Cassazione civile, sez. I, ordinanza 17 settembre 2024, n. 24930
PRINCIPIO DI DIRITTO
Va accertata dal Giudice l’inadeguatezza dei mezzi dell’ex partner istante, in caso di unioni civili, cui si applica l’art. 5, comma 6, della legge n. 898/1970, richiamato dall’art. 25 della legge n. 76/2016 (Cass. Sez. U. n. 35969/2023), il riconoscimento dell’assegno di mantenimento in favore dell’ex partner, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi dell’art. 5, comma 6, della L. n. 898 del 1970.
Va, inoltre, accertata l’impossibilità di procurarsi i mezzi per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno, come chiarito da Cass. Sez. U. n. 18287 del 11/07/2018.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
1.- Il primo motivo denuncia la nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 115 c.p.c. e dell’art. 132 n. 4) c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 5) c.p.c. ed in particolare per avere la Corte d’Appello omesso l’esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti: ossia non ha preso in considerazione dei fatti avvenuti prima dell’unione civile.
La ricorrente si duole che la Corte di merito abbia ritenuto non decisive le vicende familiari, riguardanti il suo pregresso matrimonio eterosessuale da cui erano nate tre figlie e la sua decisione di trasferirsi a vivere con una figlia presso la compagna con cui aveva iniziato la nuova relazione regolata, poi con l’unione civile.
Lamenta anche che non si sia tenuto in debito conto della sua condizione di invalida civile e di quanto dedotto in merito all’inabilità al lavoro dalla stessa prospettata.
Il motivo è inammissibile. In tema di ricorso per cassazione, una questione di violazione o di falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito.
Può porsi, rispettivamente, solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass. n. 27000 del 27/12/2016; Cass. n. 1229 del 17/01/2019 ).
Nella specie, invece, il mezzo involge esclusivamente un apprezzamento di merito di cui sollecita una revisione, inammissibile in sede di ricorso per cassazione, senza, peraltro, indicare fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti tempestivamente dedotti e provati in fase di merito, veicolati con censura per vizio motivazionale.
2.- Il secondo motivo denuncia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 156 co. 2 c.c., dell’art. 132 n. 4) in relazione all’art. 360 n. 3 e 4) nella parte in essa si sostiene che non vi sarebbe alcuna prova per ritenere la convenuta il soggetto più economicamente forte.
La ricorrente rimarca che l’assegno di mantenimento trova il proprio fondamento nel dovere di assistenza che grava sul coniuge (a prescindere dal sesso) economicamente più forte e deduce che avrebbe dovuto essere valutata non solo la durata dell’unione civile, ma anche la convivenza che la aveva preceduta.
Quindi si duole che non sia stata rettamente comparata la condizione economica delle due parti e deduce a tal fine che la resistente ha un lavoro, un’immobile abitativo suo personale (diverso da quello dove vivevano, che era stato concesso gratuitamente da una cugina della B.B.), mentre essa ricorrente gode di una pensione di invalidità, non ha beni immobili, neppure un autoveicolo.
Il motivo è inammissibile. In caso di unioni civili, cui si applica l’art. 5, comma 6, della legge n. 898/1970, richiamato dall’art. 25 della legge n. 76/2016 (Cass. Sez. U. n. 35969/2023), il riconoscimento dell’assegno di mantenimento in favore dell’ex partner, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi dell’art. 5, comma 6, della L. n. 898 del 1970, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex partner istante.
Richiede, inoltre, l’accertamento dell’impossibilità di procurarsi i mezzi per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno, come chiarito da Cass. Sez. U. n. 18287 del 11/07/2018.
Il giudizio deve essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto.
Nel caso in esame, la decisione impugnata si è attenuta ai criteri sopra ricordati ed ha accertato l’assenza dei presupposti richiesti, prendendo in esame la documentazione probatoria versata in atti da B.B., dalla quale ha dedotto la sua totale assenza di redditi, con accertamento che non è efficacemente contrastato dalla ricorrente che propone personali prospettazioni e critiche non accompagnate dall’indicazione – in osservanza dell’onere di specificità – di specifici elementi probatori tempestivamente allegati a sostegno in fase di merito, atti a contrastare tale conclusione e non esaminati.
4.- Il ricorso va, quindi, dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza.
Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52. Raddoppio del contributo unificato, ove dovuto.