<p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><strong>CORTE DI GIUSTIZIA U.E., SEZ. IX – sentenza 2 maggio 2019 (causa C‑309/18)</strong></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Con la questione pregiudiziale posta, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se i principi della certezza del diritto, della parità di trattamento e di trasparenza, contemplati nella direttiva 2014/24, debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, secondo la quale la mancata indicazione separata dei costi della manodopera, in un’offerta economica presentata nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, comporta l’esclusione della medesima offerta senza possibilità di soccorso istruttorio, anche nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicare i suddetti costi separatamente non fosse specificato nella documentazione della gara d’appalto. A tale proposito, per giurisprudenza costante della Corte, da un lato, il principio di parità di trattamento impone che gli offerenti dispongano delle stesse possibilità nella formulazione dei termini delle loro offerte e implica quindi che tali offerte siano soggette alle medesime condizioni per tutti gli offerenti; dall’altro lato, l’obbligo di trasparenza, che ne costituisce il corollario, ha come scopo quello di eliminare i rischi di favoritismo e di arbitrio da parte dell’amministrazione aggiudicatrice. L’obbligo in questione implica che tutte le condizioni e le modalità della procedura di aggiudicazione siano formulate in maniera chiara, precisa e univoca nel bando di gara o nel capitolato d’oneri, in modo che, da un lato, si permetta a tutti gli offerenti ragionevolmente informati e normalmente diligenti di comprenderne l’esatta portata e d’interpretarle allo stesso modo e, dall’altro, all’autorità aggiudicatrice di essere in grado di verificare effettivamente se le offerte degli offerenti rispondano ai criteri che disciplinano l’appalto in questione (sentenza del 2 giugno 2016, Pizzo, C‑27/15, EU:C:2016:404, punto 36 e giurisprudenza ivi citata). Alla luce delle suesposte considerazioni, la Corte ha statuito che il principio della parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza devono essere interpretati nel senso che ostano all’esclusione di un operatore economico da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico a seguito del mancato rispetto, da parte di tale operatore, di un obbligo che non risulta espressamente dai documenti relativi a tale procedura o dal diritto nazionale vigente, bensì da un’interpretazione di tale diritto e di tali documenti nonché dal meccanismo diretto a colmare, con un intervento delle autorità o dei giudici amministrativi nazionali, le lacune presenti in tali documenti (sentenza del 2 giugno 2016, Pizzo, C‑27/15, EU:C:2016:404, punto 51; v., in tal senso, ordinanza del 10 novembre 2016, Spinosa Costruzioni Generali e Melfi, C‑162/16, non pubblicata, EU:C:2016:870, punto 32). Questi stessi principi non possono invece, di norma, ostare all’esclusione di un operatore economico dalla procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico a causa del mancato rispetto, da parte del medesimo, di un obbligo imposto espressamente, a pena di esclusione, dai documenti relativi alla stessa procedura o dalle disposizioni del diritto nazionale in vigore. Una simile considerazione s’impone a maggior ragione in quanto, secondo una giurisprudenza costante della Corte, nell’ipotesi in cui i documenti relativi all’appalto pubblico imponessero chiaramente taluni obblighi a pena di esclusione, l’amministrazione aggiudicatrice non può ammettere qualsiasi rettifica a omissioni concernenti i medesimi obblighi (v., per analogia, sentenze del 6 novembre 2014, Cartiera dell’Adda, C‑42/13, EU:C:2014:2345, punti 46 e 48; del 2 giugno 2016, Pizzo, C‑27/15, EU:C:2016:404, punto 49, e del 10 novembre 2016, Ciclat, C‑199/15, EU:C:2016:853, punto 30). A tale riguardo, occorre aggiungere che l’articolo 56, paragrafo 3, della direttiva 2014/24 autorizza gli Stati membri a limitare i casi nei quali le amministrazioni aggiudicatrici possono chiedere agli operatori economici interessati di presentare, integrare, chiarire o completare le informazioni o la documentazione asseritamente incomplete, errate o mancanti entro un termine adeguato. Infine, conformemente al principio di proporzionalità, che costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, una normativa nazionale riguardante le procedure d’appalto pubblico finalizzata a garantire la parità di trattamento degli offerenti non deve eccedere quanto necessario per raggiungere l’obiettivo perseguito (v., in tal senso, sentenza dell’8 febbraio 2018, Lloyd’s of London, C‑144/17, EU:C:2018:78, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Nel caso di specie, dagli elementi forniti dal giudice del rinvio emerge che l’obbligo, a pena di esclusione, di indicare separatamente i costi della manodopera discende chiaramente dal combinato disposto dell’articolo 95, comma 10, del codice dei contratti pubblici e dell’articolo 83, comma 9, del medesimo, in vigore al momento della pubblicazione del bando di gara oggetto del procedimento principale; sulla scorta dell’articolo 56, paragrafo 3, della direttiva 2014/24, il legislatore italiano ha deciso, all’articolo 83, comma 9, del succitato codice, di escludere dalla procedura di soccorso istruttorio, in particolare, l’ipotesi in cui le informazioni mancanti riguardino i costi della manodopera. Inoltre, sebbene il giudice del rinvio rilevi che il bando di gara di cui al procedimento principale non richiamava espressamente l’obbligo incombente ai potenziali offerenti, previsto all’articolo 95, comma 10, del codice dei contratti pubblici, di indicare, nell’offerta economica, i loro costi della manodopera, dagli elementi del fascicolo di cui dispone la Corte risulta tuttavia che il bando in parola specificava che, «[p]</em>er quanto non espressamente previsto nel presente bando, nel capitolato e nel disciplinare di gara si applicano le norme del<em> [codice dei contratti pubblici]»: ne consegue che qualsiasi offerente ragionevolmente informato e normalmente diligente era, in linea di principio, in grado di prendere conoscenza delle norme pertinenti applicabili alla procedura di gara di cui al procedimento principale, incluso l’obbligo di indicare nell’offerta economica i costi della manodopera. Da quanto precede deriva dunque che i principi della parità di trattamento e di trasparenza non ostano a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, secondo la quale la mancata indicazione dei costi della manodopera comporta l’esclusione dell’offerente interessato senza possibilità di ricorrere alla procedura di soccorso istruttorio, anche in un caso in cui il bando di gara non richiamasse espressamente l’obbligo legale di fornire detta indicazione.</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Tuttavia, dalle osservazioni scritte sottoposte alla Corte emerge che il modulo predisposto che gli offerenti della gara d’appalto di cui al procedimento principale dovevano obbligatoriamente utilizzare non lasciava loro alcuno spazio fisico per l’indicazione separata dei costi della manodopera; in più, il capitolato d’oneri relativo alla medesima gara d’appalto precisava che gli offerenti non potevano presentare alcun documento che non fosse stato specificamente richiesto dall’amministrazione aggiudicatrice. Spetta al giudice del rinvio, che è il solo competente a statuire sui fatti della controversia principale e sulla documentazione relativa al bando di gara in questione, verificare se per gli offerenti fosse in effetti materialmente impossibile indicare i costi della manodopera conformemente all’articolo 95, comma 10, del codice dei contratti pubblici e valutare se, di conseguenza, tale documentazione generasse confusione in capo agli offerenti, nonostante il rinvio esplicito alle chiare disposizioni del succitato codice: nell’ipotesi in cui lo stesso giudice accertasse che effettivamente ciò è avvenuto, occorre altresì aggiungere che, in tal caso, in considerazione dei principi della certezza del diritto, di trasparenza e di proporzionalità, l’amministrazione aggiudicatrice può accordare a un simile offerente la possibilità di sanare la propria situazione e di ottemperare agli obblighi previsti dalla legislazione nazionale in materia entro un termine stabilito dalla stessa amministrazione aggiudicatrice (v., in tal senso, sentenza del 2 giugno 2016, Pizzo, C‑27/15, EU:C:2016:404, punto 51, e ordinanza del 10 novembre 2016, Spinosa Costruzioni Generali e Melfi, C‑162/16, non pubblicata, EU:C:2016:870, punto 32).</em></p> <p style="font-weight: 400; text-align: justify;"><em>Ricapitolando, i principi della certezza del diritto, della parità di trattamento e di trasparenza, quali contemplati nella direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, secondo la quale la mancata indicazione separata dei costi della manodopera, in un’offerta economica presentata nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, comporta l’esclusione della medesima offerta senza possibilità di soccorso istruttorio, anche nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicare i suddetti costi separatamente non fosse specificato nella documentazione della gara d’appalto, sempreché tale condizione e tale possibilità di esclusione siano chiaramente previste dalla normativa nazionale relativa alle procedure di appalti pubblici espressamente richiamata in detta documentazione. Tuttavia, se le disposizioni della gara d’appalto non consentono agli offerenti di indicare i costi in questione nelle loro offerte economiche, i principi di trasparenza e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi non ostano alla possibilità di consentire agli offerenti di sanare la loro situazione e di ottemperare agli obblighi previsti dalla normativa nazionale in materia entro un termine stabilito dall’amministrazione aggiudicatrice.</em></p>