TAR CAMPANIA – NAPOLI, II – sentenza del 10 luglio 2024 n. 4173
PRINCIPIO DI DIRITTO
“Nell’ambito dei poteri di amministrazione e di rappresentanza in giudizio spettanti disgiuntamente ai coniugi, ex art. 180 c.c., sui beni oggetto di comunione legale, rientra anche la legittimazione di ciascuno di essi ad essere destinatario o a ricevere notificazione di provvedimenti, quali quelli sanzionatori in materia edilizia, con effetti anche nei confronti dell’altro coniuge: di conseguenza, è possibile ritenere che, in mancanza di prove contrarie, anche l’altro proprietario abbia avuto conoscenza di detti provvedimenti sanzionatori nella stessa data in cui ne ha avuto conoscenza il coniuge convivente.”
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
Con il ricorso in epigrafe, il ricorrente impugna l’ordinanza n. 5 e R.G. n. 29 del 07 marzo 2024, con la quale è stato acquisito al patrimonio indisponibile del Comune di Palma Campania il fabbricato sito in Palma Campania alla Via Salita Casale n. 30 -32.
Il ricorso è articolato in vari motivi di impugnazione per violazione di legge ed eccesso di potere.
Il Comune si è costituito per resistere al presente giudizio e ha depositato una memoria per chiedere il rigetto del ricorso, perché infondato.
All’udienza camerale del 9 maggio 2024 è stato disposto un rinvio al 23 maggio 2024 previo avvio avviso di possibile definizione semplificata ex art. 60 CPA della controversia, per consentire all’avvocato di parte ricorrente di depositare la ricevuta della cartolina di ritorno che attesti la ricezione della notifica nei confronti del controinteressato.
In prossimità dell’odierna udienza, il ricorrente ha depositato la cartolina di ricevimento della notifica.
La causa è stata quindi trattenuta in decisione.
Il ricorso è infondato e deve pertanto essere respinto.
Con il primo motivo, il ricorrente lamenta che tutte le attività istruttorie e tutti gli atti che sono stati formati e notificati dal Comune di Palma Campania non hanno tenuto conto della comproprietà dell’immobile in capo al ricorrente. La Sig.ra O. M. era ed è in regime di comunione legale dei beni col coniuge G. P., per cui quanto è stato acquistato col menzionato atto C. del 27.07.2009 è da considerarsi in comproprietà dei coniugi O. M. e G. P. In particolare, non risulterebbe notificato anche al ricorrente il verbale di accertamento dell’inottemperanza all’ordine demolitorio.
Il motivo è infondato.
La giurisprudenza è concorde nell’affermare che. “Nell’ambito dei poteri di amministrazione e di rappresentanza in giudizio spettanti disgiuntamente ai coniugi, ex art. 180 c.c., sui beni oggetto di comunione legale, rientra anche la legittimazione di ciascuno di essi ad essere destinatario o a ricevere notificazione di provvedimenti, quali quelli sanzionatori in materia edilizia, con effetti anche nei confronti dell’altro coniuge: di conseguenza, è possibile ritenere che, in mancanza di prove contrarie, anche l’altro proprietario abbia avuto conoscenza di detti provvedimenti sanzionatori nella stessa data in cui ne ha avuto conoscenza il coniuge convivente.” […].
Pertanto, nel caso della comunione legale tra coniugi, come quello in esame, per la legittimità dell’ordinanza di acquisizione è sufficiente la notifica ad uno dei coniugi.
Deduce ancora il ricorrente che l’istruttoria non ha chiarito i termini dell’eventuale abuso edilizio perpetrato, limitatosi a riferire che è stata realizzata una ristrutturazione dell’intera unità immobiliare in assenza di titolo edilizio. L’unità immobiliare è di antichissima costruzione e non avrebbe subito alcun incremento volumetrico; l’unico abuso effettivamente perpetrato sarebbe stato quello del cambio di destinazione del sottotetto che è stato adibito a camera da letto. Non sarebbe pertanto possibile in tali casi irrogare la sanzione demolitoria ma solo eventualmente quella pecuniaria.
Deduce inoltre la mancata notifica del verbale di accertamento dell’inottemperanza all’ordine di demolizione.
Anche questo motivo è infondato.
Quanto alla dedotta questione della mancata indicazione specifica dell’abuso perpetrato, va in primo luogo rilevato che il provvedimento demolitorio rinvia alla relazione tecnica del 20.5.2019 e che lo stesso ricorrente ammette il cambio di destinazione d’uso del sottotetto che comporta l’aumento della volumetria abitabile e necessita del permesso di costruire (cfr. ex multis T.A.R. Catania, (Sicilia) sez. II, 17/01/2024, n.177). Quindi questo abuso giustifica la sanzione demolitoria irrogata e la conseguente acquisizione.
In ogni caso, comunque, va rilevata la tardività della censura, laddove essa non è stata tempestivamente proposta con l’impugnazione dell’ordinanza di demolizione, nei termini decadenziali decorrenti dalla notifica del provvedimento alla coniuge del ricorrente in regime di comunione legale dei beni.
Il verbale di accertamento dell’inottemperanza, inoltre, risulta notificato alla coniuge del ricorrente, con le conseguenze sopra indicata anche in relazione alla conoscenza legale di esso anche da parte del ricorrente.
Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta che è stata presentata istanza di sanatoria sulla quale il Comune non ha ancora provveduto.
Il motivo è infondato.
Dopo la presentazione dell’istanza di sanatoria, il Comune ha inviato una nota, in data 18.10.2020, con la quale sono stati chiesti chiarimenti alla istante, specificando che in mancanza la pratica verrà archiviata.
Tali chiarimenti non risultano essere stati prodottisi e si è pertanto formato il silenzio diniego per effetto del decorso dei termini di cui all’art. 36 del DPR 380/2001.
Con il quarto motivo, il ricorrente sostiene che l’area interessata da tali acquisizioni non risulta in alcun modo identificata e/o identificabile.
Il motivo non può essere accolto in quanto l’ordinanza di acquisizione impugnata ha provveduto alla esatta identificazione delle opere abusive acquisite facendo riferimento alle particelle catastali sulle quali sussistono le opere abusive e limitando l’acquisizione alle sole opere abusive a non anche all’area di sedime.
Va pertanto dichiarato inammissibile per carenza di interesse il quinto motivo di ricorso (erroneamente rubricato IV), con cui parte ricorrente deduce il superamento dei limiti di dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita, come previsto dal comma 3 dell’art. 31, D.P.R. 06/06/2001, n. 380.
Infatti, come detto l’ordinanza riguarda letteralmente solo l’acquisizione delle opere abusive e non anche l’acquisizione dell’ulteriore area ai sensi dell’art. 31, comma 3, tu edilizia.
Con il sesto motivo, il ricorrente deduce infine la carenza di motivazione dell’ordinanza impugnata.
Il motivo non può trovare accoglimento in quanto “l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere edilizie abusivamente realizzate costituisce una misura di carattere sanzionatorio che consegue automaticamente all’inottemperanza all’ordine di demolizione, né in senso ostativo all’acquisizione può assumere rilevanza l’assenza di motivazione specifica sulle ragioni di interesse pubblico perseguite mediante l’acquisizione, essendo in re ipsa l’interesse all’adozione della misura, stante la natura interamente vincolata del provvedimento, sicché risulta necessario solo che in detto atto siano esattamente individuate ed elencate le opere e le relative pertinenze urbanistiche.” (T.A.R. Napoli, (Campania) sez. IV, 11/10/2023, n.5554).
In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
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