Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sentenza 23 gennaio 2025 n. 1
PRINCIPIO DI DIRITTO
Ai sensi dell’art. 15, secondo comma, della legge 18 marzo 1959, n. 311, e dell’art. 111 del R.D. 31 agosto 1933, n. 1592, al fine del conferimento della onorificenza di professore emerito, rileva unicamente l’attività svolta nella qualità di professore ordinario per almeno venti anni e non anche il periodo di servizio prestato quale professore associato.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- 1. La Sezione Settima ha rimesso a questa Adunanza Plenaria la seguente questione di diritto: “se alla luce del combinato disposto dell’art. 15 della legge 18 marzo 1958, n. 311, in relazione all’art. 111 del R.D. 31 agosto 1933, n. 1592, il periodo di servizio trascorso rivestendo la qualifica di professore associato possa essere riconosciuto ai fini del raggiungimento della soglia dei venti anni di servizio, indispensabile per l’attribuzione della qualifica di professore emerito”;
1.1. Tenuto conto della specificità del quesito, questa Adunanza Plenaria si limiterà a decidere la sola questione relativa all’interpretazione della normativa nazionale (art. 111 del R.D. n. 1592/1933 e art. 15, secondo comma, della L. n. 311/1958), prescindendo dalle ulteriori doglianze sollevate nell’appello, […];
- Tanto premesso può procedersi alla disamina del quesito;
2.1. Nell’ordinanza di rimessione, la Sezione Settima ha ricostruito i principi affermati da questo Consiglio di Stato (parere della Sezione Seconda n. 2203 del 20 luglio 2015 e sentenza della Sezione Sesta n. 1506 del 19 febbraio 2021), secondo cui, in base al combinato disposto dell’art. 111 del R.D. n. 1592 del 1933 e dell’art. 15, secondo comma, della legge n. 311 del 1958, nel computo dei venti anni di anzianità nel ruolo dei professori universitari, necessari per conseguire il titolo di professore emerito, dovrebbe essere computato anche il periodo di servizio prestato in qualità di professore associato;
2.2. Tale ricostruzione si è basata su una considerazione di rilievo letterale: l’art. 15, secondo comma, cit., si riferisce a tutti i professori universitari quanto al collocamento a riposo e dispone che “Ai professori collocati a riposo può essere conferito il titolo di professore emerito o di professore onorario, ai sensi dell’art. 111 del testo unico delle leggi sulla istruzione superiore approvato con regio decreto 31 agosto 1933, n. 1592. Nulla è innovato alle disposizioni del comma ultimo dell’art. 110 del testo unico delle leggi sull’istruzione superiore sopra citato”;
2.3. Il riferimento ai “professori collocati a riposo”, anziché ai “professori ordinari collocati a riposo” è stata ritenuta innovativa di quest’ultima disposizione;
2.4. Inoltre, si è rilevato che l’ultimo periodo del secondo comma dell’articolo 15 (secondo cui “nulla è innovato alle disposizioni del comma ultimo dell’art. 110 delle leggi sull’istruzione superiore sopra citato”) non ha ribadito quanto previsto dall’art. 111 dello stesso T.U.;
2.5. La sentenza della Sezione Sesta n. 1506 del 2021 ha rilevato la portata innovativa dell’art. 15, secondo comma, della legge n. 311 del 1958 (rispetto alla previsione contenuta nell’art. 111 del R.D. n. 1592/1933) sulla base di una sua interpretazione storica-sistematica: la Sezione Sesta ha ritenuto, infatti, che “Gli sviluppi normativi registrati in subiecta materia dopo il 1958, peraltro, hanno confermato – ove ve ne fosse la necessità – la creazione di un unico ruolo di professori, con medesima dignità e prerogative, per cui la figura del professore universitario è unica anche se articolata nelle due fasce, rilevanti soprattutto ai fini retributivi, dei professori ordinari e dei professori associati caratterizzate dalla “unità della funzione docente, confermando implicitamente e tra l’altro l’evoluzione della disciplina del titolo di “emerito””;
2.6. Nel condividere tale interpretazione, nella sua memoria difensiva, l’appellante ha aggiunto ulteriori argomentazioni:
– la diversa lettura prospettata dalla Sezione remittente, diretta a sostenere la perdurante vigenza dell’art. 111 del R.D. n. 1592/1933, si risolverebbe in una interpretazione abrogante dell’art. 15, secondo comma, della legge n. 311/1958, atteso che non vi sarebbe stata ragione di duplicare una norma già esistente;
– sarebbe erronea la tesi contenuta nell’ordinanza di rimessione, secondo cui la figura del professore associato sarebbe assimilabile a quella del professore incaricato, esistente nel regime vigente al momento dell’entrata in vigore del T.U. sull’istruzione superiore del 1933, in quanto la figura del “professore incaricato” sarebbe semmai assimilabile a quella del “professore a contratto”, ben diversa da quella del professore associato, che appartiene al ruolo dei professori universitari.
2.7. Quanto alla tesi dell’interpretazione storico-sistematica, l’appellante ha richiamato il principio dell’unitarietà del ruolo introdotto con la riforma universitaria recata dal d.P.R. n. 381 del 1980, e confermato dalla legge n. 240 del 2010, evocato dalla Sezione Sesta nella sentenza n. 1506/2021;
2.8. L’art. 1 del d.P.R. n. 382/1980 prevede, infatti, che “Il ruolo dei professori ordinari comprende le seguenti fasce: a) professori straordinari e ordinari; b) professori associati. Le norme di cui ai successivi articoli assicurano, nella unitarietà della funzione docente, la distinzione dei compiti e delle responsabilità dei professori ordinari e di quelli associati, inquadrandoli in due fase di carattere funzionale con uguale garanzia di libertà didattica e di ricerca”;
2.9. Il successivo art. 7 riconosce “la libertà di insegnamento e di ricerca scientifica” per tutti i professori universitari senza distinzione tra ordinari e associati; l’art. 22 dello stesso decreto prevede che “lo stato giuridico dei professori associati è disciplinato dalle norme relative ai professori ordinari”;
2.9.1. L’art. 6 della legge n. 240 del 2010 considera in modo unitario lo “stato giuridico dei professori”, prevedendo le identiche mansioni di didattica, di ricerca, di servizio agli studenti e di verifica dell’apprendimento;
2.10. Le differenze di reclutamento esistenti per i professori ordinari rispetto agli associati e la regola per la quale ad alcune cariche elettive possono accedere solo i professori ordinari non sarebbero elementi tali da giustificare il differente regime ai fini del conferimento del titolo di professore emerito: non vi sarebbe una distinzione “gerarchica” tra le due fasce di professori, né potrebbe sostenersi che la qualifica di professore associato sia preliminare al successivo conferimento di quella di professore ordinario;
2.10.1. L’appellante ha evidenziato che l’attuale sistema di reclutamento dei professori ordinari non richiede quale requisito di partecipazione alle procedure concorsuali la qualifica di professore associato, ma consente la partecipazione alla procedura di chiamata a tutti gli studiosi in possesso dell’abilitazione scientifica nazionale di prima fascia, anche in assenza di un pregresso rapporto di servizio con una Università: il possesso della piena maturità scientifica è attestato, infatti, dall’abilitazione scientifica nazionale di prima fascia;
- La Sezione Settima ha disatteso tale ricostruzione, ritenendo perdurante la distinzione di compiti e funzioni esistente tra le due fasce di professore ordinario di prima fascia e associato di seconda fascia, ribadita dal legislatore, ai sensi dell’art. 1 del d.P.R. n. 382/1980 e degli artt. 16 e 18 della legge n. 240/2010.
- L’ordinanza di rimessione ha rilevato che:
– l’art. 15, secondo comma, della legge n. 311/1958 stabilisce che “Ai professori collocati a riposo può essere conferito il titolo di professore emerito o di professore onorario, ai sensi dell’art. 111 del testo unico delle leggi sulla istruzione superiore approvato con regio decreto 31 agosto 1933, numero 1592”;
– tale disposizione prevede, quindi, che il titolo di professore emerito può essere assegnato solo ai professori ordinari collocati a riposo, in possesso dei requisiti previsti dall’art. 111 del T.U. n. 1592/1933 e dunque dello svolgimento per almeno venti anni di servizio dell’attività quale professore ordinario;
– la disposizione è chiara e anche coerente con la ratio dell’onorificenza, che è quella di premiare il professore ordinario che vanti una eccezionale carriera accademica universitaria, caratterizzata, in primis, dalla durevole presenza nella posizione apicale della docenza universitaria;
– il d.P.R. n. 382/1980 e la legge n. 240/2010 hanno ribadito la distinzione tra professori ordinari ed associati, individuando le prerogative spettanti ai soli professori ordinari, sicché il dato letterale e la perdurante distinzione di compiti e funzioni esistente tra i professori ordinari e gli associati giustificherebbero l’attuale regime e quindi la non valutabilità dell’anzianità conseguita nella qualifica di professore associato ai fini del conferimento dell’onorificenza di “professore emerito”.
- Questa Adunanza ritiene condivisibile la ricostruzione della Sezione Settima;
5.1. Innanzitutto, come ha correttamente sottolineato tale Sezione, l’art. 15, secondo comma, della L. n. 311/1958 contiene un espresso richiamo all’art. 111 del R.D. n 1592/1933 che, a sua volta, individua la qualifica di “professore emerito” ed i requisiti per il suo conferimento: tale rinvio ha ribadito, dunque, il perdurante vigore della suddetta disposizione e dei requisiti ivi indicati;
5.2. Il dato letterale è chiaro ed insuperabile e comporta la non condivisibilità della ricostruzione effettuata da questo Consiglio di Stato con il parere della Sezione Seconda n. 2203 del 2015 e con la sentenza della Sezione Sesta n. 1506 del 2021;
5.3. Entrambe queste pronunce, infatti, hanno dato preminente rilievo alla prima frase del secondo comma del citato art. 15, mentre avrebbero dovuto rilevare il significativo richiamo contenuto nella frase successiva (“ai sensi dell’art. 111 del testo unico delle leggi sulla istruzione superiore approvato con regio decreto 31 agosto 1933, numero 1592);
5.4. L’Adunanza Plenaria rileva come il primario criterio di interpretazione della legge sia quello letterale;
5.5. L’art. 12 (rubricato ‘Interpretazione della legge’) delle ‘disposizioni sulla legge in generale’ allegate al codice civile dispone che ‘Nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore’;
5.6. La rilevanza del dato testuale della legge è desumibile anche dall’art. 101 della Costituzione, il quale – nel prevedere che ‘i giudici sono soggetti soltanto alla legge’ – dispone il dovere del giudice di darne applicazione, salve le possibilità, consentite da altre disposizioni costituzionali, di emanare una ordinanza di rimessione alla Corte Costituzionale o di dare applicazione a prevalenti regole dell’Unione europea;
5.7. Gli altri criteri di interpretazione rilevano solo quando risulti equivoca la formulazione linguistica dell’enunciato normativo e la disposizione presenti ambiguità e si presti a possibili differenti o alternative interpretazioni (per tutte, Cons. Stato, Sez. V, 18 luglio 2024, n. 6440);
5.8. Nel caso di specie, la formulazione linguistica risulta univoca e non si presta a dubbi interpretativi, atteso che occorre tenere conto anche dell’ultima frase contenuta nel sopra riportato secondo comma dell’art. 15;
- Va rimarcato, inoltre, come la tesi dell’appellante non risulta condivisibile anche sulla base dei criteri della interpretazione storico-sistematica e dell’interpretazione teleologica;
6.1. Innanzitutto va disattesa la tesi dell’appellante secondo cui vi sarebbe stata la “implicita abrogazione” dell’art. 15, secondo comma, cit.;
6.2. Come ha chiarito nei suoi scritti difensivi il Ministero dell’Università e della Ricerca, tale disposizione va letta in modo sistematico in relazione alle altre disposizioni della legge n. 311/1958, ed in particolare al suo art. 3, secondo cui “I professori di ruolo sono straordinari e ordinari”;
6.3. La portata innovativa di tale disposizione è consistita nell’estendere la valutabilità del servizio come professore di ruolo non solo nella qualità di professore ordinario (come previsto dall’art. 111 cit.), ma anche in quella di professore straordinario;
6.4. La tesi dell’appellante neppure è supportata dalle considerazioni riguardanti la portata applicativa delle riforme universitarie, disposte dapprima con il d.P.R. n. 381/1980 (avente il rango di decreto legislativo) e poi dalla legge n. 240/2010;
6.5. Tali riforme hanno sì previsto l’unicità del ruolo dei professori ordinari e di quelli associati, ma li ha distinti per diversi aspetti;
6.6. L’art. 1 del d.P.R. n. 382/1980, pur prevedendo l’unicità del ruolo, ha distinto i compiti e le responsabilità degli uni e degli altri, inquadrandoli in due fasce funzionali;
6.7. Le perduranti differenze tra le due qualifiche riguardano:
– le regole sul reclutamento, poiché per accedere alla qualifica di professore ordinario occorre l’abilitazione scientifica nazionale di prima fascia, che dimostra il raggiungimento della piena maturità scientifica, mentre per accedere alla qualifica di professore associato occorre l’abilitazione scientifica nazionale;
– i presupposti per potere accedere alle due qualifiche, poiché alla qualifica di professore ordinario si accede a seguito del raggiungimento della ‘piena maturità scientifica’;
– le regole sul conferimento degli incarichi direttivi (Direttore di dipartimento, Rettore, Prorettore), riservati ai professori ordinari, con l’eccezione delle Università nelle quali essi non vi siano), con un regime diverso anche sull’elettorato attivo;
6.8. Anche dopo la riforma universitaria, pertanto, non si può ravvisare l’equiparazione tra la qualifica del professore ordinario e quella di quello associato;
6.9. Oltre alla persistente differenza sostanziale delle qualifiche di professore ordinario e di professore associato, in sede di interpretazione del secondo comma dell’art. 15 occorre tenere conto della sua specifica ratio;
6.10. Sulla base di una specifica valutazione del legislatore, l’onorificenza può essere conferita al professore ordinario in considerazione della perduranza nel tempo – fissato in venti anni – dello svolgimento dell’attività lavorativa nella posizione apicale della docenza universitaria;
6.11. Tale perduranza è stata considerata decisiva dal legislatore, affinché possa essere valutata la eccezionalità della carriera accademica, giustificativa dell’onorificenza;
6.12. Rileva, dunque, anche il dato testuale dell’art. 22 del d.P.R. n. 382/1980, per il quale sussiste l’equiparazione dello stato giuridico dei professori ordinari e di quello dei professori associati, ‘salvo che non sia diversamente disposto’: in materia di conferimento dell’onorificenza, il legislatore ha sempre attribuito rilievo esclusivamente alla qualifica di professore ordinario.
6.13. L’Adunanza Plenaria, pertanto, condivide e fa proprie le considerazioni poste a base della sentenza della Corte Costituzionale n. 990 del 1988, per la quale “l’unitarietà della funzione docente non equivale all’unicità del ruolo dei professori universitari. Il sistema normativo del 1980 stabilisce una gerarchia di valori e delle funzioni tra le due fasce del ruolo dei professori, riservando compiti direttivi, organizzativi e di coordinamento all’ordinario, acquisito all’istruzione universitaria attraverso più severa selezione concorsuale mirante ad individuare una personalità scientifica compiutamente matura, mentre le diverse modalità del reclutamento dell’associato è preordinata soltanto ad accertarne l’idoneità scientifica e didattica”;
6.14. Non hanno pertanto rilievo gli indiscussi principi relativi alla unitarietà della funzione docente ed alla pari garanzia di libertà didattica e di ricerca, evocati dall’appellante;
6.15. La distinzione tra le due qualifiche, ciascuna delle quali correlata ad un diverso livello di maturità scientifica e didattica, è stata confermata anche dalla riforma universitaria recata dalla legge n. 240 del 2010, che nulla ha innovato in materia;
6.16. Ritiene dunque questa Adunanza che l’art. 111 del R.D. n. 1592/1933 sia ancora integralmente in vigore, sia perché non inciso dalle leggi successive, sia perché – ai fini del conferimento dell’onorificenza in questione – a suo tempo il legislatore ha fissato un inderogabile requisito di ordine temporale;
6.17. L’attribuzione del titolo onorifico di “emerito” presuppone la sussistenza di un dato oggettivo, lo svolgimento dell’attività lavorativa quale professore ordinario per almeno venti anni, in presenza del quale l’Università può proporre il suo conferimento da parte del Ministero, in considerazione della piena maturità scientifica e del conseguimento di risultati eccezionali nello studio e nella ricerca;
6.18. Non si può dunque ammettere che nel computo del periodo minimo di venti anni si possa tenere conto dell’attività svolta quale professore associato.
6.19. Va infine rilevato che, in presenza dell’insuperabile dato testuale contenuto nel sopra citato art. 111, non rilevano le altre considerazioni richiamate dalle parti, per evidenziare come sia cambiato il mondo accademico rispetto a quello esistente nella prima metà del secolo scorso;
6.20. Da un lato, l’appellante ha evidenziato che i professori universitari sono collocati a riposo al conseguimento del settantesimo anno di età, e non più al settantacinquesimo anno, sicché sarebbe divenuto più difficile il conseguimento del requisito temporale di venti anni;
6.21. Dall’altro lato, vi è stato un notevole aumento del numero degli atenei e dei posti di professore ordinario, con la conseguenza che si è notevolmente ampliato il numero dei docenti ai quali può essere conferita l’onorificenza;
6.22. Tali osservazioni, tuttavia, sono irrilevanti, poiché non incidono sulla chiara ed univoca portata applicativa dell’art. 111;
6.23. Quanto alla problematica relativa alla legittimità costituzionale degli articoli 111 del R.D. n. 1592/1933 e 15, comma secondo, della legge n. 311 del 1958, per contrasto con l’art. 3 Cost., le suesposte considerazioni consentono di ritenere tale questione manifestamente infondata, così come già rettamente deciso dal giudice di prime cure;
- In conclusione, la risposta al quesito posto dalla Sezione Settima è la seguente: “ai sensi dell’art. 15, secondo comma, della legge 18 marzo 1959, n. 311, e dell’art. 111 del R.D. 31 agosto 1933, n. 1592, al fine del conferimento della onorificenza di professore emerito, rileva unicamente l’attività svolta nella qualità di professore ordinario per almeno venti anni e non anche il periodo di servizio prestato quale professore associato”;
- Ai sensi dell’art. 99, comma 4, c.p.a., l’Adunanza Plenaria ritiene opportuno restituire gli atti alla Sezione remittente, per ogni ulteriore statuizione, anche sulle spese del giudizio.