Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, sentenza 29 agosto 2024, n. 23332
PRINCIPIO DI DIRITTO
L’art. 140, lettera (e), r.d. 1775/33, deve essere interpretato nel senso che sono devolute alla competenza del Tribunale Regionale delle Acque tutte le domande, comunque motivate, rivolte contro il proprietario o gestore di un’opera idraulica, ed intese ad ottenere il risarcimento di un danno causato dal modo in cui quell’opera idraulica è stata realizzata, gestita o mantenuta
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
Svolgimento del processo
- A.A. è proprietario di un uliveto.
A luglio del (Omissis) alcuni ulivi del suo fondo vennero arsi da un incendio. A settembre dello stesso anno A.A. convenne dinanzi al Giudice di pace di Cerignola il Consorzio per la Bonifica di Capitanata, indicandolo come responsabile dell’incendio e chiedendone la condanna al risarcimento, quantificato in Euro 2.893,40.
L’attore a fondamento della domanda dedusse che il Consorzio, proprietario di un canale irriguo, aveva trascurato di eliminare le sterpaglie cresciute sulle sue sponde, dalle quali si era sprigionato l’incendio che provocò il danno al suo fondo.
- Il Consorzio si costituì eccependo l’incompetenza del giudice adìto, in favore di quella del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche.
Nel merito, dedusse che il corso d’acqua indicato dall’attore come “canale” era in realtà un rivo naturale, come tale di proprietà demaniale ed alla cui manutenzione era tenuto lo Stato.
- Con sentenza 13.4.2016 n. 266 il Giudice di pace di Cerignola ritenne sussistere la propria competenza e accolse la domanda.
La sentenza fu appellata dal Consorzio.
- Con sentenza 16.12.2021 n. 2958 il Tribunale di Foggia accolse il gravame e declinò la propria competenza in favore di quella del Tribunale Regionale delle Acque.
Il Tribunale motivò la propria decisione come segue:
-) il danno di cui l’attore aveva chiesto il risarcimento era stato causato dall’omessa manutenzione di un canale;
-) il canale è un’opera idraulica;
-) le domande di risarcimento dei danni causati dal difetto di manutenzione di un’opera idraulica sono devolute alla competenza del Tribunale Regionale delle Acque;
-) infatti la domanda proposta da A.A. “finiva per risolversi in un sindacato diretto sulle valutazioni e sulle scelte di gestione del bacino operate (o non operate) dalla pubblica amministrazione”.
- La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da A.A. con ricorso fondato su un motivo.
Il Consorzio ha resistito con controricorso.
- La causa venne originariamente fissata per la decisione in camera di consiglio per l’adunanza camerale del 27 settembre 2022.
Con ordinanza interlocutoria 16.11.2022 n. 33710 il collegio giudicante ritenne che il ricorso andasse qualificato ex officio come regolamento necessario di competenza (applicando i princìpi più volte affermati da questa Corte: exmultis, Sez. U, Ordinanza n. 145 del 07/01/2013; Sez. 2, Ordinanza n. 17438 del 06/12/2002), e rinviò la causa a nuovo ruolo per dar corso agli adempimenti previsti dall’art. 380 ter c.p.c.
Quindi, all’esito dell’adunanza del 12 luglio 2023, con ordinanza interlocutoria 28.7.2023 n. 23018 la causa è stata rimessa al Primo Presidente perché ne valutasse l’assegnazione alle Sezioni Unite della Corte, in considerazione del contrasto di giurisprudenza rilevato sull’oggetto del contendere.
- A.A. ha depositato tre memorie ex art. 378 c.p.c., in occasione di ciascuna delle adunanze sopra indicate, nonché della odierna udienza.
Il Consorzio ha depositato memoria prima della odierna udienza.
La Procura Generale ha depositato conclusioni scritte sia in occasione dell’adunanza camerale del 12.7.2023, sia prima dell’odierna udienza, chiedendo in ambedue i casi il rigetto del ricorso.
Motivi della decisione
- Con l’unico motivo di ricorso A.A. denuncia la violazione dell’art. 140 del r.d. 11 dicembre 1933 n. 1775.
Sostiene che la sua domanda si sarebbe dovuta qualificare come domanda di risarcimento del danno ai sensi dell’art. 2051 c.c., per la quale è competente il giudice ordinario; che il Tribunale avrebbe travisato i fatti posti a fondamento della domanda; che la responsabilità del Consorzio da lui invocata “non si ricollega affatto al “governo delle acque pubbliche” né, tantomeno, si riduce ad apprezzamenti circa la deliberazione, la progettazione e l’attuazione delle opere idrauliche o comunque scelte dalla P.A., dirette alla tutela di interessi generali correlati al regime delle acque”.
- Con l’ordinanza interlocutoria sopra ricordata la III Sezione civile della Corte ha segnalato l’esistenza di orientamenti non conformi sul riparto di competenza tra il Tribunale ordinario ed il Tribunale delle Acque, segnatamente nei giudizi di danno derivanti dal difetto di manutenzione di un’opera idraulica.
Nell’ordinanza interlocutoria si osserva che:
-) l’art. 140, lettera (e), r.d. 1775/33 affida al Tribunale delle Acque la competenza a conoscere delle “controversie per risarcimenti di danni dipendenti da qualunque opera eseguita dalla pubblica amministrazione”;
-) tale norma è stata interpretata dalle Sezioni Unite di questa Corte nel senso che:
- a) al Tribunale delle Acque spetta la competenza a conoscere le domande di risarcimento di danni causati “dalla esecuzione, dalla manutenzione e dal funzionamento dell’opera idraulica”;
- b) al giudice ordinario spetta la competenza a conoscere “le controversie aventi per oggetto pretese che si ricollegano solo indirettamente e occasionalmente alle vicende relative al governo delle acque” (Cass. S.U. 1066/06);
-) tuttavia tale decisione delle Sezioni Unite, alla quali tutti i provvedimenti successivi hanno dichiarato di voler aderire, è stata variamente intesa ed applicata dalla giurisprudenza successiva;
-) vario, in particolare, è stato il modo in cui la giurisprudenza successiva ha inteso l’espressione “pretese che si ricollegano occasionalmente al governo delle acque”.
- Un primo orientamento – prosegue l’ordinanza interlocutoria – ha ritenuto spettante alla competenza del Tribunale ordinario:
- a) la domanda di danni causati da una frana (provocata da fatto colposo) ad un’opera idraulica (3755/06);
- b) la domanda di danni da allagamento, causato dalla mancata manutenzione di una condotta comunale di smaltimento delle acque piovane (368/07);
- c) la negatoria servitutis e la connessa domanda di canni causati dall’abusivo esercizio d’una servitù d’acquedotto (2656/12);
- d) la domanda di danni da allagamento, causato dalla mancata manutenzione di una conduttura idrica (17699/10);
- e) la domanda di danni alla stabilità d’un fabbricato, causati dalla perdita di condutture d’acqua dovuta a difetto di manutenzione (10128/15);
- f) la domanda di danni da allagamento, causati dall’insufficienza del sistema di smaltimento delle acque reflue (22602/15);
- g) la domanda di danni alle colture, causati dall’esondazione d’un fiume, ascritta alla mancanza di manutenzione degli argini (15284/17; 27207/20; 18197/21);
- h) la domanda di danni alla persona causati dal crollo di un muro, dovuto ad una esondazione provocata dalla mancata manutenzione dell’alveo naturale (10587/22).
- Un secondo orientamento, per contro, in fattispecie identiche o analoghe, ha ritenuto spettante alla competenza del Tribunale delle Acque:
- i) la domanda di danni da allagamento, causato dalla mancata manutenzione di una conduttura idrica (17699/10);
- l) la domanda di danni da esondazione d’un corso d’acqua, causata dalla mancata di opere di irregimentazione (8722/11);
- m) la domanda di danni causati dall’esondazione di un fosso irriguo consortile per difetto di (172/12);
- n) la domanda di danni da cedimento strutturale d’un pavimento, causato dall’imbibizione del terreno circostante, dovuta a perdite d’una conduttura idrica (13357/12);
- o) la domanda di danni alle colture, causati dall’esondazione di canali, ascritta alla mancanza di manutenzione degli argini (16636/19; 4719/20).
- L’ordinanza interlocutoria individua il punctum pruriens del contrasto nel differente rilievo attribuito ai meri comportamenti (commissivi od omissivi) dell’ente proprietario o gestore dell’opera idraulica.
Secondo il primo orientamento i meri comportamenti materiali non sono “scelte” della p.a.: i danni da essi causati, dunque, sono devoluti alla competenza del Tribunale ordinario.
Per il secondo orientamento invece, anche i comportamenti materiali sarebbero espressione di una “scelta” della p.a., e dunque anche i danni da essi derivati sono devoluti alla competenza del giudice specializzato.
- Prima di esaminare il merito del ricorso, rileva la Corte come la questione sollevata dall’ordinanza interlocutoria è fomite di incertezze da più di un secolo: ovvero da quando venne istituito l’antecedente storico dell’attuale Tribunale Regionale delle Acque (art. 35 D.Lgs. Lgt. 20.11.1916 n. 1664).
Incertezze che risorgono con andamento ciclico e che nemmeno il precedente intervento di queste Sezioni Unite (Cass. S.U. 1066/06) è riuscito a dirimere. Queste incertezze nell’interpretazione della legge frappongono all’obiettivo d’una celere decisione sul “fondo” della lite. cosicché il principio di effettività della tutela giurisdizionale (di cui all’art. 6 CEDU) non può dirsi rispettato a fronte di regole processuali oscure, ambigue od ambiguamente interpretate (ex multis, Corte EDU, 20 dicembre 2016, Ljaskaj c. Croazia, in causa n. 58630/11).
La legge processuale deve per contro essere “accessibile ai giustiziabili e da loro prevedibile quanto agli effetti” (Corte EDU 27.1.2017, Paradiso e Campanelli c. Italia, in causa n. 25358/12, par. 169), e si può considerare “legge” effettiva solo una norma enunciata con un grado sufficiente di precisione tale da permettere al cittadino di regolare la sua condotta (così Corte EDU 7.6.2012, Centro Europa 7 Srl e Di Stefano c. Italia, in causa n. 38433/09, par. 140, ove ulteriori richiami; nello stesso senso Corte EDU 17.5.2016, Karacsony ed al. c. Ungheria, in cause nn. 42641/13 e 44357/13).
Queste Sezioni Unite intendono dunque offrire alla materia una soluzione che offra il vantaggio di evitare incertezze applicative e consegnare ai litiganti ed ai giudici di merito un criterio di agevole applicazione per dirimere le questioni di competenza (per l’affermazione del principio della preferibilità delle soluzioni di agevole applicazione in materia processuale si veda già Sez. U, Sentenza n. 15295 del 04/07/2014).
- La competenza sulla domanda proposta da A.A. spetta al Tribunale delle Acque, per le ragioni che seguono.
7.1. La lettera della legge.
L’art. 140, lettera (e), r.d. 1775/33 affida ai Tribunali Regionali delle Acque “le controversie per risarcimenti di danni dipendenti da qualunque opera eseguita dalla pubblica amministrazione e da qualunque provvedimento emesso dall’autorità amministrativa a termini dell’art. 2 del T.U. 25 luglio 1904, n. 523, modificato con l’art. 22 della L. 13 luglio 1911, n. 774“.
Perché sorga la competenza del Tribunale Regionale delle Acque è necessario dunque un nesso di causa tra “l’opera eseguita” dalla p.a. e il danno.
Ora, per stabilire a quali condizioni un danno possa dirsi “causato” dall’opera idraulica, non si potrebbe adottare in questa materia un concetto di “causalità materiale” diverso da quello ormai da molti anni consolidato nella giurisprudenza di legittimità.
E il concetto da tempo consolidato nella giurisprudenza di legittimità in tema di spiegazione causale è che il nesso di causalità materiale va apprezzato in base al criterio condizionalistico.
Apprezzare la causalità materiale in base al “criterio condizionalistico” vuol dire stabilire cosa sarebbe accaduto se l’opera idraulica non fosse esistita (teoria della condicio sine qua non), e va temperato – per evitare i rischi della sovracausalità – da due limiti: il limite della c.d. “imprevedibilità oggettiva” (Sez. Un. n. 576/08, 577/08, 578/08) e quello dello scopo della norma violata (da ultimo, ma ex multis, Sez. 3 – , Sentenza n. 8778 del 03/04/2024, Rv. 670700 – 02).
Se dunque è consolidata nella giurisprudenza di legittimità una nozione così ampia di “causalità materiale” è alla luce di essa che deve leggersi la legge, là dove parla di “danno dipendente da opere eseguite dalla p.a.”: e quindi intendere tale espressione come attributiva della competenza del Tribunale Regionale delle Acque in tutti i casi in cui l’opera idraulica abbia svolto il ruolo di causa o concausa dell’evento dannoso.
Vi rientreranno quindi tutti i danni da difettosa progettazione, da difettosa esecuzione, da difettosa manutenzione, da difettosa vigilanza.
Vi rientreranno poi, ovviamente, tutti i danni imputabili al custode a titolo di responsabilità oggettiva ex art. 2051 c.c. o ex art. 2053 c.c.
7.2. La storia della legge.
Il contrasto segnalato dall’ordinanza di rimessione è secolare.
Già in epoca preunitaria tutti gli Stati italiani avevano istituito giurisdizioni speciali od amministrazione speciali per decidere sulle domande di danni causati da (od arrecati a) opere idrauliche o corsi d’acqua, e già allora erano controversi i limiti di quelle giurisdizioni.
In seguito il D.Lgs. Lgt. 1664/16, introdotto al fine di porre fine alle incertezze, istituì un (solo) “Tribunale delle Acque”, con competenza a decidere:
“a) delle controversie intorno alla demanialità delle acque sorgenti, fluenti e lacuali (…);
- b) delle controversie circa i limiti dei corsi e bacini, loro alveo e sponde;
- c) di qualunque controversia anche fra privati, in ordine alle derivazioni e utilizzazioni delle acque pubbliche;
- d) dei ricorsi attualmente devoluti alla cognizione della quinta sezione del Consiglio di Stato, in virtù dell’articolo 23, nn. 6 e 18, del Testo Unico 17 agosto 1907 n. 638, delle leggi sul Consiglio di Stato, in quanto riguardino acque pubbliche;
- e) dei ricorsi per incompetenza, per eccesso di potere, o per violazioni di legge avverso i provvedimenti definitivi presi dall’amministrazione, in materia di acque pubbliche;
- f) di tutte le azioni per il risarcimento di danni connesse con le questioni sopra elencate, o dipendenti da alcuni dei provvedimenti emessi dall’autorità amministrativa a termini dell’art. 124 della legge 20 marzo 1865 n. 2248, Allegato F”.
Dunque in origine la competenza del (in allora) Tribunale delle Acque Pubbliche in materia di danni sussisteva solo se la domanda di danno fosse stata “connessa” con le ipotesi previste dalle lettere (a)-(f) del suddetto art. 35.
Quella originaria previsione fu modificata dall’art. 67, lettera (e), R.D.L. 9.10.1919 n. 2161, il quale attribuì alla cognizione dei Tribunali delle Acque Pubbliche “le controversie per il risarcimento di danni dipendenti da qualunque opera eseguita o da qualunque provvedimento emesso dall’autorità amministrativa a termini dell’art. 2 della legge 25 luglio 1904 n. 523, modificato con l’art. 22 della legge 13 luglio 1911 n. 774“.
Tale previsione fu recepita integralmente nel vigente art. 140, lettera (e), r.d. 1775/33.
Mentre, dunque, nella norma del 1916 si affidavano ai Tribunali delle Acque le controversie risarcitorie “connesse” con le altre controversie precedentemente elencate, quel participio disparve nella legge del 1919.
Questa soppressione fu voluta al fine di evitare interpretazioni che restringessero la competenza del nuovo organo giudiziario.
Da ciò si desume che la competenza del Tribunale Regionale delle Acque in tema di danni prescinde:
- a) sia dall’esistenza d’un previo provvedimento amministrativo;
- b) sia dall’esistenza d’una condotta commissiva, invece che omissiva, della p.a.;
- c) sia dall’esistenza d’una “connessione” tra l’opera fonte di danno e l’attività istituzionale della p.a.
Tutto quel che occorre, per radicare la competenza del Tribunale delle Acque, è che il danno sia stato causato dall’opera idraulica, e null’altro.
Del resto, se attività istituzionale della p.a. è gestire e vigilare sulle opere idrauliche, il fatto stesso che una di queste opere abbia arrecato danno basta ad istituire un nesso tra l’attività della p.a. e la fonte del danno.
7.3. La ratio della legge.
La ratio dell’art. 140, lettera (e), r.d. 1775/33 fu il troncare le questioni di riparto delle competenze tra giudice ordinario e giudice amministrativo in tema di risarcimento del danno causato da atti, fatti o provvedimenti della p.a.
Pertanto l’interpretazione che volesse distinguere i danni causati dall’opera “in connessione col regime delle acque”, ed i danni causati dall’opera “senza connessione col regime delle acque” non sarebbe coerente con tale ratio.
7.4. Se si ammette che l’art. 140 r.d. 1775/33 comprende per la sua lettera, per la sua storia e per la sua ratio tutti i danni causati “dall’opera” idraulica, non c’è bisogno di chiedersi se l’esame della domanda richieda o non richieda “apprezzamenti sulle scelte della p.a.”, con tutte le incertezze che una simile valutazione comporta.
L’ancoraggio della competenza del Tribunale Regionale delle Acque all’esistenza d’un nesso di causa (ovviamente secondo la prospettazione attorea) tra cosa e danno consegna ai litiganti e ai giudicanti un criterio sicuro e affidabile per troncare le incertezze.
- Insostenibilità dell’orientamento “restrittivo” della competenza del TRAP.
L’orientamento sopra ricordato, il quale restringe con vari ed oscillanti criteri la competenza del Tribunale Regionale delle Acque, non può essere condiviso per più ragioni.
8.1. In primo luogo non può essere condiviso per le difficoltà applicative che esso comporta. Secondo l’orientamento “restrittivo”, infatti, la competenza del Tribunale Regionale delle Acque è esclusa quando:
- a) l’opera è stata “occasione”, invece che “causa”, del danno;
- b) il danno è stato causato da una “mera omissione non connessa alla gestione delle acque”.
La prima affermazione va incontro all’obiezione per cui la distinzione tra causa e occasione è sottile, incerta ed inaffidabile.
La seconda affermazione va incontro a due obiezioni: 1) la legge non àncora affatto la competenza del Tribunale Regionale delle Acque al fatto che il danno sia derivato da una “attività di gestione delle acque”, ma si accontenta del nesso causale tra opera e danno; 2) trascurare la manutenzione d’una opera idraulica è di per sé un fatto di gestione delle acque.
8.2. In secondo luogo l’orientamento restrittivo ha per effetto collaterale di far dipendere la competenza del Tribunale Regionale delle Acque dalla causa petendi.
Se, infatti, l’attore invocasse una condotta colposa della p.a. nella gestione dell’opera idraulica, la competenza del Tribunale Regionale delle Acque sarebbe ammessa in caso di condotta commissiva, ed esclusa nel caso di mera omissione.
Se, invece, l’attore invocasse la responsabilità oggettiva ex art. 2051 c.c., nessun giudizio sulla colpa verrebbe in rilievo ai fini del decidere, sicché quel criterio distintivo diverrebbe privo di senso, e la competenza spetterebbe in ogni caso al Tribunale Regionale delle Acque.
Dunque a seconda della norma invocata dall’attore sussisterebbe o cadrebbe la competenza del Tribunale Regionale delle Acque.
8.3. Ritiene infine il Collegio che a sostegno dell’interpretazione intesa a limitare la competenza del Tribunale Regionale delle Acque non rilevi la circostanza che di tali uffici ne esistano attualmente soltanto otto, e che di conseguenza la rarefazione dell’organo giudicante possa nuocere al principio di prossimità tra questo ed i litiganti.
Il principio di prossimità infatti, quale che sia il valore che ad esso volesse assegnarsi nell’interpretazione della legge processuale, in iure non potrebbe comunque prevalere sull’esigenza di adottare soluzioni interpretative chiare e di facile applicazione; ed in facto – con riferimento alla materia qui in esame – quel principio è adeguatamente salvaguardato dalla introduzione ormai in itinere del processo civile telematico anche dinanzi ai Tribunali Regionali delle Acque.
- Va conclusivamente affermata la competenza del Tribunale Regionale delle Acque presso la Corte d’Appello di Napoli, in applicazione del seguente principio di diritto: “l’art. 140, lettera (e), r.d. 1775/33, deve essere interpretato nel senso che sono devolute alla competenza del Tribunale Regionale delle Acque tutte le domande, comunque motivate, rivolte contro il proprietario o gestore di un’opera idraulica, ed intese ad ottenere il risarcimento di un danno causato dal modo in cui quell’opera idraulica è stata realizzata, gestita o mantenuta“.
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