Consiglio di Stato, sez. VI ordinanza 9 luglio 2024 n. 6057
PRINCIPIO DI DIRITTO
“Il Collegio invita la Corte di giustizia, ex art. 267 TFUE, a pronunciarsi sul seguente quesito: “Se l’art. 101 TFUE osti a una normativa nazionale, quale quella di cui all’art. 14, L. 24 novembre 1981, n. 689, che, ai fini dell’esercizio dei poteri sanzionatori, impone all’Autorità garante della concorrenza e del mercato di notificare alle imprese interessate il provvedimento di avvio dell’istruttoria, che indica inter alia gli elementi essenziali in merito alle presunte infrazioni, entro il termine decadenziale di novanta giorni, ovvero trecentosessanta giorni per le imprese residenti all’estero, decorrente dal momento in cui l’Autorità ha la conoscenza della violazione”.”
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- […] il primo giudice ha ritenuto di accogliere il motivo di ricorso proposto dalle società del gruppo Amazon, non ritenendo applicabile l’art. 14 su menzionato, ma ritenendo eccessiva e irragionevolmente lunga la durata della fase pre-istruttoria.
Al di là della incertezza interpretativa di far riferimento alla “eccessiva” durata, o alla irragionevolezza della stessa, rileva, come accennato, il motivo riproposto riguardante la applicazione dell’art. 14 alla fase pre-istruttoria dei procedimenti in questione.
Il Collegio ritiene di sottoporre alla Corte di giustizia un quesito pregiudiziale, ex art. 267 TFUE, in ordine all’interpretazione del diritto unionale con riguardo alla durata della fase pre-istruttoria dei procedimenti antitrust condotti dall’Autorità nazionale. Si precisa che la presente questione attiene unicamente al termine di svolgimento della fase pre-istruttoria e non riguarda la durata della successiva fase istruttoria ovvero la durata complessiva del procedimento.
- Il quesito che di seguito si espone appare rilevante al fine di decidere in ordine alle censure mosse, sia dall’appello principale dell’Autorità che dall’appello incidentale promosso da Amazon, avverso il capo della sentenza del TAR che ha annullato il provvedimento dell’Autorità ritenendo che la fase pre-istruttoria non si sia conclusa entro un termine ragionevole.
- In ordine alla questione interpretativa che si pone, non constano precedenti specifici del Giudice europeo e, pertanto, il Collegio ritiene vi siano i presupposti per sollevare la questione ex art. 267 TFUE.
- Si segnala che davanti alla Corte di giustizia pendono due analoghe questioni pregiudiziali, riguardanti il termine di conclusione della fase pre-istruttoria dei procedimenti condotti dall’AGCM, sollevate dal TAR Lazio (sez. I, ord. 1° agosto 2023 n. 12962, con riguardo ad un procedimento in materia di abuso di posizione dominante; Id., ord. 2 agosto 2023, n. 13016, con riguardo ad un procedimento in materia di pratiche commerciali scorrette).
Tuttavia, considerato il differente oggetto dell’odierno giudizio, che riguarda un procedimento in materia di intesa restrittiva della concorrenza, e considerato che le due citate ordinanze del TAR Lazio muovono da un’interpretazione del diritto nazionale non del tutto coincidente con quella di questa Sezione e che di seguito si espone, il Collegio ritiene di dover sollevare nel presente giudizio un quesito pregiudiziale.
- Nella disciplina italiana antitrust l’avvio del procedimento istruttorio volto all’accertamento di eventuali violazioni del diritto della concorrenza è preceduto da una fase pre-istruttoria nella quale l’AGCM, sulla base di segnalazioni, denunce, esposti, notizie o informazioni autonomamente acquisite, procede in via officiosa a una indagine di tipo preliminare per verificare la sussistenza dei presupposti per procedere all’avvio dell’istruttoria (è questa la valutazione di cui all’inciso del primo comma dell’art. 12, L. n. 287/1990). Qualora l’Autorità ravvisi una “presunta infrazione” (art. 14, comma 1, L. n. 287/1990), delibera di procedere all’istruttoria finalizzata a verificarne l’esistenza, notificandone l’apertura alle imprese e agli enti interessati (art. 14, L. n. 287/1990; art. 6, D.P.R. n. 217/1998).
- Il legislatore nazionale non ha espressamente disciplinato entro quale termine debba concludersi tale fase pre-istruttoria e ciò ha determinato il sorgere di diversi orientamenti interpretativi.
Sul punto, la Sezione ha già in precedenza tracciato la linea interpretativa che ritiene più aderente al dettato normativo in materia (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 4 ottobre 2022, n. 8503, di cui si citano nel prosieguo ampi stralci; Id. 9 maggio 2022 nn. 3570, 3571, 3572; Id., 8 febbraio 2022 n. 878; Id., 25 gennaio 2021 n. 738).
- La Sezione ritiene che le norme di principio contenute nel Capo I della L. n. 689/1981 siano tendenzialmente di applicazione generale, dal momento che, in base all’art. 12 della legge medesima, devono essere osservate con riguardo a tutte le violazioni aventi natura amministrativa per le quali è comminata la sanzione del pagamento di una somma di danaro.
L’intento del legislatore è stato quello di assoggettare ad uno statuto unico ed esaustivo (e con un medesimo livello di garanzie procedimentali per il soggetto inciso) tutte le ipotesi di sanzioni amministrative, sia che siano attinenti a reati depenalizzati, sia che conseguano ad illeciti qualificati ab origine come amministrativi, con la sola eccezione delle violazioni disciplinari e di quelle comportanti sanzioni non pecuniarie.
- La preventiva comunicazione e descrizione sommaria del fatto contestato con l’indicazione delle circostanze di tempo e di luogo sono volte ad assicurare la difesa dell’interessato in sede procedimentale e il termine fissato per la contestazione delle violazioni ha natura perentoria.
- L’ampia portata precettiva è esclusa soltanto alla presenza di una diversa regolamentazione da parte di una fonte normativa, pari ordinata, che per il suo carattere di specialità si configuri idonea ad introdurre una deroga alla norma generale e di principio. Infatti, l’art. 31 della L. n. 287/1990 prevede l’applicazione delle norme generali di cui alla L. n. 689/1981 “in quanto applicabili” e, a propria volta, il regolamento in materia di procedure istruttorie dell’Autorità (D.P.R. n. 217/1998) non reca l’indicazione di alcun termine per la contestazione degli addebiti, e quindi non può far ritenere “diversamente stabilita” la scansione procedimentale e, quindi, inapplicabile il termine di cui all’art. 14, L. n. 689/1981 (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 10 luglio 2018 n. 4211).
- Del resto, per varie altre autorità indipendenti talora sono le stesse leggi che ne regolano l’esercizio dei poteri sanzionatori ad imporre l’osservanza di un termine per la contestazione delle violazioni al soggetto incolpato, talvolta derogando rispetto al termine fissato dall’art. 14 della L. n. 689/1981 […].
Di conseguenza, esigenze di complessiva coerenza dell’ordinamento impongono all’interprete di ritenere che il legislatore, non avendo nel presente caso previsto un diverso termine, abbia ritenuto applicabile quello stabilito dall’art. 14 della L. n. 689/1981 (salva la possibilità per il legislatore di intervenire in futuro sulla materia e prevedere specifici termini di svolgimento della fase pre-istruttoria dei procedimenti antitrust).
- Il Collegio non ignora che sovente il giudice di primo grado ha offerto una diversa valutazione interpretativa e, anche nel presente giudizio, ha escluso l’applicabilità dell’art. 14 della L. n. 689/1981 ai procedimenti antitrust.
- Tuttavia, l’interpretazione fatta propria dalla Sezione deve ritenersi preferibile rispetto a quella sposata dal TAR, alla luce dell’interpretazione sistematica sopra esposta nonché in quanto orientata dalla sicura ascendenza costituzionale del principio di tempestività della contestazione, posto a tutela del diritto di difesa, quale corollario della natura sostanzialmente penale delle sanzioni antitrust e della conseguente applicabilità alla presente fattispecie dei principi fondamentali del diritto punitivo (tra cui il diritto ad un “fair trial” ex art. 6 CEDU).
- Deve precisarsi che il decorso del termine di cui dall’art. 14, L. n. 689/1981 è ricollegato non già alla data di commissione della violazione, bensì al tempo di accertamento dell’infrazione. Si fa riferimento non alla mera notizia del fatto ipoteticamente sanzionabile nella sua materialità, ma all’acquisizione della piena conoscenza della condotta illecita, implicante il riscontro (allo scopo di una corretta formulazione della contestazione) della sussistenza e della consistenza dell’infrazione e dei suoi effetti. Ne discende la non computabilità del periodo ragionevolmente occorso, in relazione alla complessità delle singole fattispecie, ai fini dell’acquisizione e della delibazione degli elementi necessari per una matura e legittima formulazione della contestazione (cfr. Cass. civ., Sez. II, 13 dicembre 2011 n. 26734 e 21 aprile 2009, n. 9454).
- Il giudice avanti al quale è eccepita la tardività della contestazione, dunque, ha il potere/dovere di sindacare la congruità del tempo impiegato dall’amministrazione procedente per pervenire all’accertamento dell’illecito, sia sotto il profilo della effettiva utilità degli atti istruttori compiuti ai fini dell’accertamento, sia sotto il profilo della diligenza osservata al fine di assicurare la tempestività dell’accertamento.
- Peraltro, con riferimento ai procedimenti finalizzati a sanzionare gli illeciti antitrust, i principi sopra richiamati debbono essere applicati tenendo presente la particolare articolazione di tali procedimenti, i quali sono caratterizzati dal fatto che l’AGCM, nella disciplina ratione temporis vigente, ha il potere di esercitare specifici poteri istruttori, particolarmente invasivi, solo dopo aver adottato un provvedimento di formale avvio del procedimento, il quale deve già contenere una contestazione dell’illecito.
- Reputa il Collegio che l’atto rispetto al quale deve essere verificata l’osservanza del termine indicato all’art. 14, L. n. 689/1981 deve essere identificato, nei procedimenti istruttori antitrust, con l’atto di avvio della istruttoria indicato dall’art. 14 della L. n. 287/1990 e dall’art. 6 del D.P.R. n. 217/1998, e ciò per la ragione che tale atto, dovendo contenere “gli elementi essenziali in merito alle presunte infrazioni” e dovendo porre i destinatari in grado di presentare, in ogni stadio dell’istruttoria, le proprie difese, da esporre in audizione o in memorie scritte o pareri, deve necessariamente enunciare anche la contestazione dell’illecito.
- Premesso quanto sopra, è evidente che l’accertamento dei fatti sotteso all’avvio della istruttoria, ex art. 14, L. n. 287/1990, non può compendiarsi in attività estremamente complesse, per la semplice ragione che l’attività istruttoria vera e propria – id est: le richieste di informazioni e documenti, le ispezioni, le perizie, le analisi statistiche ed economiche, le consultazioni di esperti, di cui agli artt. 9 e segg. D.P.R. n. 217/1998 – può essere posta in essere solo dopo la notifica alle parti interessate del provvedimento che dà avvio alla istruttoria (art. 14, comma 1, L. n. 287/1990; art. 8, comma 1, D.P.R. n. 217/1998).
Si inferisce da ciò che: a) prima di tale momento l’Autorità può porre in essere solo indagini di “pre-istruttoria”, comunque di natura diversa da quelle indicate agli artt. 8 e segg. D.P.R. n. 217/1990; b) l’accertamento dei fatti sotteso alla contestazione dell’illecito, contenuto nell’avvio della istruttoria, è solo quello che si traduce nella acquisizione degli elementi necessari e sufficienti per ipotizzare, a livello di fumus, l’esistenza di una infrazione e di individuare i possibili responsabili.
- Con specifico riferimento ai casi in cui un procedimento istruttorio sia avviato a seguito di una segnalazione pervenuta all’AGCM, si può desumere, dall’art. 13, L. n. 287/1990, che, tendenzialmente, dal momento in cui la segnalazione perviene all’AGCM decorre il termine per la contestazione dell’illecito, salvo che la segnalazione sia “incompleta” o “non veritiera”.
- Così ricostruito il quadro normativo nazionale, e ferme restando le valutazioni in fatto che dovranno essere compiute con riguardo al caso di specie, il Collegio ritiene di dover sottoporre alla Corte di giustizia un quesito interpretativo al fine di verificare la compatibilità di tali previsioni nazionali con il diritto comunitario.
- Ad avviso del Collegio, il diritto comunitario non osta a previsioni nazionali del tipo descritto dal momento che, in assenza di specifiche disposizioni sul punto del legislatore europeo [non contenute nemmeno nel Regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, che disciplina la materia], gli Stati membri, in ragione della loro autonomia procedurale, sono liberi di prevedere dei termini di durata della fase pre-istruttoria purché non irragionevoli e purché non rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’attuazione del diritto comunitario.
- La circostanza che, per i procedimenti antitrust condotti dalla Commissione europea, non sia previsto un termine di decadenza per l’avvio della procedura formale, non significa che, in base ai principi di effettività e di equivalenza, il diritto nazionale non possa accordare maggior tutela, anche attraverso la previsione di un tale termine per i procedimenti condotti dall’Autorità nazionale.
- Utili indicazioni interpretative possono trarsi altresì dalla direttiva (UE) 2019/1 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 dicembre 2018, pur non applicabile ratione temporis al presente caso, che prevede l’obbligo per le autorità nazionali di trasmettere agli incolpati la comunicazione degli addebiti (art. 3, comma 3) e non prescrive un termine entro cui la stessa debba essere inviata, precisando che i procedimenti antitrust devono essere soggetti a garanzie adeguate che soddisfino “almeno” i principi generali del diritto dell’Unione e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (considerando n. 14). Pertanto, rimane aperta per gli Stati membri la possibilità di fissare garanzie maggiori rispetto a quelle stabilite dal diritto comunitario.
- La medesima Direttiva 2019/1 cit., del resto, stabilisce che i procedimenti antitrust debbano concludersi “entro termini ragionevoli”, dovendosi “trovare il giusto equilibrio tra il rispetto dei diritti fondamentali delle imprese e l’obbligo di garantire l’applicazione efficace degli articoli 101 e 102 TFUE” (considerando n. 14).
- La Direttiva medesima ammette che gli Stati membri stabiliscano dei termini di prescrizione “assoluti” del procedimento (considerando n. 70 e art. 29), ossia termini massimi non valicabili, non passibili di interruzione o sospensione, così confermando, mutatis mutandis, che il diritto europeo non osta alla previsione, nel diritto interno, di termini massimi, purché la durata di tali limitazioni assolute non renda praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’applicazione efficace degli articoli 101 e 102 TFUE.
- Alla luce di quanto si è detto sino ad ora, il termine fissato dal legislatore italiano (art. 14, L. n. 689/1981) per l’invio della contestazione degli addebiti non appare irragionevole, non rende eccessivamente difficile l’enforcment del diritto europeo e realizza un giusto contemperamento tra tale ultimo interesse e le esigenze di tutela del diritto di difesa dei soggetti incolpati.
- Il termine, così come interpretato nei sensi sopra esposti, è di per sé ragionevole: l’Autorità deve comunicare ai soggetti incolpati gli “elementi essenziali” della presunta violazione entro novanta giorni (ovvero trecentosessanta giorni per i soggetti che risiedono all’estero), e tale termine decorre dalla conoscenza della condotta illecita da parte dell’Autorità medesima, come si è sopra esposto.
- La finalità della disciplina è quella di consentire alle imprese di difendersi adeguatamente nel corso del procedimento, venendo messe tempestivamente a conoscenza degli addebiti loro rivolti e potendo così esercitare adeguatamente i propri diritti di difesa che devono essere garantiti a fronte delle possibili sanzioni pecuniarie che l’Autorità potrà loro comminare e che hanno natura sostanzialmente penale ai sensi dell’art. 6 CEDU.
- Al tempo stesso, il termine anzidetto non compromette l’enforcement del diritto europeo, anche considerato che tale termine riguarda la fase pre-istruttoria del procedimento durate la quale, come si è detto, l’Autorità può svolgere solamente attività preliminari, dal momento che, anche a tutela del diritto di difesa, gli accertamenti più complessi possono svolgersi solo successivamente.
- Inoltre, successivamente all’invio della contestazione degli addebiti, laddove emergano nuovi elementi prima non conosciuti dall’Autorità, la medesima può estendere la contestazione soggettivamente ovvero oggettivamente (così come avvenuto anche nel caso di specie, dove l’AGCM, con delibera del 23 febbraio 2021, n. 28593, ha esteso l’oggetto dell’istruttoria).
- Non da ultimo, il Collegio osserva che i provvedimenti che l’Autorità può adottare sono plurimi e rispondono a diverse finalità, affiancandosi a quella prettamente sanzionatoria quella di “cura dei mercati”: in presenza di accertate condotte anticoncorrenziali, l’Autorità anzitutto adotta una “diffida”, ossia un ordine con cui impone la cessazione dell’infrazione e dei suoi effetti e ne vieta le reiterazione in futuro e, solo eventualmente, in presenza di “infrazioni gravi”, a tale diffida possono aggiungersi anche sanzioni pecuniarie (è quanto prevede l’art. 15, L. n. 287/1990 nella versione ratione temporis vigente, e successivamente novellato dalla L. n. 185/2021 al fine di rendere più incisivi i poteri sul punto attribuiti all’Autorità).
Il Collegio ritiene che il termine di decadenza fissato dall’art. 14, L. n. 689/1981, essendo stabilito con riguardo ai procedimenti di irrogazione di sanzioni pecuniarie ed essendo diretto a garantire il diritto di difesa dell’incolpato nell’ambito di tali procedimenti, si applichi esclusivamente con riferimento all’esercizio della potestà sanzionatoria (si veda, mutatis, mutandis, con riferimento alla garanzia del ne bis in idem con riguardo alle sanzioni irrogate dall’AGCM in materia di pratiche commerciali scorrette, la sentenza di questa Sezione 22 marzo 2024, n. 2791, §§17-18). Pertanto, laddove l’Autorità decada dalla possibilità di esercitare tale potere, non rispettando detto termine decadenziale, potrà nondimeno esercitare gli ulteriori poteri che le sono attribuiti, e segnatamente quello di “diffida”.
- In conclusione, il Collegio invita la Corte di giustizia, ex art. 267 TFUE, a pronunciarsi sul seguente quesito:
“Se l’art. 101 TFUE osti a una normativa nazionale, quale quella di cui all’art. 14, L. 24 novembre 1981, n. 689, che, ai fini dell’esercizio dei poteri sanzionatori, impone all’Autorità garante della concorrenza e del mercato di notificare alle imprese interessate il provvedimento di avvio dell’istruttoria, che indica inter alia gli elementi essenziali in merito alle presunte infrazioni, entro il termine decadenziale di novanta giorni, ovvero trecentosessanta giorni per le imprese residenti all’estero, decorrente dal momento in cui l’Autorità ha la conoscenza della violazione”.
- In attesa della pronuncia della Corte di giustizia, il Collegio dispone, ai sensi dell’art. 79, comma 1, c.p.a., la sospensione del presente processo, riservando alla sentenza definitiva ogni pronuncia, anche in merito alle spese di giudizio.