Corte Costituzionale sentenza 15 luglio 2024 n. 125
PRINCIPIO DI DIRITTO
“Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 135, comma 7, della legge della Provincia autonoma di Trento 4 marzo 2008, n. 1 (Pianificazione urbanistica e governo del territorio)” poiché spetta allo Stato – sia in sede di definizione dei principi fondamentali della materia «governo del territorio», sia in sede di adozione delle norme fondamentali di riforma economico-sociale – il compito di stabilire, a tutela dell’effettività della disciplina urbanistica ed edilizia su tutto il territorio nazionale, i casi in cui il requisito della cosiddetta “doppia conformità” debba trovare necessaria applicazione ai fini del rilascio della concessione in sanatoria, nonché i casi in cui possano ammettersi limitazioni alla sua concreta operatività”.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
1.– Con l’ordinanza indicata in epigrafe (r. o. n. 13 del 2024), il TRGA di Trento ha sollevato, in riferimento all’art. 3 Cost. e agli artt. 4 e 8 dello statuto reg. Trentino-Alto Adige, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 135, comma 7, della legge prov. Trento n. 1 del 2008, là dove prevede che la concessione in sanatoria possa essere rilasciata «quando è regolarmente richiesta e conforme, al momento della presentazione della domanda, alle norme urbanistiche vigenti e non in contrasto con quelle adottate, anche se l’opera per la quale è richiesta è già stata realizzata abusivamente».
Ad avviso del rimettente, la disposizione censurata, consentendo il rilascio della concessione in sanatoria anche in assenza della conformità alle norme urbanistiche vigenti al momento di realizzazione dell’intervento edilizio (cosiddetta “doppia conformità”), violerebbe l’art. 3 Cost., sotto il duplice profilo della lesione del principio di uguaglianza e del principio di ragionevolezza, e gli artt. 4 e 8 statuto reg. Trentino-Alto Adige, nella parte in cui subordinano l’esercizio della potestà legislativa delle Province autonome di Trento e di Bolzano in materia di «urbanistica e piani regolatori» al rispetto dei «principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica», tra cui rientrerebbe il requisito della cosiddetta “doppia conformità” prescritto dall’art. 36 t.u. edilizia.
2.– La difesa provinciale ha eccepito l’inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale, per difetto di motivazione sulla rilevanza e sulla non manifesta infondatezza.
Le eccezioni non sono fondate.
2.1.– Secondo la costante giurisprudenza costituzionale, «la valutazione del giudice a quo sulla rilevanza supera il vaglio di ammissibilità allorché “il rimettente illustri in modo non implausibile ‘le ragioni che giustificano l’applicazione della disposizione censurata e determinano la pregiudizialità della questione sollevata rispetto alla definizione del processo principale’ (ex plurimis, sentenza n. 105 del 2018)” (sentenza n. 85 del 2020)» (sentenza n. 151 del 2023).
Nel caso in esame, la motivazione del giudice rimettente sulla rilevanza della questione supera ampiamente un simile controllo di non implausibilità.
Come emerge dall’ordinanza di rimessione, infatti, i ricorrenti hanno contestato – nel terzo e ultimo motivo di ricorso – la violazione, da parte del provvedimento impugnato, della disposizione provinciale censurata, lamentando il contrasto tra la concessione in sanatoria e alcune previsioni della disciplina urbanistica comunale. Pertanto, la disposizione in esame, oltre ad aver costituito il presupposto per il rilascio della concessione in sanatoria, è stata oggetto anche di una specifica censura da parte dei ricorrenti, i quali ne hanno contestato l’applicazione da parte dell’amministrazione: il che appare sufficiente a dimostrare la sicura rilevanza della questione di legittimità costituzionale ai fini della definizione del giudizio a quo.
2.2.– Quanto all’asserito difetto di motivazione sulla non manifesta infondatezza, va evidenziato che – contrariamente a quanto sostenuto dalla Provincia interveniente – l’ordinanza di rimessione ha fatto adeguato riferimento ai principali orientamenti della giurisprudenza costituzionale relativi al requisito della cosiddetta “doppia conformità”, richiamando anche quelle pronunce che si sono occupate di legislazioni in sanatoria adottate da regioni a statuto speciale (sentenza n. 232 del 2017).
3.– Nel merito, le questioni sono fondate per violazione degli artt. 4 e 8 statuto reg. Trentino-Alto Adige.
3.1.– Questa Corte ha da tempo ritenuto necessario, ai fini della “regolarizzazione” delle opere realizzate in assenza o in difformità del titolo edilizio, «l’assoluto rispetto delle relative prescrizioni “durante tutto l’arco temporale compreso tra la realizzazione dell’opera e la presentazione dell’istanza” (da ultimo, sentenze n. 24 del 2022, n. 77 del 2021, n. 68 del 2018 e n. 232 del 2017), con la conseguenza che risultano sanabili i soli abusi formali (opere realizzate in difetto di, o in difformità dal, titolo edilizio), che non arrecano danno urbanistico-edilizio» (così, da ultimo, sentenza n. 93 del 2023).
In questa prospettiva, si è chiarito che il principio della cosiddetta “doppia conformità”, «nel delimitare presupposti e limiti della sanatoria, riveste importanza cruciale nella disciplina edilizia e, in quanto riconducibile alle norme fondamentali di riforma economico-sociale», vincola anche la potestà legislativa di regioni ad autonomia speciale a cui sia riconosciuta, a livello statutario, una competenza primaria in materia urbanistica (sentenza n. 24 del 2022; nello stesso senso, sentenza n. 232 del 2017).
3.2. La Provincia autonoma di Trento è titolare di una competenza legislativa primaria in materia di «urbanistica e piani regolatori» (art. 8, numero 5, statuto reg. Trentino-Alto Adige), la quale deve essere esercitata – ai sensi dell’art. 4 del medesimo statuto – in armonia con «i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica» e nel rispetto «delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica» (si veda la sentenza n. 231 del 1993).
3.3.– L’art. 135 della legge prov. Trento n. 1 del 2008 ha introdotto – oltre a una disposizione sull’accertamento di conformità coerente con l’art. 36 t.u. edilizia (art. 135, comma 1) – anche una disciplina che, diversamente da quanto previsto a livello statale, consente di rilasciare concessioni edilizie in sanatoria per opere conformi «al momento della presentazione della domanda, alle norme urbanistiche vigenti e non in contrasto con quelle adottate» (art. 135, comma 7). In sostanza, nel territorio provinciale è stata ammessa – in via generalizzata – la possibilità di regolarizzare, sul piano amministrativo, opere che, al momento della loro realizzazione, si ponevano in contrasto con gli strumenti urbanistici a quel tempo vigenti, dietro pagamento di una sanzione pecuniaria maggiorata del 20 per cento.
Una simile disciplina, venendo a derogare al requisito della cosiddetta “doppia conformità”, si pone in evidente contrasto con una norma fondamentale di riforma economico-sociale della Repubblica, quale è quella contenuta nell’art. 36 t.u. edilizia, che, al comma 1, consente il rilascio della concessione in sanatoria «se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda».
Tale disposizione mira ad assicurare sull’intero territorio nazionale l’uniformità dei requisiti e delle condizioni in base alle quali possono essere ricondotti a legittimità gli abusi edilizi: ciò, a tutela dell’effettività della disciplina urbanistica ed edilizia e, quindi, indipendentemente dalla concreta estensione del fenomeno dell’abusivismo nei singoli contesti territoriali. Pertanto, non può assumere alcun rilievo, ai fini della concreta applicazione del requisito della cosiddetta “doppia conformità”, il fatto che, nel territorio provinciale, l’abusivismo edilizio sarebbe di dimensioni «contenute», soprattutto se comparato con altre realtà regionali.
3.4.– Né infine incide sulla questione in esame la sopravvenuta vigenza dell’art. 1 del decreto-legge 29 maggio 2024, n. 69 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica), la cui conversione, peraltro, è ancora pendente. Anche a non voler considerare, infatti, che tale intervento non ha inteso superare il requisito della cosiddetta “doppia conformità”, ma ne ha circoscritto l’ambito di applicazione agli abusi edilizi di maggiore gravità, è assorbente il rilievo che il giudice rimettente deduce la violazione di una norma fondamentale della materia che condiziona la disposizione della legge provinciale in esame, rispetto alla quale il d.l. menzionato è sopravvenuto, sicché esso non si applica alla fattispecie sottoposta all’attenzione del rimettente, che quindi non ne deve fare applicazione.
Va ribadito, in ogni caso, che spetta allo Stato – sia in sede di definizione dei principi fondamentali della materia «governo del territorio», sia in sede di adozione delle norme fondamentali di riforma economico-sociale – il compito di stabilire, a tutela dell’effettività della disciplina urbanistica ed edilizia su tutto il territorio nazionale, i casi in cui il requisito della cosiddetta “doppia conformità” debba trovare necessaria applicazione ai fini del rilascio della concessione in sanatoria, nonché i casi in cui possano ammettersi limitazioni alla sua concreta operatività.
Ne consegue che a tale disciplina statale dovranno conformarsi tanto le regioni a statuto ordinario, quanto le regioni a statuto speciale nell’esercizio delle rispettive competenze legislative: il che non avviene in relazione alla disposizione provinciale censurata, la quale deroga in via generalizzata al requisito della cosiddetta “doppia conformità”.
Va pertanto dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 135, comma 7, della legge prov. Trento n. 1 del 2008 per contrasto con gli artt. 4 e 8 statuto reg. Trentino-Alto Adige.
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