Corte di Cassazione civile, Sezione I, ordinanza interlocutoria, 19 luglio 2024, n. 19900
PRINCIPIO DI DIRITTO
La causa va, dunque, rimessa alla Prima Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, involgendo le seguenti questioni:
– se il contratto di mutuo contenente la clausola di determinazione degli interessi parametrata all’indice Euribor costituisca un negozio «a valle» rispetto all’intesa restrittiva della concorrenza accertata, per il periodo dal 29 settembre 2005 al 30 maggio 2008, dalla Commissione dell’Unione Europea con decisioni del 4 dicembre 2013 e del 7 dicembre 2016, o se, invece, indipendentemente dalla partecipazione del mutuante a siffatta intesa o dalla sua conoscenza dell’esistenza di tale intesa e dell’intenzione di avvalersi del relativo risultato, tale non sia, mancando il collegamento funzionale tra i due atti, necessario per poter ritenere che il contratto di mutuo costituisca lo sbocco dell’intesa vietata, essenziale a realizzarne e ad attuarne gli effetti;
– se la alterazione dell’Euribor a causa di fatti illeciti posti in essere da terzi rappresenti una causa di nullità della clausola di determinazione degli interessi di un contratto di mutuo parametrata su tale indice per indeterminabilità dell’oggetto o piuttosto costituisca un elemento astrattamente idoneo ad assumere rilevanza solo nell’ambito del processo di formazione della volontà delle parti, laddove idoneo a determinare nei contraenti una falsa rappresentazione della realtà, ovvero quale fatto produttivo di danni.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- – Con l’unico motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione degli artt. 1284,1346,1418,secondo comma, e 1825 cod. civ., 2, l. 10 ottobre 1990, n. 287, 101 TFUE, 53 Accordo sull’Area Economica Europea, 127 t.u.b. e 115 e 116 cod. proc. civ., per aver la sentenza impugnata ritenuto valida la clausola (n. 4) del contratto di finanziamento che, nel determinare il tasso degli interessi corrispettivi, faceva espresso riferimento al parametro dell’Euribor, benché la Commissione dell’Unione Europea, con decisione del 4 dicembre 2013 aveva accertato la sua illecita alterazione per il periodo dal 29 settembre 2005 al 30 maggio 2008.
- – Premettono che tale periodo era stato interessato dalla vigenza del contratto di finanziamento e sostengono che l’accertata illecita alterazione dell’Euribor avrebbe quale suo effetto la nullità della contestata clausola che a tale parametro faceva riferimento, con conseguente sostituzione del tasso di interesse così pattuito con il tasso di interesse legale.
- – Sulla questione relativa alla validità dei contratti di finanziamento che nella determinazione del tasso di interesse dovuto dal soggetto finanziato fanno riferimento all’indice rappresentato dall’Euribor si è formato un orientamento in seno alla Terza Sezione Civile di questa Corte, espresso dall’ordinanza n. 34889 del 13 dicembre 2023 e puntualizzato dalla successiva sentenza n. 12007 del 3 maggio 2024.
- – Con la prima decisione si è ritenuto che l’accordo manipolativo della concorrenza posto in essere da alcune banche e avente a oggetto la fissazione dell’Euribor costituiva «prova privilegiata … a supporto della domanda volta alla declaratoria di nullità dei tassi “manipolati” ed alla rideterminazione degli interessi nel periodo coinvolto dalla manipolazione», a prescindere dal fatto che all’intesa illecita avesse o meno partecipato il soggetto finanziatore, «giacché raggiunta [sic] dal divieto di cui all’art. 2 della l. n. 287/1990è qualunque contratto o negozio a valle che costituisca applicazione delle intese illecite concluse a monte».
- – Con la sentenza n. 12007 del 3 maggio 2024 la Terza Sezione ha chiarito che, ai fini dell’accertamento della validità delle clausole contrattuali che fanno espresso riferimento al parametro costituito dall’Euribor per la determinazione del tasso di interesse relativo alle obbligazioni assunte dalle parti, occorre stabilire: a) se i relativi contratti di mutuo possono considerarsi contratti cd. «a valle» rispetto alle intese (o, più precisamente, alle pratiche) restrittive della concorrenza dirette ad alterare l’Euribor poste in essere dalle banche sanzionate con le decisioni della Commissione Europea del 2013 e del 2016 e, in quanto tali, travolti dalla nullità di tali intese; b) se può comunque aver rilievo sulla validità del regolamento negoziale il fatto che il parametro di riferimento per la determinazione del tasso degli interessi voluto concordemente dalle parti possa aver subito una eventuale alterazione a causa di condotte illecite di terzi.
- – Con riferimento al primo aspetto, ha osservato, richiamando il precedente delle Sezioni Unite di questa Corte rappresentato dalla sentenza n. 41994 del 30 dicembre 2021, che la dichiarazione di nullità di un contratto concluso «a valle» di un’intesa (o pratica non negoziale) restrittiva della concorrenza presuppone che lo stesso costituisca «applicazione» dell’illecita medesima e, dunque, che almeno uno dei contraenti sia a conoscenza dell’esistenza di quella determinata intesa con un determinato oggetto e un determinato scopo e intenda avvalersi del risultato oggettivo della stessa. In difetto, ha aggiunto, gli effetti distorsivi del mercato derivanti dalle intese o pratiche illecite volte ad alterare l’Euribor potranno essere eliminati attraverso gli ordinari rimedi negoziali.
- – In ordine al secondo aspetto, pur riconoscendo la validità della clausola di determinazione degli interessi che faccia riferimento a un parametro esterno, quale l’Euribor, ha affermato che qualora tale parametro esterno sia alterato da una attività illecita posta in essere da terzi lo stesso non è più «in grado di esprimere la effettiva volontà negoziale delle parti stesse, almeno con riguardo alla specifica clausola che prevede il richiamo al parametro in questione, per tutto il tempo in cui l’alterazione del meccanismo esterno di determinazione del corrispettivo dell’operazione ha prodotto i suoi effetti».
- – In questa evenienza, il parametro esterno diviene sostanzialmente inidoneo a costituire l’espressione della volontà negoziale delle parti (eventualmente anche solo per un determinato periodo), perché alterato nella sua sostanza a causa di fatti illeciti posti in essere da terzi tali da privarlo in radice delle caratteristiche per le quali le parti lo avevano richiamato nel contratto, con la conseguenza che siffatto parametro va sostituito con un altro valore, sulla base dei principi generali dell’ordinamento e, in difetto, la clausola contrattuale dovrà ritenersi non più efficace, a causa della sua parziale nullità sopravvenuta, per l’impossibilità di determinazione del relativo oggetto.
- – Ciò posto, ritiene questa Sezione – tabellarmente competente per le controversie sia in materia di concorrenza e impresa in generale, sia in materia di contratti bancari – che l’orientamento interpretativo fatto proprio dalle richiamate pronunce della Terza Sezione desti alcune perplessità e meriti di essere ripensato.
- – In merito alla nullità delle clausole di determinazione del tasso di interesse dei contratti di mutuo – e, più in generale, di finanziamento – che fanno riferimento all’indice dell’Euribor per violazione della disciplina antitrust, si rileva che la Commissione Europea, con decisioni del 4 dicembre 2013 e del 7 dicembre 2016 – vincolanti per il giudice nazionale ai sensi dell’art. 16, par. 1, Regolamento (CE) n. 1/2003, e non già prova privilegiata –, ha stabilito che tra il 29 settembre 2005 e il 30 maggio 2008 alcune banche avevano partecipato a un’infrazione unica e continuata all’art. 101 TFUEavente a oggetto la restrizione e/o la distorsione della concorrenza nel settore dei derivati sui tassi di interesse in euro collegati all’Euribor (Euro Interbank Offered Rate) e/o all’EONIA (Euro Over-Night Index Average) (di seguito «EIRD»).
- – In particolare, la Commissione Europea, dopo aver dato atto che l’Euribor è un indice del tasso al quale i depositi interbancari a termine in euro sono offerti da una banca primaria a un’altra banca primaria all’interno dell’area euro e si calcola sulla media dei prezzi offerti quotidianamente da un panel, composto da una pluralità di banche primarie, e comunicati a un agente di calcolo della Federazione Bancaria Europea, ha accertato che l’intesa restringeva la concorrenza mediante la creazione di un’asimmetria informativa tra gli operatori del mercato, dal momento che i partecipanti all’infrazione, da un lato, si trovavano nella posizione migliore per conoscere in anticipo, con una certa precisione, il livello al quale l’Euribor sarebbe stato fissato o doveva essere fissato dai loro concorrenti che agivano in collusione e, dall’altro, sapevano se l’Euribor in una data specifica sarebbe stato fissato o meno a un livello artificioso (cfr., in tema, le decisioni rese sull’impugnazione del primo provvedimento adottato della Commissione rese dal Tribunale dell’Unione Europea, con sentenza del 24 settembre 2019, causa T-105/17, e dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con sentenza del 12 gennaio 2023, causa C-883/19P).
- – La accertata intesa restrittiva era orientata alla riduzione dei flussi di cassa che i partecipanti avrebbero dovuto pagare a titolo degli «EIRD» o dall’aumento di quelli che essi dovevano ricevere a tale titolo e ha, dunque, riguardato un mercato, quello degli «EIRD», diverso da quello dei mutui a tasso variabile, di cui partecipa sia il contratto dedotto in giudizio, sia quelli interessati dalle richiamate pronunce della Terza Sezione. Da ciò consegue, che tali contratti non possono considerarsi «a valle» rispetto all’intesa illecita, tantomeno nell’ipotesi in cui il mutuante sia estraneo all’intesa anticoncorrenziale, non costituendone lo sbocco, né risultando essenziali a realizzarne e ad attuarne gli effetti. Essi, dunque, non costituiscono il mezzo di violazione della normativa antitrust, in quanto, come osservato, l’intesa illecita concerneva il mercato degli «EIRD», e ciò a prescindere da ogni considerazione in ordine alla conoscenza dell’esistenza dell’intesa illecita e/o dall’intenzione di avvalersi del relativo risultato oggettivo.
- – Può, inoltre, evidenziarsi che l’orientamento della Terza Sezione è nel senso che l’accertamento dell’intesa restrittiva della concorrenza determina sempre la nullità dei contratti «a valle» che ne costituiscono attuazione, muovendo dai principi espressi dalla richiamata decisione delle Sezioni Unite n. 41994 del 30 dicembre 2021.
- – Tale decisione, tuttavia, è stata resa con riguardo allo specifico fenomeno relativo alla riproduzione in contratti di fideiussione di clausole rispondenti allo schema predisposto dall’ABI dichiarate frutto di intesa restrittiva della concorrenza dalla Banca di Italia e il cui effetto di rendere la disciplina più gravosa per il contraente, imponendogli maggiori obblighi e senza riconoscergli alcun corrispondente diritto, non era controverso.
- – Una indiscriminata estensione del principio a tutti i contratti «a valle» di intese restrittive della concorrenza – pure a voler ammettere che quelli in questione siano contratti «a valle» dell’intesa, il che come si è detto pare invece da escludere – potrebbe condurre a conclusioni inappaganti o, comunque, inefficienti nelle ipotesi in cui tali contratti siano vantaggiosi – quanto meno nel breve periodo – per il contrante del mercato a valle, esponendo quest’ultimo all’azione di nullità del concorrente pregiudicato dall’intesa illecita. Per tali ragioni si ritiene, pertanto, preferibile una lettura restrittiva della sentenza delle Sezioni Unite n. 41994 del 30 dicembre 2021.
- – In ordine alla ritenuta nullità dei contratti che per la determinazione degli interessi dovuti facciano riferimento a un parametro, quale l’Euribor, alterato per fatto illecito di terzi, sembra anzitutto da considerare in generale che l’illecito del terzo, oltre a non determinare nullità nel quadro della disciplina antitrust, una volta escluso che contratti come quello in discorso possano essere considerati quali contratti «a valle», produce, nell’impianto codicistico, limitate ricadute, quanto a validità, sul contratto al quale il terzo è estraneo e, comunque, non in termini di nullità, ma semmai di annullabilità, giusta il disposto del secondo comma dell’art. 1439 cod. civ., cui la citata sentenza della Terza sezione parrebbe del resto voler alludere, laddove discorre di «prova della conoscenza di tali intese e/o pratiche da parte di almeno uno dei contraenti»; il che rende, però, disagevole ricostruire quale sia la base normativa della «eventuale possibilità di sostituzione del parametro richiamato dalla clausola contrattuale con un altro valore».
- – È il caso di soggiungere che alla nullità della clausola determinativa degli interessi del contratto di mutuo a mezzo dell’Euribor non sembra potersi pervenire, in caso di banche estranee all’intesa, neppure per il tramite della disciplina consumeristica, se si considera che l’art. 33 cod. cons.colloca al di fuori della presunzione di vessatorietà le pattuizioni concernenti «prodotti o servizi il cui prezzo è collegato alle fluttuazioni … di un tasso di mercato finanziario non controllato dal professionista».
- – Né sembra possa ritenersi che l’illecito del terzo possa far venir meno l’esistenza del consenso delle parti in ordine alla vicenda contrattuale, idoneo a esprimere la loro volontà negoziale, non solo nell’ipotesi che il contratto sia stato stipulato prima del 29 settembre 2005 (a meno di non immaginare un nullità contratto che nasce valido e che poi diviene nullo, per un certo periodo di tempo, in dipendenza dell’illecito del terzo), ma anche per quelli stipulati nell’arco temporale del triennio coperto dalla decisione della Corte di giustizia.
Premesso che l’Euribor non è il tasso di interesse applicato in contratto, ma un mero indice di mercato impiegato quale fattore di calcolo della misura del tasso di interesse, occorre sottolineare che l’accordo contrattuale si forma – e, in tal senso, si obiettivizza – sull’applicazione dell’indice Euribor, così come ufficialmente stabilito e dunque inteso nel suo dato formale, indipendentemente dalla correttezza del procedimento seguito per la sua rilevazione.
- – Del pari innegabile è che, come d’altra parte riconosciuto anche dalla menzionata sentenza della Terza Sezione, la indicazione dei tassi di interesse convenuti nei contratti di finanziamento mediante rinvio a parametri, quali l’Euribor, elaborati da istituzioni sovranazionali e di agevole individuazione e accessibilità, è conforme al principio della determinatezza o determinabilità dell’oggetto del contratto ex art. 1346 cod. civ.In questi casi, le parti si limitano a richiamare, volendo guardare realisticamente al tema, non già la complessa formula di calcolo dell’Euribor, plausibilmente ignota al mutuatario, e non di rado forsanche al mutuante, bensì un fatto esterno al contratto che è assunto nel regolamento negoziale nella sua oggettività, per come risultante dal dato numerico ufficiale che ne esprime il significato, ossia il suo valore.
- – In realtà, l’alterazione dell’Euribor può, semmai, determinare nelle parti una falsa rappresentazione della realtà idonea a inficiare il loro processo di formazione della volontà, che può consentire, ricorrendone i relativi presupposti, il ricorso agli ordinari rimedi previsti per i vizi del consenso, cui già si è fatto riferimento, ovvero per la violazione del generale principio del neminem ledere, violazione da far valere ovviamente nei confronti di chi l’illecito ha commesso.
- – Il tutto senza considerare che la riconducibilità della situazione in esame nell’alveo del rimedio della nullità potrebbe, in ipotesi, avere l’effetto, laddove si accertasse che l’Euribor è stato alterato, sia pure per alcuni periodi, nel senso della sua artificiosa riduzione, di esporre il mutuatario, soggetto obbligato, alla restituzione del capitale residuo mutuato o, comunque, al versamento di maggiori interessi.
- – Ciò premesso, venendo in rilievo una questione di interpretazione di regole di diritto per le quali si profila l’esigenza di un orientamento uniforme, si ritiene opportuno rimettere la causa alle Sezioni Unite.
La causa va, dunque, rimessa alla Prima Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, involgendo le seguenti questioni:
– se il contratto di mutuo contenente la clausola di determinazione degli interessi parametrata all’indice Euribor costituisca un negozio «a valle» rispetto all’intesa restrittiva della concorrenza accertata, per il periodo dal 29 settembre 2005 al 30 maggio 2008, dalla Commissione dell’Unione Europea con decisioni del 4 dicembre 2013 e del 7 dicembre 2016, o se, invece, indipendentemente dalla partecipazione del mutuante a siffatta intesa o dalla sua conoscenza dell’esistenza di tale intesa e dell’intenzione di avvalersi del relativo risultato, tale non sia, mancando il collegamento funzionale tra i due atti, necessario per poter ritenere che il contratto di mutuo costituisca lo sbocco dell’intesa vietata, essenziale a realizzarne e ad attuarne gli effetti;
– se la alterazione dell’Euribor a causa di fatti illeciti posti in essere da terzi rappresenti una causa di nullità della clausola di determinazione degli interessi di un contratto di mutuo parametrata su tale indice per indeterminabilità dell’oggetto o piuttosto costituisca un elemento astrattamente idoneo ad assumere rilevanza solo nell’ambito del processo di formazione della volontà delle parti, laddove idoneo a determinare nei contraenti una falsa rappresentazione della realtà, ovvero quale fatto produttivo di danni.