Corte Costituzionale, Sentenza 29 ottobre 2024, n. 170
PRINCIPIO DI DIRITTO
Vanno dichiarate inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 3, commi 12 e 13, della L.R. Sardegna 5 febbraio 2024, n. 1 (Disposizioni finanziarie in materia di promozione turistica, sanità e su varie materie), promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe, in riferimento agli artt. 3 e 4 della L.Cost. 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna) e all’art. 117, terzo comma, della Costituzione.
Riguardo a quest’ultimo, vanno dichiarate inammissibili relativamente ai principi fondamentali nella materia “coordinamento della finanza pubblica” recati dall’art. 8-quinquies del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421), nonché per mancanza di coordinamento con l’art. 5, commi 12 e 13, della L.R. Sardegna 21 febbraio 2023, n. 1 (Legge di stabilità 2023),.
Va dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, commi 12 e 13, della L.R. Sardegna n. 1 del 2024, promossa, in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., relativamente ai principi fondamentali nella materia “coordinamento della finanza pubblica” recati dall’art. 15, comma 14, del D.L. 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 135, dal Presidente del Consiglio dei ministri.
PARTE RILEVANTE DELLA DECISIONE
[…] 1.- Con ricorso depositato il 16 aprile 2024 (reg. ric. n. 16 del 2024), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 3, commi 12 e 13, della L.R. Sardegna n. 1 del 2024, per violazione degli artt. 3 e 4 dello statuto speciale, nonché dell’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione ai principi fondamentali della materia “coordinamento della finanza pubblica”, recati dall’art. 15, comma 14, del D.L. n. 95 del 2012, come convertito, nonché dall’art. 8-quinquies del D.Lgs. n. 502 del 1992.
1.1.- L’impugnato art. 3, comma 12, dispone che, “a valere sulle risorse che residuano nei bilanci di A. in liquidazione dopo l’applicazione dell’articolo 5, comma 8, della L.R. n. 1 del 2023, e successive modifiche ed integrazioni, è autorizzata, a favore di ARES, la spesa di Euro 3.291.344,42 per le finalità di cui all’articolo 5, comma 12, della L.R. n. 1 del 2023, con riferimento all’anno 2021 (missione 13 – programma 01 – titolo 1)”.
Il successivo comma 13, anch’esso impugnato, prevede che, “a valere sul Fondo sanitario regionale relativo all’anno 2024, l’ARES è autorizzata al trasferimento della somma di Euro 5.835.023,84 per la finalità di cui all’articolo 5, comma 12, della L.R. n. 1 del 2023, con riferimento all’anno 2023 (missione 13 – programma 01 – titolo 1)”.
1.2.- In particolare, il ricorrente, dopo aver rilevato criticità e mancanza di coordinamento fra le norme impugnate e altre previsioni dettate sempre dalla Regione autonoma della Sardegna, ritiene che l’art. 3, commi 12 e 13, della L.R. Sardegna n. 1 del 2024 avrebbe consentito alla Regione di retribuire gli erogatori privati di prestazioni sanitarie accreditati, in eccesso rispetto ai limiti di spesa imposti dal legislatore statale, così determinando la violazione dei principi fondamentali della materia “coordinamento della finanza pubblica”, di cui all’art. 15, comma 14, del D.L. n. 95 del 2012, come convertito.
Sarebbe in sostanza derogata la disciplina statale finalizzata a contenere la spesa pubblica attraverso la riduzione dell’importo e dei volumi di prestazioni sanitarie erogate da privati accreditati per l’assistenza specialistica ambulatoriale e ospedaliera.
1.3.- Sempre in riferimento al medesimo parametro costituzionale, il Presidente del Consiglio dei ministri denuncia un contrasto con la norma interposta di cui all’art. 8-quinquies del D.Lgs. n. 502 del 1992, adducendo che le ragioni del lamentato vulnus sarebbero desumibili “prima facie” da quanto argomentato in merito alla ritenuta violazione dell’art. 15, comma 14, del D.L. n. 95 del 2012, come convertito.
1.4.- Infine, il ricorso denuncia un contrasto con gli artt. 3 e 4 dello statuto speciale, poiché le norme impugnate “eccederebbero la competenza regionale in materia di spesa sanitaria”.
2.- La Regione autonoma della Sardegna si è costituita in giudizio con atto depositato in data 8 maggio 2024, sollevando due eccezioni di inammissibilità.
2.1.- Anzitutto, la resistente ritiene che il ricorso abbia genericamente rilevato la “non coerenza tra le norme impugnate e l’art. 5, comma 12, della L.R. n. 1 del 21 febbraio 2023”, nonché la “sussistenza di criticità tra le predette disposizioni”, senza motivare tali asserzioni e omettendo di indicare il parametro costituzionale violato.
2.1.1.- L’eccezione è fondata.
Il ricorrente non chiarisce come il denunciato difetto di coordinamento tra norme regionali possa tradursi in un vizio di legittimità costituzionale, tant’è che non emerge dalla motivazione il riferimento a qualsivoglia parametro costituzionale leso per effetto della citata disarmonia interna alla disciplina regionale.
Il ricorrente ha omesso, in sostanza, di indicare “le disposizioni della Costituzione o delle leggi costituzionali, che si assumono violate”, come invece previsto dall’art. 23, primo comma, lettera b), della L. 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), in virtù del richiamo di cui all’art. 34, primo comma, della stessa legge. La questione è dunque inammissibile, stante l’omessa indicazione del parametro costituzionale violato (sentenza n. 193 del 2007, e, nello stesso senso, sentenza n. 116 del 2006), e vista l’impossibilità di desumerlo dalla motivazione complessiva del ricorso (sentenza n. 195 del 2021).
2.2.- Con riferimento poi alla questione concernente la violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., relativamente al principio fondamentale della materia “coordinamento della finanza pubblica”, che si assume recato dall’art. 8-quinquies del D.Lgs. n. 502 del 1992, la difesa regionale eccepisce la genericità e la scarsa chiarezza della censura. Questa, infatti, si sarebbe limitata a fare “riferimento alla necessità di gare per l’aggiudicazione delle convenzioni con il SSR”, omettendo qualsivoglia “cenno ad altre parti della disposizione che risulterebbero violate”.
2.2.1.- Anche tale eccezione è fondata.
Il ricorrente illustra in maniera parziale il contenuto della disposizione recante la norma interposta e si limita ad affermare che le ragioni della sua lesione sarebbero implicite e “prima facie” desumibili da quanto argomentato in merito alla violazione dell’art. 15, comma 14, del D.L. n. 95 del 2012, come convertito.
Sennonché, per costante giurisprudenza di questa Corte, l’impugnativa deve fondarsi su una motivazione adeguata, non meramente assertiva, né desumibile solo per relationem, tanto più in quanto si verta in giudizi promossi in via principale, rispetto ai quali la necessità di una congrua argomentazione si pone in termini ancora più pregnanti rispetto a quelli instaurati in via incidentale (ex multis, sentenze n. 95 del 2024, n. 125, n. 57 e n. 47 del 2023).
2.3.- Per le medesime ragioni, va dichiarata d’ufficio l’inammissibilità della questione promossa in riferimento agli artt. 3 e 4 dello statuto della Regione autonoma della Sardegna, in quanto tale censura è priva di qualsivoglia motivazione.
3.- Nel merito, occorre esaminare la rimanente questione di legittimità costituzionale, con cui il ricorrente deduce la violazione dei principi fondamentali nella materia “coordinamento della finanza pubblica”, recati dall’art. 15, comma 14, del D.L. n. 95 del 2012, come convertito.
4.- La questione non è fondata.
4.1.- Con le norme impugnate, la Regione autonoma della Sardegna disciplina la destinazione delle risorse che residuano dai bilanci dell’Azienda per la tutela della salute, in liquidazione, dedotte le somme necessarie a dare applicazione all’art. 5, comma 8, della L.R. Sardegna n. 1 del 2023, e successive modifiche e integrazioni.
In particolare, la Regione autorizza l’Azienda regionale della salute a destinare: la somma di Euro 3.291.344,42 alla redistribuzione tra gli erogatori privati accreditati, che abbiano prodotto un’attività ospedaliera eccedente il budget assegnato nell’anno 2021, e la somma di Euro 5.835.023,84 all’incremento del tetto di spesa ospedaliera nell’anno 2023 (art. 3, commi 12 e 13, della L.R. Sardegna n. 1 del 2024).
4.2.- Il ricorrente lamenta la violazione dei principi fondamentali della materia “coordinamento della finanza pubblica” che pongono un tetto alla spesa sanitaria.
Nello specifico, fa riferimento all’art. 15, comma 14, del D.L. n. 95 del 2012, come convertito, il quale, nella versione attualmente vigente, recita: “ai contratti e agli accordi vigenti nell’esercizio 2012 … per l’acquisto di prestazioni sanitarie da soggetti privati accreditati per l’assistenza specialistica ambulatoriale e per l’assistenza ospedaliera, si applica una riduzione dell’importo e dei corrispondenti volumi d’acquisto in misura determinata dalla regione o dalla provincia autonoma, tale da ridurre la spesa complessiva annua, rispetto alla spesa consuntivata per l’anno 2011, dello 0,5 per cento per l’anno 2012, dell’1 per cento per l’anno 2013 e del 2 per cento a decorrere dall’anno 2014.
A decorrere dall’anno 2016 … le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono programmare l’acquisto di prestazioni di assistenza ospedaliera di alta specialità, nonché di prestazioni erogate da parte degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) a favore di cittadini residenti in regioni diverse da quelle di appartenenza ricomprese negli accordi per la compensazione della mobilità interregionale […] e negli accordi bilaterali fra le regioni per il governo della mobilità sanitaria interregionale …, in deroga ai limiti previsti dal primo periodo.
Al fine di garantire, in ogni caso, l’invarianza dell’effetto finanziario connesso alla deroga di cui al periodo precedente, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono ad adottare misure alternative, volte, in particolare, a ridurre le prestazioni inappropriate di bassa complessità erogate in regime ambulatoriale, di pronto soccorso, in ricovero ordinario e in riabilitazione e lungodegenza, acquistate dagli erogatori privati accreditati, in misura tale da assicurare il rispetto degli obiettivi di riduzione.
Questi obiettivi di riduzione di cui al primo periodo, nonché gli obiettivi previsti dall’articolo 9-quater, comma 7, del D.L. 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015, n. 125; possono contribuire al raggiungimento del predetto obiettivo finanziario anche misure alternative a valere su altre aree della spesa sanitaria.
[…] Le regioni pubblicano per ciascun IRCCS su base trimestrale il valore delle prestazioni rese ai pazienti extraregionali di ciascuna regione. […] La misura di contenimento della spesa di cui al presente comma è aggiuntiva rispetto alle misure eventualmente già adottate dalle singole regioni e province autonome di Trento e Bolzano e trova applicazione anche in caso di mancata sottoscrizione dei contratti e degli accordi, facendo riferimento, in tale ultimo caso, agli atti di programmazione regionale o delle province autonome di Trento e Bolzano della spesa sanitaria.
Il livello di spesa determinatosi per il 2012 a seguito dell’applicazione della misura di contenimento di cui al presente comma costituisce il livello su cui si applicano le misure che le regioni devono adottare, a decorrere dal 2013 …”.
In sostanza, la disposizione stabilisce per tutti i contratti e gli accordi vigenti nell’esercizio 2012 una riduzione dell’importo e dei corrispondenti volumi d’acquisto per prestazioni sanitarie da soggetti privati accreditati per l’assistenza specialistica ambulatoriale e ospedaliera, dettando percentuali di riduzione, che sono state di seguito modificate.
In particolare, l’art. 45, comma 1-ter, del D.L. n. 124 del 2019, come convertito, ha previsto che, a decorrere dall’anno 2020, il limite di spesa indicato dal citato art. 15, comma 14, primo periodo, del D.L. n. 95 del 2012, come convertito, sia “rideterminato nel valore della spesa consuntivata nell’anno 2011”, dopodiché tale valore è stato poi incrementato, dall’art. 1, comma 233, della L. 30 dicembre 2023, n. 213 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026), “di 1 punto percentuale per l’anno 2024, di 3 punti percentuali per l’anno 2025 e di 4 punti percentuali a decorrere dall’anno 2026 …”.
4.3.- A fronte della richiamata censura, occorre rilevare che la disciplina impugnata promana da una regione a statuto speciale – la Sardegna – che finanzia integralmente il proprio servizio sanitario regionale, in virtù di quanto disposto dall’art. 1, comma 836, della L. 27 dicembre 2006, n. 296, recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)”, secondo cui “dall’anno 2007 la regione Sardegna provvede al finanziamento del fabbisogno complessivo del Servizio sanitario nazionale sul proprio territorio senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato”.
4.4.- Al riguardo, sin dalle sentenze n. 133 del 2010 e n. 341 del 2009, questa Corte ha affermato che, ove “lo Stato non concorra al finanziamento del servizio sanitario regionale o provinciale, … esso neppure ha titolo per dettare norme di coordinamento finanziario che definiscano le modalità di contenimento della spesa sanitaria”.
Il medesimo principio è stato di seguito ribadito (con le sentenze n. 231 del 2017, n. 75 del 2016, n. 125 del 2015, n. 187 e n. 115 del 2012), anche con specifico riferimento a leggi della Regione autonoma della Sardegna (sentenze n. 141 del 2024, n. 11 del 2021 e n. 79 del 2018).
Da ultimo, la sentenza n. 141 del 2024 ha specificamente ribadito che “i vincoli recati dall’art. 15, comma 14, del D.L. n. 95 del 2012, come convertito, non si riferiscono alla Regione autonoma Sardegna che provvede autonomamente e integralmente al finanziamento del proprio sistema sanitario”.
4.5.- In virtù di tale costante orientamento di questa Corte, le regioni e le province autonome, che provvedano integralmente e autonomamente al finanziamento della loro spesa sanitaria regionale, pur essendo vincolate al rispetto dei principi fondamentali in materia di finanza pubblica, non sono, tuttavia, soggette alle norme che lo Stato detta per il contenimento della spesa sanitaria.
Devono rispettare anche queste ultime norme solo se l’ente è sottoposto a un piano di rientro da disavanzo finanziario, in materia sanitaria, ovvero se risulta compromesso il raggiungimento dei livelli essenziali delle prestazioni, per effetto della deroga ai principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica, posta in essere dalla regione o dalla provincia autonoma (da ultimo la citata sentenza n. 141 del 2024).
Nessuna di tali circostanze ricorre, nondimeno, nel caso oggetto dell’odierno scrutinio, poiché la Regione autonoma della Sardegna non è soggetta a piano di rientro da disavanzo finanziario e le misure introdotte con le norme impugnate non risultano idonee a compromettere i LEA.
L’obiettivo della legge è, infatti, quello di destinare le risorse regionali residue a un maggiore finanziamento della spesa sanitaria per l’assistenza ospedaliera nell’anno 2023, nonché quello di incrementare la remunerazione di prestazioni sanitarie già erogate da strutture accreditate nell’anno 2021, che hanno contribuito a ridurre le liste d’attesa rese particolarmente lunghe dall’impatto della pandemia da COVID-19.
4.6.- Pertanto, pur se il quadro costituzionale non esime la Regione autonoma della Sardegna, in uno con tutte le altre articolazioni territoriali della Repubblica, ivi comprese le autonomie speciali (sentenze n. 76 del 2023, n. 113 del 2022 e n. 36 del 2021), dall’osservanza dei principi generali di programmazione nella gestione della spesa, in vista di una razionalizzazione del sistema sanitario, non può ritenersi che tali principi risultino compromessi dalla normativa impugnata nell’odierno giudizio.
5.- In definitiva, non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, commi 12 e 13, della L.R. Sardegna n. 1 del 2024, promossa in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., relativamente ai principi fondamentali della materia “coordinamento della finanza pubblica”, stabiliti dall’art. 15, comma 14, del D.L. n. 95 del 2012, come convertito.
Per tali motivi, va dichiarata inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 3, commi 12 e 13, della L.R. Sardegna 5 febbraio 2024, n. 1 (Disposizioni finanziarie in materia di promozione turistica, sanità e su varie materie), promosse, in riferimento agli artt. 3 e 4 della L.Cost. 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna) e all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, quest’ultimo relativamente ai principi fondamentali nella materia “coordinamento della finanza pubblica” recati dall’art. 8-quinquies del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421), nonché per mancanza di coordinamento con l’art. 5, commi 12 e 13, della L.R. Sardegna 21 febbraio 2023, n. 1 (Legge di stabilità 2023), dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;
Va dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, commi 12 e 13, della L.R. Sardegna n. 1 del 2024, promossa, in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., relativamente ai principi fondamentali nella materia “coordinamento della finanza pubblica” recati dall’art. 15, comma 14, del D.L. 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 135, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.