Tar Calabria, Sezione I, sentenza 01 febbraio 2025 n. 211
PRINCIPIO DI DIRITTO
La responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione, avente fonte nel comportamento e non già nel provvedimento di quest’ultima, sussiste in tutte quelle ipotesi in cui, nella fase della trattativa con i terzi, l’amministrazione violi gli obblighi di correttezza e buona fede cui è tenuta nella fase di scelta del contraente, incidendo sul diritto soggettivo dell’individuo di autodeterminarsi liberamente nei rapporti negoziali. Trattandosi di una domanda risarcitoria, grava sul ricorrente l’onere di provare i presupposti della responsabilità. Pertanto, l’esercizio del potere di autotutela con cui la Pubblica Amministrazione annulli una procedura di gara per l’affidamento di un incarico professionale, non costituisce, di per sé, una condotta contraria alle regole di buonafede tale da determinare apoditticamente la responsabilità precontrattuale, ma è pur sempre necessario che il ricorrente assolva l’onere probatorio.
TESTO RILEVANTE DELLA DECISIONE
- Su un piano generale, la responsabilità precontrattuale della amministrazione è oramai pacificamente riconosciuta in tutti i casi in cui essa, nelle trattative con i terzi, compia azioni o incorra in omissioni contrastanti con i principi della buona fede e correttezza, cui è tenuta nella fase procedimentale finalizzata alla scelta del contraente, quindi, anche prima, e a prescindere, della conclusione della gara e della stipula del contratto.
1.1. Si tratta di una responsabilità non da provvedimento bensì da comportamento, che muove dal presupposto secondo cui grava anche sui soggetti pubblici l’obbligo sancito dall’art. 1337 c.c. di comportarsi, anche durante le trattative negoziali da costoro condotte nell’ambito di procedure ad evidenza pubblica, secondo buona fede e correttezza, omettendo di determinare, nella controparte privata, affidamenti ingiustificati ovvero di tradire, senza giusta causa, affidamenti legittimamente ingenerati.
- Tale forma di responsabilità può sussistere anche a prescindere dalla legittimità del provvedimento amministrativo. L’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha, infatti, ribadito che “anche nello svolgimento dell’attività autoritativa, l’amministrazione è tenuta a rispettare non soltanto le norme di diritto pubblico (la cui violazione implica, di regola, l’invalidità del provvedimento e l’eventuale responsabilità da provvedimento per lesione dell’interesse legittimo), ma anche le norme generali dell’ordinamento civile che impongono di agire con lealtà e correttezza, la violazione delle quali può far nascere una responsabilità da comportamento scorretto, che incide non sull’interesse legittimo, ma sul diritto soggettivo di autodeterminarsi liberamente nei rapporti negoziali, cioè sulla libertà di compiere le proprie scelte negoziali senza subire ingerenze illegittime frutto dell’altrui scorrettezza” (sentenza 4 maggio 2018, n.5).
- Ancora l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha altresì chiarito che la responsabilità precontrattuale richiede non solo la buona fede soggettiva del privato, ma anche gli ulteriori seguenti presupposti : a) che l’affidamento incolpevole risulti leso da una condotta oggettivamente contraria ai doveri di correttezza e lealtà; b) che tale oggettiva violazione dei doveri di correttezza sia anche soggettivamente imputabile all’amministrazione, in termini di colpa o dolo; c) che il privato provi sia il danno-evento (la lesione della libertà di autodeterminazione negoziale), sia il danno-conseguenza (e cioè le perdite economiche subite a causa delle scelte negoziali illecitamente condizionate), sia il nesso eziologico tra il danno e il comportamento scorretto che si imputa all’amministrazione. (Cons. Stato, Ad. plen., sentenza 29 novembre 2021, n.21).
3.1. Sempre su un piano di inquadramento generale della questione, è opportuno, inoltre, evidenziare che, in presenza di una domanda risarcitoria, non trova applicazione il principio dispositivo con metodo acquisitivo, tipico del processo impugnatorio, ma il principio generale dell’onere della prova ex artt.2697 c.c., sicché il ricorrente è gravato dell’onere di dimostrare tutti i presupposti della domanda. A monte, grava poi in capo al ricorrente l’onere della allegazione dei suddetti presupposti.
- Nel presente giudizio, il ricorrente ha omesso di assolvere sia l’onere di allegazione
che l’onere della prova.
4.1. Segnatamente, in ordine al fatto ritenuto illecito, il ricorrente, invocata genericamente la “responsabilità non da provvedimento ma da comportamento”, ha omesso tuttavia di riferire quale comportamento della amministrazione resistente, nella specifica vicenda che lo ha visto coinvolto, abbia ritenuto non conforme ai canoni di correttezza e buona fede.
Sotto tale profilo, la determinazione assunta in sede di autotutela, qualificata dalla amministrazione di “annullamento” della procedura di gara – la cui legittimità non è peraltro contestata nel ricorso – certamente non costituisce, per sé sola, comportamento contrario alle regole di condotta, alla cui violazione consegue la responsabilità precontrattuale.
Risultano, pertanto, assenti, allegazione e prova di una condotta oggettivamente contraria ai doveri di correttezza e buona fede da parte della amministrazione.
4.2. L’onere di (corretta) allegazione e prova manca, altresì, in ordine al danno asseritamente patito.
- Nemmeno può accogliersi la domanda di indennizzo ai sensi dell’art.21-quinquiesdella
legge 7 agosto 1990, n.241 […].
5.2. Nel caso di specie, anche la domanda di indennizzo, al pari di quella risarcitoria, già supra esaminata, risulta del tutto sfornita di prova in ordine alla sussistenza del pregiudizio.
Sul punto, invero, il ricorrente si è limitato, anche qui, a richiedere il ristoro delle “spese inutilmente sostenute” per partecipare alla gara, senza tuttavia fornire il minimo dettaglio di tali spese e di produrre qualsivoglia documentazione idonea a dimostrare che le stesse siano state effettivamente sostenute.
5.3. E’ escluso, peraltro, possa applicarsi l’art.1226 c.c., in quanto la liquidazione equitativa del danno presuppone che questo non possa essere provato nel suo preciso ammontare. La sua applicazione è quindi subordinata alla condizione che per la parte risulti obiettivamente impossibile, o particolarmente difficile, provare il danno nel suo preciso ammontare, restando escluso che la regola possa consentire di sopperire al mancato assolvimento dell’onere della prova incombente sulla parte.