Cass. pen., II, ud. dep. 22 luglio 2024, n. 29957
PRINCIPIO DI DIRITTO
“Il profitto nel delitto di ricettazione è configurabile ogni qual volta, per effetto del reato, il patrimonio del soggetto agente s’incrementa di un bene dal quale il medesimo possa trarre un vantaggio e, quindi, in sé, idoneo a soddisfare un bisogno umano, sia esso di natura economico o spirituale: conseguentemente, risponde del delitto di ricettazione l’agente che acquisiti o riceva farmaci e anabolizzanti, in quanto ha incrementato il proprio patrimonio di beni che non avrebbe potuto acquistare nel mercato legale o lo avrebbe potuto fare solo a condizioni diverse. Solo per effetto del suddetto acquisto (illegale), ha potuto soddisfare quel bisogno “edonistico” di incrementare la massa muscolare, bisogno che, ove fosse ricorso al “circuito” legale, di certo non avrebbero potuto conseguire o, comunque, avrebbe realizzato in misura diversa, in quanto, quelle sostanze, vanno prescritte su prescrizione medica e per necessità terapeutiche che solo un medico può valutare. Ai fini del delitto di ricettazione è, infine, irrilevante il movente, ossia la causa psichica che ha indotto l’agente ad agire, potendo il medesimo essere preso in considerazione ai soli fini del trattamento sanzionatorio.”
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- Il ricorso è infondato.
Il Tribunale ha ritenuto sussistente il delitto di ricettazione configurando come reati presupposto non soltanto quello previsto dall’art. 586-bis cod.pen., che punisce chiunque commercia farmaci e sostanze farmacologicamente biologicamente attive idonee a modificare le condizioni psicofisiche biologiche dell’organismo, al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti, ma anche i delitti di cui agli artt. 443 e 445 cod.pen. relativi a vendita di medicinali guasti e a somministrazione di medicinali in modo pericoloso. L’acquisto infatti, ammesso dall’imputato, avveniva al di fuori di canali regolamentati e in assenza di prescrizione medica.
Va al riguardo ricordato che, per la configurabilità del delitto di detenzione di sostanze farmacologicamente o biologicamente attive (cosiddetti anabolizzanti), previsto dall’art. 9, legge 14 dicembre 2000, n. 376 in materia di lotta contro il “doping” (fattispecie ora inserita nell’art. 586-bis cod.pen.), non è richiesto che l’attività sportiva sia svolta a livello professionistico o comunque agonistico […].
Inoltre, stato precisato che, per la configurabilità del delitto di commercio di sostanze farmacologicamente o biologicamente attive (cosiddette anabolizzanti), previsto dall’art. 9, comma settimo, della l. 14 dicembre 2000, n. 376, in materia di lotta contro il “doping”, non è richiesto il dolo specifico, in quanto il commercio clandestino di tali sostanze viene punito indipendentemente dal fine specifico perseguito dal soggetto agente e configura un reato di pericolo, diretto a prevenire il rischio derivante dalla messa in circolazione di tali farmaci, al di fuori delle prescrizioni imposte dalla legge, per la tutela sanitaria delle attività sportive […].
In ordine al reato di cui all’art. 586-bis cod.pen., il tribunale ha dato atto che M.S. non era iscritto ad alcuna Federazione e non è emersa prova che cedesse tali sostanze a terzi, sicché non si configura nei suoi confronti il reato di cui all’articolo 586-bis cod.pen.
Non va poi trascurato che la Corte costituzionale, con sentenza del 22 Aprile 2022 n. 105, ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’ultimo comma dell’art. 586-bis cod.pen., che si riferisce al commercio di sostanze anabolizzanti, limitatamente alle parole “al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti” sicché il reato di commercio di farmaci e sostanze farmacologicamente attive sussiste a prescindere dalla intenzionalità di chi commercia e ciò conferma ulteriormente l’esistenza del reato presupposto e di conseguenza la possibilità di configurare la ricettazione.
Ma, come già anticipato, nel caso in esame, è stato realizzato da parte dell’imputato l’acquisto di sostanze farmacologicamente attive nella consapevolezza della loro provenienza illecita e il tribunale ha individuato i reati costituenti il presupposto della ricettazione non soltanto nel delitto di cui all’art. 9 cit., ora ricondotto all’art. 586-bis cod.pen., ma anche nella violazione dell’art. 445 cod.pen., in relazione alla quale il ricorrente non ha dedotto alcun motivo di censura, così incorrendo nel vizio di genericità della censura, in quanto non si confronta con la motivazione del provvedimento impugnato.
Inoltre, il tribunale ha ritenuto sussistente il dolo di ricettazione, poiché l’imputato era consapevole della illegittima provenienza di questi farmaci.
È noto, peraltro, che non è indispensabile che tale consapevolezza si estenda alla precisa e completa conoscenza delle circostanze di tempo, di modo e di luogo dei reati presupposti (Sez. 4, n. 4170 del 12/12/2006 Ud. (dep. 2007), Rv. 235897).
Nel caso di specie, è poi configurabile il dolo specifico della ricettazione perché l’imputato ha voluto e si è rappresentato (art. 43/1 cod.pen.) che dall’acquisto di quei farmaci, avrebbe tratto “un profitto”, il cui conseguimento integra il dolo specifico del reato di ricettazione, e può avere anche natura non patrimoniale.
Il profitto nel delitto di ricettazione è configurabile ogni qual volta, per effetto del reato, il patrimonio del soggetto agente s’incrementa di un bene dal quale il medesimo possa trarre un vantaggio e, quindi, in sé, idoneo a soddisfare un bisogno umano, sia esso di natura economico o spirituale: conseguentemente, risponde del delitto di ricettazione l’agente che acquisiti o riceva farmaci e anabolizzanti, in quanto ha incrementato il proprio patrimonio di beni che non avrebbe potuto acquistare nel mercato legale o lo avrebbe potuto fare solo a condizioni diverse. Solo per effetto del suddetto acquisto (illegale), ha potuto soddisfare quel bisogno “edonistico” di incrementare la massa muscolare, bisogno che, ove fosse ricorso al “circuito” legale, di certo non avrebbero potuto conseguire o, comunque, avrebbe realizzato in misura diversa, in quanto, quelle sostanze, vanno prescritte su prescrizione medica e per necessità terapeutiche che solo un medico può valutare. Ai fini del delitto di ricettazione è, infine, irrilevante il movente, ossia la causa psichica che ha indotto l’agente ad agire, potendo il medesimo essere preso in considerazione ai soli fini del trattamento sanzionatorio.
In forza di queste argomentazioni deve, in conclusione, ritenersi il ricorso manifestamente infondato e generico.
- L’inammissibilità del ricorso comporta l’inammissibilità delle censure formulate con i motivi nuovi con cui, oltretutto, la difesa ha cercato di introdurre questioni relative alla qualità ed efficacia delle sostanze acquistate dall’Imputato, che non sono state sollevate in sede di appello e non possono comunque essere dedotte con i motivi nuovi comportando un tardivo ampliamento del thema decidendum.
- L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma che si ritiene congruo liquidare in euro tremila in favore della Cassa delle ammende.