Corte di Cassazione, Sez. V Penale, sentenza 27 gennaio 2025 n. 3025
PRINCIPIO DI DIRITTO
Integra il reato di violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza (art. 616 cod. pen.) e non la fattispecie prevista dall’art. 617, comma primo, cod. pen., la condotta di colui che prende cognizione del contenuto della corrispondenza telematica intercorsa tra la ex convivente e un terzo soggetto, conservata nell’archivio di posta elettronica della prima
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- Il ricorso è infondato.;
- Il primo motivo di ricorso, che deduce violazione dell’art. 606 lett. b) cod. proc. pen. in relazione all’art. 533 cod. proc. pen., poiché non sarebbe inverosimile la tesi difensiva secondo la quale il telefono della persona offesa era stato lasciato con la schermata aperta del messaggio di cui il Fiore prendeva visione, senza la protezione di un pin, è inammissibile in quanto manifestamente infondato;
2.1 […], il Collegio accede all’esegesi secondo cui il giudizio di legittimità è circoscritto alla verifica sulla completezza e sulla correttezza della motivazione di una sentenza e non può esondare dai limiti cognitivi sanciti dagli artt. 606 e 609 cod. proc. pen., mediante una rinnovata valutazione o rivalutazione degli elementi probatori acquisiti al fine di trarne proprie conclusioni in contrasto con quelle del giudice del merito;
2.2 Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito […];
2.3. […] Il controllo di legittimità concerne infatti il rapporto tra motivazione e decisione, non già il rapporto tra prova e decisione; sicché il ricorso per cassazione che devolva il vizio di motivazione, per essere valutato ammissibile, deve rivolgere le censure nei confronti della motivazione posta a fondamento della decisione, non già nei confronti della valutazione probatoria sottesa, che, in quanto riservata al giudice di merito, è estranea al perimetro cognitivo e valutativo della Corte di Cassazione;
2.4. In questa ottica si collocano anche le pronunzie secondo le quali, pur a seguito della modifica apportata all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. dalla legge n. 46 del 2006, resta non deducibile nel giudizio di legittimità il travisamento del fatto, stante la preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Ferri, Rv. 273217; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv. 253099; Sez. 5, n. 39048 del 25/09/2007, Casavola e altri, Rv. 238215);
2.5. Neanche ha rilievo, per forzare i tradizionali limiti del giudizio di legittimità, la regola dell’oltre ogni ragionevole dubbio;
2.6. Si è, infatti, sostenuto che detto principio, introdotto nell’art. 533 cod. proc. pen. dalla legge n. 46 del 2006, non ha mutato la natura del sindacato della Corte di cassazione sulla motivazione della sentenza e non può essere utilizzato per valorizzare e rendere decisiva la duplicità di ricostruzioni alternative del medesimo fatto, eventualmente emerse in sede di merito e segnalate dalla difesa, una volta che tale duplicità sia stata oggetto di attenta disamina da parte del giudice dell’appello;
la Corte, infatti, è chiamata ad un controllo sulla persistenza o meno di una motivazione effettiva per mezzo di una valutazione unitaria e globale dei singoli atti e dei motivi di ricorso su di essi imperniati, non potendo la sua valutazione sconfinare nel merito (Sez. 2, n. 29480 del 07/02/2017, Cammarata e altro, Rv. 270519; in termini Sez. 1, n. 53512 del 11/07/2014, Gurgone, Rv. 261600; Sez. 5, n. 10411 del 28/01/2013, Viola, Rv. 254579);
2.7. Quanto al travisamento della prova, in particolare, giova ricordare che esso consiste nell’utilizzazione di un’informazione inesistente o nell’omissione della valutazionedi una prova, quando il dato probatorio, travisato od omesso, abbia il carattere della decisività nella motivazione; si ricorda altresì che tale vizio, intanto può essere dedotto, in quanto siano indicate in maniera specifica ed inequivoca le prove che si pretende essere state travisate e sempre che il ricorrente non le abbia solo parzialmente considerate a sostegno delle sue ragioni, sicché, devono ritenersi inammissibili i motivi – come quello sub iudice – contenenti trascrizioni parziali di singoli brani di prove dichiarative, brani adoperati, nella loro visione atomistica scevra dal necessario inquadramento di insieme, per sostenere le proposte censure motivazionali (Sez. 2, n. 20677 del 11/04/2017, Schioppo, Rv. 270071; Sez. 4, n. 46979 del 10/11/2015, Bregamotti, Rv. 265053; Sez. 2, n. 26725 del 01/03/2013, Natale e altri, Rv. 256723; Sez. 5, n. 11910 del 22/01/2010, Casucci, Rv. 246552);
2.8. Il vizio di “travisamento della prova” (detto anche di “contraddittorietà processuale”) non ricomprende il travisamento del fatto, stante la preclusione per il giudice di legittimità di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito;
2.9. Il “travisamento della prova” vede circoscritta la cognizione della Corte di cassazione alla verifica dell’esatta trasposizione nel ragionamento del giudice del dato probatorio nei termini di una “fotografia”, neutra e a-valutativa, del “significante”, ma non del “significato”, fermo il divieto di rilettura e di re-interpretazione nel merito dell’elemento di prova (Sez. 1, n. 25117 del 14/07/2006, Stojanovic, Rv. 234167; Sez. 5, n. 36764 del 24/05/2006, Bevilacqua, Rv, 234605; Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, Dos Santos Silva, Rv. 283370);
2.10. Segnatamente, nel caso di prova dichiarativa, il dedotto travisamento deve avere un oggetto definito e non opinabile, tale da evidenziare la palese e non controvertibile difformità tra il senso intrinseco della singola dichiarazione assunta e quello che il giudice ne abbia inopinatamente tratto ed è pertanto da escludere che integri il suddetto vizio un presunto errore nella valutazione del significato probatorio della dichiarazione medesima (Sez. 5, n. 9338 del 12/12/2012, dep. 2013, Maggio, Rv. 255087; Sez. 5, n. 8188 del 04/12/2017 dep. 2018, Grancini, Rv. 272406);
2.11. Inoltre in tanto il travisamento del “significante” può integrare il vizio di motivazione, in quanto il dato travisato assuma rilievo decisivo nel compendio probatorio valorizzato nella sentenza di merito e nell’apparato argomentativo sviluppato sulla base di esso, sicché il riscontro del travisamento sia in grado di inficiare la tenuta complessiva del ragionamento sul quale si fonda la decisione, mettendo in luce una frattura nel nucleo essenziale della ratio decidendi della sentenza di merito;
2.12. Infine, grava sul ricorrente l’onere di inequivoca individuazione e di specifica rappresentazione degli atti processuali che intende far valere, nelle forme di volta in volta più adeguate alla natura degli atti stessi, quali l’integrale esposizione e riproduzione nel ricorso, l’allegazione in copia, la precisa indicazione della collocazione dell’atto nel fascicolo del giudice, purché detti modi siano comunque tali da non costringere la Corte di cassazione ad una lettura totale degli atti;
2.13. Disattendendo i principi esposti, il ricorrente reitera e ripropone questioni in fatto dedotte in appello e superate dalla Corte territoriale con motivazione immune da censure. Peraltro, la valutazione delle risultanze istruttorie compiuta dalla Corte di merito è immune da censure di illogicità e vizio;
2.14. La pronunzia impugnata con motivazione congrua ed immune da vizi di illogicità ha ritenuto provato che il telefono cellulare della persona offesa avesse un PIN volto a riservarne l’uso alle persone autorizzate ed inibire l’accesso ai terzi, fra i quali andava ricompreso anche l’imputato;
2.15. Se anche vi fosse stato un assenso implicito all’accesso al telefono durante la convivenza, questo avrebbe dovuto ritenersi revocato con la cessazione della convivenza, ma si tratta di un puro argomento ipotetico, perché il diritto di accedere del ricorrente è stato escluso in punto di fatto;
2.16. Gli ulteriori motivi di ricorso, che lamentano violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 533 cod. proc. pen., .615-ter e 616 comma 1 e 2, 51, cod. pen., deducendo la insussistenza dell’elemento oggettivo del reato di abusiva introduzione nel sistema informatico o il perdurare della introduzione nonostante la espressa o tacita volontà dell’avente diritto alla esclusione se il telefono era stato lasciato con la schermata aperta del messaggio, senza la protezione di un pin, e che la corrispondenza non era chiusa ma liberamente leggibile con conseguente insussistenza del presupposto materiale della condotta integratrice del reato di rivelazione di corrispondenza telematica o comunicazioni a distanza, nonché omessa o apparente motivazione sul mancato riconoscimento della causa di giustificazione di avere agito in adempimento del dovere di genitore di tutelare la salute del minore in periodo pandemico la ricorrenza della causa di giustificazione specifica della tutela del minore in relazione alla produzione nel procedimento civile dei messaggi acquisiti, sono infondati;
2.17. Quanto al primo profilo, come ritenuto dalla giurisprudenza di questa Corte, in tema di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico ex art. 615-ter cod. pen., non rileva la circostanza che le chiavi di accesso al sistema informatico protetto siano state comunicate all’autore del reato, in epoca antecedente rispetto all’accesso abusivo, dallo stesso titolare delle credenziali, qualora la condotta incriminata abbia portato ad un risultato certamente in contrasto con la volontà della persona offesa ed esorbitante l’eventuale ambito autorizzatorio (Sez. 5, Sentenza n. 2905 del 02/10/2018, dep. 2019, Rv. 274596 – 01);
2.18. Quanto al secondo profilo, immune da vizi di illogicità è la motivazione della Corte territoriale che ha escluso la ricorrenza della giusta causa della violazione di corrispondenza o della scriminante dell’esercizio del diritto alla salute del minore in quanto l’esibizione delle comunicazioni telefoniche sarebbe stata possibile con un provvedimento del giudice civile, anche in via di urgenza, e più che di esercizio del diritto alla salute avrebbe potuto parlarsi di diritto alla difesa o stato di necessità, ma nessuna delle due cause di giustificazione sussiste nella fattispecie concreta;
2.19. Non lo stato di necessità, che richiede il pericolo di un danno grave alla persona, non altrimenti evitabile e nemmeno l’esercizio del diritto, attesa la possibilità di un provvedimento istruttorio del giudice, anche d’urgenza;
2.20. In questa ottica questa Corte ha affermato che integra il delitto di violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza, la condotta di colui che sottragga, al fine di produrla nel giudizio civile di separazione, la corrispondenza bancaria inviata al coniuge, non ravvisandosi, in tal caso, la giusta causa di cui all’art. 616, comma secondo, cod. pen., posto che il giudice, ex art. 210 cod. proc. civ., può ordinare, d’ufficio o su istanza di parte, al coniuge o al terzo l’esibizione della documentazione di cui ritenga necessaria l’acquisizione al processo;
2.21. La giusta causa presuppone che la produzione in giudizio della documentazione sia l’unico mezzo a disposizione per contestare le richieste del coniuge controparte;
2.22. Né l’imputato ha dedotto elementi di sorta in tal senso;
- Può, dunque, ragionevolmente ipotizzarsi, come ha fatto il giudice di merito, che il A.A. potesse a mezzo del difensore, esplicare la propria difesa […]. Più in generale integra il reato di violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza (art. 616 cod. pen.) e non la fattispecie prevista dall’art. 617, comma primo, cod. pen., la condotta di colui che prende cognizione del contenuto della corrispondenza telematica intercorsa tra la ex convivente e un terzo soggetto, conservata nell’archivio di posta elettronica della prima (Sez. 5, n. 12603 del 02/02/2017, Segagni, Rv. 269517 – 01; Sez. 5, Sentenza n. 52075 del 29/10/2014, Rv. 263227 – 01);
3.1. Situazione sovrapponibile all’ipotesi di accesso alle chat di whatsapp della persona offesa protette da PIN;
3.2. Il delitto concorre con quello di accesso abusivo ad un sistema informatico nel caso di accesso abusivo ad una casella di posta elettronica protetta da “password”, in relazione all’acquisizione del contenuto delle “mail” custodite nell’archivio (Sez. 5, n. 18284 del 25/03/2019, Zumbo, Rv. 275914 – 01);4
- Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. Ai sensi dell’art. 541 cod. proc. pen., essendo il ricorrente rimasto soccombente nei confronti della persona offesa, costituitasi parte civile, va condannato alla rifusione in favore di quest’ultima delle spese di rappresentanza e difesa, che si liquidano in Euro 4.500,00, oltre accessori di legge. Considerato che a norma dell’art. 52 D.Lgs. n. 196 del 2003 va disposto che, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.