Cassazione Civile, Sezione III, Sentenza 7 novembre 2024, n. 28691
PRINCIPIO DI DIRITTO
Nel ricorso per cassazione, che è una impugnazione a critica vincolata, le censure possono essere articolate solo all’interno di specifici motivi di ricorso, riconducibili all’una o all’altra delle ipotesi tassative di cui all’art. 360 c.p.c. E’ inammissibile quindi il motivo di ricorso che si risolva in una critica libera avverso il provvedimento impugnato e consti esclusivamente della esplicita riproposizione delle argomentazioni già oggetto di esame nel giudizio di merito, non ricondotte all’una o all’altra delle specifiche ipotesi di censura dettate dall’art. 360 c.p.c.
TESTO RILEVANTE DELLA PRONUNCIA
- Il 1.- Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione del principio del giudicato formale esterno sia in merito alla legittimazione passiva della Asl sia in merito all’esistenza del nesso causale tra la somministrazione vaccinale e i gravi disturbi autistici manifestatisi nel minore poco dopo nonché la violazione dell’articolo 324 c.c.
Sostengono che la legittimazione passiva della ASL (OMISSIS) sarebbe stata già affermata, con sentenza del Tribunale di Trani tra le stesse parti del 2011, passata in giudicato, volta al riconoscimento del diritto all’indennizzo ma avente ad oggetto l’accertamento dei medesimi fatti, prodotta in allegato al ricorso.
In disparte l’esame della fondatezza del motivo, in ordine alla quale comunque si rileva la diversità di causa petendi e di petitum, tra il giudizio avente ad oggetto l’indennizzo per le eventuali conseguenze pregiudizievoli delle vaccinazioni obbligatorie o raccomandate, in cui la sottoposizione del singolo alla vaccinazione integra un comportamento di utilità generale per ragioni di solidarietà sociale, bilanciato, nella ripartizione dei rischi da esso eventualmente derivanti, dalla previsione di un indennizzo a carico dello Stato, e il giudizio avente ad oggetto il risarcimento di tutti i danni eventualmente provocati dalla vaccinazione, deve ritenersi il motivo del tutto inammissibile, perché gli attuali ricorrenti non hanno formulato uno specifico motivo di appello sul punto della intervenuta formazione del giudicato interno, sulla base del precedente, definitivo riconoscimento del diritto all’indennizzo da vaccinazione, ex lege n. 210 del 1992 operato con sentenza del 2011 passata in giudicato. Neppure il giudicato si è formato successivamente alla definizione del giudizio di merito, e pertanto la relativa eccezione non può essere dedotta, per la prima volta, in sede di legittimità (v. Cass. n. 5370 del 2024, secondo la quale “L’eccezione di giudicato esterno non può essere dedotta per la prima volta in cassazione se il giudicato si è formato nel corso del giudizio di merito, attesa la non deducibilità, in tale sede, di questioni nuove; se, invece, il giudicato esterno si è formato dopo la conclusione del giudizio di merito (e, cioè, dopo il termine ultimo per ogni allegazione difensiva in grado di appello), la relativa eccezione è opponibile nel giudizio di legittimità”). La questione non è mai stata introdotta nel giudizio di merito e pertanto non può essere esaminata, per la prima volta, in sede di legittimità. I ricorrenti avrebbero caso mai avuto l’onere, per far valere la contraddittorietà della pronuncia con un precedente giudicato, di proporre la specifica ipotesi di revocazione di cui all’art. 395 n. 5 c.p.c.
- – Con il secondo motivo denunciano l’esistenza di una motivazione manifestamente ed irriducibilmente contraddittoria e la violazione dell’articolo 132 secondo comma numero 4 c.p.c. nonché dell’articolo 115 c.p.c.
Lamentano che la Corte d’appello abbia accolto solo il motivo di impugnazione relativo al consenso informato e non anche quello relativo al risarcimento dei danni da somministrazione del vaccino senza tener conto del fatto che se adeguatamente informati dei rischi i genitori non avrebbero fatto somministrare il vaccino al minore.
Il motivo è del tutto infondato. La Corte d’appello ha riconosciuto un deficit informativo in capo alla Asl sui rischi di eventuali reazioni fisiche conseguenti all’esecuzione della vaccinazione, ma ha negato l’esistenza della prova di alcun nesso causale tra la somministrazione del vaccino e tutti i problemi fisici e psicofisici che di lì a poco si sono manifestati a carico del minore, che non pone in relazione di causalità con la somministrazione del vaccino in quanto riconducibili allo spettro dell’autismo, accertando che l’autismo debba ritenersi privo di alcuna connessione causale con la somministrazione di vaccini sulla base delle più accreditate ricerche scientifiche.
- – Con il terzo motivo denunciano l’omesso esame di elementi istruttori aventi carattere decisivo.
Lamentano in particolare che non siano state valutate le prove documentali prodotte, relative a una corretta quantificazione del danno, e neppure le prove orali richieste a supporto di essa.
il motivo è del tutto inammissibile perché, come detto, la Corte d’appello ha escluso ogni nesso causale tra la vaccinazione e la sindrome di autismo riportata dal bambino e quindi, avendo negato radicalmente l’an del diritto al risarcimento, non ha poi – correttamente – sviluppato l’istruttoria sul quantum né preso in considerazione la documentazione relativa alla quantificazione del danno.
- – Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano la sentenza impugnata in relazione al punto della regolamentazione delle spese di lite.
La sentenza ha compensato le spese di lite al 50% ponendole per il restante 50% a carico della Asl soccombente. Il motivo di ricorso non sviluppa in effetti alcuna censura in termini di violazione di legge, e come tale può ritenersi inammissibile.
I ricorrenti avrebbero auspicato che la ASL fosse stata integralmente condannata a sostenere le spese di lite. Giacché la domanda dei ricorrenti è stata accolta solamente in minima parte, la decisione di compensazione parziale da un lato è pienamente corretta dall’altro è anche ampiamente favorevole agli attuali ricorrenti, la cui domanda, per oltre un milione di euro, è stata accolta solamente per 10.000 euro: la corte d’appello, nella sua discrezionalità, avrebbe potuto legittimamente compensare le spese di giudizio anche in misura più consistente e maggiormente proporzionale con la misura della effettiva soccombenza.
Con il quinto motivo i ricorrenti, testualmente, affermano di riproporre le argomentazioni di diritto già esposte in primo e in secondo grado, che riportano.
Il motivo è del tutto inammissibile.
Nel ricorso per cassazione, che è una impugnazione a critica vincolata, le censure possono essere articolate solo all’interno di specifici motivi di ricorso, riconducibili all’una o all’altra delle ipotesi tassative di cui all’art. 360 c.p.c. E’ inammissibile quindi il motivo di ricorso che si risolva in una critica libera avverso il provvedimento impugnato e consti esclusivamente della esplicita riproposizione delle argomentazioni già oggetto di esame nel giudizio di merito, non ricondotte all’una o all’altra delle specifiche ipotesi di censura dettate dall’art. 360 c.p.c. (Cass. n. 1479 del 2018)
Il ricorso va pertanto complessivamente rigettato.
In considerazione della particolarità della vicenda, le spese del presente giudizio possono essere compensate.
Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e la parte ricorrente risulta soccombente, pertanto è gravata dall’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002.