Corte di Cassazione, Sez. II Penale, sentenza 23 gennaio 2025, n. 2818
PRINCIPIO DI DIRITTO
Non è possibile l’applicazione generalizzata dell’aggravante della minorata difesa a tutti i casi di truffa in cui lo svolgimento delle trattative avviene per via telematica o telefonica. È necessario indagare sul concreto e consapevole approfittamento da parte del colpevole delle opportunità decettive offerte dalla rete, in quanto non si può escludere che nel caso concreto la truffa si sia sì realizzata con lo strumento online, ma senza che ciò comporti una specifica situazione di vantaggio per l’autore.
TESTO RILEVANTE DELLE DECISIONE
- Il ricorso merita accoglimento in relazione al secondo motivo, con inammissibilità degli ulteriori, rispettivamente non consentito (il primo) e manifestamente infondato (il terzo).
- Il primo motivo, come detto, non è consentito, essendo la mera riproposizione, in questa sede, delle doglianze di merito già esaminate e respinte nelle precedenti fasi processuali, alle quali competevano. Infatti, a fronte di una “doppia conforme’, la riformulazione della critica alla decisione in termini pedissequi, oltre ad esporsi ad ovvia genericità, per a-specificità (Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009 Arnone Rv. 243838 – 01; Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013 Sammarco Rv. 255568 – 01; Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425 – 01), esula dalle categorie ammissibili in questa sede avverso la motivazione (la ‘triade’ di vizi previsti dall’art. 606 lett. e), cod. proc. pen.), nemmeno enunciate nel motivo, a dimostrazione di un argomento difensivo che nulla ha a che fare con la critica di legittimità.
- Il secondo motivo di ricorso è fondato. La soluzione adottata dalla Corte bresciana in relazione all’applicazione della circostanza aggravante della ‘minorata difesa’ (art. 61 n. 5 in collegamento con l’art. 640, secondo comma, n. 2-bis, cod. pen.) appare infatti semplicistica, laddove individua nel mero svolgimento delle trattative per via telematica e telefonica l’indice dimeritevolezza dell’aggravamento sanzionatorio della truffa nella vendita del veicolo. Come noto, il ricorso all’interpretazione sistematica delle due norme citate aveva costituito lo strumento giurisprudenziale attraverso il quale si era inteso assicurare tutela a forme di commercio ‘dematerializzato’ sempre più diffuse, ma inevitabilmente insidiose, in quanto tendenzialmente preclusive della preliminare visione diretta del bene compravenduto e del contatto diretto con il venditore.
3.1 Pur nella varietà di casi esaminati, la giurisprudenza aveva avvertito come fosse da evitare “la generalizzazione della ricorrenza dell’aggravante in tutti i casi di truffe on line, generalizzazione per la quale si finirebbe, in realtà, per attribuire carattere “circostanziato” ad una delle possibili modalità della condotta di truffa; si richiede sempre la prova del concreto e consapevole approfittamento, da parte del colpevole, delle opportunità decettive offerte dalla rete, non potendosi escludere che nel singolo caso la truffa sia realizzata bensì con lo strumento on line, ma senza che ciò comporti una reale, specifica situazione di vantaggio per l’autore” (Sez. 2, n. 40045 del 17/07/2018, Onnis, Rv. 273900 – 01). A ribadire la necessità dello scrutinio caso per caso, in una vicenda simile a quella oggetto dell’odierno processo, questa stessa Sezione aveva ribadito che è configurabile l’aggravante della minorata difesa, con riferimento all’approfittamento delle condizioni di luogo, solo quando l’autore abbia tratto, consapevolmente e in concreto, specifici vantaggi dall’utilizzazione dello strumento della rete, negando la ricorrenza dell’aggravante in concreto, avendo rilevato che l’imputato aveva fornito la propria reale identità e che la vettura offerta in vendita era esistente e visionabile in un salone, pur appositamente allestito per la perpetrazione delle truffe (Sez. 2, n. 28070 del 08/04/2021, P.M. in proc. Poropat, Rv. 281800 – 01). Pertanto, si può concludere che una valutazione in corpore vili della maggiore pericolosità della WOLTERS KLUWER ONE LEGALE ? Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. 29 Gennaio 2025 pag. 2 condotta, anonimizzata dal ricorso al moderno mercato virtuale, sia comunque necessaria. Tale conclusione trova ora conferma dall’aggiunta del n. 2-ter al secondo comma dell’art. 640 cod. pen., ad opera dell’art. 16, comma 1, lettera t) della L. 28 giugno 2024, n. 90 (in materia di rafforzamento della cybersicurezza nazionale e di reati informatici). Detta disposizione, attraverso l’esplicito riferimento all’uso di “strumenti informatici o telematici (e quindi non telefonici, n.d.r.) idonei a ostacolare la propria o altrui identificazione”, delimita nettamente il perimetro della aggravante, escludendo implicitamente che laddove vi siano contatti ‘reali’ (cioè telefonici) o trasparenza di informazioni (fornendo i propri dati identificativi) vi possa essere la minorata difesa.
3.2 La sentenza impugnata, in relazione all’aggravante, non dimostra di aver prestato adeguata attenzione a tali aspetti ed in particolare alla giurisprudenza sopra illustrata, al punto di giungere alla controintuitiva parificazione dei contatti online (usualmente anonimi o difficilmente tracciabili) a quelli telefonici (generalmente tracciabili e, nel caso concreto, effettuati da utenza riferibile all’imputato) ed ignorando che la persona offesa, pur ingannata dall’esibizione di documentazione in copia, aveva effettivamente, seppur dopo l’effettuazione dei bonifici, contattato ed incontrato il proprietario della vettura, visionando anche la stessa, indice quanto meno della esistenza del bene e della mancata predisposizione, ad opera del A.A., di accorgimenti atti a sviare eventuali ricerche e celare la propria identificabilità, circostanza, quest’ultima, confermata altresì dalla indicazione di dati reali (nome, attività, conto corrente) al potenziale acquirente.
3.3 È quindi necessario procedere all’annullamento della sentenza impugnata, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, escludendone fin d’ora la sussistenza, sulla base delle stesse circostanze già acclarate dalla Corte d’Appello di Brescia, e quindi senza necessità di rinvio sul punto.
- Infine, manifestamente infondato è il terzo motivo di ricorso che non considera che la pena, sotto ogni aspetto valutativo, dalla misura alla valutazione e comparazione delle circostanze, dalla applicazione della continuazione, alla concessione dei benefici trattamentali, rientra nell’ambito riservato alla discrezionalità del giudice di merito. Non v’è spazio, pertanto, per eventuali intrusioni da parte della Corte di cassazione che deve astenersi dall’intervenire in senso censorio, ove la cennata discrezionalità si sia espressa in una motivazione non contraddittoria ed immune da illogicità manifeste. Nello specifico, del tutto adeguato è il rilievo espresso dalla Corte d’Appello (p. 6) che ha preso atto della assenza di fattori positivamente valutabili tanto ai fini della applicazione delle attenuanti generiche che a quelli di un trattamento più temperato, attesa l’insignificanza del parametro fornito dalla difesa (l’età dell’imputato) e la tardività dell’argomento (introdotto in verità solamente in questa fase) della concessione da altra autorità giudiziaria dell’affidamento ordinario per l’espiazione di ulteriori condanne.
- In conclusione, a seguito dell’annullamento e dell’esclusione della aggravante contestata, va dichiarato definitivo l’accertamento di responsabilità, ex art. 624, comma 2, cod. proc. pen., e va disposta la trasmissione del processo ad altra Sezione della Corte d’Appello di Brescia per la determinazione della pena, non potendovi procedere questa Corte, non essendo possibile determinare sin d’ora il quantum di aumento disposto dal giudice di primo grado per la aggravante, in ragione delle modalità cumulative di quantificazione della pena in quella sede.