Corte di Cassazione, IV Sez. Penale, 06 novembre 2024, n. 40685
PRINCIPIO DI DIRITTO
Non trova applicazione la scriminante dello stato di necessità, che postula il pericolo attuale di un danno grave alla persona, non volontariamente causato e non altrimenti fronteggiabile (cfr anche Sez. 3, n. 35590 del 11/05/2016, Mbaye, Rv. 267640 – 01); mentre configura il delitto di furto lieve per bisogno, di cui all’art. 626, comma primo, n. 2, cod. pen., la condotta del soggetto malnutrito e in generale stato di indigenza che si impossessi di generi alimentari di ridotto valore economico. […] Il furto lieve per bisogno è configurabile nei casi in cui la cosa sottratta sia di tenue valore e sia effettivamente destinata a soddisfare un grave ed urgente bisogno; ne consegue che, per far degradare l’imputazione da furto comune a furto lieve, non è sufficiente la sussistenza di un generico stato di bisogno o di miseria del colpevole, occorrendo, invece, una situazione di grave ed indilazionabile bisogno alla quale non possa provvedersi se non sottraendo la cosa (Sez. 5, n.32937 del 19/05/2014, Rv. 261658, Sez. 2, n.42375 del 05/10/2012, Rv. 254348).
TESTO RILEVANTE DELLA PRONUNCIA
- Il primo motivo è infondato.
- Vanno richiamate le motivazioni rese da questa Sezione della Corte in analogo caso riguardante l’imputata, ed in merito a motivo di ricorso del tutto sovrapponibile (sez. 4, 13 giugno 2023, n.38888, Rv.285006-0l).
- In quella sede si è rilevato che “secondo consolidati principi anche risalenti nel tempo e che appare opportuno qui ribadire, la situazione preveduta dall’art 626, comma primo, n. 2, cod. pen., pur avendo alcuni elementi in comune con quella contemplata nell’art. 54, appare tuttavia da questa ben distinta: mentre infatti l’art. 54 richiede che il pericolo non sia stato volontariamente causato dai soggetto, l’art 626, n. 4, prescinde da questa condizione e richiede soltanto l’urgenza dei bisogno, la quale può profilarsi anche in mancanza di un pericolo attuale come quello che caratterizza io stato di necessità» (Sez. 2, n. 239 del 16/02/1966, Luser, Rv. 101554).
Tenute presenti tali puntualizzazioni, occorre convenire sulla correttezza dei percorso argomentativo, non illogico né incongruo, che si rinviene nelle sentenze di merito, ove si è esclusa la sussistenza di una situazione di vera e propria costrizione, dovuta al pericolo attuale di un danno grave alla persona, non volontariamente causato e non altrimenti evitabile (ciò che avrebbe scriminato fazione: art. 54 cod. pen.), mentre si è ritenuto sussistente un generale stato di indigenza e condizioni di salute della donna tali da rendere difficile provvedere agli elementari bisogni di vita ma, comunque, stimando evitabile l’azione furtiva (qualificando conseguentemente l’agire ex art. 626, comma 1, num. 2,cod. pen.)”.
Questa sezione ha dunque concluso nel senso che non trova applicazione la scriminante dello stato di necessità, che postula il pericolo attuale di un danno grave alla persona, non volontariamente causato e non altrimenti fronteggiabile (cfr anche Sez. 3, n. 35590 del 11/05/2016, Mbaye, Rv. 267640 – 01); mentre configura il delitto di furto lieve per bisogno, di cui all’art. 626, comma primo, n. 2, cod. pen., la condotta del soggetto malnutrito e in generale stato di indigenza che si impossessi di generi alimentari di ridotto valore economico.
- Nel caso di specie non ricorrono i presupposti della inevitabilità del pericolo e della sua involontaria causazione, non potendosi sovrapporre, come rilevato dalla Corte territoriale, uno stato di bisogno determinato dalle condizioni di indigenza e di assenza di stabile dimora con i precisi requisiti di cui all’art. 54 cod. pen.Difetta, invero qualsivoglia allegazione in ordine alla natura del tutto involontaria della situazione predetta, nonché il requisito della inevitabilità del danno grave e irreparabile.
- E’ invece fondato il secondo motivo.
- Secondo il consolidato orientamento di legittimità, il furto lieve per bisogno è configurabile nei casi in cui la cosa sottratta sia di tenue valore e sia effettivamente destinata a soddisfare un grave ed urgente bisogno; ne consegue che, per far degradare l’imputazione da furto comune a furto lieve, non è sufficiente la sussistenza di un generico stato di bisogno o di miseria del colpevole, occorrendo, invece, una situazione di grave ed indilazionabile bisogno alla quale non possa provvedersi se non sottraendo la cosa (Sez. 5, n.32937 del 19/05/2014, Rv. 261658, Sez. 2, n.42375 del 05/10/2012, Rv. 254348).
- Fermo il suddetto principio, va altresì precisato che nell’ordinamento processuale penale non è previsto un onere probatorio a carico dell’imputato, modellato sui principi propri del processo civile, ma è, al contrario, prospettabile un onere di allegazione, in virtù del quale l’imputato è tenuto a fornire all’ufficio le indicazioni e gli elementi necessari all’accertamento di fatti e circostanze ignoti che siano idonei, ove riscontrati, a volgere il giudizio in suo favore (Sez. 2, n. 20171 del 07/02/2013 Rv. 255916).
Va poi ricordato che il furto lieve per bisogno è configurabile nei casi in cui la cosa sottratta è di tenue valore avuto riguardo all’utilizzo che l’agente si è preposto o ha realizzato con essa per soddisfare una grave ed urgente necessità (Sez. 5, n. 48732 del 13/10/2014, Santoro, Rv. 261231 – 01; Sez. 2, n. 42375 del 05/10/2012, Michelucci, Rv. 254348 – 01; sez. 5, n.28255 del 20 aprile 2023, n.m).
- Nel caso in esame la ricorrente ha allegato elementi dai quali risulta il grave stato di malnutrizione ed estrema debolezza tali da poter essere valutati come situazione di indilazionabile bisogno di provvedere a nutrirsi, e in particolare l’annotazione di PG del carabinieri della stazione di Bresso del 27 maggio 2018; le sommarie informazioni testimoniali rese dalla commessa del supermercato, ove la A.V. viene descritta come senzatetto (elemento compatibile con la sottrazione di generi alimentari durevoli e di generi destinati alla igiene personale); la CNR del 16.6.2017 in cui la A.V. veniva descritta come senza fissa dimora; la annotazione degli operanti ove si dà atto che gli stessi acquistarono del pane per sfamare l’imputata.
La Corte milanese non ha argomentato in ordine a tali elementi di fatto ed ha svolto considerazioni di carattere congetturale, quali il fatto che la merce, di valore di poco superiore ai 100 euro, fosse destinata ad essere rivenduta dalla A.V. non per sfamarsi e lavarsi, ma per trarne guadagno.
- Si impone quindi l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Milano per nuovo esame.