Cassazione civile, Sez. III, ordinanza 11 ottobre 2024, n. 26525
PRINCIPIO DI DIRITTO
«Nelle controversie relative alla spettanza e alla misura degli interessi moratori, l’onere della prova, ai sensi dell’art. 2697 c.c., si atteggia nel senso che il debitore che intenda dimostrare l’entità usuraria degli stessi è tenuto a dedurre il tipo contrattuale, la clausola negoziale relativa agli interessi moratori e quelli applicati in concreto, l’eventuale qualità di consumatore, la misura del T.e.g.m. nel periodo considerato e gli altri elementi contenuti nel decreto ministeriale di riferimento, mentre la controparte dovrà allegare e provare i fatti modificativi o estintivi dell’altrui diritto.
Proprio perché il tasso soglia risulta dai pertinenti decreti ministeriali decreti, esso non può essere oggetto di un fatto notorio, ossia di un fatto di conoscenza pubblica e non risultante che risulta da fonti amministrative o regolamentari; né può affermarsi che il tasso soglia deve essere oggetto di conoscenza da parte del giudice secondo il principio iura novit curia perché i decreti ministeriali, che contemplano quelle indicazioni, non sono atti normativi di cui il giudice debba avere conoscenza.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
(…)
Come le Sezioni Unite di questa Corte hanno avuto modo di precisare, “Nelle controversie relative alla spettanza e alla misura degli interessi moratori, l’onere della prova, ai sensi dell’art. 2697 c.c., si atteggia nel senso che il debitore che intenda dimostrare l’entità usuraria degli stessi è tenuto a dedurre il tipo contrattuale, la clausola negoziale relativa agli interessi moratori e quelli applicati in concreto, l’eventuale qualità di consumatore, la misura del T.e.g.m. nel periodo considerato e gli altri elementi contenuti nel decreto ministeriale di riferimento, mentre la controparte dovrà allegare e provare i fatti modificativi o estintivi dell’altrui diritto” (Cass. sez. un. 19597/ 2020).
Ne consegue che correttamente il giudice di merito ha ritenuto da parte attrice nella specie non adeguatamente provata la natura usuraria, non avendo rispettato tale onere probatorio, senza nemmeno dedurre quale fosse il tasso soglia indicato dai decreti ministeriali. Vero è che i decreti ministeriali, insieme a una perizia di parte, sono stati depositati in appello, ma è altresì vero che tale produzione è stata dalla corte d’appello correttamente considerata tardiva, nell’osservare che seppure non tardiva la contestazione della CTU in secondo grado- nulla era stato invece eccepito nel giudizio precedente- la parte è comunque incorsa nelle preclusioni proprie del giudizio d’appello quanto alla produzione di documenti nuovi.
Il diritto della parte, che non abbia rispettato i termini imposti dal giudice per le osservazioni alla CTU, di fare tali osservazioni in appello, vale ovviamente quanto agli argomenti difensivi, ossia alle osservazioni previste dall’articolo 195, 3 comma, c.p.c. (Cass. sez. Un. 5624/ 2022), e non alla produzione di prove, volte anch’esse a contestare la consulenza, non prodotte nei termini. Va precisato al riguardo che, proprio perché il tasso soglia risulta da quei decreti, non può essere oggetto di un fatto notorio, che è un fatto di conoscenza pubblica e non già un fatto che risulta da fonti amministrative o regolamentari specifiche; né può dirsi che il tasso soglia deve essere oggetto di conoscenza da parte del giudice secondo il principio iura novit curia in quanto i decreti ministeriali, che contengono quelle indicazioni, non sono atti normativi di cui il giudice debba avere conoscenza.
2.3. – Con il terzo motivo la ricorrente prospetta violazione dell’articolo 644 del codice penale e dell’articolo 1815 del codice civile. Il giudice di appello ha ritenuto non provata o comunque infondata la domanda di nullità del finanziamento per superamento del tasso soglia. La ricorrente censura questa ratio sostenendo di non avere mai prospettato di dover sommare gli interessi moratori a quelli corrispettivi ma semplicemente di avere chiesto la verifica del tasso effettivo globale, cioè comprensivo di spese commissioni ed altri ed altre remunerazioni. Il motivo è inammissibile.
Il giudice d’appello ha ritenuto di non dover accogliere la domanda di nullità per violazione delle norme antiusura per via del fatto che la stessa non era adeguatamente supportata da sufficienti allegazioni circa il superamento del tasso. E questa ratio è rimasta priva di idonea doglianza, in quanto, a prescindere dalla circostanza che la ricorrente abbia o meno fatto riferimento al tasso di mora, nella formulata censura non risulta invero indicato come è stato calcolato il tasso effettivo globale, quello che si assume essere invero il tasso da prendere a riferimento ai fini del calcolo e della verifica della usura.
La circostanza che, come riportato in ricorso nei precedenti atti di causa, il tasso effettivo globale fosse dell’8,606% è invero dato privo di riscontro, non risultando chiarito come a tale dato sia dato pervenire. Come del pari deve dirsi con riferimento a tutte le altre voci indicate nella domanda di nullità del contratto, dovendo ribadirsi che la produzione documentale fatta in appello a supporto di detti calcoli è stata correttamente ritenuta tardiva dal giudice di merito. 2.4. – Con il quarto motivo la ricorrente prospetta violazione degli articoli 2043 2059 codice civile. Si duole che non sia stato dalla corte di merito riconosciuto il danno subito, sia di natura patrimoniale che non patrimoniale, a cagione della violazione delle norme antiusura. Il motivo è infondato come conseguenza della infondatezza dunque dei motivi precedenti. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.