-116).
- La giurisprudenza europea assegna a tal fine un ruolo rilevante anche all’eventuale attività svolta dall’internet provider nell’ottimizzare le vendite online dei propri clienti: “… la mera circostanza che il gestore di un mercato online memorizzi sul proprio server le offerte in vendita, stabilisca le modalità del suo servizio, sia ricompensato per quest’ultimo e fornisca informazioni d’ordine generale ai propri clienti non può avere l’effetto di privarlo delle deroghe in materia di responsabilità previste dalla direttiva 2000/31 … Laddove, per contro, detto gestore abbia prestato un’assistenza consistente segnatamente nell’ottimizzare la presentazione delle offerte in vendita di cui trattasi e nel promuovere tali offerte, si deve considerare che egli non ha occupato una posizione neutra tra il cliente venditore considerato e i potenziali acquirenti, ma che ha svolto un ruolo attivo atto a conferirgli una conoscenza o un controllo dei dati relativi a dette offerte. In tal caso non può avvalersi, riguardo a tali dati, della deroga in materia di responsabilità di cui all’art. 14 della direttiva 2000/31” (Corte di giustizia, 12 luglio 2011, C-324/09, cit., punti 115-116; Id., 7 agosto 2018, C-521/17, cit., punto 48).
- La Comunicazione della Commissione europea COM (2017) 555 del 28 settembre 2017, intitolata “Lotta ai contenuti illeciti online. Verso una maggiore responsabilizzazione delle piattaforme online”, ha preso parimenti atto dell’orientamento della Corte di giustizia, secondo cui la deroga alla responsabilità di cui all’art. 14 della direttiva cit. è disponibile solo per i prestatori di servizi di hosting “che non rivestono un ruolo attivo”.
- Pertanto, il Collegio intende sottoporre alla Corte di giustizia un quesito interpretativo al fine di stabilire se l’art. 14 cit. debba applicarsi anche ad un operatore quale G. laddove stipuli con i content creator dei canali YouTube un contratto di “partnership commerciale”.
- Dagli atti di causa (doc 17 depositato da G. in primo grado e pagina web https://support.G..com/youtube/answer/1311392?hl=it indicata dall’Autorità nei propri atti e consultata dal Collegio da ultimo in data 9 giugno 2024) emerge che tale contratto viene sottoscritto tra G. e il content creator titolare di un canale YouTube a fronte di una richiesta trasmessa da quest’ultimo.
- G., ricevuta la proposta, ammette il content creator alla stipula del contratto laddove quest’ultimo risponda a determinati requisiti che prevedono, inter alia, l’avere “più di 4000 ore di visualizzazione pubbliche valide negli ultimi 12 mesi” e l'”avere più di 1000 iscritti”. G. verifica anche il rispetto delle norme da parte del content creator con un esame dei contenuti del canale medesimo [all’indirizzo indirizzo https://support.G..com/youtube/answer/1311392?hl=it si legge quanto segue: ” i nostri revisori esamineranno il tuo canale e i tuoi contenuti per verificare che rispettino le nostre norme. Dato che non possono verificare ogni singolo video, i nostri revisori potrebbero focalizzarsi su alcuni elementi del tuo canale come: Tema principale, Video più visti, Video più recenti, Maggiore quantità di tempo di visualizzazione, Metadati dei video (tra cui titoli, miniature e descrizioni), Sezione “Informazioni” del canale”].
Tale verifica viene condotta da G. in circa trenta giorni e “potrebbe includere una revisione umana. Tuttavia, nessuna revisione umana, né automatizzata, esegue un controllo completo su ogni singolo video di un Canale” (dichiarazione del Direttore del Dipartimento YouTube Scaled Abuse Operations, doc. 32 depositato da G. in primo grado).
- Una volta concluso l’accordo commerciale, il content creator ottiene lo status di “Partner verificato” e partecipa conseguentemente ad una quota parte dei ricavi percepiti da G. relativi alla pubblicità (in modalità c.d. pre-roll) diffusa prima della fruizione di ciascun video. 45. In forza dell’adesione alla procedura di monetizzazione di G., il creator ha, altresì, la possibilità di consentire agli utenti di iscriversi al proprio canale, il cui canone è riscosso direttamente da G., a l’utente consegue dei vantaggi da tale abbonamento (es. accesso a contenuti riservati, a live streaming riservati agli abbonati, possibilità di effettuare chat dal vivo etc..), differenziati a seconda della tipologia di abbonamento prescelta.
- Secondo l’insegnamento della giurisprudenza della Corte di giustizia già citata, al fine di verificare l’applicabilità dell’art. 14 della Direttiva 2000/31/CE, occorre stabilire se l’hosting provider svolga attività di ordine “meramente tecnico, automatico e passivo, con la conseguenza che detto prestatore non conosce né controlla le informazioni trasmesse o memorizzate”.
- In un precedente caso riguardante proprio l’attività svolta da G. tramite la piattaforma YouTube (in quel caso si trattava di violazioni del diritto d’autore realizzate tramite i video pubblicati sulla piattaforma), la Corte di giustizia ha affermato che, per stabilire la natura attiva dell’hosting provider, sottratto al regime di cui all’art. 14 della Direttiva, il giudice nazionale deve verificare se YouTube “al di là della semplice messa a disposizione della [sua] piattaforma, [contribuisce] a dare al pubblico accesso a contenuti protetti in violazione del diritto d’autore” (Corte di giustizia, Grande Sezione, 22 giugno 2021, cause riunite C682/18 e C683/18, punti 107 e 108).
- Nel caso di specie, ritiene il Collegio che vi siano indici per ritenere che G. svolga un’attività ulteriore rispetto alla “semplice messa a disposizione della propria piattaforma”, in quanto realizza un accordo di partnership commerciale con il titolare del canale YouTube a seguito di una verifica (sebbene non necessariamente umana e non necessariamente riguardante ogni video) dei contenuti del canale, riscuote gli abbonamenti al canale versati dagli utenti, condivide con il titolare del canale i profitti derivanti dalle pubblicità realizzate nell’ambito del canale YouTube, così incentivando il titolare medesimo ad aumentare il numero delle visualizzazioni del proprio canale.
- Tali attività, inoltre, si aggiungono alle ordinarie attività effettuate da G. – volte ad aumentare le visualizzazioni dei contenuti e, quindi, i profitti – di indicizzazione dei contenuti e di profilazione degli utenti (consigliando agli utenti video in funzione dei loro profili o delle loro preferenze) che, se pure di per sé sono compatibili con un ruolo “passivo” dell’hosting provider (Corte di giustizia, Grande Sezione, 22 giugno 2021, cause riunite C682/18 e C683/18, punto 114), ad avviso del Collegio assumono rilevanza laddove si aggiungano alle summenzionate attività ulteriori svolte dalla piattaforma.
- Ritiene il Collegio che, nel caso di specie, l’attività di G. non è limitata “al processo tecnico di attivare e fornire accesso ad una rete di comunicazione sulla quale sono trasmesse o temporaneamente memorizzate le informazioni messe a disposizione da terzi al solo scopo di rendere più efficiente la trasmissione” (considerando n. 42, Direttiva E-Commerce).
Le complessive attività realizzate da G. nell’ambito della partnership commerciale delineano un ruolo di G. non meramente “neutrale” e “passivo”, in quanto “controlla”, nei sensi descritti, i contenuti dei propri partner e ne “ottimizza” l’attività commerciale condividendone con essi i profitti economici.
Di conseguenza, ad avviso del Collegio nel caso di specie G. dovrebbe essere qualificato quale hosting provider attivo con conseguente inapplicabilità del regime di responsabilità di cui all’art. 14 della direttiva E-Commerce.
- Si precisa che, laddove la Corte di giustizia dovesse affermare che, nel caso di specie, G. riveste la natura di hosting provider attivo con conseguente esclusione del regime privilegiato di responsabilità di cui all’art. 14 della Direttiva 2000/31/CE, questo Giudice dovrà stabilire l’eventuale responsabilità di G. per l’illecito amministrativo che le viene ascritto individuando il regime di responsabilità applicabile all’hosting provider nel caso di specie, sulla base di quanto già si è affermato supra par. 33.
- Alla luce di quanto esposto, questo Consiglio di Stato, intende sottoporre alla Corte di giustizia il seguente quesito: “Se il regime di responsabilità di cui all’art. 14 della Direttiva 2000/31/CE, sia applicabile ad un hosting provider quale G. con riferimento ai contenuti pubblicati dai titolari dei canali YouTube con cui G. abbia concluso l’accordo di partnership commerciale sopra descritto”.
- In conclusione, si invita la Corte di giustizia dell’Unione europea a pronunciarsi, ai sensi dell’art. 267 TFUE, sul seguente quesito:
1) “Se, in base all’art. 1, par. 5, della Direttiva 2000/31/CE, il regime di responsabilità degli hosting provider di cui all’art. 14 della Direttiva medesima sia applicabile alle attività relative alla pubblicizzazione online di giochi o scommesse con vincite di denaro nonché alla pubblicizzazione del gioco d’azzardo”.
- Laddove la Corte di Giustizia risponda in senso affermativo al primo quesito (id est ritenendo che la Direttiva 2000/31/CE si applichi anche alla responsabilità degli hosting provider per la pubblicizzazione di giochi o scommesse con vincite di denaro nonché alla pubblicizzazione del gioco d’azzardo), si invita la Corte di giustizia medesima a pronunciarsi, ai sensi dell’art. 267 TFUE, anche sul seguente quesito:
2) “Se il regime di responsabilità di cui all’art. 14 della Direttiva 2000/31/CE, sia applicabile ad un hosting provider quale G. con riferimento ai contenuti pubblicati dai titolari dei canali YouTube con cui G. abbia concluso l’accordo di partnership commerciale sopra descritto”.
- In attesa della pronuncia della Corte di giustizia, il Collegio dispone, ai sensi dell’art. 79, comma 1, c.p.a., la sospensione del presente processo, riservando alla sentenza definitiva ogni pronuncia, anche in merito alle spese di giudizio.