La pronuncia che segue ribadisce, in forza di precedenti sentenze, i criteri posti alla base del diritto-dovere al mantenimento del coniuge, secondo i principi del diritto vivente.
Tra tutti, spicca il parametro della durata del matrimonio: nel caso di una durata particolarmente contenuta, se ne dovrà tenere conto sia riguardo all’attribuzione dell’assegno di mantenimento, sia della sua quantificazione, in quanto, in un periodo estremamente ristretto, ad esempio pochi mesi, la comunione materiale e spirituale dei coniugi non è in grado di instaurarsi, così venendo meno un elemento essenziale del matrimonio.
Cassazione Civile, ordinanza 24 luglio 2024, n. 20507
PRINCIPIO DI DIRITTO
Va declinato tenendo conto di una pluralità di parametri il dovere reciproco di assistenza materiale, dopo la separazione.
Il coniuge cui non è stata addebitata la separazione ha diritto di ricevere dall’altro un assegno di mantenimento, qualora non abbia mezzi economici adeguati a mantenere il tenore di vita matrimoniale, valutate la situazione economica complessiva e la capacità concreta lavorativa del richiedente, nonché le condizioni economiche dell’obbligato, che può essere liquidato in via provvisoria nel corso del giudizio, ai sensi dell’art.708 c.p.c..
Il coniuge separato cui è addebitata la separazione perde, invece, il diritto al mantenimento e può pretendere solo la corresponsione di un assegno alimentare se versa in stato di bisogno.
Va considerata, tra le circostanze ex art.156 c.c., anche la durata del matrimonio ed il contributo apportato da un coniuge alla formazione del patrimonio dell’altro coniuge, ovvero di quello comune.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
Nel ricorso sono svolti i seguenti quattro motivi:
- I) Nullità della sentenza ex art. 360, comma 1°, n. 3 e n. 4 c.p.c.per violazione o falsa applicazione dell’ 156, comma 1°, c.c.in riferimento agli artt. 143, comma 2°, c.c., ovvero subordinatamente ex art. 360, comma 1°, n. 5 c.p.c. per omesso esame di un fatto storico decisivo per il giudizio (id est: condotte di appropriazione indebita contrarie ai doveri nascenti dal matrimonio poste in essere dalla moglie);
- II) Nullità della sentenza ex art. 360, comma 1°, n. 3 e n. 4 c.p.c.per violazione o falsa applicazione degli 156, comma 1° e 2697 c.c., per riconoscimento di un assegno di contributo al mantenimento in assenza di prova, da parte del coniuge richiedente, della “mancanza di adeguati redditi propri” (sotto il profilo della mancata dimostrazione dello stato di incolpevolezza della richiedente in ordine alla sua doverosa attivazione per il reperimento di un’occupazione lavorativa);
III) Nullità della sentenza ex art. 360, comma 1°, n. 3 e n. 4 c.p.c. per violazione o falsa applicazione dell’art. 156, comma 1°, c.c. in riferimento agli artt. 143 e 144 c.c., ovvero subordinatamente ex art. 360, comma 1°, n. 5 c.p.c. per omesso esame di un duplice fatto storico decisivo per il giudizio (id est: breve durata del matrimonio e giovane età del coniuge richiedente) ai fini della spettanza (ovvero della concreta determinazione) del “quantum” dell’assegno di mantenimento ex art. 156 c.c.;
- IV) Nullità della sentenza ex art. 360, comma 1°, n. 3 e n. 4 c.p.c.per violazione o falsa applicazione degli 115e 116 c.p.c. in riferimento all’art. 156, comma 1°, c.c. ovvero subordinatamente ex art. 360, comma 1°, n. 5 c.p.c. per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio (mancata ammissione di prova testimoniale ed indagine di polizia tributaria, ritualmente formulate, sull’accertamento delle concrete capacità lavorative del coniuge richiedente).
3.-Il primo motivo è inammissibile. E’, invero, assolutamente generico circa le condotte distrattive asseritamente compiute dalla moglie ed il loro accertamento; non è chiaro nemmeno il contenuto della documentazione alla quale il ricorrente fa riferimento, senza esporne, nemmeno in sintesi, il contenuto a suo parere determinante.
Sicché trova applicazione il principio secondo cui, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni comportanti accertamenti in fatto di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito.
Deve essere anche indicato , in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (Cass. n. 6089/2018, Cass. n. 23675/2013).
4.- Il secondo motivo è affetto da pregiudiziale inammissibilità in quanto, in linea generale, inteso a censurare l’apprezzamento di fatto operato dal giudice di merito, notoriamente non sindacabile in questa sede sotto il profilo qui denunciato, atteso che la Corte di merito ha accertato le capacità lavorative e reddituali della moglie, compiendo una articolata, anche se con condivisa dal ricorrente, valutazione.
5.- Il terzo motivo è fondato e va accolto.
Con riferimento al tema del mantenimento del coniuge ed ai recenti approdi giurisprudenziali riguardanti, tra l’altro l’assegno separatizio, è possibile richiamare quanto, su questi aspetti, ricordato, in motivazione, dalla pronuncia resa da Cass. sez. U. n.32914/2022.
Detta pronuncia, nello svolgere alcune considerazioni generali in ordine agli effetti della separazione e del divorzio (e della crisi del rapporto di coppia, avuto riguardo alle unioni civili) sui rapporti patrimoniali fra i coniugi, con riguardo all’assegno di mantenimento del coniuge (e dei figli), ha osservato, tra l’altro, quanto segue.
“La separazione personale tra i coniugi non estingue il dovere reciproco di assistenza materiale, espressione del dovere, più ampio, di solidarietà coniugale, ma il venir meno della convivenza comporta significati mutamenti:
- il coniuge cui non è stata addebitata la separazione ha diritto di ricevere dall’altro un assegno di mantenimento, qualora non abbia mezzi economici adeguati a mantenere il tenore di vita matrimoniale, valutate la situazione economica complessiva e la capacità concreta lavorativa del richiedente, nonché le condizioni economiche dell’obbligato, che può essere liquidato in via provvisoria nel corso del giudizio, ai sensi dell’708 c.p.c.;
- b) il coniuge separato cui è addebitata la separazione perde, invece, il diritto al mantenimento e può pretendere solo la corresponsione di un assegno alimentare se versa in stato di bisogno.”.
Il dovere reciproco di assistenza materiale, dopo la separazione, va, quindi, declinato tenendo conto della pluralità di parametri prima sinteticamente ricordati.
Tra le circostanze da considerare, ex art.156 c.c., rientra anche la durata del matrimonio.
Quanto al rilievo da attribuire a detta circostanza, questa Corte lo ha inizialmente circoscritto al profilo della quantificazione dell’assegno.
Afferma, infatti, che: “La durata del matrimonio ed il contributo apportato da un coniuge alla formazione del patrimonio dell’altro coniuge, ovvero di quello comune, integrano parametri utilizzabili in occasione della quantificazione dell’assegno divorzile e non possono valere al fine di escludere la spettanza dell’assegno di mantenimento in caso di separazione personale, essendo tuttavia siffatti elementi valutabili in quest’ultima sede, ai sensi dell’art. 156, secondo comma, cod. civ., allo scopo di stabilire l’importo di detto assegno.” (Cass. n.20638/2004).
Ciò in quanto “La durata del matrimonio ed il contributo apportato da un coniuge alla formazione del patrimonio dell’altro coniuge sono elementi valutabili al fine di stabilire l’importo dell’assegno di mantenimento.” (Cass. n.25618/2007).
Tanto è vero che – come è stato rimarcato – “In tema di separazione personale dei coniugi, alla breve durata del matrimonio non può essere riconosciuta efficacia preclusiva del diritto all’assegno di mantenimento, ove di questo sussistano gli elementi costitutivi.
Gli elementi costitutivi sono rappresentati dalla non addebitabilità della separazione al coniuge richiedente, dalla non titolarità, da parte del medesimo, di adeguati redditi propri, ossia di redditi che consentano di mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, e dalla sussistenza di una disparità economica tra le parti.
Al più, alla durata del matrimonio può essere attribuito rilievo ai fini della determinazione della misura dell’assegno di mantenimento.” (Cass. n. 1622/2017).
Non di meno, con successivi approfondimenti e puntualizzazioni, è stato anche messo in luce, per le ipotesi di matrimoni di durata molto breve, che: “… nell’ipotesi di durata particolarmente breve del matrimonio, in cui non si è ancora realizzata, al momento della separazione, alcuna comunione materiale e spirituale tra i coniugi, attesa la insussistenza di condivisione di vita e, dunque, la mancata instaurazione di un vero rapporto affettivo qualificabile come “affectio coniugalis”, non può essere riconosciuto il diritto al mantenimento.” (Cass. n.402/2018).
Inoltre: “Se è vero che la breve durata del matrimonio non esclude di per sè il diritto all’assegno, tuttavia la mancata instaurazione di una comunione materiale e spirituale fra i coniugi può costituire una causa di esclusione.” (Cass. n.16737/2018).
La decisione impugnata non ha preso in alcuna considerazione la circostanza della durata estremamente contenuta del matrimonio, né sotto il profilo della spettanza dell’assegno, né sotto il profilo della sua quantificazione, pur avendo accertato che la Z.L. si era allontanata dalla casa coniugale nella primavera del 2017, dopo pochi mesi di matrimonio (fol. 16 della sent. imp.) e va cassata affinché la Corte di appello proceda al riesame alla luce ed in applicazione degli anzidetti principi, in sede di rinvio.
- – Il quarto motivo è inammissibile. In tema di ricorso per cassazione, una questione di violazione o di falsa applicazione degli 115e 116 cod. proc. civ. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito.
Può porsi, invece, rispettivamente, solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass. n. 27000 del 27/12/2016; Cass. n. 1229 del 17/01/2019).
Nella specie, invece, la censura involge un apprezzamento di merito circa la rilevanza dei mezzi istruttori sollecitati a fronte della circostanza incontestata, perché riconosciuta dalla stessa moglie, dell’effettivo svolgimento da parte sua di attività lavorativa in epoca successiva alla separazione personale.
7.- In conclusione, va accolto il terzo motivo del ricorso, inammissibili gli altri; la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di appello di Trieste, in diversa composizione, per il riesame alla luce dei principi enunciati e la liquidazione delle spese anche del presente giudizio.
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