Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza 10 luglio 2024, n. 6199
PRINCIPIO DI DIRITTO
Secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente l’art. 142, comma 2, del D.Lgs. n. 42/2004 (nella sua attuale formulazione derivante dalla modifica operata con il D. L.vo n. 63/2008) va interpretato nel senso che i vincoli paesaggistici ex lege non sono opponibili in relazione alle aree che al 6 settembre 1985 erano già incluse in un Piano Pluriennale di Attuazione, sempre che in epoca successiva tale Piano abbia avuto “concreta realizzazione”.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- A miglior comprensione di quanto si dirà si deve precisare che il TAR ha annullato l’ordinanza di demolizione impugnata sul presupposto che questa era stata adottata dopo che la società […] aveva presentato la SCIA “di ripristino” n. […] del 23/5/2016, finalizzata al ripristino delle strutture assentite con il permesso di costruire del 2011 e con le varianti non essenziali di cui alle DIA n. […] e con SCIA n. […], il tutto a seguito del diniego sulla DIA in variante del 3/4/2015 prot. n. […]. In particolare, il TAR ha ritenuto che in pendenza della SCIA del 23 maggio 2016 il Comune non avrebbe potuto adottare il provvedimento demolitorio e gli atti conseguenziali […]
18.A supporto del ricorso in appello le società hanno articolato le seguenti censure:
I)erroneità dell’appellata sentenza laddove essa ha affermato l’inesistenza delle opere di urbanizzazione relative al Piano di Lottizzazione approvato il 9 ottobre 1980.[…]
- II) erroneità dell’appellata sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt.54, comma 1, 66, 67 e 64, comma 2, c.p.a.,, dei principi generali in materia di istruttoria processuale e del contraddittorio: ciò in quanto il TAR avrebbe fondato la propria decisione su un documento acquisito fuori termine, dal quale ha inferito che le previsione del Piano di Lottizzazione sarebbero rimaste inattuate.[…]III) erroneità dell’appellata sentenza per violazione dell’art. 39 e 112 c.p.c., del principio della domanda e corrispondenza tra chiesto e pronunciato; […]
IV), V), VI) […]
- Il Collegio ritiene di poter esaminare congiuntamente i primi tre motivi d’appello, che sono complementari tra loro, e tutti finalizzati a scardinare la statuizione sulla base della quale il TAR ha escluso che il vincolo paesaggistico insistente sull’area di proprietà della società […] potesse ritenersi inefficace ai sensi di quanto previsto dall’art. 142 comma 2, del D. L.vo 42/2004: ovvero l’affermazione secondo cui non vi sarebbe prova della realizzazione delle opere di urbanizzazione relative al Piano di Lottizzazione approvato il 9 ottobre 1980, e quindi non vi sarebbe prova dell’avvenuta “attuazione” di quest’ultimo, nel senso rilevante al fine dell’applicazione dell’art. 142, comma 2, del D. .vo 42/2004. 19.1. La questione relativa al momento della realizzazione e del collaudo delle opere di urbanizzazione rileva, ai fini del decidere, nei termini che in appresso si vanno ad esporre. 19.2. Occorre preliminarmente richiamare la norma sulla base della quale le società appellanti sostengono che il vincolo archeologico, insistente sull’area interessata dall’intervento, non sarebbe efficace: si tratta dell’art. 142 del D. L.vo 42/2004, che al comma 1 elenca le aree che debbono considerarsi soggette a vincolo paesaggistico ex lege, individuando alla lett. m) anche le zone di interesse archeologico, e che al comma 2, stabilisce che “La disposizione di cui al comma 1, lettere a), b), c), d), e), g), h), l), m), non si applica alle aree che alla data del 6 settembre 1985: ..lett. b) erano delimitate negli strumenti urbanistici ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 , come zone territoriali omogenee diverse dalle zone A e B, limitatamente alle parti di esse ricomprese in piani pluriennali di attuazione, a condizione che le relative previsioni siano state concretamente realizzate….”. 19.2.1. La formulazione originaria dell’art. 142, comma 2, lett. b), differiva da quella sopra riportata, che è stata modificata ad opera ad opera del D. L.vo n. 63/2008. Prima del suddetto intervento normativo la norma in esame prevedeva, invece, che “Le disposizioni previste dal comma l non si applicano alle aree che alla data del 6 settembre 1985: a) erano delimitate negli strumenti urbanistici come zone A e B; b) limitatamente alle parti ricomprese nei piani pluriennali di attuazione, erano delimitate negli strumenti urbanistici ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 come zone diverse da quelle indicate alla lettera a) e, nei comuni sprovvisti di tali strumenti, ricadevano nei centri edificati perimetrati ai sensi dell’articolo 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865.” 19.2.2. In tale originaria formulazione la norma era stata introdotta nell’ordinamento giuridico dall’art. 1 del D.L. 312/85, convertito nella L. n. 431/85, entrata in vigore il 6 settembre 1985. Essa era stata poi stata trasfusa nell’art. 146 del D. L.vo 490/99 e, infine, nell’art. 142 del D. L.vo 42/2004, per essere poi modificata ad opera del D. L.vo 63/2008, in quella che è la versione attualmente vigente. 19.2.3. Quanto sopra ricordato è utile a far comprendere, in primo luogo, che il riferimento alla data del 6 settembre 1985, contenuto nelle norme testé richiamate, coincide con l’entrata in vigore della L. n. 431/85, che per prima ha introdotto un sistema di tutela del paesaggio basato su una serie di situazioni che danno origine, automaticamente, alla soggezione al vincolo paesaggistico, indipendentemente da un formale provvedimento di riconoscimento dell’interesse paesaggistico. 19.2.4. In secondo luogo è evidente che con la novella del 2008 il legislatore ha certamente inteso limitare le situazioni in cui i vincoli paesaggistici operanti ex lege non sono opponibili. Fino al 2008 era sufficiente che un fondo risultasse incluso, alla data del 6 settembre 1985, in un piano pluriennale di attuazione perché il vincolo paesaggistico ex lege non fosse opponibile alla proprietà: l’assenza di ulteriori condizioni portava, cioé, a ritenere non soggetti a tutela paesaggistica automatica tutti quei fondi che, ancorché non ubicati nelle zone del territorio già urbanizzate (zone A e B di cui al D.M. n. 1444/68), fossero stati, alla data medesima, già tipizzati quali aree di futura e concreta espansione urbana, indipendentemente dalla sorte che gli strumenti urbanistici attuativi vigenti al 6 agosto1985 avessero avuto in seguito. 18.9.5. La modifica del 2008 ha inciso precisamente su quest’ultimo elemento: perché, al fine di escludere l’operatività dei vincoli paesaggistici ex lege, il legislatore ha imposto di verificare, non solo l’inclusione – alla data del 6 settembre 1985 – dell’area di interesse in un piano pluriennale di attuazione, ma anche il fatto che successivamente quest’ultimo abbia avuto “realizzazione” concreta. Si può quindi affermare che il legislatore del 2008, pur non intendendo incidere sul regime dei fondi che, alla data di entrata in vigore dei vincoli paesaggistici ex lege, avevano già una vocazione edificatoria testimoniata dalla inclusione in un piano pluriennale di attuazione, ha però connesso tale tutela solo ai fondi la cui potenzialità edificatoria si è, in seguito, e cioè anche dopo il 6 settembre 1985, concretamente confermata ed espressa. Sul punto Collegio precisa che la “concreta realizzazione”, rilevante ai fini dell’applicazione dell’art. 142, comma 2, del D. L.vo 42/2004, non può collocarsi, temporalmente, prima del 6 settembre 1985, poiché entro tale data la norma richiede solo l’inclusione in un piano pluriennale di attuazione, che è atto prodromico rispetto all’approvazione degli strumenti urbanistici esecutivi che consentono la “concreta realizzazione”. Dunque la norma va interpretata nel senso che i vincoli paesaggistici ex lege non sono opponibili in relazione alle aree che al 6 settembre 1985 erano già incluse in un Piano Pluriennale di Attuazione, sempre che in epoca successiva tale Piano abbia avuto “concreta realizzazione”. 19.3. Ciò ricordato, si rende necessario individuare un criterio idoneo a stabilire quando le previsioni di un piano pluriennale di attuazione possano ritenersi “concretamente realizzate” al fine dell’applicazione dell’art. 142, comma 2, del D. L.vo 42/2004, e deve trattarsi di un criterio che consenta di dare una risposta, coerente con i principi vigenti in materia di efficacia dei piani particolareggiati e coerente con la ratio dell’art. 142, comma 2, del D. L.vo 42/2004, a plurime domande, vale a dire: se l’esonero dai vincoli paesaggistici ex lege, per le aree individuate all’art. 142, comma 2, cit., si applica solo in occasione della prima edificazione o è a tempo illimitato; se ai fini dell’esonero dai vincoli di cui si discute sia sufficiente la mera approvazione di strumenti urbanistici esecutivi del piano pluriennale di attuazione, o se si richieda anche la concreta realizzazione delle opere previste in tale strumento; se il regime di un’area inclusa al 6 settembre 1985 in un piano pluriennale di attuazione muti in conseguenza della mancata totale attuazione del relativo piano urbanistico esecutivo nel periodo di efficacia, determinando l’applicabilità dei vincoli paesaggistici ex lege; se tale eventuale mutamento di regime riguardi solo le aree non edificate nel termine di efficacia dello strumento urbanistico esecutivo o anche le aree edificate tempestivamente.
19.4. E’ necessario, questo punto, richiamare alcuni principi generali che trovano applicazione in materia di efficacia dei piani particolareggiati, cioè degli strumenti urbanistici c.d. esecutivi, a mezzo dei quali si procede alla concreta attuazione delle previsioni dello strumento urbanistico generale, previsioni generali che le amministrazioni possono anche inserire nei piani pluriennali di attuazioni, che hanno essenzialmente programmatico. 19.4.1. Viene in considerazione, in particolare, l’art. 17, comma 1, della L. n. 1150/42, il quale prevede che i piani particolareggiati di attuazione, una volta decorso il termine stabilito per la relativa esecuzione, diventano inefficaci “per la parte in cui non abbia(no) avuto attuazione, rimanendo soltanto fermo a tempo indeterminato l’obbligo di osservare nella costruzione di nuovi edifici e nella modificazione di quelli esistenti gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabiliti dal piano stesso.”, permanendo inoltre l’obbligo del Comune, entro i successivi due anni, di presentare dei piani particolareggiati finalizzati ad assicurare “il necessario assesto” della parte rimasta inattuata (art. 17 cit., comma 2), e con possibilità, trascorso il citato termine biennale, di approvazione de piani particolareggiati anche per singoli comparti o sub-comparti (art. 17 cit., comma 3). 19.4.2. L’art. 17, comma 1, cit. è interpretato dalla costante giurisprudenza nel senso che il termine di scadenza dei piani particolareggiati attiene alle sole disposizioni di carattere espropriativo e non anche alle prescrizioni urbanistiche di piano che rimangono pienamente operanti e vincolanti, senza limiti di tempo, fino all’approvazione di un nuovo piano attuativo. Qualora pertanto il procedimento espropriativo sia portato a termine entro il termine di efficacia dei piani particolareggiati “permane la destinazione degli immobili espropriati al perseguimento ed alla realizzazione degli obiettivi del piano” (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, del 2 gennaio 2019, n. 22), si verifica, cioè, che sopravvive “la destinazione di zona, la destinazione ad uso pubblico di un bene privato, gli allineamenti, le prescrizioni di ordine generale e quant’altro attenga all’armonico assetto del territorio, trattandosi di misure che devono rimanere inalterate fino all’intervento di una nuova pianificazione, non essendo la stessa condizionata all’eventuale scadenza di vincoli espropriativi o di altra natura” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 18 maggio 2018, n. 3002; id., 22 ottobre 2018, n. 5994): e tale principio è stato affermato anche con riferimento alla perdita di efficacia dei piani di lottizzazione. (cfr. Con. Stato, IV, 18 maggio 2018, n. 3002, che richiama Cons. Stato, IV, n. 4036 del 2017). 19.4.3. Alla luce di tali considerazioni si deve concludere che la potenzialità edificatoria di un’area inserita in un piano pluriennale di attuazione e, poi, in un piano urbanistico esecutivo, non viene meno per il solo fatto che il piano particolareggiato perda efficacia, restando, anzi, tendenzialmente stabile, sino al momento in cui l’amministrazione non decida di rivedere le previsioni urbanistiche della zona, ritenendo non più attuale l’interesse a portare a compimento le previsioni del piano scaduto. Tali conclusioni valgono, teoricamente, a prescindere dallo stato di attuazione del piano particolareggiato scaduto, e quindi sia per il caso in cui nel periodo di efficacia del piano siano realizzate solo le opere di urbanizzazione, sia per il caso in cui nel periodo medesimo siano stati edificati solo i lotti ad uso privato; e valgono a prescindere dalla percentuale dei lotti che siano stati edificati in attuazione del piano esecutivo. Si può immaginare che la realizzazione delle opere di urbanizzazione e/o l’edificazione di una parte significativa dei lotti privati renda improbabile l’approvazione di nuovi piani urbanistici in tutto o in parte diversi; ciò non toglie che anche nel caso in cui un piano esecutivo sia stato realizzato, in costanza della sua vigenza, solo per una minima parte le relative previsioni continuano a trovare applicazione nei termini ricordati ai paragrafi che precedono. 19.4.4. La mancata realizzazione delle opere di urbanizzazione previste da un piano particolareggiato scaduto, peraltro, può risultare un ostacolo effettivo alla edificazione dei lotti privati, ma per la ragione che l’agibilità di un edificio dipende anche dal fatto che sia servito dalle opere di urbanizzazione primaria, e quindi può essere negata quando tali opere non esistano ancora (cfr. art. 24, comma 4, del D.P.R. n. 380/2001); correlativamente, la mancanza di opere di urbanizzazione legittima anche un diniego del titolo edilizio, come ha precisato questo Consiglio di Stato, Sez. IV, nella sentenza n. 3110 del 19/06/2014, secondo cui “La regola generale, fissata dalla giurisprudenza del giudice amministrativo, secondo cui lo ius aedificandi non può essere subordinato dall’Amministrazione comunale a future scelte urbanistiche di dettaglio e di completamento pianificatorio, va interpretata nella sua effettiva e limitata portata di non consentire che l’assenza dello strumento attuativo possa prolungarsi sine die, ma tale portata non può essere estesa sino a configurare un dovere per l’Amministrazione, nelle more della pianificazione attuativa, di rilasciare il permesso di costruzione in zone sostanzialmente carenti delle opere in questione, non essendo sufficiente un qualunque stadio di urbanizzazione, anche di fatto, per eludere l’obbligo della previa redazione dello strumento attuativo; d’altro conto, nella predetta situazione, l’ordinamento pone a carico del soggetto, che chiede il permesso di costruire, l’onere di documentare l’esistenza di sufficienti opere di urbanizzazione primaria e secondaria o, può aggiungersi, di indicare ed accollarsi, ma sempre nelle forme di legge, il compimento di quelle opere risultanti carenti”. A questi fini, peraltro, non appare rivestire rilevanza ostativa il fatto che le opere di urbanizzazione, pur realizzate, non siano ancora collaudate e/o trasferite formalmente in proprietà al Comune, dal momento che la conformità delle opere alle previsioni del piano particolareggiato scaduto e alla relativa convenzione accessiva, consente al comune di attivare anche rimedi giurisdizionali di tipo civilistico, per obbligare i soggetti che hanno stipulato la convenzione ad eseguire il collaudo e a trasferire la proprietà delle aree sulle quali insistono le opere di urbanizzazione, garantendo l’asservimento delle opere, e del relativo sedime, all’uso collettivo. 19.5. In applicazione dei ricordati principi si può concludere che un piano particolareggiato che abbia formalmente perso efficacia rimane effettivamente “ultrattivo” nella parte di esso in cui siano state realizzate, materialmente, le opere di urbanizzazione primaria; e in tale parte, risultando oramai conformato l’uso del territorio dalla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria, le previsioni del piano particolareggiato e dell’eventuale precedente piano pluriennale di attuazione, possono dirsi “concretamente realizzate”, anche relativamente ai lotti non ancora edificati, risultando estremamente improbabile che eventuali e futuri nuovi strumenti urbanistici introducano previsioni significativamente diverse. Il contrario è a dirsi invece, per la parte del territorio, compresa nel perimetro di un piano particolareggiato scaduto, che non risulti servita da opere di urbanizzazione primaria già realizzate, per le quali la possibilità che il Comune decida di rivedere l’assetto urbanistico è certamente maggiore. 19.6. Tornando ora all’art. 142, comma 2, del D. L.vo 42/2004, il Collegio ritiene che per “previsioni di un piano pluriennale di attuazione che abbiano avuto concreta realizzazione” si debbono intendere le previsioni che siano confluite in uno strumento urbanistico esecutivo regolarmente approvato e sugellato da una convenzione accessiva, dovendosi poi distinguere a seconda che il piano esecutivo sia ancora efficace dal caso in cui il termine di efficacia del piano esecutivo sia scaduto: (i) a strumento urbanistico vigente, potendo le relative previsioni essere attuate dall’amministrazione anche mediante esproprio delle aree destinate ad ospitare le opere di urbanizzazione, la realizzabilità in concreto dello strumento urbanistico è sempre possibile – giusta quanto sopra argomentato -, e dunque sarebbe irragionevole introdurre un trattamento differenziato tra lotti edificati prima del 6 settembre 1985 e lotti edificati/edificandi dopo tale data, tanto più che l’art. 142, comma 2, cit. non richiede che i piani particolareggiati siano approvati entro tale data; pare pertanto ragionevole ritenere tutto il relativo territorio immune dai vincoli paesaggistici ex lege fino alla scadenza del piano; (ii) nel secondo caso l’attuazione dello strumento urbanistico, dopo la scadenza del termine di efficacia del piano particolareggiato, viene a dipendere dalla materiale realizzazione, nel periodo di vigenza del piano, delle opere di urbanizzazione primaria funzionali al lotto che si intende edificare, condizionando tale circostanza l’esonero dai vincoli paesaggistici ex lege. 19.7. Ne consegue che errano le società appellanti nel ritenere che l’art. 142, comma 2, del D. L.vo 42/2004, si applichi a tutte le aree che al 6 settembre 1985 erano incluse in uno strumento urbanistico esecutivo già approvato: errano nella misura in cui la norma richiede che al 6 settembre 1985 sia stato approvato (solo) un piano pluriennale di attuazione, ed errano nella misura in cui non considerano che alla scadenza di efficacia dei piani particolareggiati questi rimangono “ultrattivi” solo a condizione che nel frattempo siano state realizzate le opere di urbanizzazione primaria. Ha errato peraltro, anche il TAR, nel ritenere che ai fini dell’applicazione della norma in esame si richieda che al 6 settembre 1985 l’area da edificare risulti inserita in un piano particolareggiato approvato e con tutte le opere di urbanizzazione realizzate, collaudate e trasferite. 18.8. Così inteso l’inciso in esame, non si apprezzano ragioni logiche per differenziare la situazione dei lotti edificati nel periodo di vigenza del piano particolareggiato e quella dei lotti edificati dopo la scadenza, ma comunque serviti da opere di urbanizzazione primaria, poiché per questi ultimi la potenzialità edificatoria ascrivibile all’originario piano pluriennale di attuazione ed ai relativi strumenti esecutivi si estingue solo in conseguenza della eventuale approvazione di un nuovo strumento urbanistico che includa tali aree. 18.9. Infine, il Collegio ritiene che la formulazione dell’art. 142, comma 2, del D. L.vo 42/2004 non consente di limitare temporalmente l’esonero dalla applicazione dei vincoli paesaggistici ex lege per le aree indicate al comma 1 della norma. Tale constatazione conforta ulteriormente l’interpretazione sopra data dell’inciso “a condizione che le relative previsioni siano state concretamente realizzate”, che consente di mantenere, anche per quanto riguarda l’applicazione dei vincoli paesaggistici ex lege, uniformità di regime nell’ambito di aree urbanizzate sulla base del medesimo strumento urbanistico. 18.10. Calando i suesposti principi al caso di specie si deve dire che il vincolo paesaggistico che interesserebbe l’area di proprietà della società […], ai sensi dell’art. 142, comma 1, lett. m) del D. L.vo 42/2004 (rispetto del tracciato della antica via Nomentana) in realtà non è opponibile. La verificazione espletata nel corso del presente giudizio, infatti, ha evidenziato che: – il terreno che qui viene considerazione era incluso in un Piano Pluriennale di Attuazione approvato dal Consiglio Comunale di Roma con delibera n. […] del 15 aprile 1980, nonché nel Piano di Lottizzazione della zona C4 “Parco Azzurro”, esecutivo del Piano Pluriennale di attuazione, adottato con D.C.C. n. 294 del 21 aprile1980 ed approvato con D.C.C. n 355 del 09 ottobre 1981; – la Convezione Urbanistica tra il Comune di […] e la ‘[…]’ cooperativa edilizia a responsabilità limitata per la realizzazione delle opere di Urbanizzazione primaria e secondaria del P.d.L. è stata stipulata con atto notarile dell’11.03.1981[…]18.11. Alla luce delle considerazioni che precedono si può, in conclusione, affermare, che le previsioni del Piano Pluriennale di Attuazione approvato dal Comune di Roma con delibera di C.C. n. 224 del 15 aprile 1980 ha avuto, nella parte in cui è situata l’area di proprietà della società […], “concreta realizzazione” ai fini dell’applicazione dell’art. 142, comma 2, del D. L.vo 42/2004, discendendo da ciò l’inapplicabilità, a tale area, dei vincoli paesaggistici previsti dall’art. 142, comma 1, tra i quali quello, rinveniente dalla vicinanza con il tracciato della antica via Nomentana (art. 142, comma 1, lett. m). Non era dunque necessaria, ai fini della sanatoria richiesta, acquisire l’autorizzazione paesaggistica. 18.12. I primi tre motivi d’appello vanno, conclusivamente accolti in quanto la circostanza, ritenuta dal TAR, secondo cui le opere di urbanizzazione del Piano di Lottizzazione “Parco Azzurro” non erano ultimate e comunque non sarebbero state collaudate entro il 6 settembre 1985, quand’anche provata e rilevante, non sarebbe dirimente ovvero preclusiva: prevale in ogni caso, invece, la circostanza che le opere di urbanizzazione, almeno nel settore del Piano di Lottizzazione in cui si trova il fondo di proprietà della società […], risultano essere state materialmente realizzate quanto meno successivamente ovvero nel periodo di vigenza del Piano, sicché le relative previsioni sono rimaste effettivamente “ultrattive” in ragione di quanto esposto nei paragrafi che precedono, e quindi possono condurre alla “concreta realizzazione” delle previsioni dell’originario Piano Pluriennale di Attuazione. 18.13. La fondatezza di detti motivi vale a superare, ad ogni buon fine, la rilevanza del documento depositato in limine dal Comune nel giudizio di primo grado, addirittura il giorno prima dell’udienza e quindi manifestamemte ben oltre il termine di cui all’art. 73 c.p.a., documento che, per tale ragione processuale, il TAR non avrebbe potuto “utilizzare” e men che meno porre a fondamento della propria decisione. 19. Sussiste, a questo punto, l’interesse delle società appellanti all’esame degli ulteriori motivi d’appello, a mezzo dei quali si contestano le statuizioni del TAR che hanno ritenuto fondato il diniego di sanatoria per assenza della c.d. doppia conformità. 20. […].
Le considerazioni che precedono danno ragione della fondatezza del quarto, quinto e sesto dei motivi d’appello.
- Da quanto precede risulta l’illegittimità della nota del Comune di […] n. 41523 dell’8 maggio 2017, che ha confermato il diniego alla SCIA in sanatoria presentata da […] il 19 settembre 2016, e prima ancora l’illegittimità del silenzio-rigetto formatosi sulla SCIA medesima, che vanno entrambi annullati. 26. In conclusione, l’appello è fondato; per l’effetto, in parziale riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio n. 460/2020, vanno accolti i motivi aggiunti presentati nel corso del primo grado del giudizio e depositati in data 29 dicembre 2016 e 23 agosto 2017, con conseguente annullamento del silenzio-rigetto formatosi sulla SCIA in sanatoria n. 82131 del 19 settembre 2016 nonché della nota n. 41523 dell’8 maggio 2017. 27. […]